lunedì 30 gennaio 2012

Annamaria Franzoni. A dieci anni dalla morte di Samuele solo le chiacchiere possono far credere sua madre colpevole

Samuele Lorenzi
Dieci anni fa moriva Samuele Lorenzi, assieme a lui la giustizia ed i media italiani che, comportandosi da buoni cagnolini ubbidienti, parlavano in video basandosi sulle carte portate dall'Accusa senza approfondirle e controllarle in maniera logica. Questo ha generato un odio viscerale verso la madre del piccolo, un pregiudizio quasi globale che l'ha accompagnata negli anni ed ancora resiste. Sarebbe bastato poco per far sì che la situazione si capovolgesse diventandole favorevole. Ai media sarebbe bastato leggere e verificare quanto la procura forniva loro. Pochi giornalisti l'hanno fatto, di questi alcuni hanno poi scritto libri che riportano i mille dubbi di quell'inchiesta, dubbi ancora oggi integri ed esistenti. Gli altri, non in grado di spiegare ai telespettatori, si sono adagiati sul pregiudizio e sui sorrisini ironici dei loro ospiti fissi, ripresi in schermo quanto c'era in studio chi sosteneva una ricostruzione diversa. Negli articoli sul "caso Cogne", presenti su questo blog, ho dimostrato, partendo dalla falsa ricostruzione dei Pm sulle prime telefonate di aiuto, che nulla di quanto portato dalla procura poteva essere idoneo a condannare, così come non lo era nulla di quanto accertato in tribunale (ed accertato è parola grossa da usare), eppure la condanna è arrivata ugualmente. E' probabile che l'odio viscerale nato negli anni sia stata la base di partenza della pena inflitta? Per averne il dubbio basta pensare ai giudici popolari preposti a decidere. Ad uno in particolare, uscito di scena solo dopo una sfuriata dell'avvocato Taormina, che continuamente scuoteva la testa in segno negativo quando parlava la Difesa, qualsiasi cosa dicesse.

Facciamo un salto nel passato ed andiamo a conoscere alcuni personaggi che hanno inserito la convinzione colpevolista nella mente degli italiani. Partiamo da cosa disse un noto psico-criminologo per smontare una delle tesi difensive. La madre di Samuele in quel periodo aveva additato quale probabile omicida una sorta di «voyeur» (la Franzoni fece intendere chiaramente che il suo pensiero fosse rivolto al vicino di casa che le chiacchiere di paese dicevano fosse un guardone), il dottor Bruno però si inalberò a questa soluzione e disse: 

«È un'ipotesi assurda, contrasta con tutto quello che sappiamo dei voyeur, persone che hanno paura di agire, tant'è vero che si limitano a guardare» 

Ed ecco che grazie al dottor Francesco Bruno scoprimmo che in Val d'Aosta i «guardoni» non uccidono ma, timidamente, si limitano a guardare. Invece in zona Firenze è diverso. Lì i «voyeur» sono spietati assassini, oserei dire «mostri», che staccano a morsi, o col bisturi, pezzi di carne. Ma non c'è bisogno di scomodare il «mostro», basta fermarsi nei tribunali di Cuneo e Torino per trovare assassini guardoni. Certi giudici non ne capiscono niente di voyeur, lo dimostra la condanna in Cassazione di Sebastiano Natale. Questo era uno «spione» che girava con la pistola; il primo Novembre del Duemila, verso l'una di notte, uccise un ragazzo e ferì gravemente la sua fidanzata. La coppia si era appartata vicino ad un Santuario ed era in intimità. Ma oltre a questo, recente, Francesco Bruno dovrebbe ricordare bene lo storico «delitto di via Puccini» a Roma, visto che anche lui era parte di una trasmissione televisiva incentrata su questo pluriomicidio. Di certo è una storia molto diversa. L'assassino in quel caso era un «Marchese» di nome Camillo che amava fare accoppiare la sua donna con altri uomini per «goderne guardandola godere».

L'opinione del dottor Bruno, anche in quell'occasione, fu diversa dalle altre. Lui, quale psichiatra, tendeva a credere che il marchese durante gli incontri erotici si immedesimasse in sua moglie ed immaginasse di essere «penetrato» dall'uomo. Ma un «sessuologo» specializzato (interpellato ed intervistato), al contrario dava una spiegazione completamente opposta; secondo lui si immedesimava negli uomini e possedeva la sua donna tramite essi non riuscendo a farlo personalmente. Chiaramente la spiegazione giusta non era quella di Francesco Bruno, questo perché pensandola a modo suo il Camillo non avrebbe amato la moglie ma ogni volta un uomo diverso, cioè chi la faceva sua. 

