martedì 6 marzo 2012

Dai Marò prigionieri in India ad Enrico Forti... quando gli italiani si trovano all'estero vengono lasciati soli e, se il tempo passa, al loro destino...

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
Prima di parlare di quanto sta accadendo iniziamo col dare un nome ai due militari che tutti chiamano i "marò", sono: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Perché dargli un nome? Perché un nome giustifica la vita di un essere umano. Tutti parlano di "marò", in televisione si aprono i Tg parlando dei "marò", quasi non siano uomini ma un'entità a parte. Ma andiamo avanti e, dopo averli qualificati quali certi esseri umani, dopo aver constatato che sono italiani, marò o non marò, chiediamo al mondo per quale motivo un giudice indiano ha preso in mano la loro vita, per quale motivo quel giudice si arroga il diritto di decidere cosa fare di loro, per quale motivo li ha fatti arrestare mandandoli in galera. C'è una motivazione che abbia anche un minimo di connotato che renda plausibile quanto stabilito da quel giudice? La nave su cui erano imbarcati al momento della sparatoria si trovava a trentun miglia dalla costa, in acque internazionali, in un punto pericoloso, una zona dell'oceano dove altre volte si erano dirottate e sequestrati navi, e non solo italiane. Quindi, se in quel punto dell'oceano si avvicina una barca da pescatori, che non è detto contenga pescatori, chi è preposto alla sicurezza di un equipaggio cosa deve fare? Andare a letto e dormirsela... o sparare colpi di avvertimento in aria? E se i colpi non bastano e la barca si avvicina ugualmente?

Io non so cosa avreste fatto voi al posto loro, cosa avrebbe fatto il giudice indiano al posto loro, cosa avrebbero fatto i due pescatori, purtroppo morti, al posto loro, io so cosa avrei fatto io. Io, sapendo come operano "i nuovi pirati", perché tante volte hanno usato la stessa tecnica per impadronirsi delle navi e sequestrare l'equipaggio, sarei partito con lo sparare in aria, poi avrei abbassato il tiro ed avrei continuato ad abbassarlo fino a quando di quella barca non avrei visto la poppa allontanarsi all'orizzonte. Perché lo avrei fatto? Perché il pensiero in pochi istanti ragiona su quanto accade, ed avrei di certo pensato: "L'oceano è grande, oserei dire immenso, per quale motivo dei pescatori, con tutto il posto che c'è, devono avvicinarsi a dove sono io ed arrivarmi a 'misura di tiro'?" Questo avrei pensato, perché non ha senso che una barca di pescatori si avvicini ad una nave del genere, e questo hanno pensato Massimiliano e Salvatore. Ma ora, a bocce ferme, a venti giorni dal fatto, quanto accade pare quasi un piano, un piano ideato dopo l'accaduto da chi ha interesse affinché in un prossimo futuro i militari scendano da tutte le navi che solcano quella zona, lasciandole sguarnite com'erano mesi fa. 

Ed il giudice indiano, ammettendo la sua onestà, a questo punto dove vuole arrivare? Anche pensandola al contrario di come la si sa in Italia, credendo quindi alle fonti indiane e dando per certo che i pescatori fossero davvero solo pescatori, c'è da chiedersi in ogni lingua possibile il motivo per cui si siano avvicinati a quella nave. Seguivano una loro rotta e stavano semplicemente pescando? Non hanno sentito i colpi sparati? Non hanno fatto caso ad una nave di stazza enorme? Non avevano in mano armi ma solo arpioni? Una tragica fatalità quindi, perché non è possibile pensare che due militari abbiano sparato a caso su una barca intenta a tirare a bordo le reti. Per quale motivo sparare a chi sta lavorando? Non ha senso neppure il pensare sia stata la nave ad avvicinarsi all'imbarcazione, perché farlo? Non si sa, si sa solo che il giudice indiano cerca di girare la frittata a suo favore e dice: "Se è vero che la nave e la barca erano in acque internazionali, è anche vero che ogni scafo ha una sua bandiera. Quindi la Erica Lexie in quegli istanti era un territorio italiano quanto la barca dei pescatori era un territorio indiano. Motivo per cui, dato che sono morti degli uomini indiani in territorio indiano, la giurisdizione è della giustizia indiana". Il loro ragionamento non farebbe una piega se i marò italiani fossero stati sulla barca dei pescatori, quindi in territorio indiano, ma erano sulla Erica Lexie e da lì hanno sparato. Motivo per cui il reato, se sarà appurato esserci, è avvenuto in territorio italiano perché da questo si è sparato.

