Così si è continuato ad affermare che la mamma di Samuele ha da subito depistato le indagini e si è tradita nel momento in cui ha chiesto aiuto per suo figlio moribondo perché, secondo la ex procuratrice e i giudici che hanno accolto le sue tesi senza neppure controllarle, nella prima chiamata telefonica (quella che per la procura di Aosta era la prima chiamata telefonica) la Franzoni disse alla dottoressa Satragni che a Samuele era esplosa la testa, mentre nella seconda telefonata diretta all'operatrice del 118 (quella che per la procura di Aosta era la seconda) disse che stava vomitando sangue. Sono passati quasi dodici anni dalla morte del bimbo, e ce ne vuole di incompetenza per continuare a seguire una simile linea che di vero e logico non ha assolutamente nulla. Per capire quanto siano state partigiane le parole della ex procuratrice addentriamoci nel processo, analizziamo i fatti e vediamo se davvero la Franzoni cercò di depistare le indagini sin dall'inizio, se davvero, come si continua a sostenere, chiamò prima il medico di famiglia e solo in un secondo tempo il 118. Per farlo occorre partire dall'unico dato di fatto incontrovertibile, l'unica prova non modificabile: le telefonate inviate dalla Franzoni dopo aver accompagnato il figlio maggiore al pulmino ed essere rientrata in casa.
Sono le ore 8.27'.30'' (otto, ventisette minuti e trenta secondi) quando, secondo quanto accertato dagli inquirenti di Aosta, la madre di Samuele fa la prima telefonata, col cellulare, alla dottoressa Ada Satragni.
«Nel corso della chiamata alla dottoressa Ada Satragni la Franzoni aveva detto, prima alla cameriera quindi alla stessa Ada, in tono concitato e spaventato, e sollecitando un intervento rapido, che “Samuele stava perdendo sangue dalla bocca, tanto sangue”; quindi, dopo aver ribadito la perdita di sangue dalla bocca, aveva esclamato: “Oddio gli sta scoppiando il cervello” - oppure - “Gli è scoppiato il cervello”» (interrogatorio Satragni del 31.1.02)
Quello sopra è il riassunto riportato nelle motivazioni della condanna; leggiamo la deposizione da cui è stato estratto.
31/1/2002: Dalla deposizione della dottoressa Ada Satragni:
«Quando ieri mattina la signora Franzoni Annamaria ha chiamato telefonicamente il mio domicilio, per richiedere il mio intervento, ha inizialmente preso la cornetta la mia governante, che ho percepito rimanere scossa dalle notizie che le venivano riferite. Ho chiesto allora alla mia governante chi fosse l’interlocutore e mi veniva risposto che era la signora Annamaria, la quale le stava riferendo che il figlio Samuele stava male; a mia specifica richiesta la governante ha precisato che la signora Annamaria stava riferendo che il figlio Samuele stava perdendo sangue dalla bocca. Ho allora preso io la cornetta iniziando a dialogare con la signora Annamaria, alla quale ho chiesto cosa stesse succedendo. La donna mi ha risposto di andare immediatamente a casa sua, di fare prestissimo perché c’era Samuele che stava perdendo sangue dalla bocca, tanto sangue. Ha poi sollecitato nuovamente un mio intervento quanto mai rapido con tono concitato e molto spaventato. Dopo di che, ribadendomi ancora questa perdita di sangue dalla bocca, ha esclamato: “O Dio”, immediatamente dopo e continuando l’esclamazione, non mi ricordo esattamente se ha detto: “Gli sta scoppiando il cervello” oppure “Gli è scoppiato il cervello”».
La prima cosa che si nota è la diversità fra il riassunto e la testimonianza reale. Nella trascrizione si accenna al fatto che la Franzoni ha parlato prima con la cameriera, è vero, ma non per quanto tempo e in che modo. Nella deposizione, invece, si evince che la dottoressa Satragni ha preso in mano la cornetta parecchi secondi dopo lo squillo; infatti ha dichiarato che ha risposto la governante e che per interposta persona ha saputo chi fosse in linea e cosa volesse. Pertanto è chiaro che dal momento in cui la telefonata ha avuto inizio al momento in cui ha risposto la Satragni, sono passati diversi secondi, di certo più di venti. In questa chiamata, inoltre, c'è da tenere in considerazione una frase molto importante, frase che si trova sia nella trascrizione che nella testimonianza reale; la madre fa riferimento a una esplosione celebrale solo alla fine della conversazione e solo dopo aver ribadito la perdita di sangue dalla bocca. Ricordiamolo, perché è molto importante, e passiamo alla seconda telefonata, almeno per quanto dicono in Procura, inviata alle 8.28'.17'' (orario della Centrale operativa del 118) e in cui la donna chiede siano mandati i soccorsi. Riassunto agli atti:
«Nel corso della successiva chiamata al 118 la Franzoni aveva detto: Ha vomitato sangue, non respira, venga subito, faccia presto la prego, sta vomitando, è tutto insanguinato, ha vomitato tutto sangue.»
Tra l'altro l'operatrice della Guardia Medica dichiarava ai carabinieri:
«Anche per vicende più banali sono abituata a sentire persone che vengono prese dal panico e non sanno dare precise indicazioni sui nomi delle persone, sugli indirizzi, sui numeri di telefono o altro. La Franzoni, invece, mi ha risposto con lucidità»
Se abbinata alle dichiarazioni dell'operatrice anche questa chiamata può essere intesa dai giudici, in base alle trascrizioni portate in tribunale, come una telefonata «fredda». Andiamo anche noi a leggere le parole di quella registrazione e proviamo a capire come sono state dette. A un certo punto troverete la scritta “interferenza telefonica”, ricordatela bene perché fra poco vi servirà.
«Centralino. "Pronto". Franzoni: "Ascolti mio figlio ha vomitato sangue e non respira, abito a Cogne". Centralino: "Un attimo che le passo subito ...". Franzoni: "Fate presto, la prego" (musica d'attesa, tratta da Le quattro stagioni di Vivaldi, per alcuni secondi). Operatrice: "Pronto". Franzoni: "Mio figlio ha vomitato sangue, venga subito". Operatrice: "Allora, no, con calma (Annamaria urla e la sua voce si sovrappone) devo avere l'indirizzo, abbia pazienza". Franzoni: "Abito a Cogne". Operatrice: "Il numero di telefono (...). Ecco, Cogne dove?". Franzoni: "Frazione Montroz". Operatrice: "Con calma... Monrò?". Franzoni: "Cosa devo fare?". Operatrice: "Numero civico?". Franzoni: "Ooh ... eeh ... la prego, sta male!". Operatrice: "Signora, con calma perché non risolviamo niente. Allora, Monrò?". Franzoni: "Numero 4 A. E' già venuta stanotte perché stavo male io. Vi prego, aiutatemi, non respira... (respiro affannoso, urla incomprensibili)". Operatrice: "Subito signora... abbia pazienza, è Montroz o Monrò?". Franzoni: "Montroz". Operatrice: "Ecco. Numero?". Franzoni: "Oh, mamma mia. 4 A". Operatrice: "4 A. Signora, allora suo figlio quanti anni ha e come si chiama?". Franzoni: "Tre anni, Samuele". Operatrice: "Di cognome?". Franzoni: "Lorenzi (interferenza telefonica di tre/quattro secondi). La prego, sta malissimo". Operatrice: "Signora, intanto se vomita non lo tenga...". Franzoni: "E' tutto insanguinato, ha vomitato tutto il sangue. Non respira ...". Operatrice: "Arriviamo subito, signora". Franzoni: "Grazie". Operatrice: "Mi lasci solo il telefono libero perché se no...". Franzoni: "Sì, sì, sì, arrivederci".»
Vi sembra la telefonata lucida citata dall'operatrice del Centro Operativo della Guardia Medica? Vi sembra la stessa trascritta dai carabinieri per la Corte? Leggiamo quale pensiero è nato nella mente del Giudice dopo aver letto quanto portatogli dalla Procura. Lo ha scritto nelle motivazioni.
«Da tali emergenze, pertanto, si può evincere innanzitutto che la Franzoni, dopo le primissime dichiarazioni rese alla Satragni, e dopo la prima telefonata al 118, non aveva mai più parlato di vomito di sangue ma soltanto di scoppio della testa e, soprattutto, aveva ammesso di fronte agli inquirenti di essersi resa conto da subito che Samuele era gravemente ferito alla testa tanto che gli era uscito un pezzo di cervello»
Se la sequenza cronologica viene vista sotto questa luce non possiamo dar torto al dottor Vittorio Corsi, Procuratore Generale che ha portato avanti l'Accusa in Corte d’Appello, e al dottor Romano Pettenati, Giudice nello stesso processo che l'ha accettata, in quanto si evince chiaramente, se la cronologia è veramente giusta, che la Franzoni ha mentito. Vediamo come il procuratore ha esposto i fatti alla Corte e ai giurati.
«Orbene - chi parla è il Pubblico Ministero Corsi - vi è da chiedersi innanzitutto se l’aver richiesto l’intervento urgente dei soccorsi al 118, adducendo soltanto un mero vomito di sangue senza far minimamente cenno a ferite, o tanto meno ad un trauma cranico, anche sotto forma incongrua di scoppio della testa, quale già riferito alla Satragni ed indicato al 118 con negazione di traumi (soltanto in seguito alla chiamata da parte di quest’ultimo, già presente la Satragni, dirà che la testa gli era scoppiata), ed inoltre se l’aver comunicato all'impiegata della ditta del marito, nello stesso contesto e senza soluzioni di continuità, che il figlio era già morto, fossero comportamenti giustificabili soltanto per via dello stato di sconvolgimento emotivo del momento come ha sostenuto la Difesa»
Ora vediamo in che modo la stessa sequenza cronologica è stata intesa dal secondo collegio psichiatrico (che ha periziato la Franzoni tramite i filmati televisivi e il diario del carcere).