La situazione era sicuramente diversa, ma solo fino ad un certo punto. Gli psicologi in quel contesto parlando di «voyeur» scrissero: «I riscontri criminali e psicologici non hanno nulla di nuovo. La creatività dei voyeur comporta una analisi abbastanza semplice, si sa bene che il loro "gioco" rischia di divenire omicida se contrario alla loro volontà». Quindi, in antitesi a quanto asserito dal dottor Francesco Bruno, se il loro gioco assume sembianze contrarie alla loro volontà rischia di divenire «omicida». Ed allora mettiamo in ipotesi che un «voyeur» abbia, oltre a quel disturbo, anche altre devianze psicologiche, ad esempio fissazioni. Mettiamo che queste lo portino a credere che una donna spiata da tempo si affacci alla finestra non per dare aria alla casa ma per «farsi vedere». Mettiamo che i mezzi sorrisi che questa gli riserva durante il giorno, quelli che in un minuscolo paese di 1500 anime (quale è Cogne) si fanno per educazione quando si incontra una persona conosciuta, vengano intesi come una sorta di provocazione, un cenno di intesa volto a far sì che chi li riceve sia spinto a «farsi avanti». Quest'uomo in che modo reagirà a ciò che crede siano «stimoli»? Potrebbe cercare di trovarsi faccia a faccia con l'oggetto del suo desiderio? Potrebbe «infilarsi» in una casa non sua convinto di essere stato cercato e portato ad entrare se vede la donna non chiudere la porta a chiave come di solito fa? Quale psicologo se la sente di rispondermi? 

Ma il dottor Francesco Bruno ci ha regalato negli anni innumerevoli perle di saggezza. Leggiamone un'altra. 

Alla domanda: «Professor Bruno, secondo lei la Franzoni è colpevole?», segue una chiara risposta. «Ritengo che lei sia stata responsabile di quanto avvenuto, su questo, purtroppo, non ho dubbi». "Perché quel «purtroppo»?" «Semplicemente perché mi sarebbe piaciuto avere delle perplessità. Si possono avere dei dubbi umani, ma non scientifici. Sono altre sì profondamente convinto che si tratti di un insieme di cause patologiche, come la casistica insegna nei figlicidi compiuti dalla madre» 

Si possono avere dubbi umani ma non scientifici e la casistica insegna, dice il dottore. Ed allora vorrei rileggesse un passo di quanto scriveva Sigmund Freud nel lontano 1915 (Metapsicologia). 

«Più volte è stata avanzata l'esigenza che una scienza sia costruita in base a concetti chiari ed esattamente definiti. In realtà nessuna scienza, neppure la più esatta, prende le mosse da definizioni siffatte. Il corretto inizio dell'attività scientifica consiste piuttosto nella descrizione di fenomeni che poi vengono raggruppati  progressivamente, ordinati e messi in connessione tra loro» 

A detta di Freud, quindi, la Psicoanalisi, così come altre scienze, non è esatta ma si basa su un'insieme di eventi accaduti e messi in connessione fra loro. Per cui, dato che mai nessuna madre è riuscita a non confessare un figlicidio, quali eventi accaduti e connessi fra loro ha considerato il dottor Bruno? Ma neppure il medico legale, o patologo che dir si voglia, opera in base ad una scienza esatta, come lui anche gli analisti del RIS. Queste discipline scientifiche sono tutte soggettive e pertanto opinabili, dato che i risultati ottenuti possono portare menti diverse in diverse direzioni. Quindi lo stesso dottor Bruno, credo lo sappia bene, opera e parla in base ad una scienza probabile ma non esatta; a questo proposito vorrei fargli sapere che, al contrario, la matematica è una scienza esatta in quanto verificabile tramite risultati impossibili da alterare, ed abbiamo visto che sugli orari delle prime telefonate da ragione ad Annamaria Franzoni e non alla Procura. 

