lunedì 26 marzo 2012

Marco Massinelli. Le troppe stranezze di quella notte tolgono credito a quanto stabilito dall'autopsia ed all'ipotesi del suicidio

Marco Massinelli
Quando si indaga in assenza di confessioni e testimonianze sicure, tutto può risultare in egual maniera possibile o impossibile. Per questo scegliere una pista investigativa a scapito di un'altra può portare comunque ad una conclusione plausibile, conclusione che può condizionare la ricostruzione rendendola, pur se non vera, attendibile e molto credibile. Facciamo un piccolo esempio. Se c'è chi muore a causa di un colpo di pistola sparato a bruciapelo su una tempia, e le indagini vanno da subito in direzione suicidio, è logico che il non trovare sulla vittima segni di violenza, che il non trovare impronte sconosciute sull'arma, che il trovare tracce di polvere da sparo sulle mani del morto, equivale a confermare la tesi: "Nessuno lo ha costretto, nessun altro ha toccato la pistola, la stub ci conferma che ha sparato, quindi si è suicidato". Per contro se nelle indagini iniziali si riscontrano varie stranezze comportamentali, e se a queste si uniscono motivi labili e non consoni al suicidio, il non trovare segni di violenza equivale ad ipotizzare vi sia stata una intimidazione armata, è difficile reagire se si ha una pistola senza sicura puntata alla tempia, ed il non trovare impronte esterne non assume più alcun significato perché di norma chi suicida gli altri dopo aver ripulito l'arma rimette la pallottola mancante nel caricatore, fa impugnare la pistola al morto facendogli sparare un colpo al cielo e si porta via il bossolo che cade a terra. Così da avere sia le impronte sulla pistola, sia i residui di polvere da sparo sulla pelle, sia un unico colpo sparato.

E se un assassinio viene progettato con la giusta premeditazione, la procedura per farlo passare quale suicidio verrà eseguita alla lettera. L'unico sbaglio che può capitare, e si spera che i carabinieri verifichino sempre tutto non lasciando nulla al caso, è dettato dalla fretta che sovviene a chi ha appena ucciso, a chi deve restare sulla scena del crimine per inserire una nuova pallottola e sparare una seconda volta, in modo rimangano impresse le impronte della vittima sull'arma e la polvere da sparo sulla mano. A volte, però, a causa della paura e della fretta gli assassini non usano le giuste precauzioni quando reinseriscono la pallottola sprecata (se ci si spara un solo colpo alla testa non ne possono mancare due nel caricatore). Perciò si può trovare l'ultima inserita con su impronte diverse da quelle presenti nelle altre (si presume debbano esserci solo quelle di chi possiede l'arma), oppure può capitare non vi sia alcuna impronta (si fossero usati guanti in lattice al momento del depistaggio). In questi casi, dopo le prime risposte peritali, è facile il capire di trovarsi di fronte ad un omicidio cammuffato da suicidio. E non solo in questi casi perché uccidere senza lasciare nulla di sé sulla scena del delitto o addosso alla vittima è impossibile per chiunque, specialmente per chi ha l'acqua alla gola che dovendo agire dalla sera alla mattina, non avendo tempo per trovare soluzioni migliori, suicida la vittima designata in maniera meno professionale. Ma se l'omicida non è un "pivello", anche avendo l'acqua alla gola sa bene come pararsi il dietro, sa bene che l'iniziale mancanza del cadavere renderà impossibile alcuni accertamenti. Uno, ad esempio, è la prova dello stub, dato che dopo pochi giorni è difficile trovare polvere da sparo sulla pelle. Questo facilita di molto il compito di chi uccide perché non è obbligato al secondo colpo, quindi non dovrà inserire una nuova pallottola ma gli basterà semplicemente stringere l'arma pulita dalle sue impronte fra le mani della vittima. 

Però l'errore è dietro l'angolo e chi porta avanti le indagini sa che non sempre ciò che appare è la scena reale di quanto accaduto alla vittima. E chi uccide un carabiniere (ma in ogni "corpo delle forze armate" è la stessa cosa) accentra su di sé grossi problemi quando i conti non tornano al millesimo. Perché se le stranezze superano le certezze, chi indaga se ne frega di tutto e di tutti e scava oltre il possibile, a volte nell'ombra ed anche per anni, senza guardare in faccia nessuno, neanche i colleghi di caserma. E se riesce a capire che si tratta di un omicidio cammuffato da suicidio, state pur certi che prima o poi i conti verranno regolati fino all'ultimo centesimo (magari al di fuori del clamore mediatico). Ora, rapportando quanto sopra scritto a Marco Massinelli, c'è da credere e star certi che si scoprisse non essersi trattato di suicidio ci sarà chi la pagherà in maniera drastica e brutale. E per come la vedo io è facile che già si segua una pista diversa da quella fornita ai media perché mille stranezze accerchiano la notte della scomparsa ed infastidiscono il pensiero logico.

