Marco Pantani in maglia gialla |
Il 14 Febbraio del 2004 Marco Pantani, un campione del ciclismo mondiale che da quasi cinque anni era costretto a vivere al margine della società civile, venne trovato privo di vita. Incredibile che uno come lui, considerato il più Grande in base a quanto affermato da tutti i migliori ciclisti di ogni epoca, avesse subito nel 1999 il trattamento riservato duemila anni fa ai condannati a morte. Linciato e denigrato sulla pubblica piazza dai media e da quelle stesse persone che aveva contribuito ad arricchire ed a far diventare famose. Dopo questo trattamento, non avendo più la mente sgombra da ombre, Marco non riuscì più a stare bene in quella casa con le ruote che era stata sua e dalla quale si era allontanato perché schifato. Quella casa occupata anche da chi non era degno di viverci. Quei pochi che si sono chiesti il vero motivo della sua esclusione al Giro d'Italia del '99 lo hanno fatto a posteriori. Quando accadde il fattaccio a nessuno, stranamente, fu possibile fare un breve ragionamento, e subito dopo l'annuncio della sua estromissione i quotidiani sportivi gli spararono addosso titoloni fatti solo del pregiudizio mass-mediatico... chi li impose? Eppure ci voleva poco a capire che quell'anno si poteva scommettere anche sul ciclismo, che la vittoria di Marco, certa e scontata sin dall'inizio, sarebbe costata oltre duemila miliardi di lire ai bookmakers regolari e clandestini, una cifra da capogiro che non si voleva pagare.
Quindi il ragionamento, se iniziato, avrebbe dovuto portare lontano e forse alla verità. Quella mattina sarebbe partita la penultima tappa, l'ultima vera, ed il controllo a sorpresa effettuato due giorni prima aveva detto che l'ematocrito di Marco era perfetto. E con l'ematocrito perfetto aveva vinto le ultime due tappe lasciando gli avversari ai piedi delle salite. Ricordo a tutti che i ciclisti trovati con l'ematocrito alto non sono considerati dopati ma a rischio di salute, quindi vengono fermati per quindici giorni a titolo precauzionale. Il valore con cui al periodo si poteva correre senza rischi era 50, più un uno per cento di tolleranza, e Marco si disse avesse raggiunto i 52, per cui lo si fermò per quindici giorni. Sembra semplice a dirsi così, ma in realtà cosa capitò quel giorno? Non è vero che i prelievi eseguiti il 4 giugno, dopo la tappa vinta, avessero dato esito positivo, come scritto da più parti, in realtà accadde che alle 7.00 della mattina del 5 giugno, quella della partenza della penultima tappa, gli analisti dell'UCI, tre medici più il loro capo (per la precisione ed alla faccia), si presentarono nella camera di Pantani, altri medici andarono a controllare ulteriori nove ciclisti (che da giorni non contavano più nulla in classifica e non avevano faticato come Marco nelle ultime due tappe) per un prelievo a sorpresa. Non prelievi sorteggiati a caso, come dovrebbe essere per restare nelle regole, bensì prelievi mirati. Per cui venne prelevato il sangue ad una decina di ciclisti ed alle 9.30 vi fu la sentenza. Tutti i corridori controllati gravitavano fra valori che andavano tra il 49.5 ed il 50.5 (valori consentiti) tranne uno, Marco Pantani che le macchine dicevano avesse, come detto in precedenza, 52, e questo gli costò il ritiro e la maglia rosa.
Ed ecco che l'unico modo per farlo perdere fu trovato. Quindi non era vero non ci fosse alcuna possibilità che perdesse il Giro D'Italia, come dicevano tutti fino a quella mattina (tutti tranne alcuni carcerati che sapevano di dover puntare su altri corridori perché Marco avrebbe perso) una possibilità c'era, quella che puntualmente si è verificata. Forse tutto venne da sé, senza bisogno di imbrogli. Forse bastò controllare nuovamente i valori del sangue, dopo due tappe ad alta quota vinte, e sperare che la fatica di quegli ultimi due giorni, in cui aveva staccato tutti portandosi al comando con più di cinque minuti di vantaggio sul secondo, e le tre notti passate in altura lo fregassero (l'ematocrito aumenta in alta quota). Oppure c'era qualcuno d'accordo, qualcuno che non gli ha permesso di smaltire le tossine del giorno precedente... chissà. Leggiamo cosa dissero, dopo il responso dell'UCI, i responsabili della sua squadra: "Marco non riesce a capire, e non riusciamo neppure noi a farlo, cosa sia successo. Aveva già fatto due controlli prima e rientrava nella norma. O c'è una spiegazione scientifica, e do la parola al medico, oppure c'è un'altra ipotesi: se qualcuno voleva fare un attentato al ciclismo c'è riuscito perfettamente". Il medico, a cui fu data la parola, andò sul morbido e non accusò nessuno: "Do una mia interpretazione: ha dormito due notti in altura, passando dal freddo al caldo, bevendo poco. Mettendo insieme sforzi, disidratazione, altura, si può arrivare a questo valore anomalo. La sera precedente l'avevo controllato ed era a posto, così com'era a posto l'altro corridore, Velo, i cui valori rientravano nei limiti consentiti. Faremo comunque accertamenti". Altri dissero: "Era tanto tranquillo che se il giudice con i risultati fosse arrivato tre minuti più tardi l'avrebbe trovato a far colazione. Complotto? In questi momenti si pensa a tutto. Il ritiro della squadra? Sono uomini prima che corridori, hanno sposato in toto la causa di Pantani, sono solidali con lui e patron Cenni ha avallato la decisione. Andare al Tour? Se glielo propongo adesso mi manda a quel paese. Credo invece che quando tornerà a casa segherà in due la bici. A prescindere da ogni considerazione dico che la gente aveva il diritto di vedere Pantani sul Mortirolo".