«Come si è già detto, con riferimento al momento delle telefonate di richiesta dei soccorsi, la Franzoni, a giudizio degli psichiatri, nella fase successiva al suo rientro a casa aveva dimostrato lucidità e capacità organizzativa, padronanza di sé ed assenza di alterazioni di coscienza, seppur con comprensibili reliquati emotivi, di tal ché i comportamenti sopra descritti ben potevano essere stati ideati e posti in essere dall’imputata con la stessa lucidità al fine evidente di occultare delle prove. Per quanto concerne infine le telefonate di richiesta dei soccorsi si richiama quanto già detto nel punto7»
Punto 7: «Congruenti con tali elementi risultano, altre sì, la falsa indicazione al 118 di un fatto naturale occorso a Samuele»
Tutto questo perché, come scritto dai Pm, soltanto nel corso della seconda conversazione con l'operatrice del 118 la Franzoni aveva detto che al bambino era scoppiata la testa (la seconda conversazione avviene dopo le otto e trentuno). Insomma, pare davvero che l'ordine dato alle richieste d'aiuto abbia convinto tutti della sicura colpevolezza della madre di Samuele. E se è così, è come dire che un ordine cronologico inverso avrebbe aiutato una convinzione d'innocenza...
Ma proseguiamo e leggiamo come lo stesso Giudice ha inteso l’ordine delle telefonate.
«Tra le 8.27’.30” e le 8.29’.26” Annamaria Franzoni effettuava tre telefonate; la prima con la sua utenza cellulare, le altre due con l'utenza fissa posta al piano soprastante la camera da letto, rispettivamente dirette: “alla dottoressa Ada Satragni (ore 8.27’.30”, orario Omnitel), al 118 (ore 8.28’.17”, orario Centrale Operativa 118), all’ufficio del marito (ore 8.29’.26”, orario Telecom), segnalando alla dottoressa Satragni che Samuele perdeva sangue dalla bocca, e poi che gli era scoppiato il cervello, a Calipari Nives, operatore del 118, che vomitava sangue (ematemesi annotata sul cartellino emergenze e audiocassetta del 118), a Prisan Giacinta, impiegata della ditta presso cui lavorava il marito, che era morto, quindi chiamava a voce Daniela Ferrod dicendole che Samuele stava perdendo sangue dalla testa»
Questa è la sequenza cronologica stabilita a processo ed accettata dal Giudice. Vediamo a quali conclusioni lo ha portato.
«Considerata l’opportunità di seguire l’ordine cronologico dei fatti occorre prendere le mosse dalle argomentazioni difensive relative alle telefonate effettuate dall’imputata, da queste passare poi all’esame di quelle attinenti agli ulteriori comportamenti della stessa. Innanzitutto va evidenziata la sequenza dei comportamenti di Annamaria Franzoni, quelli successivi all’accompagnamento del figlio Davide allo scuolabus. La prima telefonata di richiesta di soccorso era stata effettuata dalla Franzoni alla dottoressa Satragni, con il cellulare, alle ore 8.27’.30” (orario Omnitel), terminata alle 8.28’.35” (vedi ricostruzione Informativa C.C. di Aosta del 10.1.03). La seconda telefonata era stata effettuata al 118 dall’utenza fissa di casa Lorenzi alle ore 8.28’.17” (orario 118), ed era terminata alle 8.29’.34”. Alle ore 8.29’.26” (orario Telecom), dopo una chiamata ad un numero sbagliato, la Franzoni aveva chiamato, sempre con il telefono fisso, l’ufficio del marito parlando con la segretaria Prisan Giacinta sino alle ore 8.29’.48”. Pertanto si deve rilevare che la Franzoni: Non aveva chiamato immediatamente i soccorsi in quanto dal momento del suo rientro a casa, al momento della prima telefonata, erano trascorsi quantomeno 3'30” (dalle ore 8.24 alle ore 8.27.30); Aveva fatto le telefonate senza soluzione di continuità; Dal ché si evince che aveva chiamato prima la dottoressa Satragni e poi il 118, non il contrario come hanno sostenuto l’imputata ed il nuovo Difensore dottoressa Paola Savio (il Difensore appellante, dottor Carlo Taormina, aveva concordato su tale ordine cronologico)»
Ora mettiamoci nei panni dei Giudici e dei Giurati. Nell'incartamento e a processo si è stabilito che la prima telefonata è stata fatta alla dottoressa Satragni, in questa si parla di «una testa scoppiata», che la seconda richiesta d’aiuto viene fatta al 118, in questa non si fa cenno a nessuna testa scoppiata. Inoltre è appurato che nella telefonata diretta alla segretaria della ditta la madre dica che il bimbo è morto. Il ragionamento consequenziale poteva già inizialmente portare i giurati a una sola risposta: «Annamaria mente perché si è contraddetta in quanto si è accorta delle ferite sulla testa riferendolo solo alla Satragni e non alla Calipari che doveva decidere quali aiuti mandare». Da qui ad avere un pregiudizio di colpevolezza il passo è breve ed è facile che si siano considerati tutti gli indizi successivi in maniera negativa, anche quelli che potevano rivelarsi utili alla Difesa. E questo nonostante la Franzoni abbia sempre dichiarato di aver fatto la prima telefonata al 118 e non alla Satragni. Ma nessuno ha creduto all'imputata Franzoni. Non la Corte, che si è affidata alle carte portate dalla Procura, e forse neppure l'avvocato Taormina, visto che non si è mostrato capace di confutare l'ordine sbagliato e ha concordato con quello stabilito dall'Accusa. E nessuno le ha creduto perché, com'è scritto nelle motivazioni del Giudice Pettenati, gli orari portati alla Corte dalla Franzoni non potevano essere reali dato che vi era una sfasatura troppo ampia. Nelle motivazioni si trova scritto:
«Pur se è possibile una sfasatura di alcuni secondi, fra gli orari dei diversi enti, non è comprovata, dai tabulati in atti, una sfasatura di quasi due minuti dell’orario Omnitel rispetto a quello della centrale del 118, quale si dovrebbe ipotizzare se la Franzoni avesse chiamato effettivamente la Satragni quasi al termine della telefonata al 118 (finita alle 8.29.34), chiamata che, come si è detto, risulta, invece, iniziata alle ore 8.27.30. Con la stessa utenza fissa, poi, alla fine della conversazione con il 118, risultava effettuata la chiamata all’ufficio del marito, di tal ché, non vi sarebbe stato spazio per la telefonata, a mezzo cellulare, con la Satragni, durata ben 65“, a meno di ipotizzare che la Franzoni avesse parlato contemporaneamente, mediante l’utenza fissa con il 118, mediante il cellulare con la Satragni e, poi, sempre contemporaneamente, mediante l’utenza fissa con la impiegata della ditta del marito, continuando al cellulare la conversazione con la Satragni, sequenza inverosimile che nemmeno la Franzoni ha sostenuto».
Il dottor Romano Pettenati, pur essendo stato un giudice di prim'ordine (doveva andare in pensione già prima del processo d'Appello ma lo costrinsero a restare per giudicare la Franzoni), si è incasinato coi numeri portati a processo dai Pm della dottoressa Bonaudo. L'avvocato della Difesa, invece, neanche li ha controllati i numeri dato che non li ha contestati. Proviamo allora a fare noi quanto sarebbe spettato a lui, considerando che il Giudice nelle motivazioni richiama un'ennesima telefonata fatta con la stessa utenza fissa (Telecom), quella alla segretaria della ditta per cui lavorava Stefano Lorenzi, anche se sapeva bene che in realtà le chiamate successive a quelle inviate al 118 e alla Satragni, come lui stesso scrive, erano due.
«Alle 8.29.26 (dopo la composizione errata di un numero telefonico alle 8.29.11) e quindi non appena terminata la chiamata al 118, la Franzoni telefonava alla ditta dove lavorava il marito dicendo alla segretaria che rispondeva: “Samuele è morto”»
A questo punto i dati sono tutti a nostra disposizione. Per cui d'ora in avanti state concentrati perché i numeri possono confondere la mente di chiunque (e chi lavorava all'epoca per la procura di Aosta lo ha dimostrato). Partiamo quindi da quanto ha scritto il Giudice cercando di capire se ha usato un senso logico. Egli dichiara che non sono ammissibili sfasature ampie, però accetta due telefonate non accettabili. Se l'imputata avesse realmente finito di parlare con la Calipari alle 8.29'.34'' ci troveremmo di fronte ad una sfasatura di 23 secondi, vista la chiamata sbagliata partita dalla stessa linea alle 8.29'.11''. Non è una sfasatura abbastanza ampia? Per gli addetti ai lavori, Procura, Accusa, Difesa, Corte e giurati, nonostante la chiara incongruenza tutto è incastrato «a modo».
Questa e la prima inesattezza che ho trovato fra le carte, quella chi mi ha fatto pensare, che mi ha fatto rileggere i fogli per cercare di capire meglio l'accaduto. Facciamo assieme l'iter che ho già seguito e controlliamo i dati portati dalla Procura e ritenuti validi per condannare; nei verbali si parla di tre telefonate, in realtà se ne ammette una quarta fatta per errore. Si dice che la prima, durata 65 secondi, sia stata inviata col cellulare ad Ada Satragni; che la seconda, di 77 secondi, sia stata fatta per chiedere aiuto al 118; dopo la terza, quella sbagliata durata 8 secondi, ne troviamo una quarta di 22 secondi, questa diretta alla ditta per cui lavorava il marito. Io ho verificato queste chiamate e mi sono accorto che chi avrebbe dovuto farlo non lo ha fatto. Se i procuratori e la Difesa si fossero fermati a ragionare, controllandole attentamente, si sarebbero accorti che quella indirizzata al 118 non dura 77 secondi, come scritto in ogni loro carta, ma ben 100 secondi; non ci credete? Ascoltatela, così potrete anche constatare la famosa freddezza della Franzoni (quella citata dall'operatrice del 118 e dagli psichiatri della perizia televisiva) e guardate sul display cronometrico: vi accorgerete che segna 1'.42'' (un minuto e quarantadue secondi), quindi esattamente 102 secondi. A questi togliamo i due finali, paiono essere di troppo, e ci troviamo ad avere una chiamata di 100 secondi (non di 77 come comunicato dai Pm al Giudice e come accettato dalla Corte).