Ma le autorità indiane sono state furbe ed hanno trattato l'affare come solo un buon guerrafondaio avrebbe potuto trattare. Per capire equipariamo l'accaduto ad una battaglia da trincea. Da un lato gli italiani e dall'altro gli indiani, ognuno nel proprio territorio. Ora ammettiamo che due soldati italiani sparino e colpiscano due soldati indiani. Come fare a catturare i due cecchini? Semplice, si invita chi li comanda a cambiare il territorio. E se chi li comanda ha delle remore e non vuole andare? Semplice anche in questo caso. Si invita chi comanda chi comanda, in poche parole il referente superiore in grado, a dar l'ordine di far entrare i suoi uomini dove si può fare ciò che dall'altra parte della trincea non si potrebbe fare. E la domanda sorge spontanea. Perché il comandante di una nave che transita in acque internazionali accetta di entrare in un porto indiano? E se non è stato lui a decidere, perché l'armatore di questa nave ha voluto l'accostamento al territorio nemico? Prima di prendere decisioni ha chiamato le autorità italiane o ha fatto di testa sua? Se non avessero accettato di entrare in acque indiane cosa sarebbe accaduto? Avrebbero sequestrato la nave con la forza? E' probabile.

Ed allora perché, di fronte ad un atto di forza (anche se il tutto è avvenuto in maniera tranquilla e con l'uso di armi a fiato, le minacce, altro non si può considerare) il nostro nuovo governo fa come tutti i governi che lo hanno preceduto? Non si doveva far tornare l'italica nazione credibile agli occhi del mondo? Ed allora per quale motivo ha mandato a chiamare l'ambasciatore indiano a Roma solo oggi? Perché solo oggi ha inviato una protesta formale in cui non si riconosce il potere giurisdizionale dell'India? Il tutto lo si doveva fare il 15 febbraio, al momento del fatto, al massimo un giorno dopo. Non si doveva lasciare che in India trionfasse lo sdegno nei confronti degli italiani, non si dovevano lasciar parlare i giornali indiani in una maniera che a dir di schifo è a dir poco. Il loro rivangare la seconda guerra mondiale, gli aiuti tedeschi ricevuti settantanni fa dalle nostre navi in quell'oceano, sa tanto di astio verso il nostro popolo. Quegli stupidi giornalisti indiani che scrivono cotante parole, persone senza intelligenza che neppure conoscono l'evolversi della nostra storia e non sanno quanto s'è patito in quegli anni in Italia, oppure la conoscono ma la calpestano, hanno pubblicato i loro articoli nazionalisti con uno scopo ben definito, uno scopo politico chiaro e dichiarato che serve solo al Partito Popolare Indiano, l'ala conservatrice della nazione che poco ama chi non è nato in India, che deve contrastare il governo in carica e prepararsi a nuove elezioni.

Per cui i loro bei pezzi dal sapore razzista, quegli scarsi giornalisti che vivono a mani aperte per raccattare qualche spicciolo da una parte del potere politico indiano, li scrivono per destabilizzare agli occhi del loro popolo l'unica persona italiana che forse odiano. Una donna che non ha scelto quella terra per voglia di potere ma per amore verso un uomo che di quella terra era figlio... e che figlio! E giocare a prendere per i fondelli la propria gente, utilizzando per l'occasione la morte di due pescatori e la vita di due militari stranieri, non è proprio il massimo che si dovrebbe fare in una democrazia che disponga di una giusta informazione. Una informazione che per dichiararsi democratica dovrebbe andare in loco, parlare con tutte le parti in causa, valutare le parole e poi scrivere. Ma tutto il mondo è paese. Scherzavo, volevo dire: "Tutto il mondo è paese tranne l'Italia". Da noi il marine che col suo aereo strappò il cavo della funivia del Cermis, venti morti, per una birra scommessa con un altro marine, venne rimandato in America da un giudice di Trento e lì fatto giudicare. Da noi quando Nicola Calipari sovrappose il suo corpo a quello di Giuliana Sgrena (era lei che non doveva uscire viva dai confini irakeni), all'interno di un'auto praticamente immobile e quindi per nulla pericolosa, si fecero solo venti giorni di chiacchiere governative ed il malcontento della stampa finì poco dopo, giusto il tempo per insabbiare e dimenticare il tutto.