Vediamone alcune iniziando da quanto accaduto al maresciallo dopo il ritorno dalle vacanze, partendo quindi dal momento in cui ha deciso di tornare anzitempo a Pegognaga. Quale può essere l'elemento nuovo che non appena rientrato in Italia lo ha convinto alla partenza? Forse una telefonata che lo informava di un qualcosa notato al comando in cui prestava servizio come vice comandante? E già la parola vice comandante può inserire qualche pulce nelle orecchie perché la qualifica comporta responsabilità. Ha ricevuto quindi telefonate particolari da amici, da giuda o da informatori? C'è da chiederselo perché dopo la sua scomparsa, ed a partire ancor prima di quanto avrebbe dovuto tornare in servizio, i carabinieri di Mantova, e non solo, si sono mobilitati in massa setacciando ogni angolo dell'autostrada, interrogando ogni benzinaio o addetto dei vari autogrill, facendo intervenire i reparti speciali del Ros in tempi rapidissimi, facendo convogliare alla loro caserma tutte le notizie di nera e controllando personalmente ogni cadavere sconosciuto rinvenuto in Italia. Detto questo vien spontaneo chiedersi se davvero non c'era alcuna indagine pericolosa che avesse visto impegnato il Massinelli. Perché non è che per ogni carabiniere scomparso mentre è fuori servizio si mette in opera una mobilitazione del genere.

Andiamo oltre le mobilitazioni iniziando a considerare il suo stato d'animo. La sera della scomparsa esce di casa sulle 22.00 o poco più, ha l'auto carica di valige e regali. Può al momento avere in mente un'idea malsana? No, non avrebbero senso i bagagli ed i regali. Quindi in partenza la sua preoccupazione è solo quella di arrivare all'appartamento della città ducale. Alle 23.00 è a Val di Chiana ed entra in autostrada. Marco Massinelli è tranquillo ed in auto non corre. La sua velocità si aggira sui cento chilometri l'ora dato che arriva all'autogrill di Scandicci sulla mezzanotte, lì acquista una ricarica telefonica che conferma come in quel momento non pensasse affatto al suicidio, ed a Bologna verso l'una, manda un messaggio col telefonino e probabilmente chatta su facebook. Chiariamo subito una cosa. Anche proseguendo il percorso con la stessa andatura di marcia, la logica e la matematica ci dicono che deve arrivare al casello mantovano al massimo sull'una e tre quarti. Perché ha già percorso duecento chilometri e perché da quell'autogrill a Pegognaga ne rimangono circa novanta. Chiarito questo spostiamo il pensiero sul computer. 

C'è chi ha detto che in quei minuti, sull'una o poco più, l'ha usato per chattare con l'amica residente in America. Noi non sappiamo sia vero l'orario e neppure quando abitualmente chattava con lei, al limite ci potrà venire in aiuto qualche suo amico, ma all'una di notte in Italia corrispondono le sette di sera in America, quindi è molto probabile fossero entrambi su facebook. Sul tempo trascorso a chattare, da collegare ad una probabile sosta in autostrada, si possono fare solo ipotesi e calcolarlo in un quindici o venti minuti. Ma così fosse non si spiegherebbero comunque i trentacinque - quaranta minuti di ritardo accumulato rispetto alla tabella di marcia. Infatti al casello di Pegognaga non è uscito alle due, due e cinque, come doveva essere considerando la velocità costante tenuta nei primi due tratti ed i quindici barra venti minuti utilizzati per chattare, ma alle due e quaranta. C'è da dire che una voce, rimasta isolata, ha parlato di un piccolo incidente occorso al Massinelli. Ma di questo non v'è traccia da nessuna parte e, se non è avvenuto in autostrada, non può essersi verificato dopo l'uscita perché non ci sta coi tempi. Quindi diciamo che non pare esserci stato e torniamo a parlare del ritardo con cui è arrivato al casello. Perché questo particolare, che se nulla fosse accaduto al ragazzo sarebbe risultato irrilevante, dopo la sua morte diventa una stranezza da vagliare attentamente.