Per cui la telefonata dura davvero 100 secondi e non 77 come si è voluto far credere. Ma non c'è solo la durata di quella telefonata a consentirci di parlare di poca professionalità in chi lavorava per la dottoressa Bonaudo e in chi difendeva la Franzoni. Se i ragionamenti fatti in procura si fossero basati sulla giusta logica, si sarebbero accorti subito e in fretta che ci sono contrasti inspiegabili e che tutta la cronologia inviata a processo stona irrimediabilmente in quanto, se si considerano giusti gli orari forniti dalla Telecom e dalla Omnitel, non si possono ritenere validi quelli dichiarati dalla Centrale Operativa del 118 perché, in base ai suddetti dati, ci sono chiamate che non si incastrano in alcun modo con le altre. Ed anche il Giudice si adegua alla procura e scrive che si dovrebbe ipotizzare uno sfasamento di due minuti se effettivamente la Franzoni avesse chiamato la Satragni quasi al termine della chiamata fatta al 118, però non prende come base quello che dichiara essere l’orario di partenza giusto («chiamata che, come si è detto, risulta, invece, iniziata alle ore 8.27'.30''») insistendo sulla fine della telefonata al 118 che, sempre dai tabulati, risulta essere avvenuta alle 8.29'.34'' («finita appunto alle 8.29'.34''»). Non credendo alla Franzoni ha fatto, sbagliando, il ragionamento inverso e inserendo sfasature impossibili ha ricevuto una risposta errata. E fa davvero male il pensare che sarebbe bastato un piccolo schema per capire l'improponibilità di quanto portatogli dalla Procura.
Raccomandando a tutti la massima concentrazione, lo schema mai fatto oggi lo faccio io.
Raccomandando a tutti la massima concentrazione, lo schema mai fatto oggi lo faccio io.
Schema ordine delle telefonate portato dalla Procura di Aosta e accettato dalla Corte:
inizio chiamata secondo la Procura - durata - fine chiamata
Prima: da cellulare a Satragni 8.27'.30'' 65'' 8.28'.35''
Seconda: da Telecom a 118 8.28'.17'' 77'' 8.29'.34''
Terza: da Telecom (sbagliata) 8.29'.11'' 8'' 8.29'.19''
Quarta: da Telecom a ditta 8.29'.26'' 22'' 8.29'.48''
Schematizzando l'ordine delle telefonate Telecom voluto dalla procura, e paragonando con logica gli orari finali di ogni telefonata a quelli iniziali delle successive, si evince chiaramente l'improponibilità di quanto erroneamente stabilito a processo. La terza e la quarta chiamata, infatti, per i Pm sono partite mentre la linea Telecom era ancora occupata dalla seconda telefonata (impossibile chiamare con lo stesso telefono e con la stessa linea fissa mentre si sta già telefonando), e questo nonostante quella inviata al 118, la seconda appunto, la si sia considerata di soli 77 secondi, quindi più corta di quanto non fosse, e non di 100 (in tal caso sarebbe terminata alle 8.29'.57''). Solo se si usano due linee telefoniche diverse si possono avere delle incongruenze negli orari. Ad esempio: predisponendo e inviando una telefonata con un cellulare mentre si sta terminando la chiamata da un fisso si possono sfalsare gli orari e trovarsi ad avere una chiamata Telecom finita alle 8.27'.53'' e una Omnitel partita alle 8.27'.30''. Ciò non è invece possibile usando la stessa linea, in quanto le telefonate devono di logica risultare cronologicamente consecutive. Ma queste macro mancanze non sono le uniche. Ricordate la scritta "interferenza telefonica"? Perché gli inquirenti non si sono chiesti da cosa fosse causata quella interferenza?
La parola interferenza di per sé non vuol dir nulla, occorre ascoltare la registrazione per capire da cosa derivi. Chi la trova scritta può pensare qualsiasi cosa, ma chi la ascolta non può non capire da cosa sia provocata (riascoltate la telefonata e lo capirete anche voi, se già non lo avete capito al primo ascolto). Nella telefonata in questione l'interferenza tipica è presente fra il settantasettesimo e l'ottantesimo secondo (quindi, data la durata di 100, inizia ventitré secondi prima della sua fine). Ci vuole un attimo per rendersi conto che è causata da un "cellulare diventato attivo" posizionato troppo vicino al telefono fisso; che sia così si evince anche dalle quattro note digitali, di certo create dai tasti numerici del telefonino, che si sentono distintamente. Una nota per aprire la rubrica, una per per trovare la parola “Ada”, chiaramente la prima in agenda, una per impostare l'invio e una per far partire la chiamata. Ed allora, in base a questi dati c'è un'unica conclusione:
«La chiamata fatta col cellulare, indirizzata ad Ada Satragni e partita alle 8.27'.30'', è quella che ha causato l'interferenza presente nella registrazione del 118. Per cui Annamaria Franzoni alle 8.27'.30'' stava parlando con l'operatrice del 118 già da 77 secondi. E questo significa che la chiamata indirizzata alla Satragni è la seconda da lei effettuata, come ha sempre affermato, e non la prima come stabilito a processo»
Quindi quella inviata al 118 è stata davvero la prima telefonata di Annamaria Franzoni e quella inviata alla dottoressa Satragni davvero la seconda. Come ha sempre dichiarato la mamma di Samuele. E' lampante! E dato che la chiamata inoltrata col cellulare alle 8.27'.30'' è certamente quella che ha causato l'interferenza, e dato che è presente 23 secondi prima che la telefonata diretta al 118 s'interrompa, è chiaro che la conversazione fra la Franzoni e l'operatrice è finita esattamente 23'' (ventitré secondi) dopo le 8.27'.30'', quindi alle 8.27'.53'' (8.27'.30'' + 23''= 8.27'.53'').
L'aritmetica ci ha fatto capire a che ora si è interrotta la chiamata diretta a Nives Calipari, operatrice del 118, alle 8.27'.53'' e non alle 8.29'.34'' come scritto dalla Procura e accettato da un giudice, ma ci aiuta anche a scoprire quando è stata inviata. Se è partita 100 secondi prima delle 8.27'.53'' basta una semplicissima sottrazione per accorgersi che è iniziata alle 8.26'.13''.
Schematizziamo allora quest'ordine per vedere se le chiamate si incastrano in modo logico e giusto.
Ordine cronologico dopo aver constatato l'interferenza presente 23'' prima del fine chiamata in quella inoltrata al 118.
inizio chiamata reale - durata - fine chiamata - ora interf.-
Prima: da Telecom a 118: 8.26'.13'' 100'' 8.27'.53'' 8.27'.30''
Seconda: da cell. a Satragni: 8.27'.30'' 65'' 8.28'.35''
Terza: da Telecom (sbagliata): 8.29'.11'' 8'' 8.29'.19''
Quarta: da Telecom a ditta: 8.29'.26'' 22'' 8.29'.48''
Non era poi così complicato arrivare ad una soluzione logica del problema, visto anche che la vicina è stata chiamata per la prima volta dalla Franzoni, non sentita, fra la seconda e la terza telefonata. Controllando gli orari con questa cronologia si evince che tutto combacia alla perfezione. E visto che la Matematica è una scienza passibile di verifica, per essere certi di aver trovato l'ordine giusto facciamo la prova del nove. Bastano una sottrazione e un'addizione.
Partiamo dalla sottrazione. Appurato che l'ultima chiamata è stata inviata alla ditta dove lavorava Stefano Lorenzi alle 8.29'.26'', che è durata 22 secondi ed è quindi finita alle 8.29'.48'' (come scritto agli Atti), sottraiamo a questo «dato certo» l'orario d'inizio della prima, stabilito dalla Procura e dalla Corte nelle 8.27'.30''. Da qui si evince che lo spazio aritmetico in cui la Procura e la Corte hanno inserito le quattro telefonate è di 138 secondi, quindi di 2 minuti e 18 secondi (8.29'.48''- 8.27'.30'' = 2'.18''). Questo è il periodo temporale considerato giusto a processo (ed è comprensivo di tutto, sia del tempo perso a digitare i numeri e ad aspettare una risposta, sia di quello servito alla Franzoni per chiamare la vicina).
Ora facciamo l'addizione. Sommando i secondi delle chiamate (i 65 di quella diretta alla Satragni, più i 100 di quella inviata al 118, più gli 8 di quella sbagliata, più i 22 di quella inoltrata alla ditta del marito) si stabilisce per certo che la Franzoni è stata al telefono per 195 secondi (65+100+8+22=195), quindi per 3 minuti e 15 secondi (senza considerare il tempo perso fra una chiamata e l'altra). Già basterebbe questo dato per capire che il numero portato dalla Procura (2 minuti e 18 secondi) non è reale. Ma voglio fare di più, voglio fare ciò che avrebbero dovuto fare i Pm; quindi aggiungo ai 3 minuti e 15 delle conversazioni i 36 secondi trascorsi fra la seconda e la terza telefonata, quando la madre di Samuele ha aperto la portafinestra che dava sul cortile per far entrare la Satragni che presto sarebbe arrivata, chiamando nel contempo la vicina di casa, e i 7 secondi persi fra la fine della terza chiamata (quella in cui ha digitato un numero sbagliato) e l'inizio della quarta. In questo modo ho stabilito, senza paura d'essere smentito, che in quel frangente la madre di Samuele in richieste di soccorso ha utilizzato un tempo non inferiore ai 3 minuti e 58 secondi. A questi ne tolgo 23 perché incastrati all'interno di un'altra telefonata - quelli trascorsi dopo l'interferenza e persi ad aspettare che Ada Satragni rispondesse. Quindi, dopo aver fatto le operazioni ho stabilito con certezza che lo spazio temporale in cui l'azione si è svolta, quello servito alla Franzoni per le quattro telefonate compresi i tempi morti, è pari a 3'.35'' (3'.15''+36''+7''-23''=3'.35''), tre minuti e trentacinque secondi. Questa è una prova, non un indizio.