Questo nonostante gli americani ci abbiano presi per i fondelli inviando ai nostri magistrati un'auto bucata che neppure somigliava a quella ritratta in fotografia. Ma anche in quell'occasione a tagliare la testa al toro ci pensarono i nostri giudici dichiarando che c'era un difetto di giurisdizione. Non toccava a noi giudicare. Quindi, per l'ennesima volta, furono gli americani a giudicare l'operato dei marines americani. Ma la lista a cui attingere è lunga e non comprende solo questi casi. Per allargarla in maniera esponenziale si potrebbe parlare dell'aereo caduto nel mare di Ustica. Ma in fondo delle storie di cronaca che coinvolgono i militari, sia poco, sia bene o sia male, l'informazione al momento del fatto ne parla. Il problema sorge preponderante quando le storie avvengono all'estero e non prevedono militari. Di Luca Mongelli, ad esempio, se ne parla ora, ma il fatto è avvenuto in Svizzera dieci anni fa. In quel caso, inoltre, il bambino italiano fu la vittima. E se invece ragionassimo sui casi che vedono gli italiani imputati in terre straniere? Cosa accade se ad essere giudicato all'estero, per reati penali, sono i nostri conterranei? Sono tanti gli italiani condannati che stanno scontando una pena nelle carceri di altre nazioni, ne avete mai saputo i nomi?

Credete forse che qualche ministro, o organo preposto, abbia inviato avvocati o seguito i loro processi per verificarne la regolarità? Poveri illusi! Chiedetelo ad Enrico Forti se c'è mai stato qualcuno a supervisionare ed a verificare quanto di losco accadeva in quel tribunale americano. Credete ci sia un organo governativo che si informi e controlli? A parer mio sarebbe indispensabile ad ogni processo che coinvolga un italiano, se all'estero per lavoro o per svago. Una figura istituzionale del genere darebbe agli altri governi l'idea di una nazione che non lascia passare ingiustizie contro i suoi figli. Ma non lo si fa, il governo non è in grado di fornire questo servizio e si affida ad ambasciatori che non hanno un vero potere (meglio sarebbe inviare un pool di avvocati capaci se ci sono accuse con prove discordanti). Ed allora, per poter dire di vivere in democrazia, chi dovrebbe farsene carico è la stampa, sono gli organi di informazione, sono i giornalisti italiani... lo fanno? Chiedete a Chico Forti quanti ne erano presenti mentre lo strapazzavano come un calzino bucato. Chiedetelo a lui poi pensate a quanti giornalisti americani seguono i processi celebrati, non solo in Italia, contro i loro connazionali. La pietra di paragone esiste, è quanto accaduto con Amanda Knox.

Chiedete a Chico Forti quante righe gli hanno dedicato gli editori italiani in questi quasi dodici anni di carcere, poi arrossite al solo al pensiero di fare un confronto. Perché a fronte del poco o niente scritto su di lui si stagliano milioni di pagine scritte dai tabloid d'oltreoceano a favore della Knox.

Certo, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, chiamati dalla stampa "i due marò", ora per i media esistono, vivono. E speriamo che le analisi sulle armi dia loro una mano e li faccia uscire dall'incubo. Ma se i tempi si allungassero? Se i giudici indiani presentassero ricorsi su ricorsi? Se il governo italiano perdesse mordente e per non creare incidenti diplomatici allentasse la presa (già molto lenta)? Se un'altro bel caso di cronaca nera prendesse la penna di chi scrive e la testa dell'opinione pubblica? Cosa accadrebbe ai "due marò"? La risposta la conoscete già, non serve vi dica come potrebbe andare a finire...