Il motivo è semplice e basta fare una divagazione ed un ragionamento postumo per capirlo. Se è vero che manda un sms e chatta per quindici minuti poco dopo l'una, quando si trova a Bologna, significa che in quel momento è molto probabile sia fermo in un'area di sosta che dista uno sputo da Castelfranco Emilia, e Castelfranco Emilia è il luogo dove alle quattro e mezza di quella notte verrà cancellato il suo profilo facebook e tolta la batteria dal computer. Insomma, pare che dal momento della ripartenza, dopo essere entrato su facebook ed aver chattato, la sua auto abbia fatto una sorta di percorso ad anello tornando, più di tre ore dopo, quasi al punto iniziale del circuito. Perché fare quel giro assurdo e non andare subito in direzione Castelfranco? Ma prima di questo il punto da chiarire è l'altro. Perché esce al casello di Pegognaga non alle due, due e cinque, come dovrebbe essere visti i tempi e la velocità fin lì regolare, ma alle due e trentanove? Quei trentacinque barra quaranta minuti di ritardo a cosa sono attribuibili? A me pare che una domanda sia d'obbligo. Dopo la fermata in cui ha chattato gli è accaduto qualcosa che ha allungato i tempi? Non è che questo qualcosa lo ha obbligato a salire su un altro mezzo, che lo ha portato altrove, e sul suo c'era una persona che aveva un intento ben preciso? Non è che la sua auto ha percorso la solita strada solo per cambiare gli indirizzi di indagine e far credere si fosse diretto verso casa? Perché è ben strano che una volta giunto in prossimità della sua abitazione abbia cambiato il percorso, facendolo addirittura a ritroso, senza neppure una minima fermata per scaricare i bagagli e i regali.

Da qui proseguiamo con le stranezze per scoprire che da Pegognaga a Carpi ci sono all'incirca quaranta minuti di auto (passando in strade normali), e che il Massinelli, o chi guidava la sua Audi, ha impiegato esattamente quei quaranta minuti per arrivarvi. Infatti è alle tre e venticinque che il suo computer si collega a facebook (proprio da Carpi) rimanendo in internet per altri quindici minuti. Questo vuol dire che durante il percorso la vettura non si è mai fermata. Ripartirà alle tre e quaranta per arrivare a Castelfranco Emilia alle quattro e venticinque. Anche questo tragitto viene fatto senza mai fermarsi dato che i minuti sono quelli giusti giusti per coprire il percorso. Ora c'è da fare un minimo di ragionamento perché, pur se non pare, ci troviamo di fronte ad un'altra stranezza. Ci accorgiamo infatti che se il guidatore fosse stato il Massinelli, dopo aver deciso di non entrare in casa non avrebbe avuto titubanze, nonostante sia quello il momento in cui collocare i suoi primi dubbi sulla vita, continuando a guidare con un andatura regolare e costante quasi che il tragitto fosse stato pianificato e sapesse dove dover andare. Insomma, una persona che medita il suicidio non va verso le città della zona, cerca un punto isolato e si ferma a ragionare, a pensare (ed in quelle terre ce ne sono a bizzeffe di viottoli isolati in cui spararsi).

E se ancora non è convinto della decisione che va materializzandosi nella sua mente, non è che continua a girare seguendo un itinerario unidirezionale già stabilito. Anzi, forse non guarda neppure le strade che imbocca e non sa dove andrà a finire. Ed è assurdo pensare che facendo un percorso voluto dal caso, partendo da Pegognaga torni dove in pratica si trovava subito dopo l'una di notte, quando era fermo in autostrada ad inviare messaggi ed a chattare, quando ha consumato quaranta minuti della tabella di marcia percorrendo gli ultimi novanta chilometri in un'ora e trenta (dopo averne fatti duecento in due ore). Ed è assurdo perché le combinazioni stradali che si presentano in quel tragitto cittadino ed extracittadino di 65 chilometri sono infinite, e solo una volta su cento tentativi poteva immettersi esattamente nel percorso infine fatto. Certo, anche ognuno degli altri percorsi aveva una possibilità su cento di realizzarsi, ma nessuno di quelli ipotizzabili avrebbe riportato l'auto a chiudere il circuito iniziato dopo la sosta. Per cui pare proprio, data la velocità regolare e l'unidirezionalità della marcia, che volesse, se non lui chi guidava la vettura, recarsi in zona Castelfranco Emilia. E pare che con quest'ultima fermata si sia voluto chiudere l'anello creatosi dalla chat dell'una in poi, dato che lo spegnimento del cellulare, la cancellazione da facebook e la batteria tolta dal computer, sono fatti accaduti alle quattro e mezza proprio a Castelfranco Emilia. Per cui c'è da chiedersi: è da quel momento che inizia il mistero o il mistero era iniziato già da tre ore, quindi poco dopo l'una e poco dopo aver chattato la prima volta?