La casistica insegna, ribadisce il dottore, ma cosa insegna? Insegna che ci sono persone con «pregiudizi» che parlano e sorridono in maniera ironica in televisione; persone che danno per certo un figlicidio quando non è certo e senza avere tutti gli elementi in mano. Detto questo però, voglio chiarire a tutti che io non discuto il valore delle persone. Di certo il dottor Francesco Bruno, così come gli altri che ho criticato e criticherò, avendo dimostrato nel tempo le sue qualità è al di sopra della media. Discuto il fatto che chi ha frequentato tanto gli schermi televisivi mancasse di giuste informazioni sul caso in questione. Il sapere degli uomini deriva dai fatti accaduti nel tempo, da quanto hanno personalmente visto, da quanto hanno letto e studiato sui libri... ma la maledetta storia di Samuele non ha alcuna attinenza con altre dello stesso genere, non c'è in casistica. Se un domani la Franzoni confessasse di aver ucciso suo figlio diverse regole statistiche cambierebbero perché la casistica, al contrario di quanto si è detto, ha insegnato a tutti che non esistono madri assassine che non confessino nel breve periodo (max sei mesi o un anno). Pertanto chi parla ed ha parlato attraverso i video e i giornali dei casi di cronaca, non segue la giusta etica professionale se porta la gente a credere ad una verità chiaramente di parte.

Ma usciamo dai media ed andiamo fra il pubblico. C'è stata una testimone che pur non abitando a Cogne ha avuto un ruolo di primo piano nelle fasi iniziali delle indagini. Vediamo cosa riportò agli inquirenti chi viveva a 450 chilometri di distanza dalla Val D'Aosta.

"...era un po' depressa perché aveva l'idea fissa che il figlio piccolo, Samuele, avesse qualche “problemino”, l'ho saputo dalla madre... io dico: ''i suoi figli stanno tutti bene?'' Dice lei “Ma, c'ho Annamaria, quella spo...'' (che io non sapevo neanche che era sposata in Valle d’Aosta) "che ha qualche problemino… perché vede il figlio non... non le sembra no... insomma sembra che abbia dei problemi sto bimbo". Dico: "ma li ha o non li ha?". Dice: "no, è una fissazione che si è messa in testa lei... basta" (trascrizione in atti, f. 67/6). La Vaccari aveva aggiunto che questa cosa la sapevano in centomila, non solo lei, perché la Magliozzi ne aveva parlato a Monte Acuto.

Chi ha reso queste dichiarazioni spontanee è Maria Vaccari, residente a San Benedetto Val di Sambro e conoscente da circa venticinque anni della madre dell'imputata, Chiara Magliozzi, in quanto per via dei numerosi figli avuti si erano sovente incontrate al consultorio. La Vaccari va spontaneamente dal carabiniere Mariottini Sauro, della locale Stazione, per raccontare i fatti di cui si diceva a conoscenza. Dopo questa prima deposizione viene sentita dai C.C. del R.O. di Aosta il 4.3.02 ed il 14.5.02, in entrambe le circostanze dichiara le stesse cose. In un normale processo le parole riferite e riportate di bocca in bocca non hanno peso, perché è come giocare a «telefono senza fili» dove la prima persona dice una cosa e l'ultima ne dice un'altra, ma in questo caso no. Addirittura la chiamano ad Aosta ben due volte per farla testimoniare. C'è da dire che con questa testimone i Pm ed i giudici hanno dimostrato di non sapere dove abiti "la logica" e di essere persone a cui non piace farsi domande. Sarebbe bastato si fossero chiesti come fosse possibile che se a Monte Acuto lo sapevano in centomila si fosse presentata solo lei dal Mariottini? Come poteva essere che fossero talmente intime se la Vaccari neanche sapeva che la figlia della Magliozzi si fosse sposata, fra l'altro da ben nove anni, ed abitasse in Val D'Aosta? Domande facili in fondo, a cui la madre di Annamaria aveva risposto dicendo che quella donna non era sua amica ma una semplice conoscente... ma chi l'ascoltò? 

«La madre aveva negato recisamente di aver detto alla Vaccari che sua figlia era preoccupata per il bimbo più piccolo, perché non l'aveva mai vista preoccupata; aveva ammesso di aver parlato dei figli con la Vaccari, ma si era limitata a dirle che stavano tutti bene, commentava che, forse, "questa signora" lo aveva sognato dopo aver letto i giornali; che era una persona sempre depressa e che con lei non avrebbe mai parlato di argomenti del genere...» 