Il Giudice e la Procura della Bonaudo asserirono che la madre chiamò prima la Satragni e poi il 118; che infine, dopo aver sbagliato a digitare il numero, telefonò alla ditta del marito e restò in linea per 22 secondi. Questo figura come certo in sentenza. Però per la Corte in richieste d'aiuto l'imputata usò uno spazio temporale non superiore a 2 minuti e 18 secondi. Ma non è vero perché l'aritmetica ci ha provato che il tempo perso non è inferiore ai 3 minuti e 35 secondi. Pertanto è assolutamente impossibile che i 3 minuti e 35 secondi, quelli usati certamente dalla madre in quei momenti concitati dopo aver trovato il figlio moribondo, si possano inserire nei 2 minuti e 18 secondi considerati veri dalla Procura e dalla Corte. Non ci stanno in alcun modo!
Ma la matematica ci aiuta ulteriormente perché con un'altra semplice operazione ci porta a stabilire, usando un metodo diverso dal precedente, a che ora è partita la prima richiesta d'aiuto.
L'ultima telefonata, come abbiamo già constato, è finita alle 8.29'.48''. Basta togliere da questo numero la durata di tutte le chiamate comprese dei tempi morti (3 minuti e 35 secondi), per scoprire che la prima richiesta d'aiuto è partita alle otto e ventisei minuti e tredici secondi (8.29'.48'' meno 3'.35'' = 8.26'.13''). La prova del nove ci conferma che l'orario è quello giusto in quanto è lo stesso scaturito in precedenza. Questo ci fa capire che quella inviata alla Satragni non è la prima chiamata effettuata, come stabilito erroneamente dalla procura della Bonaudo e a processo, ma la seconda, come sempre dichiarato dalla Franzoni. Motivo per cui la mamma di Samuele non ha mentito, non sono passati 3'.30'' (tre minuti e trenta secondi) dal suo rientro in casa, come asserito dal Giudice, ma soli due minuti, e, di conseguenza, è chi era preposto a capire che non ci ha capito una mazza. Quindi quanto scritto nelle motivazioni...
Pertanto si deve rilevare che la Franzoni: non aveva chiamato immediatamente i soccorsi, in quanto, dal momento del suo rientro a casa al momento della prima telefonata, erano trascorsi, quantomeno, 3'30” (dalle ore 8.24 alle ore 8.27.30); aveva fatto le telefonate senza soluzione di continuità; dal ché si evince che aveva chiamato, prima, la dr.ssa Satragni e, poi, il 118, non il contrario, come ha sostenuto l’imputata ed il nuovo Difensore dottoressa Paola Savio (il Difensore appellante, dottor Carlo Taormina, aveva concordato su tale ordine cronologico).
...non ha motivo di esistere e di essere considerato valido e utile a condannare.
Se avete capito il ragionamento portato avanti nell'articolo, avrete anche capito che la Franzoni non ha mentito quando ha verbalizzato i suoi movimenti di quella tragica mattina. Che al ritorno in casa, alle otto e ventiquattro, si è messa i sandali ed è scesa dal figlio trovandolo, dopo aver tolto il piumone appoggiato sulla sua testa, moribondo. Che ha davvero preso il cellulare per chiedere aiuto e che davvero in quel momento in quella camera seminterrata non vi era linea. Che davvero è salita al piano superiore per chiamare il 118 dal fisso (e lo ha fatto alle otto ventisei minuti e pochi secondi). Avrete capito che ha davvero chiamato il medico di base quando si è resa conto che nessuno avrebbe aiutato suo figlio nel breve periodo e che l'unica persona in grado di far qualcosa per Samuele era la dottoressa che abitava a soli 150 metri da casa sua. Da qui la chiamata partita alle otto ventisette minuti e trenta secondi, quando già da settantasette secondi stava parlando con l'operatrice del 118 che prima di mandarle un dottore a salvare il suo bambino voleva fare le cose in regola e sapere dove mandare i soccorsi, quindi il nome del paese e il numero di casa, e le diceva di stare calma che se no non si risolveva nulla. Se avete letto tutto in maniera esatta, avrete capito che non solo all'operatrice del 118 la Franzoni aveva parlato di vomito, ma anche alla governante della Satragni e inizialmente alla Satragni stessa. Avrete capito che solo dopo aver interrotto la chiamata dal fisso ed essere scesa da suo figlio (stava parlando alla Satragni col cellulare) si è resa conto dei tagli alla testa. Da qui l'esclamazione detta a fine telefonata: "Oddio, gli è esplosa la testa!".
In poche parole, se l'ordine delle telefonate fosse stato considerato nel modo giusto si sarebbe capito il motivo per cui la Franzoni non aveva parlato alla Calipari di uno scoppio o di tagli alla testa. Non ne aveva parlato perché la sua mente, di certo in ebollizione dopo aver visto il figlio in uno stato pietoso, non aveva realizzato che di tagli ce ne fossero. Cosa realizzata mentalmente in quei trentasei secondi in cui ha aperto la portafinestra e ha guardato meglio il suo bambino e che le ha fatto dire alla segretaria della ditta del marito che Samuele era morto.
E qui si scopre che solo sbagliando l'ordine delle telefonate la procura di Aosta poteva mettere una grossa ipoteca sulla sentenza di condanna.
Non credo proprio sia stato giusto scrivere sulle motivazioni che la Franzoni ha cercato di depistare e si è tradita. Anzi, penso che se la Difesa avesse lavorato al meglio, controllando e contrastando quanto portato dall'Accusa (e non concordando), forse il Giudice Pettenati sulle motivazioni avrebbe scritto che Annamaria Franzoni si era comportata da vera madre avendo fatto davvero di tutto per salvare suo figlio...
Ciò di cui mi rammarico, è che avendone la possibilità nessuno abbia posto all'ex procuratrice Del Savio Bonaudo le domande giuste, quelle che non le avrebbero permesso di raccontare all'opinione pubblica solo mezze verità.
In poche parole, se l'ordine delle telefonate fosse stato considerato nel modo giusto si sarebbe capito il motivo per cui la Franzoni non aveva parlato alla Calipari di uno scoppio o di tagli alla testa. Non ne aveva parlato perché la sua mente, di certo in ebollizione dopo aver visto il figlio in uno stato pietoso, non aveva realizzato che di tagli ce ne fossero. Cosa realizzata mentalmente in quei trentasei secondi in cui ha aperto la portafinestra e ha guardato meglio il suo bambino e che le ha fatto dire alla segretaria della ditta del marito che Samuele era morto.
E qui si scopre che solo sbagliando l'ordine delle telefonate la procura di Aosta poteva mettere una grossa ipoteca sulla sentenza di condanna.
Non credo proprio sia stato giusto scrivere sulle motivazioni che la Franzoni ha cercato di depistare e si è tradita. Anzi, penso che se la Difesa avesse lavorato al meglio, controllando e contrastando quanto portato dall'Accusa (e non concordando), forse il Giudice Pettenati sulle motivazioni avrebbe scritto che Annamaria Franzoni si era comportata da vera madre avendo fatto davvero di tutto per salvare suo figlio...
Ciò di cui mi rammarico, è che avendone la possibilità nessuno abbia posto all'ex procuratrice Del Savio Bonaudo le domande giuste, quelle che non le avrebbero permesso di raccontare all'opinione pubblica solo mezze verità.
Speciale delitto di Cogne: gli altri 14 punti che scagionano Annamaria Franzoni
Annamaria Franzoni Cap.2 (come preparare un bimbo per la scuola in 7 minuti scarsi)
Annamaria Franzoni Cap.3 (come contaminare la scena del crimine e far finta di nulla)
Annamaria Franzoni Cap.4 (come analizzare un pigiama senza essere esperti in BPA)
Annamaria Franzoni Cap.5 (come far passare per malato chi per i giudici non lo è)
Annamaria Franzoni Cap.6 (come modificare i verbali di interrogatorio)
Annamaria Franzoni Cap.7 (gli zoccoli della discordia ed i testi alla non ricordo ma...)
homepage volandocontrovento
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Annamaria Franzoni Cap 10 (Questa è la vera arma del delitto?)
Annamaria Franzoni Cap 11 (una condanna nata dalle chiacchiere di paese)
Annamaria Franzoni. Cap.12 (Le intercettazioni spacciate dai media e dalla procura...)
Annamaria Franzoni. Cap.13 (Ed il Pm disse che gli alibi dei vicini erano buoni alibi...)
Annamaria Franzoni. Cap.14 (L'alibi della vicina e i movimenti alquanto particolari...)
Annamaria Franzoni. Cap.15 (Il delitto efferato? Una fantasia dei giudici copia-incolla)Annamaria Franzoni Cap 11 (una condanna nata dalle chiacchiere di paese)
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31 commenti:
Massimo
Il tuo articolo dimostra sul piano formale (relativamente allo svolgersi delle telefonate in una corretta successione temporale) che non è possibile esprimere un criterio di colpevolezza mediante un ragionamento induttivo perché basato su una fallacia (un errore di deduzione logica; l’induzione tra l’altro non fonda mai certezze scientifiche, ma tutt’al più costituisce un criterio di probabilità). Dunque uno dei pilastri su cui si fonda la colpevolezza della Signora Franzoni è una fallacia, un difetto di ragionamento sulla base di premesse errate, come hai ampiamente dimostrato. Questo naturalmente non depone per la sicura innocenza della signora Franzoni. Per questo occorre anche tener conto dei contenuti delle telefonate (compresa la forma espressiva e la 'connotatio') che in modo drammaticamente inequivocabile (senza possibilità di simulazione) dimostrano l’angoscia e il dolore di una madre (e di fatto attestano la sua innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio).