Alcuni informatori ci hanno spiegato in maniera poco credibile che per entrare in facebook occorre una password, quindi che nessun altro tranne il Massinelli poteva aver fatto l'entrata delle tre e venticinque e la cancellazione delle quattro e trenta. Ma non è proprio un dato esatto. Per prima cosa fosse stato costretto a scendere dall'auto mentre chattava in autostrada, quindi dall'una e dieci in poi, non necessariamente chi si fosse messo al volante avrebbe trovato il personal computer spento, anzi è molto probabile il contrario. Per seconda cosa le password usualmente sui computer si salvano, quindi ad una mano sconosciuta basta accenderlo per trovarselo già collegato sia alla mail che al profilo facebook del proprietario. Inoltre se uscendo dal proprio profilo non si passa per l'account cliccando su "esci", ma semplicemente ci si scollega uscendo da internet e spegnendo il computer, ad una eventuale nuova riaccensione tutto risulterà attivo come in precedenza e non sarà necessario inserire password. In questo modo anche la cancellazione da facebook la può fare chiunque.

Ma continuiamo a seguire il viaggio del Massinelli che, a quanto pare, una volta chiuso il circuito non è stato più rintracciabile. Per quale motivo il maresciallo dei carabinieri a Castelfranco Emilia avrebbe dovuto spegnere i suoi collegamenti col mondo? E' lì che ha deciso il suicidio? Anche fosse vero a che prò staccare tutto? Che senso ha un simile comportamento? Ci hanno detto che una volta presa la decisione ha vagato cercando un punto idoneo per spararsi. Bene, io sono romagnolo, quei luoghi li conosco benissimo e garantisco a tutti che da Bologna a Firenzuola, o da Imola a Fiorenzuola (poteva arrivarci anche da Modena invece di scendere a Castelfranco Emilia) i punti idonei, non solo a spararsi ma anche solo per appartarsi lontano da occhi ed orecchi indiscreti, sono infiniti e non serve arrivare in Toscana. E che c'entra in fondo Firenzuola con Massinelli? Nulla a quanto si sa. Non vi era mai stato e non la conosceva. Ed allora, dato che non vi sono apposite statistiche, con una piccola ricerca possiamo scoprire quanto siano veramente poche le persone che si tolgono la vita in luoghi non conosciuti, e fra queste non ve n'è nessuna che si sia sparata un colpo di pistola. E la stranezza non si ferma al fatto che sia arrivato a Firenzuola, ma si estende al come ed al quando è arrivato nonchè al perché si sia voluto nascondere e non far trovare subito.

Ha proseguito spedito come fatto da Pegognaga a Castelfranco Emilia? In questo caso, senza imboccare l'autostrada, avrebbe impiegato due ore buone arrivando sulle sette di mattina, in un orario in cui, anche in quella zona appenninica, ci sono auto e persone per strada. E visto che non è possibile pensare si sia diretto subito nella piazzola isolata dove parcheggiare l'auto (che motivo aveva di nasconderla alla vista di chi passava?), la logica ci dice che avrebbe perso altro tempo a girovagare e che qualcuno in quell'orario lo avrebbe notato. A meno che ad arrivare nel punto stabilito non sia stato lui ma uno pratico del posto. A meno che il Massinelli già vi fosse arrivato tre ore prima con altri, o vi sia arrivato giorni dopo già morto. Ma come poteva arrivarci senza usare la sua volontà e le sue gambe? Anche in questo caso la soluzione non è così difficile da trovare, basta conoscere i luoghi ed ipotizzare basandosi su quanto emerso. L'area di servizio in cui si è fermato a Bologna è sopraelevata e serve sia chi va verso nord sia chi va verso sud. Quindi chi lascia l'auto a nord, passando dal corridoio dell'autogrill può arrivare nel parcheggio a sud e viceversa. Se è vero che già si era fermato a Scandicci a comprare la ricarica, e pare essere vero, che motivo aveva di fermarsi nuovamente un'ora dopo? Si è fermato perché voleva chattare con l'amica... o il chattare gli è servito a far passare il tempo perché aveva un appuntamento ed attendeva una o più persone?

Ed ecco che il mistero si potrebbe svelare e non essere più un mistero. Facile sarebbe stato per un amico, amico fra molte virgolette, proveniente dalla direzione opposta alla sua, quindi da Bologna, da Pegognaga o anche dalla Romagna visto che l'autostrada A14 si collega con la A1, una volta datogli appuntamento ed incontratolo al parcheggio dell'autogrill, farsi seguire fino alla sua auto situata nel lato opposto, le scuse plausibili sono molteplici. Facile sarebbe stato per altri, giunti assieme a lui, puntargli un'arma alla testa e farsi consegnare ogni cosa. Quindi pistola d'ordinanza, cellulare, computer e chiavi della macchina. L'orario e la giornata permettevano questo movimento quasi in assenza di testimoni. L'unica cosa che non permettevano era il non perdere tempo, diciamo tre quarti d'ora fra l'attesa in cui chattare, il susseguente l'arrivo di un giuda ed il conseguente sequestro di persona. Guarda caso giusto il tempo in eccesso impiegato dalla sua auto per arrivare a Pegognaga. Per continuare nello scenario si può ipotizzare che qualcuno abbia finito il tragitto iniziato dal Massinelli e sia uscito al casello giusto, l'auto non poteva restare in autostrada perché si sarebbe ritrovata subito facendo crollare la tesi del suicidio, suicidio che non poteva essere messo in atto in un luogo del genere, dove tanti camionisti di notte dormono, perché lo sparo si sarebbe sentito eccome.