Questa volta, al contrario di quanto accaduto per gli alibi dei vicini di casa, ritenuti validi a prescindere dal fatto che fossero i familiari a testimoniare uno in favore dell'altro, ciò che dice la madre non ha alcun valore. Eppure l'hanno interrogata in Val D’Aosta e non in Emilia. Due pesi e due misure? Leggete cosa hanno scritto i giudici. 

«Le dichiarazioni della Vaccari vanno ritenute del tutto attendibili; la Magliozzi non aveva negato di aver avuto con la predetta un colloquio durante il quale avevano parlato dei figli, argomento alla base della loro pluriennale conoscenza, che favoriva anche una certa confidenza al riguardo; la Vaccari, che nemmeno conosceva Annamaria, non poteva sapere che questa fosse stata a Monte Acuto il Natale precedente e che il figlio avesse avuto qualche problema di salute; soprattutto parlando della questione, la Vaccari aveva riferito proprio di un "problemino", lo stesso termine che aveva usato anche la stessa Magliozzi, il che induce ad escludere che la Vaccari si fosse inventata i fatti o si fosse limitata a riferire voci di paese; di tal ché appare giustificato ritenere che, con la stessa precisione, la predetta avesse riferito anche della "fissazione che si era messa in testa" la figlia della Magliozzi, come quest'ultima le aveva confidato». 

Erano sicuri i Pm ed i giudici di conoscere bene la Vaccari? Erano certi che la stessa non avesse letto sui giornali di quel «problemino» o che, essendo una che cerca di «portare via i denti» (come si dice in Emilia Romagna delle persone che chiacchierano sugli altri), non avesse appreso della storia dalla maldicenza popolare? Erano sicuri che non l'avesse recepita in maniera diversa da come le era stata raccontata, così da trasformare una «collinetta appenninica» nel «Monte Bianco»? La Vaccari disse di non sapere che Annamaria Franzoni fosse sposata, disse di non aver neppure saputo avesse trascorso le feste natalizie nella sua zona. Ma Monte Acuto e Val di Sambro non sono Milano, tutti sanno tutto di tutti e di certo si viene a sapere se c'è qualche persona nuova in giro, per strada. Più che una città è un paesino di soli 4500 abitanti, compresi bimbi, anziani, e quelli che abitano nella «frazione» di Monte Acuto. Chi trascorre oltre venti giorni nel paese dei genitori, a Natale per giunta, non resta di certo chiuso in casa, gira ed è visibile, va in chiesa... e le chiacchiere volano. 

Ma, oltre a questo, che fosse un teste inattendibile ci è confermato dalle sue stesse parole... possibile che in Procura non le abbiano soppesate? Lei ha affermato che lo sapevano in centomila perché la Magliozzi ne aveva parlato a Monte Acuto, e qui sta l'inghippo. Chi le ha detto che ne aveva parlato in paese? L'aveva seguita e sentita parlare dello stesso argomento con tanti? L'unico ed indispensabile modo di venire a conoscenza del fatto che ne avesse parlato era che la stessa Vaccari ne avesse parlato con tanti, visto che ha dichiarato che lo sapevano in centomila. Ma se anche fosse stato vero, nessuno avrebbe comunque avuto la sicurezza che la Magliozzi avesse usato davvero quei termini poi riportati, perché chiunque chiacchiera troppo, per aumentare la veridicità delle proprie confidenze, può dire: me lo ha detto la madre. Quindi la logica dice che la teste attendibile aveva parlato con centomila persone e che le sue parole erano il frutto amaro di quella pianta sempre lussureggiante chiamata ciarliera. Quella pianta che cresce e ingigantisce grazie proprio alle chiacchiere che cambiano e si modificano quando passano di bocca in bocca. 

A parte questo non irrilevante particolare occorre stabilire se è vero che nessuno, prima della sua testimonianza, ha mai parlato della «testa grossa». Inoltre occorre chiedersi perché, se lei conosceva così a fondo la Magliozzi tanto da esserne in confidenza, non ha parlato anche della «fimosi» e «delle intolleranze alimentari» di Samuele? Queste sì vere preoccupazioni del Lorenzi. Forse perché sui giornali di quel periodo questi problemini non sono mai finiti? Ma vediamo chi prima di lei ha parlato della "testa grossa". 