Gilberto
grazie Massimo per avere riproposto la tua sagace osservazione sugli orari e lo schemino che la rende intellegibile oltre ogni dubbio e difficoltà.
molto acutamente hai osservato come questa delle chiamate di soccorso sia equivalsa ad una "iscrizione d'ipoteca" sulla colpevolezza della franzoni in quanto nucleo primigenio del pre-giudizio.
cosa ci racconterebbe di questo caso la storia giudiziaria se non ci fosse stato quell'autoinganno iniziale?
chi lo sa...
di sicuro hai rinvenuto il "peccato originale" di quell'inchiesta, senza il quale, probabilmente, molte cose sarebbero state lette diversamente.
questo tuo articolo deve servire da monito a tutti gli operatori forensi: gli orari dei diversi operatori NON sono uniformi e i minutaggi riportati da coloro che trascrivono l'intercettazione possono non essere corretti (77 secondi anzichè 100). è una grande lezione, averla ignorata da parte di Taormina è stato un grave danno processuale per la sua assistita. facciamone tutti tesoro.
spero che questo elemento possa servire da base all'ottima avv. Savio per riuscire ad ottenere la revisione del processo, anche se da solo non può nulla; ma a questo va aggiunta la seria reprimenda dell'esperto di BPA (espressa con una lettera rivolta al giudice e pubblicata nel libro di Massimo Prati) verso i colleghi che svolsero - da incompetenti per giunta - l'analisi delle macchie di sangue e "cucirono" addosso ad Annamaria il pigiama insanguinato così decretandone la condanna; per chi si avvicinasse ora al caso, l'invito è di riguardarsi l'ultima puntata di linea gialla in cui si parlò di Cogne: anche in tale sede venne confermato che la BPA è una disciplina applicabile alla sola analisi di superfici piane, rigide e statiche e che usarla su pigiama e piumone, inevitabilmente interessati da dinamismo dell'azione omicidiaria, è stato un gravissimo errore di metodo, un uso dello strumento in un caso in cui esso è dichiaratamente ed a priori inefficace.
per chi infine, volesse togliersi un ulteriore dubbio sul caso di Cogne, nel libro di Massimo Prati si trova perfino la probabile ARMA del delitto: perchè ufficialmente essa non solo non è mai stata trovata, ma nemmeno si è mai capito cosa fosse, si è andati dagli zoccoli, a una pinza, al mestolino lavato e riposto dopo il delitto e NESSUNO di questi ha trovato una compatibilità perfetta con le ferite, tanto che questo elemento è rimasto un'incognita anche nella sentenza definitiva.
Ebbene, leggetevi la descrizione della conformazione dell'arma fatta dal medico legale sulla base delle ferite e confrontatele con l'utensile scovato da Massimo...è impressionante, possiede TUTTE le caratteristiche richieste ed è un oggetto abbastanza di nicchia da non venire in mente se non a chi lo possiede, ma allo stesso tempo perfettamente inserito nella normalità di una località montana e sciistica come quella di Cogne.
Parola: se il processo Franzoni l'avesse condotto Massimo Prati, mamma Annamaria sarebbe risultata con evidenza la vittima degli eventi che è e i suoi figli Davide e Gioele avrebbero conosciuto la gioia di essere cresciuti ed accuditi dalla loro mamma.
Con quanto poco così tante vite - già duramente segnate da un lutto violento - possono andare alla deriva con il beneplacito di un popolo convinto di avere ottenuto Giustizia dal suo Stato; un banale errore di calcolo, una incongruenza evidente ma non notata e si crea il pregiudizio, dal quale poi tutto diviene possibile, da una perizia psichiatrica fatta sulle interviste televisive e che ravvisa una sindrome misconosciuta, ad una analisi scientifica condotta su un oggetto impossibile....poveri noi, tutti noi! e onore al merito di chi dedica la vita ad evidenziare questi meccanismi, più o meno consci, dei quali ciascuno di noi potrebbe restare vittima e per questo non possono lasciarci indifferenti.
Compito e appalesante Massimo, chi non aveva capito mi sa che entra, dolcemente ammatematicato, dentro una sorta di tunnel degli orrori che compaiono come flash mentre il carrello compie le sue evoluzioni.
E' talmente chiaro l'errore che diventa complesso pure spiegare come si possa averlo fatto, credo che lo giustificarono dopo, ma se insistono e si ostinano c'e' qualcosa di cronico, con gli orari appunto diversi che avevano le diverse fonti, mentre lei ha sempre insistito sulla versione che aveva chiamato appunto prima di tutto il 118 di Aosta.
Non e' l'unico strafalcione di questo caso, e' un intero tunnel del museo "indiziario", anche se particolarmente palese, purtroppo la certezza mai provata gioca brutti scherzi e daltronde l'abbiamo detto che "innamorarsi" delle proprie tesi e' veramente un pericolo micidiale per qualsiasi investigatore, e' strabiliante cosa diavolo riesca a far fare.
Indizi GRAVI, PRECISI E CONCORDANTI, non sono tre aggettivi buttati li a caso, chi li ha studiati e poi definiti deve aver avuto un cervello fino, CONCORDANTE poi e' micidiale, cioe' due fatti presi singolarmente (e qui casca) che portano alla prova che siano accaduti altri due fatti legati ai primi dovrebbero CONCORDARE sul fatto criminoso che proverebbero.
Cioe', i due indizi non si devono SOSTENERE l'un l'altro ma "a se stati" dovrebbero CONCORDARE e chiaramente CONFLUIRE, in una visione semplicistica il semplice SOSTENERSI od il chiaro CONFLUIRE sono concetti facilmente confondibili con il piu' democratico CONCORDARE.
E' il caso veramente singolare e la storia di un pigiama a girocollo che e' stato vestito dall'indagata e mai svestito, e' incredibile come certi indumenti siano talmente attillati che rimangono incollati addosso, daltronde non si poteva dimostrare lo svestimento di un pigiama che CONCORDAVA, non con altri indizi, con una tesi precostituita, come puoi dimostrare che con i secondi contati una donna con i capelli a caschetto abbia svestito un pigiama lievitandoci dentro per non lasciare intrisa nei capelli e nelle mani, e senza mai essersi lavata, conseguenti tracce ematiche??? Impossibile, giusto allora fermarsi al vestimento.
Sempre il pigiama in ipotetica incollata azione omicidiaria sarebbe riuscito a non sfuocare nessuna traccia sul piumone su cui pure sarebbe stato sopra e con dentro un qualche peso, il peso della colpevolezza si sa e' immateriale e leggero, nessun segno nemmeno quindi della discesa dal letto, credo che da quei giorni il tempo ed i fatti siano rimasti sospesi in aria, la ricostruzione di Cogne tutto puo' essere tranne un video, e' una convintissima fotografia della certezza, e' lei l'assassina, una vecchia copia photoshoppata che ha fermato il tempo in tutti i sensi, anche nel senso piu' razionale del termine.
Un pigiama mai seriamente analizzato e' rimasto li sospeso nel tempo, fermo in aria, privo di peso se non quello di una certezza immateriale che di peso invece ne ha avuto nella vita di chi, credo, non doveva credere ai suoi occhi.
Come fai a credere ad una tua tealta' scombinata e sentenziata da altri, se hai chiamato prima il 118 che diamine, uno se lo ricorda, se e' diverso che senso aveva dichiarare il diverso??? Lo avrebbero nel caso disvelato con due facili conti, cosi' una insisteva con la propria verita', l'altra era convinta della propria e due conti effettivamente non gli servivano.
Aspetto pero' che "l'aver ritardato i soccorsi" chiamandoli dopo la D.ssa CONCORDI con un pigiama sospeso, sono convinto che anche li ci sara' CONCORDANZA fra i due indizi GRAVI E PRECISI.
Caro Antonello
Mi è piaciuta molto l'immagine del pigiama sospeso in aria, quasi immateriale, o tolto via come per magia come fanno certi prestigiatori senza lasciare segni fisici o modificare il pattern che il BPA rileva con certezza trigonometrica. In fondo l'illusione e l'incongruenza è tutta lì, in quel pigiama che dovrebbe inchiodare l'assassina e che invece è la prova della sua innocenza.
Gilberto
@Gilberto
Onestamente in tanto tempo di studio non sono arrivato alla certezza della sua innocenza, ho pero' raggiunto la certezza che non c'e' come al solito una ricostruzione coerente e seria, forse perche' non ci puo' essere, non so, il fatto che pero' non ci sia traccia di un punto della casa in cui possa essersi ripulita ed il fatto che risulto' con i capelli ed il viso immacolata al Luminol un po' fa pensare alla sua innocenza.
Forse ha accettato di difendere un terzo della famiglia, forse ha dovuto soccombere alle colpe di altri, fatto sta che il pigiama in fotografia perpetuamente vestito ed una successione di telefonate errate avrebbero dovuto concordare pure con un altro che e' stato considerato "indizio grave, preciso e concordante: il fatto che solo la madre poteva aver compiuto l'azione, "SE NON LEI CHI".
Il fatto che vi fosse invece un discreto numero di persone nel raggio di 200 metri piu' o meno in movimento che non avessero alibi non ha minimamente influito sulle indagini, come e' scritto sul libro "Cogne, delitto infernale" del Dr. Lavorino che generalizza le persone e che non sono poche, non si era quindi nel deserto del Sahara come si vorrebbe pensare e far pensare.
Ma la mia domanda e' appunto, il "SE NON LEI CHI" tragicamente inserito in una sentenza ufficiale e' un INDIZIO GRAVE, PRECISO E CONCORDANTE???
Non puo' essere nemmeno un indizio perche' un indizio e' un fatto che ne dimostra un altro collegato ad una qualche responsabilita', e' un appunto del tutto discrezionale visto appunto che non si era nel deserto del Sahara e che pure vi erano non poche persone prive di alibi nel raggio di 200 metri, non e' quindi un elemento PRECISO, ne GRAVE.
Non esistendo quindi nella sua precisa definizione ma essendo generalizzato da assunti discrezionali non coincidenti con i fatti reali non appare avere le caratteristiche di un INDIZIO e quindi non potrebbe nemmeno accedere ad una qualche CONCORDANZA con la presunta tesi in cui avrebbero dovuto confluire un pigiama assassino mai svestito ed una concatenazione di telefonate matematicamente errata.
Sono i primi tre indizi che non lascerebbero spazio a "ragionevoli dubbi", il quarto erano le ciabatte indossate durante la presunta azione criminogena, ciabatte che e' chiarissimo a tutti che "non potevano essere che indossate dall'indagata", anche qui "SE NON LEI CHI".
La negazione di eventuali alternative e' stata in sostanza accettata come vero indizio di colpevolezza seppur in presenza di "possibili ed ipotetiche diverse possibilita' ", un indizio invece dovrebbe arrivare a dimostrare direzionalmente la responsabilita' che si presume, si indaga e si sentenzia e non la sua unicita' supposta, non solo ma un serio processo indiziario, per poter diventare credibile, dovrebbe contenere una quanto piu' meticolosa ricostruzione dei fatti, ricostruzione che deve basarsi appunti sui dati e non stravolgerli.