Per cui se l'Audi del maresciallo è andata in direzione nord è probabile che lui sia stato portato in direzione sud, in direzione Fiorenzuola (un'ora in autostrada), e che alle tre si trovasse nel bosco e fosse già morto, oppure in una casa isolata in attesa di decisioni. Ma potrebbe anche essere che si sia imboccata la prima uscita dell'autostrada tornando in direzione Castelfranco Emilia, dove poi è arrivata anche l'Audi, o in direzione Romagna, visto che anche da Imola si va al passo della Futa e quindi a Firenzuola, e che solo giorni dopo si sia scelta una zona in cui farlo ritrovare, zona da qualcuno ben conosciuta. Perché farlo ritrovare? Perché, come ho scritto inizialmente, in quei giorni i carabinieri stavano facendo il diavolo a quattro e grazie ai Ros avevano individuato subito Castelfranco Emilia quale ultimo passaggio del suo computer e del cellulare. E qui ci sarebbe da chiedersi il perché non si siano spenti subito, sia l'uno che l'altro. E la risposta potrebbe non essere difficile, in quanto il tenerli accesi può venire dal dover cercare qualche file o foto compromettente, dal dover rispondere ad eventuali messaggi arrivati sia su facebook che sul telefonino, per avere più tempo a disposizione facendo credere (anche ai genitori eventualmente si fossero preoccupati di inviargli un sms per sapere se era arrivato a casa) che andava tutto bene.

Solo quando la situazione si è stabilizzata, quindi verso le quattro e mezza, si è potuto spegnere e fare le cancellazioni. Probabilmente in quell'orario Marco Massinelli era già morto, oppure era rinchiuso da qualche parte, e l'auto da Castelfranco in poi, per non rischiare nulla, ne ha seguita un'altra, a distanza, che aveva il compito di avvisare chi la guidava nel caso vi fossero per strada pattuglie di carabinieri o polizia (non si poteva rischiare d'essere fermati neppure per un controllo).

Naturalmente la mia è solo una ipotesi di quanto potrebbe essere accaduto quella notte. Ma è una ipotesi che si basa sui dati e non da sfogo alla fantasia restando ancorata ad una realtà che ogni carabiniere conosce. E se devo essere sincero son certo che una simile ricostruzione è già sul tavolo di chi indaga, di chi è in attesa di sapere cosa è stato cancellato da quel computer e magari spera in una chat o in un sms che parli di un appuntamento all'autogrill sull'una e mezza di quella notte (e si spiegherebbe il motivo per cui andava piano in autostrada). Il mio pensiero perciò è chiaro. La logica non parla di suicidio ma di tante stranezze, stranezze che potrebbero portare ad un omicidio. E le stranezze non piacciono a nessuno, tanto meno a chi fa indagini in silenzio...


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17 commenti:

filippo ha detto...

grande Massimo. Tropppi dubbi e stranezze in questo caso.

mariatere ha detto...

mi chiedo come mai in quest'era cosi' tecnologica non si faccia uso dei satelliti per verificare chi era in auto, chi si trovava nel bosco etc etc..vicino al bosco di firenzuola c'è il cimitero germanico militare della futa...

Anonimo ha detto...

Cio' che pensiamo di certo e' che di suicidio non si sia trattato e ben due comunità intere aspettano di saperne qualcosa di più. grazie Massimo che tu ne stia parlando con serietà e dovizia di particolari importanti.

Anonimo ha detto...

Resto assolutamente scettico sull'ipotesi di suicidio.
Mafia/camorra/ndrangheta avrebbero o commesso un'esecuzione esplicita, o fatto sparire per sempre cadavere ed auto, a seconda di voler lanciare o meno un segnale di monito.
Quindi prima di chiedermi perché sia stato ucciso, mi chiedo perché in quel modo.
Vero è che un suicidio "inconfutabile" porta all'archiviazione rapida del caso, ma inscenarlo non è molto più impegnativo e rischioso se paragonato ad un omicidio commesso da professionisti?
Comunque sempre di professionisti si tratta, e qui veniamo al "chi": quale organizzazione dispone di professionisti in suicidi?
L'eliminazione dei post da facebook depone a favore del suicidio: un atto di rispetto verso sé stesso, sapendo di morire ha la certezza che altri (parenti o peggio sconosciuti investigatori) ficcheranno il naso tra le sue cose intime, e lui ha premura di custodirle. Una vera finezza nel piano degli assassini, così come la canzone dei Pink Floyd.
Non credo per nulla all'ipotesi dei post cancellati per eliminare collegamenti con gli assassini. La privacy di facebook è al pari dei segreti di Pulcinella, se Marco aveva a che fare con chi l'ha ucciso ("professionisti") sicuramente non interagiva con loro attraverso canali rintracciabili.

