Whitney Houston |
Vien facile il pensare che qualcuno non la racconti giusta, che non sia l'artista stesso, messo sotto pressione, a cercare di non implodere grazie ad un aiuto esterno. Vien facile pensare siano altri a convincerlo che una pillolina in più non danneggia e fa star meglio. Questo perché il leitmotiv in sottofondo ad ogni morte famosa è sempre lo stesso, cocktail di barbiturici, di pasticche similari o droghe. Per alcuni pare quasi essere una formula magica. E Whitney Houston non ha trasgredito alla formula vincente, quella che vuole si venda meglio l'artista entrato nella leggenda, l'artista modo in circostanze misteriose. Perché certe morti creano il mistero ed è il mistero a creare la leggenda... e chi è leggenda, si sa, non muore mai. Ora si dirà che non è stata vittima di un incidente, non ci sono segni sul corpo, che è strano morire a pochi giorni dall'aver detto di voler cambiare religione, e non è che una come lei potesse diventare islamica senza creare scompigli (sia nei suoi produttori sia negli ambienti islamici a cui una donna così emancipata non piaceva affatto), che un'ora prima sorrideva a tutti ed era felice. Si getteranno i sospetti su quella stanza da bagno, la stessa che il giorno prima aveva visto sentirsi male la figlia di Whitney. Come mai due quasi identici malori a distanza di un giorno uno dall'altro? Qualcuno ha modificato le condutture ed anziché aria calda entrava gas soporifero? E' per questo che è affogata mentre si stava rilassando in una vasca da bagno colma d'acqua?
Non ci sarà mai una vera risposta, lo sappiamo già, ma il giallo crescerà negli anni al pari dei fans che si appassioneranno e riempiranno internet di pagine e pagine di ipotesi e false certezze. Si arriverà ad additare la guardia della sicurezza che l'ha soccorsa, la sua aiutante che si trovava nella camera attigua, la sua famiglia, e tutti subiranno il sospetto fino a quando un libro uscirà e qualcuno ci racconterà le ultime ore della "star", i suoi ultimi approcci col mondo esterno. Ci parleranno dei litigi col manager, col produttore, con il cameriere del bar, con la cliente che voleva l'autografo o che la guardava "storta". Ci racconteranno i suoi sorrisi, i suoi musi lunghi, le sue giornate in clinica passate per disintossicarsi dalla droga, giornate trascorse fra momenti di noia e felici canzoni dal vivo. Tutto sarà predisposto ad arte e tutto sarà perfetto per far guadagnare, a chi digerisce anche le pietre, milioni di dollari. Perché in fondo, senza voler essere volgari, chi ha in mano il marketing dell'azienda spettacolo sa che una diva che muore in circostanze misteriose è come il maiale per i contadini. Non si butta nulla e tutto è buono... anche il sangue se cotto.
E' la dura legge del denaro che ulula alla Luna e cambia le persone. La stessa che fa dimenticare l'infanzia e la storia che ha accompagnato ogni "star" dalla nascita al successo. Whitney, nata nel '63 in una cittadina del New Jersey, ha iniziato a cantare sin da giovanissima. Sua madre era parte di un gruppo soul che supportava i migliori cantanti dell'epoca, due furono Aretha Franklin ed Elvis Presley, e la portava con sé quando andava a cantare nei locali notturni. All'età di nove anni entrò nel coro della New Hope Baptist Church ed ad undici ne diventò la solista. A quattordici anni iniziò ad cantare nei dischi di altri come supporto, la sua meravigliosa voce da quindicenne la si può ascoltare in un 45 giri di Chaka Khan, in un disco del 1978. In quel periodo le offrirono il suo primo contratto discografico, ma sua madre non lo accettò perché voleva che prima finisse gli studi. La scuola era importante, ma non era il suo unico impegno. A diciassette anni iniziò la carriera da modella e continuò a seguire la madre ed a cantare assieme a lei; solo dopo aver conseguito il diploma scolastico i suoi genitori le fecero firmare un contratto, la sua prima canzone da solista è datata 1981 ed è inserita in un album di Paul Jabara.