«Croci Paola, amica della Franzoni, sentita lo stesso giorno del fatto (quindi il 30 Gennaio 2002), ha dichiarato: “In tre occasioni, Annamaria, sorridendo, mi ha detto che Samuele aveva la testa grande e che sembrava un nanetto, io a questa affermazione le rispondevo che, secondo me, era normale e che con il passare degli anni le sarebbe apparso diverso… una volta di sicuro eravamo all'asilo a Cogne, nell'inverno del 1999, perché Samuele aveva iniziato da poco a camminare, un'altra volta eravamo sempre vicino all'asilo, non mi ricordo il periodo, l'ultima volta alla festa di compleanno di Truk Margaux, figlia del segretario comunale… secondo me, effettivamente aveva la testa un po' sproporzionata e un po' più grande del normale, ma non glielo ho mai detto... il fatto che lei me lo dicesse sorridendo e che non approfondisse mai il discorso... penso che per lei non fosse così importante... aggiungo soltanto che considero Annamaria una brava mamma, molto attenta con i suoi bambini e che si dedica solo alla famiglia e mi ha sempre detto che avrebbe voluto tanti figli perché lei viene da una famiglia molto numerosa in quanto sono 11 tra fratelli e sorelle» 

Ne avevano già parlato il trenta Gennaio, lo stesso giorno dell'assassinio, ed una decina di giorni dopo c'era chi l'aveva riportato in schermo e sui giornali. Quindi perché scrivere che la Vaccari a fine febbraio non può aver riportato voci popolari? Facile, perché la sua era l'unica testimonianza che non parlava «dei problemini» in maniera sorridente, era l'unica che sembrava fornire una parvenza di movente, l'unica che, se aggiustata «a modo», giustificava all'apparenza l'omicidio di Samuele. Ma quanti bambini nei primi anni hanno la cosiddetta «testa grossa», e non è di certo un problema, o sono affetti da altre e più gravi patologie. Provate ad entrare nel reparto pediatrico di un qualsiasi ospedale e vi troverete mamme premurose, non assassine. Se poi gli parlaste capireste che il bambino con qualche «problemino» è trattato meglio del bambino affetto da «sanismo». 

A tal proposito parliamo degli interrogatori e delle intercettazione fatte presso la caserma di Saint Pierre; attenzione, anche questi passaggi sono inseriti nelle motivazioni per far capire l'apprensione di Annamaria Franzoni e non la dolcezza che le dava avere accanto Samuele. 

«...alla sera gli davo la camomilla... lui si metteva la cremina poi si guardava allo specchio che era tutto bianco... si divertiva, sempre sorridente proprio... ti dava una gioia, piaceva a tutti, era curioso rideva sempre; Mamma bi... ba... bi... ghe...» 

«...mi manca il piccolo... sono stata una buona mamma per lui... anche lui lo sapeva… mi cercava… voleva sempre tanto stare con me... era allegrissimo, buonissimo, un animo generoso a volte un po' testone, mi chiedeva di fare i dolci, faceva i suoi misti di Coca Cola e Fanta, era felice...» 

«Perché sono state fatte queste insinuazioni in cui si diceva che lui poteva essere un bambino magari non normale, cosa che se lo fosse stato, secondo me, gli si vorrebbe ancora più bene che ad un bambino proprio perfetto, proprio perché ha più bisogno di aiuto. Ma questo non era. Lui era solo un bambino bellissimo, dolcissimo, affettuosissimo e felice... quella persona che dice che ero attenta a misurargli la febbre continuamente dice un falsità tremenda e tra l'altro con quella persona io non ho mai avuto a che fare, non ci siamo neanche mai trovati, se non forse ad una festa, ma insieme a tante persone...». 

Questo diceva Annamaria Franzoni. I giudici l'hanno dipinta come una «assassina crudele fredda lucida e spietata», ciò significa che nessuno di chi doveva giudicarla l'ha mai pensata possedere il dono della «dolcezza»... perché? Forse a causa di quelle intercettazioni fatte in maniera «spasmodica» alla famiglia Lorenzi, quelle intercettazioni che offendevano chi lavorava in procura non dando mai il risultato sperato, la confessione. In ogni intercettazione Stefano e sua moglie, al contrario di quanto speravano i Pm, facevano congetture e supposizioni su chi potesse essere stato a massacrare il loro figlio, su quale potesse essere l'arma usata. Annamaria a volte stava male, cambiava d'umore. Cosa c'era di strano in questo? Oltre che aver perso un figlio veniva additata quale sua carnefice, è strano che si chiedesse il perché di tanto astio? Anche la vicina di casa si chiedeva il perché delle accuse mossegli dalla Franzoni, non riuscendo a capirne il motivo, ma la Procura non ha mai pensato di continuare ad indagarla nonostante i due «profili», nelle intercettazioni, fossero sostanzialmente identici. In quelle fatte ai vicini, però, gli inquirenti non venivano additati quali incapaci e buoni a nulla. Perché mai continuarle?