Un particolare strano: uno che studia il "suicidio perfetto" corre il rischio di essere fermato per un controllo di routine ad un posto di blocco, al volante dell'auto della vittima?

- conosce con esattezza dove e quando ci sono posti lungo tutto il tragitto, così da evitarli
- può contare sul fatto che se fosse fermato nulla sarebbe annotato
- l'auto si trova all'interno del rimorchio di un tir, su di una bisarca, etc.

Il giro a ritroso per scomparire a 30 km da Bologna, il fatto che si tratti di carabinieri (Marco e gli altri 2) e l'evidenza che sia opera di professionisti, mi scatena una brutta associazione di idee: uno bianca.

Anonimo ha detto...

Buongiorno massimo ', sono una conoscente di Marco , in tutta questa confusione mi chiedo due cose : come mai l'autopsia e' stata così veloce ? Come mai non esce che nel suo paese e' il terzo amico che si suicida ? Questa cosa l'ho sentita al funerale e mi ha sconvolta , possibile che 3 amici della stessa compagnia facciano una cosa così nel giro di un anno ????? Non so , forse uno vuole trovare un motivo a tutti i costi , io pero' penso che ci sono troppe cose che non tornano .

Anonimo ha detto...

Ciao,

scusate portate pazienza.. ma dall’autopsia è emerso in che orario si può presumere la morte del ragazzo? Questo per capire se la morte è da collocare diciamo al mattino (quindi dopo le sue perenigrazioni notturne) oppure significativamente dopo. Il che aprirebbe un altro scenario: se si è sparato sul fare del mattino, come mai non è stato ritrovato in tempi relativamente brevi? Voglio dire è così isolata il posto? Non conosco la zona.. Se invece si è sparato dopo, e per dopo intendo qualche giorno dopo, allora forse ha senso il suo giro: premesso che un potenziale suicida quando decide o è in procinto di fare il passo, qualunque cosa gli passi per la testa penso sia un turbinio di irrazionalità emotiva che non lascia spazio a chi, dall’altra parte, voglia trovarvi un senso. Quindi il fatto che esca dall’autostrada e poi ritorni indietro, chatti e stacchi il telefono.. ci può stare. Magari ci pensava da un pò.. In caserma dove rientrare sabato, agli amici aveva raccontato che sarebbe restato in Umbria fino a giovedì, e forse all’ultimo momento ha deciso di anticipare il suo rientro senza dir niente proprio per restare un po’ per i fatti suoi e meditare meglio. Poi qualcosa ha fatto strada nella sua mente – un ineluttabile consapevolezza - mentre guidava verso nord e all’uscita a Pegognaga vira verso sud per intraprendere il suo vero viaggio. Chatta un ultima volta, ascolta i Pink Floyd, cancella alcuni dati sensibili, blocca fb, stacca il telefono e arriva a Firenzuola (forse il posto lo conosceva bene, magari una gita d’infanzia) sicuro che non sarebbe stato rintracciabile per un bel po’.
Lì è una zona montuosa? Magari ha passeggiato per un po’ stile into the wild, dormito in macchina e poi ha preso la decisone, senza avere la possibilità (telefono e pc staccati) che qualcuno gli potesse far cambiare idea.
Forse è andata così, molto più semplicemente.
A dir la verità ho pensato che se non avessi visto il programma “chi l’ha visto?” di questa storia non ne sarai mai venuto a conoscenza, quindi mi chiedo: data la grande mobilitazione all’indomani della scomparsa da parte dell’Arma, e la successiva dissolvenza mediatica, non è che forse gli investigatori stiano seguendo una pista molto più grossa e quindi farci credere al presunto suicidio sia un modo per dar loro la possibilità di operare in tranquillità da un lato, e dall’altro non far sentire sotto pressione gli assassini?
Scusate la prolissità.
Alberto

mariatere ha detto...

anonimo delle 10.19 ossia la concittadina e conoscente


ci spieghi bene questo fatto, cioè che è il terzo amico che si suicida..che lavoro facevano gli altri due e in che rapporti erano? ci sono delle cose troppo strane in questa storia:
1) la ricerca con pattuglie, i ros, gli elicotteri etc etc..strano dispiegamento per una normale fuga di un26enne seppure carabiniere..