Fu quindi davvero solo un caso che alla penultima tappa lo svegliassero di prima mattina per fargli le analisi? Fu davvero solo un caso che non gli fecero scegliere la provetta, com'era prassi, ma decisero loro in quale mettere il sangue? Fu un caso che in quel Giro d'Italia Marco fosse il portavoce di tutti i corridori e si battesse contro i controlli a sorpresa, quelli effettuati fra le due e le quattro di notte? Nulla fu fatto per caso, neppure nei giorni successivi quando, dopo una batosta psicologica del genere, nessuno pensò a lui uomo, nessuno pensò alla delusione del ciclista che capì di vivere in un mondo marcio in cui tutti gli chiedevano solo di giustificare quel valore e parlavano di doping... e pensare che l'anno successivo si variarono i parametri e Marco Pantani sarebbe risultato negativo ed avrebbe partecipato tranquillamente alla tappa. Perché l'anno successivo si cambiarono le regole? Perché la stampa non capì, o forse non volle capire, che il mostro da combattere non era il doping, non fu trovato dopato, ma chi gravitava nel mondo parallelo e miliardario delle scommesse? I giornali in rosa gli spararono addosso senza alcun rimorso o remora, la sua casa fu circondata da nugoli di giornalisti che volevano immortalarlo nel momento peggiore della sua vita, lui si chiuse in sé credendo che un trattamento del genere, dopo quanto aveva fatto per la sua categoria e per l'Italia sportiva, non lo meritava. Marco non era psicologicamente forte, non quanto le sue gambe, e cadde in depressione. Non era quell'automa che altri pensavano, aveva un'anima sensibile che lo portò a vedere il lato negativo impedendogli di rialzarsi.
Ed il non essere creduto gli incupì gli occhi e lo spirito. Le sue parole furono: "Sono ripartito dopo dei grossi incidenti ma moralmente questa volta credo che abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile. Non lo avessero tartassato e rovinato mentalmente quel 1999 sarebbe stato l'anno del nuovo bis. Non c'era nessuno come lui, avrebbe rivinto Giro e Tour ed ora racconteremmo un'altra storia. Ma al tour de France, pur potendo, non volle partecipare, troppo brutta la ferita che si portava appresso, e lasciò il mondo della bici cercando di ritrovare quella serenità che lo rendeva forte. Ma non la trovò, e dal duemila in poi i suoi occhi da pirata scomparvero e non si videro più. In quei giorni iniziò a chiedere aiuto alla droga... ma solo perché non c'era in Terra chi lo volesse aiutare, chi lo volesse difendere. Al suo funerale troppe persone erano presenti, troppe persone furono intervistate e troppe persone lo chiamarono amico... ma i veri amici ti aiutano e lottano con te contro i giganti del potere se occorre, quelli che aveva Marco si sottomisero al potere e per il quieto vivere volevano che anche lui si sottomettesse. Ed è tutto dire che l'unico ad alzare un dito non sia stato un suo amico ma un galeotto della peggior risma, Renato Vallanzasca, che ne 2007 fece sapere alla madre di Marco che al carcere di Milano nel '99 c'era un uomo legato alle scommesse clandestine che gli aveva assicurato che suo figlio quel giro d'Italia non lo avrebbe vinto. Il bel Renato non aveva certo paura della malavita o del potere costituito, e forse per questo parlò. Ma fa specie sapere che un Pm di Trento sapesse da tempo, perché il carcerato lo aveva avvisato, e che nulla abbia mai fatto per ristabilire la verità.
Si sa che al mondo ci sono giochi di potere che fanno paura e sono difficili da smantellare, quelli legati a doppio filo col denaro, sporco o pulito poco importa, ma se la stampa nel '99 avesse dato giuste informazioni anziché scrivere stupidità? Se avesse aiutato il Pirata perorando la sua causa anziché infossarlo? I suoi fans erano milioni e forse si sarebbero aperti tanti armadi. Sono passati tredici anni da quel maledetto giorno di giugno ed ancora la verità ufficiale nasconde a doppia chiave la realtà ed i fantasmi del passato... ed ancora la stampa parla di un Pantani dopato quando mai durante le corse fu trovato dopato. Ma i fantasmi fanno paura, si sa, e chi sa dove si nascondono cerca di star loro alla larga...
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2 commenti:
Povero Marco :(
MASSIMO
E' lo stesso "mondo" che più recentemente ha reso marcio il calcio!
Ora la stampa cosidetta sportiva, e quella più diffusa della cronaca, avrebbe il dovere di riabilitare l'uomo prima, ed il campione dopo, per rendere giustizia allo sport, e farsi perdonare un inutile quanto fatale linciaggio morale.
Ciao, PINO
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