Ed ecco che a processo si sommano le testimonianze e le intercettazioni e si scrive: «In via di anticipazione si può ricordare che i periti psichiatri hanno osservato come la Franzoni abbia sempre rievocato il figlio soltanto in chiave positiva, con una tendenza alla rimozione delle cose spiacevoli, accompagnata da meccanismi di idealizzazione... le risultanze inducono a ritenere verosimile l'esistenza di una preoccupazione della Franzoni per il figlio Samuele, quale riferita a Cogne dal ristretto gruppo di conoscenti della Franzoni, ed a Monte Acuto dalla Vaccari, che lo aveva appreso da fonte più che attendibile». 

Con questa frase si raggiunge l'apice dell'incongruenza. Gli psicologi del Pg ed il giudice, partendo dal fatto che la madre non ha mai parlato in maniera negativa del figlio, riescono a ritorcergli contro il suo amore per lui ed a dichiarare che per questo quanto si dice di male su di lei è vero. La «fonte» Vaccari, quindi, è «più che attendibile» ed il fatto che la Franzoni abbia sempre parlato di Samuele in chiave positiva, a volte idolatrandolo, dimostra quanto fosse preoccupata della sua "testa grossa".
E noi ancora ci fidiamo di chi deve giudicare?

Povero Samuele, speriamo che in questi dieci anni tu non abbia avuto modo di ascoltare tante cattiverie, speriamo che un giorno ci sia chi possa renderti giustizia. Una giustizia non fatta dalle chiacchiere televisive o processuali da chi è esperto in tutto e predica il niente, non fatta di indagini approssimative spinte in una sola direzione dall'incompetenza di alcuni Pm, ma una Giustizia fatta di una unica, pura e semplice, verità.

Speciale delitto di Cogne: gli altri 14 punti che scagionano Annamaria Franzoni

Annamaria Franzoni Cap. 10 (La vera arma del delitto)
Annamaria Franzoni Cap.12 (Le intercettazioni...)
Annamaria Franzoni. Cap.13 (Ed il Pm disse che gli alibi dei vicini erano buoni alibi...)
Annamaria Franzoni. Cap.14 (L'alibi della vicina e i movimenti alquanto particolari...)
Annamaria Franzoni. Cap.15 (Il delitto efferato? Una fantasia dei giudici copia-incolla)

11 commenti:

mariatere ha detto...

giustissime, come sempre, le tue affermazioni massimo, è vero che la tv e i vari programmi creano carnefici e colpevoli senza che sia ancora iniziato il processo, e questa è una vergogna tutta italiana. volevo comunque far notare che è la stessa madre del bambino che col suo comportamento ha destato tanti sospetti, infatti una madre che ha perso il figlio non dovrebbe avere come priorità assoluta quella di recarsi in tutte le trasmissioni a dirsi innocente.

Unknown ha detto...

Hai ragione mariatere, una madre in una situazione del genere dovrebbe restarsene a lato ed attendere in silenzio gli eventi lasciando che altri parlino (ed è quello che le aveva consigliato il suo avvocato di allora, Carlo Federico Grosso). Ma a noi, d'altronde sono passati dieci anni, manca la memoria di quei giorni. La Franzoni andò in schermo, la prima volta, dopo mesi dalla morte del piccolo, non subito quindi, e solo su sollecitazione della sua famiglia (dal 2008 non ha rapporti col padre), che già aveva parlato col Taormina (che da colpevolista schierato con l'incarico a difensore passò sulla sponda innocentista) per contrastare l'attacco colpevolista portato a mani basse, da oltre un mese e mezzo, da tutti i media che non riuscivano ad avere come ospite neppure il suo avvocato (parlo di Federico Grosso).

Chiaramente quando accettò di parlare sotto i riflettori ci fu un fuori onda (quando non c'è?), ricorderai il famoso "ho pianto troppo", sfruttato a piene mani in chiave colpevolista (in schermo più volte al giorno). Grosso aveva ragione, mai mettersi in mano ai giornalisti... anche se ti promettono un'intervista equa nei contenuti (ed infatti l'intervista spaziò su tutto), perché una volta partito l'ingranaggio non si riesce a fermare.