2) l'imminente chiusura del caso
3) responso autopsia: suicidio..in certi casi come questo bisogna indagare
4) un giornale ha parlato di un incidente avvenuto a marco massinelli quella notte, perchè non si è saputo più niente?!!
a noi semplici cittadini le cose non quadrano affatto, per cui non capisco perchè il pool investigativo non si "accorga" delle anomalie e voglia chiudere in caso!????

Unknown ha detto...

Come la penso io...

Mariatere, non credo affatto vogliano chiudere il caso, credo vogliano tenere basso il profilo mediatico per non dare informazioni su quanto scoperto, quindi vantaggi, ad un possibile assassino. Per questo dell'autopsia si sa poco o nulla, solo che il patologo propende per un suicidio (quindi nessuna echimosi sul corpo o segni di collutazioni).

A mio parere è chiaro non si tratti di suicidio. Certo che chi è in crisi depressiva fa cose fuori da ogni logica (una mia vicina, da tempo depressa, uscì nuda e fece quattro chilometri a piedi per gettarsi sotto un treno), ma non nasconde il suicidio staccando la spina col mondo o facendo 600 chilometri arrivando in un luogo impossibile da trovare per chi non lo conosce.

In questo caso c'è da restare un attimo staccati dall'emotività dell'input mediatico e ragionare sul fatto che si parla di un vice comandante dei carabinieri neppure sposato, non di un imprenditore in difficoltà economiche o di un marito a cui sono stati tolti i figli, partito da casa nel pieno delle sue facoltà mentali, con l'auto colma di regali e, a detta di chi lo conosceva, senza alcun problema mentale... anzi.

Decidere da un momento all'altro di suicidarsi, senza aver dato segnali, non è cosa comune da prendere e far passare come una regola accettabile perché "tanto accade". Un comportamento del genere presuppone degli antefatti che la famiglia o chi condivide il suo quotidiano deve conoscere, non nasce dalla sera alla mattina. Inoltre chi vive e lavora nell'Arma (un carabiniere si innamora della sua istituzione e la vive come fosse una seconda famiglia) non ha a che fare solo con persone normali e lo sa, come chi lavora in fabbrica, ma è costretto a rapportarsi con diversi fattori più o meno pericolosi (sia al suo interno che all'esterno).

Per questo io credo esistano diversi tipi di suicidio. E quello "di una persona comune" non riesco a paragonarlo a quello di un carabiniere. Perché un suicidio maturato in tale ambiente lo si può giustificare con logica solo se in precedenza è accaduto qualcosa che ha scosso la psiche. Ad esempio può arrivare ad un gesto estremo chi ha vissuto situazioni in cui gli sono morti accanto dei colleghi, se non viene seguito da psicologi in gamba (come accaduto a Bruno Fortunato).

Di mio devo dire che conosco molti carabinieri, che se uno di loro si suicida veramente chi gli ha vissuto accanto capisce subito di aver sottovalutato i segnali lanciati e si rammarica per non averlo aiutato. Questo capita anche a chi non è carabiniere, ma in misura minore perché nessuno di noi ha mai affidato la propria vita alla pistola o alla prontezza dei riflessi di un collega di lavoro (che diventerà uno dei migliori amici).

Questo conoscersi bene io lo rapporto a quanto accaduto, e se a Pegognaga i colleghi non credono che il Massinelli si possa essere ucciso io non credo si possa essere ucciso.

Per quanto attiene i suicidi avvenuti in zona Perugia non so se siano morti suoi amici e, nel caso, perché la stampa non ne parli... se sono reali vorrei avere in privato il nome dei ragazzi (prati.massimo@gmail.com), so che ultimamente si è scritto di due morti strane, una donna arrivata da Arezzo gettatasi in un lago ed un imprenditore molto conosciuto. Quest'ultimo è il più particolare ed incredibile dei suicidi, infatti si sarebbe bruciato dentro la sua auto in fiamme.

Massimo

Tristepensiero ha detto...

Massimo, perdona la mia ignoranza, ma un colpo mortale sparato in macchina, non dovrebbe lasciare una sorta di 'diario di bordo' che non lascia spazio ad interpretazioni e dubbi? Ho letto due diverse descrizioni del "suicidio", una parla di un colpo al petto, una di colpo alla tempia. Nel primo caso, probabilmente le tracce all'interno dell'auto potrebbero non essere molto evidenti, ma nel secondo caso direi di si.
Quindi, se fosse stato ucciso prima di percorrere la strada a ritroso e poi tirato fuori dall'auto, qualcuno, oltre a dover guidare la sua auto facendo attenzione a non inquinare la scena, avrebbe poi dovuto rimettere il suo corpo in auto esattamente nella posizione in cui si trovava al momento dello sparo, perchè un corpo senza vita che cambia posizione su un sedile, farebbe venire dei sospetti anche ad una persona non del mestiere.
Anche l'inclinazione del colpo dovrebbe dire qualcosa in più su quanto accaduto.
Nel caso di colpo al torace per esempio, il gomito di un suicida seduto in macchina si troverebbe sicuramente molto più in basso di quello di una persona che siede sul sedile del passeggero, inclinando quindi diversamente la traiettoria del proiettile.
Nel caso di colpo alla tempia invece, il gomito avrebbe potuto essere alla stessa altezza, sia per un suicidio che non, ma sicuramente spostato in avanti verso il cruscotto se chi ha sparato si trovava sul sedile passeggero e in dietro se chi ha sparato si trovava sul sedile posteriore. Sai se queste informazioni sono note? Se l'esame dell'auto ha dato conferme alla dinamica ipotizzata?