Nessuno vuole insegnare nulla ma e' emblematico che a distanza di anni dalla perizia legale effettuata sul bimbo l'incaricato ha potuto affermare in una intervista ad Ilaria Cavo (pubblicata sul suo libro) che e' piu' probabile il bimbo sia stato aggredito piu' vicino alla visita del medico della Guardia Medica D.ssa Neri (se non erro) che non all'uscita della madre dalla villetta per accompagnare l'altro figlio allo scuolabus, un caso, come dire, "PRIVO DI RAGIONEVOLI DUBBI".
Faccio i miei complimenti a Massimo per il libro, che ho divorato, anche perche' ha voluto distribuirlo in rete senza alcun compenso, in molte parti condivisibile anche da me, in particolar modo nell'analisi di ipotetiche alternative al "SE NON LEI CHI".
riprendo la conclusione del tuo commento per ricordare l'osservazione di Massimo: si dice che nessun esterno avrebbe avuto il tempo di allontanarsi prima dell'arrivo della madre...ma non si considerò a sufficienza l'ipotesi che fosse ancora in casa quando lei rientrò e che si sia allontanato in quei minuti di frenesia mentre annamaria chiamava i soccorsi.
@ Chiara Massimo e Antonello
Si sa qualcosa circa una eventuale revisione del processo? Esistono gli estremi? L'avv Savio si è già attivata in quel senso o è ancora troppo presto? Credo che alla fine qualcuno dovrà prendere in considerazione tutte le incongruenze che sono state qui evidenziate. Gilberto
@Chiara
l'ipotesi di intrusione dall'esterno fu subito stralciata dalle indagini ufficiali, solo il Dr. Lavorino si pose nella condizione di ragionare in maniera tempistico scientifica su tale eventualita', chiaramente lui entro' in scena nel caso per un periodo limitato come investigatore di parte e pote' visionare tutti i documenti, pote' contare passo per passo tutti i movimenti della madre nella casa, tutti i tempi precisi al secondo.
Ebbene esiste una sua ipotesi di intrusione da esterno ma che si sappia (mi riprometto di rileggere il capitolo del suo libro in cui e' definita) non prevedeva che l'intruso fosse gia' dentro prima dell'uscita della F., una volta rientrata in casa la F. invece l'investigatore lascia aperta una sola possibilita' e cioe' che l'intruso si sia potuto nascondere nel vano soffitta, quello sopra il piano giorno per capirci.
Lui in buona sostanza si chiede quali altre possibilita' esistano se la madre dicesse il vero, con i dati alla mano lui afferma che e' possibile l'intrusione di esterno finalizzata a qualcosa di diverso dall'omicidio, avvenuto poi per tacitazione testimoniale legata all'identita'.
Ma assolutamente secondo lui non vi sarebbero alternative percorribili ad un intruso che dovrebbe nel caso essersi nascosto nella soffitta.
@Gilberto
qui potrebbe risponderti Chiara, ma io non credo che un omicidio abbia prescrizioni di sorta, se si rinvenissero elementi determinanti nuovi potrebbero riaprire le indagini forse, ma credo che debbano essere elementi gravi.
In quanto alla F. daltronde ha quasi finito di scontare la pena e gia' usufruisce di permessi familiari e di lavoro, c'e' da ragionare sulla forza che l'ha portata a sopportare, fosse innocente, un peso simile per cosi tanto tempo e condannata dalla comunita',
Un carattere forte insomma.
Antonello
dato che hai letto il libro di Lavorino: perchè non nel seminterrato?
sulla prescrizione ahimè non è esattamente così: il reato non si prescrive solo in caso di reati puniti con l'ergastolo quindi, nel caso dell'omicidio, solo quando vi siano le aggravanti speciali dell'art. 576 cp, diversamente anche questo reato è soggetto a prescrizione; celebre e recente l'assoluzione per prescrizione dell'uomo - all'epoca minorenne e quindi non soggetto ad ergastolo - accusato d'essere l'omicida di Annalaura Pedron...
buonasera.
lessi delle considerazioni .la F..non si ricorda il fatto dell'omicidio perchè era un quei momenti in uno stato confusionale . ed ha rimosso tutto-
. una persona confusa . fuori di testa .,non ha la lucidita' di nascondere l'arma del delitto, in un posto talmente oscuro da non poter essere stato trovato da una perquisizione a tappeto , sia nella casa che nei dintorni. infine tutto si è svolto immediatiatamente .percio' se si volevano prove bastava perquisire mezza cogne, con l'arma del delitto il caso sarerebbe stati risolto in poco tempo..
quell'arma è sparita assieme all'assassino .. forse usata senza precauzuione percio'fatta sparire..
invece in un caso rarissimo
.potrebbe essere stata invece una esplosione della testa del piccolo ?.
magica
l'autopsia ha detto di no: sul cranio erano riconoscibili i margini di uno strumento d'offesa.
@Chiara
non che sia un particolare vanto personale e ne un dispiacere, ma ebbi modo di parlargli direttamente al telefono per prospettargli uno scenario coincidente ma ricordo che fu categorico, secondo lui l'unica alternativa di intrusione di esterno comprende il fatto che deve, se cosi' puo' essere, essersi nascosto al piano superiore al piano giorno da cui si accede per una scaletta, se non ricordo male, chiusa da una porticina.
In effetti devo rileggermi quel capitolo di quel libro per comprendere perche' lui e' sempre stato, oggi non so, cosi' categorico.
A dire il vero credo che abbia verificato il non possibile inquinamento del particolare del tappetino posto sotto la porta a soffietto che dava nel garage ma io pongo delle riserve del tutto mie personali.
Con la presenza di qualcuno nella zona notte durante l'assenza coinciderebbe la posizione della porta della camera dei himbi rinvenuta dalla F. al rientro in posizione diversa da come l'aveva lasciata oltre ad un particolare fonico tutto da verificare che rinvenni e di cui mi sembra si era gia' parlato.
Nelle conclusioni del libro il Lavorino affida la verita' ad una entita' che "dovrebbe trovare il coraggio di dirla esortando l'operazione di coraggio", il che lascia trasparire ipotesi vicine alla sentenziata.
@Magica
l'ipotesi che avanzi e' tuttaltro che campata in aria, anzi e' stata definita in un burrascoso forum medico dal Dr. Migliaccio, allora titolare in un noto nosocomio di Milano, poi formulata con concetti diversi da Maria Grazia Torri e dalla D.ssa Agnese Pozzi nel libro "Cogne, enigma svelato".
Corrisponde al fatto che l'autopsia fu reperita, analizzata, vivisezionata e controtesata da alcuni neurochirurghi, un nutrito pool di medici ed alcuni tristi appassionati di investigazioni (fra cui il sottoscritto), le rilevanze che ne scaturirono furono stucchevoli per me profano in materia, fu fatto notare dai medici che mancavano parecchie caratteristiche all'analisi medico legale per poter essere definita tale, si giunse alla certezza neurochirurgica che nessuno aveva fatto risultare un esame approfondito ai circoli di Willis (spero si scriva cosi') luogo non meglio precisato del capo in cui, se tracciato ematicamente, si hanno conferme di eventuali congeniti.
Si porto' in rilievo che sarebbe stata dirimente una tac a corpo integro mai fatta ed altre anomalie che non elenco perche' reperibili in rete.
In sostanza la prognosi che ne venne fuori fu grossomodo di "aneurisma con conseguenti rilevanze, emorragia interna con crisi tonico cloniche e vomito a getto.
Ora non facciamo che mi si incrocia di "spari sopra", non sono io che sostengo quella tesi benche' credo spieghi piu' stranezze di altre, e' un intero pool virtuale di medici.
Scoppio' poi un dissidio in seguito al quale furono chiusi addirittura due forum, il contrasto nacque da "aneurisma congenito" od "aneurisma non congenito", sempre a grandi linee.
Direi di far finta che la certificazione medico legale non esista per come ne ho potuto capire io.
@Chiara
furono in realta' parecchi i particolari che facevano la differenza fra un intruso in zona notte al rientro od in zona giorno.
Fra cui anche i famosi due giri di chiave dati dalla F. al suo rientro in casa e non rinvenuti dalla vicina quando, una volta partito l'elicottero dei soccorsi, fu incaricata di rientrare on casa dalla porta principale, con le chiavi, dichiaro' infatti che la porta si era aperta senza riscontrare alcun giro di chiave, da qui forse l'ipotesi di un intruso uscito da sopra e quindi nascondibile solo nella zona soffitta e rivelatosi da li solo nei momenti in cui la donna o le donne erano al piano di sotto intente nei soccorsi.
Per valutare tali ipotesi occorre sapere della meticolosita' della metodologia Lavorino, prima di avanzare ipotesi secondo lui possibili riunisce una marea di dati con la massima delle precisioni per poi valutarli ed infine definire le ipotesi possibili in parallelo con una zelante analisi di Profile Crime.
Per verificare entrare, se si vuole, nel suo sito reperibile digitando "Lavorino" in ricerca google, semplicemente.
buongiorno a tutti
antonello . per quel che posso intendermi , avrei una curiosita'., che avrebbe potuto escludere un omicidio .
l' oggetto di metallo con il quale si sarebbe svolto l'omicidio - avrebbe dovuto lasciare una sostamza o traccia? se fosse stato di ferro o altro materiale.
con gli stumenti all'avanguardia . possibile che non si sarebbe potuto sapere .sopratutto per escludere un omicidio..
poi avuta la conferma sicura.. avanti con l'incriminazione.. del possibile assassino .
magari per negligenze di poca proffessionalita' mettono in carcere una madre , che dopo aver subito il dolore per la perdita del figlio ha subito le peggiori cattiverie dai media . e nonostante siano passati degli anni continua . nei blog e siti. .
magica
non voglio sbagliare ma credo che sia stata trovata una particella di rame - e per questo si sia concluso per un mestolo o pentolino analogo a quelli rinvenuti in casa Lorenzi; e sempre sperando di non sbagliare mi pare che anche lo strumento indicato da massimo abbia appunto il corpo contundente in rame ed anche per questo la sua fosse particolarmente azzeccata come ipotesi.
chiara
e naturalmente arnesi di rame in quella casa ne hanno trovati .
magari con le impronte della franzoni e del marito .ma tracce di D.N.A. non c'erano..percio'..hanno lavato tutti i rami? in pochissimi secondi non si puo' ..l'hanno buttato?
ma l'arnese di rame potrebbe essere stato portato da fuori .