Ma non era l'idea del padre che voleva decapitare il Ris e convincere gli italiani non tramite un giusto processo ma tramite i media. Che fosse un arma a doppio taglio Annamaria Franzoni lo ha capito troppo tardi ed a sue spese.

Ciao, Massimo

Anonimo ha detto...

ciao Massimo, ho letto il tuo articolo proteso, ancora una volta, ad una strenua difesa della Franzoni.
Sinceramente ti dico che le argomentazioni sui testi inattendibili mi sembrano un po' forzate; non è che è stata condannata per le testimonianze, queste, con altre situazioni personali, sono servite a provare che Annamaria avesse qualche problemino di stabilità, dalla nascita di Samuele in poi.
Detto questo,vorrei pero' esprimere un parere personale su questa storia.
premetto che per me quando un processo conclude il suo iter(tutti i gradi di giudizio)e viene emessa una sentenza definitiva,questa è e questa accetto(fino ovviamente all'uscita di nuovi fatti e di una revisione del processo).
Fatta questa premessa,vorrei che la giustizia italiana si dotasse(per questo e per altri casi simili)di una regola che consentisse alla giustizia di fare il proprio corso, consentendo alla "vita" di fare il suo. La Franzoni, anche colpevole, dovrebbe stare ai domiciliari a casa sua con i suoi bimbi, perchè si puo' e si deve condannare una madre assassina,ma NON si deve condannare anche gli altri due figli.
Questa è una grande stortura del nostro ordinamento; perchè non dovrebbe poter scontare la sua colpa all'interno della sua famiglia? (per cortesia non mi si risponda del pericolo della reiterazione del reato perchè, un giorno quando uscirà' questo problema si riproporrà e che faranno la rinchiuderanno di nuovo?).
Questo volevo esprime e questo ho fatto.
Saluti.
Calabria

Unknown ha detto...

Ciao Calabria. Anch'io di solito accetto l'ultimo grado di giudizio, ed anche con la Franzoni l'avevo accettato (anche perché a parer mio era colpevole che più colpevole non si poteva). Poi ho iniziato a leggere qualche atto, poi qualche motivazione, ed ho cambiato completamente idea. Accettare una sentenza definitiva è cosa giusta, ma se ti accorgi che sei stato canzonato dai carabinieri, dai Pm, dai giudici e dai media, ti girano un po' le...; e ti garantisco, mi son letto ogni carta ed ogni articolo di giornale dell'epoca, che io non difendo nessuno d'ufficio o per partito preso.

Hai letto gli altri dieci articoli sul caso? Non ho inserito alcuna balla né alcuna forzatura, quanto è scritto è pura verità. In questo mese ho intenzione di inserirne altri, in cui parlerò degli alibi di chi era sospettato dal primo tribunale che ha avuto in mano le carte della procura. Poi ne inserirò ancora e spiegherò quali moventi potessero avere.

Fra l'altro nelle motivazioni si parla di tutto e di più ma non è inserito un vero movente per la madre. Prima si dice che ha un disturbo d'ansia che potrebbe aver provocato una sorta di stato crepuscolare, poi il disturbo lo si nega ed in Cassazione lo si esclude completamente. Quindi?

Chi non ha letto ogni pagina degli atti e delle perizie, queste te le raccomando quando sei giù di tono perché sono perfette per riprendere a sorridere e cambiare l'umore, non può credere cosa si sia combinato in quel di Aosta e Torino, credimi.

Massimo

Anonimo ha detto...

io parlo con le parole di mio cognato che è stato a cogne in vacanza a sciare: mai piu a cogne è un covo di vipere,sfrisciate le macchine con simboli satanici

non ho altro da aggiungere una inchiesta sbagliata per una condanna ingiusta

nico ha detto...