Ma il suo destino era segnato. Nel 1983 cambiò manager e dopo aver duettato con Teddy Pendergrass, ed essersi fatta notare ulteriormente, nel 1985 incise il suo primo album, "Whitney Houston", che per 14 settimane consecutive restò al primo posto della classifica americana (29 milioni le copie vendute). Da qui l'escalation fu continua ed inarrestabile, fino a quando un giorno debuttò come attrice in: "La guardia del corpo", coprotagonista assieme a Kevin Costner, e rilanciò sia la canzone incisa a quindici anni assieme a Chaka Khan, sia "I will always love you", anche questo un brano dei primi anni '70 (allora cantato da Dolly Parton), che con la sua voce diventò la colonna sonora più venduta di tutti i tempi (42 milioni di copie). Lasciamo perdere la sua vita successiva fatta ancora di successi cinematografici e sonori ma anche di bizzarrie continue. Divenne inaffidabile, diverse volte rifiutò di cantare ai suoi concerti, ne disdisse anche a soli dieci minuti dell'esibizione, ebbe una causa in tribunale col padre, morto prima della sentenza, andò molte volte in cura riabilitativa per disintossicarsi dalla droga, si è lasciò col marito in maniera non proprio normale ed iniziò a volere accanto solo "ragazzi giovani".
Lasciamo perdere questi lati che non ci appartengono, lati personali che non ci devono interessare. Whitney Houston ha dimostrato che la vita delle persone, siano artisti o meno, non è mai una unica. Lei è stata una bambina prodigio, una ragazza normale, una star di prima grandezza, una diva in decadenza, una riscoperta ed ora è leggenda. Nessuno potrà mai dire che quanto le è capitato sia opera di altri, e se qualcuno lo dirà lo dirà mentendo. Lei stessa in una intervista disse: "Nessuno mi fa fare niente che non voglia. Ogni cosa che faccio è una mia decisione. Quindi sono il mio più grande diavolo. Sono il mio miglior amico o il mio peggior nemico".
Ed in questa frase c'è tutta l'essenza della vita, non solo della sua ma di quella di ogni essere umano. Noi tutti siamo gli artefici principali di quanto ci accade, ed il farci vedere felici non sempre significa che lo siamo. Certo, ci piacerebbe poter fermare l'aereo, scendere e restare abbracciati per l'eternità a chi si sogna essere il vero amore. Ma la vita non è un film, la vita non si ferma, la vita prima o poi finisce, ci saluta e come è venuta se ne va.
Goodbye Whitney, ti ameremo per sempre anche noi, ti ascolteremo cantare e non ti dimenticheremo. Ma questo lo sapevi anche prima di entrare in quel bagno, in quella vasca...
Ed in questa frase c'è tutta l'essenza della vita, non solo della sua ma di quella di ogni essere umano. Noi tutti siamo gli artefici principali di quanto ci accade, ed il farci vedere felici non sempre significa che lo siamo. Certo, ci piacerebbe poter fermare l'aereo, scendere e restare abbracciati per l'eternità a chi si sogna essere il vero amore. Ma la vita non è un film, la vita non si ferma, la vita prima o poi finisce, ci saluta e come è venuta se ne va.
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2 commenti:
Volevo solo dirti - per completezza di di informazione - che la stanza da bagno e la vasca dell'incidente della figlia di Whitney non erano le stesse, l'hotel era lo stesso, anche il piano era lo stesso, ma la camera era un'altra (era comunque prenotata a nome di Whitney Houston), almeno secondo quello che ho letto su alcuni siti americani.
Con sempre grande stima,
Ziva - una ragazza degli anni ottanta cresciuta con la musica di Whitney nelle orecchie...
Grazie Ziva, mi sono fidato troppo di un paio di telegiornali Mediaset... ciao, Massimo
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