Unknown ha detto...

Forse non mi sono spiegato bene tristepensiero. Anche il fatto che si sia allontanato dalla vettura insinua il dubbio sul suicidio perché altri in alcun modo lo avrebbero ucciso in auto, troppo forte la certezza di venir macchiati dal sangue o feriti da una scheggia del vetro.

Io ho scritto che lui potrebbe essere stato sequestrato all'autogrill e che l'auto potrebbe averla presa un complice dell'assassino per fargli fare il tragitto fino a Pegognaga e lì lasciarla (poi forse qualcosa ha cambiato le carte in tavola ed invece di lasciare la vettura sotto la sua casa si è deciso di farla tornare indietro).

Il corpo è stato trovato ad una cinquantina di metri dall'auto, in un sentiero che porta al bosco, e la posizione di un cadavere dopo poche ore dalla morte non si può più modificare, a causa del rigor mortis che irrigidisce i muscoli, e non si poteva rischiare neppure di ucciderlo da altre parti se non dove è stato trovato perché nel punto del corpo che appoggia a terra, da subito dopo la morte fino alla ventesima ora, si crea una sorta di calco che, non ci fosse, renderebbe incompatibile il luogo con l'omicidio.

Si è sparato alla tempia, la pistola è stata trovata a terra a mezzo metro dal cadavere.

L'auto non potrà fornire nulla agli inquirenti perché se l'ha guidata un altro di certo non lo ha fatto a mani nude (magari non avessero trovato impronte sul volante o ne avessero trovate di diverse). L'unica possibilità per scoprire una verità, comunque sempre parziale, viene dalle cancellazioni fatte nel computer e dalla testimonianza dell'amica in America.

Se ad esempio fra i due ci fosse stata una storia d'amore forte ed a lei lui non fosse interessato più, così da farlo star male e soffrire, dalle chat si scoprirebbe ed aumenterebbero le possibilità di un suicidio. Ma da quanto hanno detto si sono messaggiati come al solito senza toccare nessun tipo di argomento sentimentale.

Ciao, Massimo

mariatere ha detto...

grazie massimo per le precisazione che mi hai fatto l'altro giorno..speriamo che stiano veramente mantenendo un profilo basso, e che non sia invece un modo per lasciar correre la cosa.

Anonimo ha detto...

Ciao,

ho setacciato un pò internet ma sembra che non siano aggiornamenti a riguardo...che la faccenda si sia fermata qui allora? Non ci sono rumors particolari in giro?
ciao
Alb

irene ha detto...

Io non lo conoscevo, ma la sua storia non mi lascia la testa... speriamo che la verità venga fuori. .. non può essersi suicidato. ..

Anonimo ha detto...

ma come mai nessuno dice più niente di marco?

Anonimo ha detto...

Le notizie in rete sono datate marzo-aprile. Pare quindi che non ci sia alcuna news...
Anch'io come voi ho bisogno di sapere quale sia la verità, se tutto si è svolto così come ci è stato rappresentato oppure se le cose sono andate diversamente.
A distanza di tempo rileggo la ricostruzione dei fatti e l'intera vicenda mi sembra artificiosa e surreale, volta ad "accontentare" il popolo che non ha i mezzi per approfondire autonomamente le questioni.
Ad es: nessuno ha parlato se le soste in autogrill del Massinelli siano state riscontrate anche con registrazioni verosimilmente delle telecamere di servizio...mi sembra importante per appurare se quella notte viaggiava da solo o meno..

Spero che la verità venga fuori..poi penso a De Pedis e alla Orlandi e mi dico buonanotte Italia.

Anonimo ha detto...

Perchè non parlate più di Marco Massinelli la cui tragica fine è ancora tutta da chiarire?

Anonimo ha detto...

Perchè non parlate più di Marco M
assinelli la cui fine è ancora tutta da chiarire? Ma quale suicidio!!!!!!!!!! Fatemi il piacere!!!!!!!!!!!!!!!