è tutto troppo facile ..
per essere stso un omicidio di una madre verso il figlio : è stato troppo perfetto ...
uno scatto d'ira senza premeditazione lascia molte tracce .. la casa è stata subito sequestrata?
infatti quello dell'arma del delitto, assunta come "proposizione teorica" decisamente indistinta nelle sentenze di condanna, è uno dei punti più bui di quei processi a mio avviso: hanno ipotizzato apoditticamente tutta una serie di cose in piena libertà per liquidare con una scrollata di spalle poco interessata la questione.
hai ragione a dire che gli è piaciuto "vincere facile" (ad esempio sostanzialmente inventando quel fantomatico "stato crepuscolare di coscienza" che tanto ha comodato) ma dall'altra parte mi innervosisce definirla "facile", quella loro "vittoria", perchè davvero con la mole di questioni irrisolte, non avrebbe dovuto poter essere "facile" appunto...
ho scrdato le macchie sul pigiama .
ok per la macchie che volendo potrebbero incriminare la F,
scordandosi del pigiama . ma l'arma del delitto .'l avrebbe fatta sparire.. . ma quando?
prendi con beneficio d'inventario, ma se non erro la versione finale fu che celò l'arma nello zainetto nero che aveva quando si allontanò col marito per raggiungere samuele all'ospedale e che se ne siano disfati lungo il tragitto gettandolo in un cassonetto o in un dirupo. ti piace? comodo neh? :-(
era d'accordo col marito allora la F... se vide la moglie gettare l'arma? saro' ingenua ma gli altri sono indecenti...
pensare che i genitori di un bimbetto , siano in combutta per farlo fuori mi pare sia una indecenza inaudita .
mettiamo che il marito della f..
in quel momento abbia taciuto scoprendo la moglie . ma poi? la signora è stata a contatto con l'altro figlio , il marito si sarebbe fidato ancora della moglie malata mentale? in piu' ne hanno messo al modo un altro .
un marito normale non avrebbe assolutamente agito cosi''
@Magica
ti rispondo sempre per quel che ricordo, risottolineo che la perizia autoptica, a quanto so io, credo sia da accantonare e prendere con le pinze per le parti obbligatorie da osservare.
Solo per definire meglio quanto affermo sopra in perizia e' pacificamente descritto che il capo del bimbo fu lavato in acqua corrente prima dell'analisi, spero sia detto tutto.
Comunque su tutto cio' che riguarda la perizia potete attingere a pieni mani dal post specifico di Cogne reperibile sul forum, li riuscii a far reintervenire sul caso uno dei medici dell'allora Medforum, in sostanza i medici erano tutti concordi che in un capo di un bimbo e' impossibile contare, escludere e definire eventuali rilevanze, un colpo davanti a quanto ho capito da perfetto onesto profano puo' creare evenienze anche posteriori, in particolare si sottolinava sempre la pressione cranica a base di questo strano concetto medico neurochirurgico.
In base alle conoscenze appunto neurochirurgiche l'intera perizia fu ribaltata da quel pool sempre virtuale, e nessuno si e' mai sognato di convocarli benche' ne sarebbero stati piu' che felici, il Dr. Migliaccio chiese addirittura di essere sottoposto a processo disciplinare dell'Ordine, in modo e maniera di poter discutere all'interno delle competenze quanto inascoltato dai Giudici.
Credo che sia stato importante anche una ecchimosi posteriore al cranio del bimbo che non era a perizia ma che date le rilevanze invece presenti, a parere dei medici del pool, doveva "per forza" esserci.
Molte ferite non son state definite a norma, non con specillo, alcune mancavano di profondita' non definita, nessuno mai appunto fece una Tac a corpo integro in tridimensionale, ne bidimensionale, niente di niente, non si eseguirono nemmeno analisi ad escludere eventuali violenze di diversa specie.
Nella ferita frontale fu trovata una particella di rame ma anche componenti di silicio, sarebbe interessante sapere se l'attrezzo proposto da Massimo viene ad esempio ripulito con pomate a base di silicio, silicio pero' di cui ne e' ricco anche il terreno.
Queste particelle furono ricondotte alla famosa arma "mancante" ma altri pareri ricordarono che il bimbo fu esposto all'aria movimentata di un elicottero in volo quando doveva appunto esservi caricato.
Il rame in particolare e' diffusissimo in valle, alle spalle delle villette esisteva ancora una ex galleria di miniera abbandonata, poi ristrutturata a fini turistici e con, per alcuni tratti, con disponibilita' di un trenino, la valle e' ricolma di ex miniere delle ditte che producevano ogni tipo di metallo, ma sopratutto rame.
Non fu mai ben definita l'arma, a volte un mestolo, un pentolino, una sorta di punteruolo con propaggini allungabili tali da definire BPA abnormi, in medicina legale non credo che esista un oggetto con una simile varieta' di ferite, ad L, ad U rovesciata, ad M, ad Y, a conca semicerchio minore, e' incredibile la varieta' di ferite.
Questo e' un elemento che chiaramente l'ipotesi medica saltava di netto addirittura sconfessando l'esistenza di un'ipotetica arma e di un ipotetico omicidio.
Ad esempio, fece impazzire i criminologi il fatto che le diffuse tracce ematiche erano sostanzialmente limitate alla stanza ove era coricata la vittima, se si esclude una minuscola traccia sulla seconda rampa delle scale che portavano al piano notte ed i famosi "altri colpevoli" sandali, non vi erano tracce di chi avrebbe dovuto ripulirsi, tutto quelo che di spaventoso si poteva immaginare era circoscritto alla stanza.
In particolare, l'ipotesi medica spiegava in maniera stupefacentemente semplice questo immaginario confine criminologico fra la stanza ed il resto della casa.
All'esterno invece furono rinvenute alcune tracce mai ricondotte a pertinenti od a sangue addirittura umano, sullo scoglio che spuntava in giardino ed a meta' strada fra la villetta e la casa dei vicini fu rinvenuta una traccia ematica ad esempio di origine animale.
Nel garage, con il famoso Cogne Bis si accertarono tracce di periossido che pero' coincidono perfettamente con le componenti delle feci dei gatti, insomma tutto un mistero per chiunque, non solo per la madre, uscire da quella stanza senza lasciare la minima traccia, sopratutto per la madre che si presento' al pulmino pulita e linda, anche per questo fu imputata di aver messo in atto l'azione dopo il suo rientro.
Lasciamo perdere, che se avesse fatto tutto al rientro allora si sconfessava un altro principio cardine dell'indiziario: i sandali che non sarebbero mai stati calzati.
Ma se avevano tracce incriminanti ai piedi la F. doveva averli durante la dinamica, peccato che le dichiarazioni delle altre due donne intervenute nei soccorsi furono utilizzate come altro palese indizio grave, preciso e concordante in ordine alle presunte bugie dette dalla sentenziata.
i processi succedanei cosi' smentivano operazioni palesi che la donna avrebbe compiuto e che erano in verita' alla base dei primi gradi di giudizio.
Ripeto, io non ho mai raggiunto la certezza che la donna fosse innocente o colpevole, certo e' che qualcuno raggiunse non so come tale certezza, ed in base a quella fece coincidere parecchi coperchi impossibili da fare anche per il piu' diabolico diavolo.
I ragionevoli dubbi sono tanti, anche a livello psicologico non si capisce come si potrebbe nascondere una cosa compiuta in stati orientati di trance o in doppia personalita', non si puo' nascondere cio' che si suppone rimosso, la F. secondo i giudici avrebbe rimosso ma sentenziata perche' nascosto, un rebus.
grazie Antonello per le tue preziose precisazioni, che ignoravo, sul referto autoptico e la particella di rame. sarebbe quindi da rimettere in pista, secondo quegli specialisti, l'ipotesi di una morte "naturale" del bambino? ho capito bene?
buongiorno , a tutti
interessante il post di antonello . ancora una volta le indagini sono state fatte in modo poco serio.
chi lo sa che successe? senza analisi approfondite .. almeno una tac potevano farla alla testa . appunto per le ferite particolari che non avevano spiegazioni .
,
alla madre che chiese un permesso ., non lo dettero perchè l'omicidio che fece era troppo grave .( ma se supposero che la madre fece l'omicidio e poi lo rimosse .. che vuol dire? che la madre non era in condizioni normali almeno il dubbio no?.
tante volte penso al maschilismo galoppante , che dimora in certe persone . quell'arroganza di poca considerazione per una donna , non se ne accorgono pero' . lo fanno perchè è la loro indole intrinseca.
@Chiara
figurati, e' utile anche per me per allenare la memoria scandalosa che mi ritrovo.
Spero solo di non aver scritto strafalcioni, la medicina non e' proprio la mia materia e sono passati molti anni.
Oh, per quanto riguarda la tua domanda, erano talmente certi che son convinto ancora loro affidino l'unica spiegazione a questa unica "prognosi", il problema e' che anche quella tesi, benche' spiegasse particolari che le altre manco s'immaginavano di spiegare aveva i suoi lati deboli, prima di tutto sconfessava in pieno una tesi di omicidio che ove smentita non avrebbe creato pochi danni a chi l'aveva da subito avanzata con cotanta convinzione, una discreta non bella figura insomma.
Si disse il piumone trovato sopra il bimbo al ritorno della madre, e quello fu spiegato nella dinamica delle sussultorie tonico cloniche teorizzate, i precedenti vi erano ma erano veramente da contare sulle dita di una mano, un'anomalia rarissima ma non impossibile.
E' tutta ancora da definire l'impronta a sangue fresco rimasta impressa sul piumone, se lasciata da qualcuno o se impressa li durante i soccorsi, nel caso qualcuno/a doveva avere le suole non pulitissime.