Qualche piccolo problema di stabilita' emotiva direi che é fisiologico quando si hanno bambini piccoli e si vive in loro funzione. Ti ritrovi chiusa in un circolo che non si spezza mai, vivi per anni dividendoti tra scuole asili pediatra termometri notti insonni e pappe non mangiate. Direi che davvero poche donne si sottraggono a questa crisi, che come arriva poi passa di norma senza che succedano tragedie, se la depressione non é evidente e gravissima. Le testimonianze in quella direzione mi sembrano inutili e fuorvianti, assolutamente senza senso. Avessero dovuto testimoniare su di me quando mia figlia a sette giorni é stata operata al cuore probabilmente mi avrebbero dato carcere preventivo, tanto per star sicuri...Altro che stress, altro che depressione.. In mancanza di prove, e su di Annamaria Franzoni NON ESISTE una prova che sia una, lì ci si deve fermare. Tutti le testimonianze prese per buone dai magistrati su una sensazione, uno stato d'animo, due parole di corsa, una preoccupazione condivisa..sono un'offesa all'idea stessa di Giustizia. Che dovrebbe essere amministrata con razionalita' e basata sui fatti. Peggio ancora i cosiddetti esperti come Bruno di cui parla Massimo, e tanti altri che si sono lanciati con intollerabile sicurezzA nelle spiegazioni piu' truci per comportamenti normalissimi. La normalita' é ampia, racchiude in sé comportamenti agli antipodi. Uno si blocca davanti alla paura, un altro reagisce come un leone, un altro ancora fugge. Loro invece ritenevano persino che il disordine trovato nei cassetti di Annamaria Franzoni (e cito Picozzi) ''fosse evidente prova di un disordine mentale che stava per arrivare al suo culmine''. Vedessero i miei o quelli di tante mie amiche sanissime ed equilibratissime prima delle pulizie profonde... No, non é una bella pagina di giustizia italiana, e ha ragione Annamaria quando come per scusarsi dice che se Samuele avesse avuto qualche problema l'avrebbe coccolato ed amato forse ancora di piu'. E' un discorso di buon senso, un discorso da madre.
Si potrebbe andare avanti all'infinito continuando a parlare delle incongruenze di questo processo e dei processi ediatici che con quello giudiziario sono stati un tutt'uno. Invece mi fermo alla considerazione che su Annamaria Franzoni non é stata portata alcuna prova. Niente di certo, niente di inoppugnabile, niente che non potesse essere smentito dalla difesa. Ci sarebbe da ridere, se non venisse da piangere a pensarla in carcere con l'accusa di avere ucciso suo figlio.

tabula ha detto...

E' vergognoso Massimo.
Lo trovavo vergognoso allora, e lo trovo vergognoso adesso, rileggendo le tue parole.
E' tristissimo finire nel tritacarne della Giustizia italiana, equa e super partes come nei paesi sottosviluppati.
è non è un discorso da bar, è una constatazione basata sull'evidenza dei fatti.

Unknown ha detto...

Ciao, Tabula. Hai letto le classifiche mondiali? La nostra "giustizia", su 181 paese monitorati, è al 156esimo posto.

Ciao, Massimo

tabula ha detto...

L'ho letto, Massimo. E ho letto anche qualcosa di simile anche rispetto alla libertà di stampa italiana.
Non è solo una sensazione.

anna ha detto...

io sono stat sempre convinta dell'innocenza della franzoni, anche le indagini sono state fatte asenso unico, in quella frazione c'erano 7 case che gli inquirenti non siano entrati in ogni singola casa per verificare con il luminor se c'era del sangue nei garage nelle case è un pezzo dell'inchiesta che manca,quello che dal puntyo di vista legale no riuscirò mai a capire è laprima ad intervenire sul luogo del delitto è stata la dottoressa Satragni è lei che ha inquinato la scena del crimine facendosi poratre un asciugamano ,ha lavato il pavimento,ha inquinato tutto,lei essendo psichiatra sa bgenissimo chi sono gli elementi a cogne che prendevano gli psicofarmaci,come fa la procura ad accettare che questa donna non sia mai stat interrogata nelle varie udienze in un contraddittorio con la difesa è sconvolgente,al processo sono arrivate solo le sue deposizioni verbalizzate su un foglio, questo è lo scandalo di un processo falsato , dove la prima che è arrivata sul luogo del delitto la prima che ha inquinato tutto non viene nemmeno sentita in tribunale...........

termino con le parole di mio cognato che lo stesso anno era nadato acogne a sciare,c'era sui giornali locali la storia delle sette sataniche a cogne,
mio cognato mi disse mai più a cogne è un covo di vipere...............

Anonimo ha detto...

Massimo, da qualche giorno ho "scoperto" il tuo blog, e ho letto tutti i tuoi articoli sulla Franzoni. Ed ora mi chiedo: ma è possibile che non si possa fare niente? E' allucinante. Sara