C'e' infine il particolare di rame, ed ammessa la titolarita' di una soluzione tutta medica al discorso c'e' anche da dire che il rame abbassa la soglia delle tonico cloniche in soggetti con alta propensione, si diceva che praticamente tutti saremmo soggetti, taluni pero' hanno una soglia di vulnerabilita' altissima, altri bassissima, il rame appunto abbassa questa soglia ed e' anche per questo che ai soggetti con propensione sarebbe consigliato di rifare gli impianti idraulici sostituendo i tubi in rame con altri di diverso prodotto.
Va beh, ma questi sono particolari generici, stante la domanda la mia risposta e' si, tutti arciconvinti si azzuffavano solo su i particolari "congenita o non congenita", edema di un certo tipo piuttosto che un altro, piuttosto che su modi di essere diversi personali.
Li ricordo anche due medici che si azzuffarono perche' uno sosteneva che dopo due giorni senza dati sulla conservazione di un corpo sarebbe ancora utile fare l'autopsia in ordine agli orari di PMI, l'altro si incapponiva che no, era inutile ed impossibile in qyella condizione restituire risposte plausibili.
Una banda affettuosa di pazzi scatenati, ma sull'ipotesi non litigavano affatto, erano certi e convinti, magari erano una troupe di "Scherzi a parte" che prendeva in giro me, ma con gli anni conobbi, presentarono referenze, email, cellulari, e poi certi discorsi impostati dalla D.ssa Pozzi, per citarne una, erano inconfondibilmente di quantomeno esperti, se esiste ancora credo sia costruttivo andare a leggersi i blog di M. G. Torri (Cogne, enigma svelato) e di A. Pozzi contenente vari spezzoni di una controperizia al fulmicotone.
Certo che se e' accaduto veramente cio' che teorizzano aveva ragione la compianta Torri a scrivere "Samuele e' stato ucciso dai periti", e lo diceva nel senso piu' genuino, intendendo che di fatto non era "stato ucciso" da nessun assassino.
Nel remoto caso ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli credo.
oh my gosh....sarebbe tremendo. consolante, certo; ma tremendo.
buongiorno a tutti.
ho sempre avuto quel sospetto.
ma mi pareva difficilissimo immaginarlo come una aventualita'. .
dopotutto è anche invasivo pensare che qualcuno possa aver ucciso barbaramente quel piccolo .
mettiamo che un ladro fosse entrato in casa., penso che quel ladro avrebbe agito con tranquillita' , il bimbo cosa avrebbe potuto fare? dunque ..
tuttavia anche un piccolo sospetto io ce l'avevo , i vicini? che erano in disaccordo con la famiglia?. quelli... samuele li avrebbe conosciuti .
ma fare uno scempio simile sarebbe stato troppo..
a cogne nevicava spesso . guarda caso quel giorno il prato era verde.. viceversa gli asassini avrebbero lasciato le orme..mah un caso strano, come molti che succedono ultimamente ..
dopo l'intervento di antonello ho meno incertezze sulla probabilita'., che non sia stato un asassinio
@Magica
E chi lo sa??? Ci sono altre ipotesi come ad esempio l'intrusione da esterno per un motivo poi finita con tacitazione testimoniale, l'ipotesi "coetaneo", l'ipotesi naturale semplicemente spiega meglio alcuni punti oscuri, ma non per questo bisogna lasciarsi convincere.
http://enigmasvelato.blogspot.it/2008/05/la-vera-chiave-non-omicida-di-cogne.html
Per chi volesse capirne di piu' dalle parole di chi ha partecipato alla stesura del libro, che sembra aver subito una estesa censura, c'e' questa presentazione molto personalizzata e molto "vera" della D.ssa Pozzi.
A quanto ne so io, purtroppo, M. G. Torri e' mancata il 3 luglio 2008, esperta a livelli nazionali ed oltre di "arte" nella sua espressione piu' ampia aveva, a ragione od a torto, donato gli ultimi suoi anni a far emergere la tesi "naturale" di Cogne, il loro libro ha pero' incocciato i larghi interessi sensazionalistici sul caso, non permettendo alla tesi la visibilita', che meritava, se non qualche intervista e minuscolo spazio in qualche telegiornale.
Significativi i commenti inseriti nel blog, anche della coautrice, molto colorita e schietta nel linguaggio, non vi fate pero' affascinare, e' una professionista incredibile nel suo lavoro, su alcuni particolari da semplice medico litigo' con i professori solo perche' la pensava diametralmente diversa, e molti professori le riconobbero molte ragioni, un caratterino insomma con i fiocchi benche' ne dicano peste e corna.
A leggerla e' difficile non uscirne convinti ed e' questo il vero problema di quella tesi purtroppo, che non fu mai discussa in veri contraddittori, che nessuno mai analizzo' seriamente quella remota possibilita', mi dissero anzi che in molti sotto le finestre dell'ospedale di Milano passavano e ridevano, era una tesi scomoda, era avanzata da persone scomode, non restituiva soddisfazione criminologica, avrebbe tagliato e svuotato molte scrivanie, sbugiardato i mantra televisivi, portato alla luce errori madornali eventualmente fatti gia' dai primi momenti del caso.
A me i dubbi rimangono ed un pool di neurochirurghi l'avrei messo al confronto con il Professore, che fece di tutto per farla emergere, dalle lettere ai Giudici ai post sui forum, alle lettere e visite alla famiglia, gli mancava forse solo incatenarsi ai Palazzi, di questo bisogna dargliene atto.
Trovo il libro di Massimo piu' strettamente legato ai dati, forse piu' incline all'investigazione giornalistica, chiaramente sono due libri di tenore e professionalita', nonche' campi e settori, agli antipodi, propone forse una visione piu' ampia che non puo' certo avere una tesi settoriale professionale specifica come il libro sulla "diagnosi" medica.
Rimango, se dovessi scegliere sulle diverse ipotesi un po' titubante, di sicuro sono lampanti, ed emergono ancor piu' come tali, gli angoli istituzionali ristretti con cui non si e' valutato e ribaltato il "Se non lei chi???" davvero di dimensione allucinante.
buongiorno antonello.
immagino chi sia il coetaneo .
che averebbe avuto comunque gli stessi indizi mancanti come quello della FRANZONI.
cioè segni visibili sul vestiario . tempi . ,
non lo so se ho inteso giusto. questa ipotesi mi pare poco plausibile . solo perchè. sono mancati questi riscontri :tempi,e tracce che avrebbero dovuto essere molto visibili .
@Magica
certo che si, ogni ipotesi ha punti deboli, in questo caso difficilmente da dirimere, e prima di comporre un'ipotesi bisogna anche impostarla con la cautela che lo specifico comporta.
Ad esempio, pero', se avesse ragione il Dr. Viglino dell'intervista alla Cavo ci sarebbe uno scenario completamente stravolto ed in cui troverebbero alveo molte ipotesi all'apparenza impossibili.
Mi fa pensare questo ultimo invito del Dr. Lavorino diretto al/alla responsabile in cui si rende comprensivo ed esorta a confessare, che bisogno possa avere di coraggio una persona a confessare una responsabilita' del genere si puo' immaginare, pero' e' quel "coraggio" che mi fa strano.
Solo lui sa nel caso, ha una cognizione del caso imparagonabile alla nostra virtuale, conosce i luoghi, le persone, i dati precisi, non e' proprio uno senza esperienza, boh.
Vi era anche una pista esoterica che riconduceva il 2 febbraio di quell'anno alla "candelora", negli antichi libri (Grimori???) si diceva che il sacrificio non combaciava mai con il giorno preciso ma veniva effettuato due o tre giorni prima, in particolare si doveva tenere un esteso rito stregonesco dopo la data (con feticci???).
Altri mondi chiaramente, e' pero' vero che in localita' Ozein, una frazione di Almayvilles, furono segnalati all'epoca risulte ed avanzi di un rito effettuato, non so se vi furono conseguenze alla notizia che fu pubblicata solo in media locali.
Come ad esempio il riferimento alle novelle di Ramuz che in francese raccontava, con nomi diversi, l'identica storia familiare e l'epilogo della vittima, o il riferimento dei nomi della madre e del figlio a episodi biblici, c'e' di tutto.
Non ne trovo piu' traccia nei link ma ricordo che compari' anche un'incisione inerente la vittima nella murata della cappelletta vicino alla villa, non ricordo l'iscrizione precisa.
Sono tutte ipotesi che pero' vennero avanzate dal mondo cosidetto virtuale, il mondo "vero" si era convinto di ben altro.
Che so io, solo un medico cambio' opinione, da "naturale" a "traumatica", sul caso dopo aver avuto la possibilita' di visionare le foto in perizia, cioe' ricondusse la "diagnosi" ad evento traumatico sconfessandola solo nella parte in essa considerata invece "congenita".
Questo per il dislivello che osservo' nella frattura frontale del povero piccolo e per la mai menzionata in perizie contusione occipitale che, secondo i medici, non poteva che essere stata provocata da una superficie estesa, piatta.
Questo creo' un rivolo nelle ipotesi "naturali" che riconducevano ad una caduta dal letto del bimbo, che avrebbe potuto causare la contusione della superficie e, di conseguenza, del cranio.
C'era un altro particolare che le toniche cloniche spiegavano, nel caso, e' cioe' la multivarieta' di ferite (quasi tutte di piccola portata, ordine dei millimetri, tranne due), se invece che contuso il capo avesse contuso il discorso avrebbe potuto collimare con la varieta' di oggetti e di ferite.
Personalmente, credo strano che ad esempio lei sia entrata con gli stivali, come dicono in sentenza, e:
1) Non abbiano lasciato ne impresso impronte aldifuori della stanza, o semplici tracce di gocce sfuocate, calpestate inavvertitamente, allungate, come per il pigiama, tutto sembra fotografato, ma se translato in ipotetico video appaiono contraddizioni enormi, inspiegabili.
2) Il terriccio esterno alla casa, e che la donna dovrebbe aver calpestato portando il figlio fuori dopo i soccorsi, non e' stato mai cercato in nessuna delle due calzature, ne nei sandali e ne negli stivali.
3) Potrebbe essere una scena totalmente ricostruita od inquinata???
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