Speciale Annamaria Franzoni:
Annamaria Franzoni Cap 10 (la vera arma del delitto...)
Annamaria Franzoni Cap 11 (una condanna nata dalle chiacchiere di paese) 

100.000 firme da inviare al premier Mario Monti
Sarah Scazzi. Il giudice è un ex sostituto procuratore di Taranto
Il suicidio annunciato (video)
Serena Mollicone e le quindici tracce biologiche
Da Elisa Claps a Luca Mongelli
Torna alla home page

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma come stiamo messi male!
Che brutto periodo stiamo attraversando!Non c'è niente più che vada bene,niente.
Tutto a rotoli.
Guarda Massimo avrei voglia di scrivere un sacco di roba ma il nodo alla gola mi impedisce di respirare.Un saluto.
Bea.

Tiziana ha detto...

E' questo il momento, per il governo Monti, di dimostrare ciò che vale nel consesso internazionale. Vedremo cosa saprà fare Terzi, ministro degli esteri, che è specializzato proprio in diritto internazionale.
Troppo facile limitarsi ad aumentare qualche tassa per dimostrare d'essere autorevoli, vedremo se sapranno evidenziare le loro capacità in questo caso, far risultare che l'Italia conta qualcosa.
Me lo auguro, in primo luogo per i due poveri militari, e poi anche per il buon nome del nostro paese.
Buon lavoro ministro!

Mimosa ha detto...

Caro Massimo, ho letto appena adesso questo articolo
Ne sono passate di acque sotto i ponti dalla data in cui l’hai redatto, “i due marò” sono rimasti tali in tutte le notizie di cronaca e quasi mai ricordati con i loro nomi.

Alla fine di dicembre sono stata ad un incontro pubblico con il giornalista Biloslavo ed è stata molto criticata la posizione del Ministro degli Esteri (zitto quello della Difesa) nella trattativa di far concedere le “ferie natalizie” a Massimiliano e Salvatore, pur dietro una specie di cauzione (800 mila euro, figurati quante chicche di rupie) per poi farli ritornare in India.
Io ho sperato che, essendo stato aperto su di loro un fascicolo da parte della Magistratura italiana, sarebbero stati “fermati/arrestati” qui in attesa di giudizio in conformità alla legittima giurisdizione competente.
Inoltre ho creduto, per un po’, che l’Italia fosse la solita, quella con la coda di paglia, eccetera,
ma quando ho avuto la conferma che Massimiliano e Salvatore, dignitosamente e sempre in divisa (!!!), erano in volo verso l’India, ho riflettuto e ho pensato che forse chi ha svolto le trattative sapeva il fatto suo … non per niente esiste la categoria dei “Diplomatici”, addestrati alla conoscenza di tutte le sfumature di pensiero delle varie culture.
Mi sono convinta che si è trattato di una mossa strategica. Gli Indiani, infatti, hanno “apprezzato” la loro lealtà e la lealtà di questo nostro Paese. Tra non molto “i due marò” ritorneranno in patria!

Mimosa

Gabridget ha detto...

Mimosa sei troppo ottimista, io non ci vedo niente di buono in ciò che sta accadendo... ma spero di sbagliarmi.

Mimosa ha detto...

Sì, Gabriget,
me ne sono resa conto a distanza di tempo.
È trascorso un anno tra il mio post e il tuo, e le cose sono peggiorate.
Io ho sperato, come avevo scritto, che, essendo stato aperto su di loro un fascicolo da parte della Magistratura italiana, sarebbero stati “fermati/arrestati” qui in attesa di giudizio in conformità alla legittima giurisdizione competente.
Ora leggo che il mio medesimo pensiero lo ha espresso anche Angela Del Vecchio, esperta di diritto internazionale dell'università Luiss di Roma in occasione del rientro per motivi di salute di Massimiliano Latorre (http://www.ilgiornale.it/news/politica/ipotesi-arresto-cos-litalia-potrebbe-trattenerlo-1051544.html - articolo di Biloslavo del 14 settembre 2014)
«Se la magistratura lo“arresta o meglio emette un'ordinanza cautelare anche blanda e gli ritira il passaporto il marò appena rientrato non potrà tornare in India».

Certo ora non è possibile, perché c’è Salvatore Girone in ostaggio, e chissà quali “garanzie” sono state firmate. Temo che ancora una volta l’Italia si mostrerà “troppo” leale e rispedirà Massimiliano come un pacco in India. Nessuna Nazione lo farebbe!

Secondo me, invece, dovrebbero fare pressioni affinché anche Salvatore rientri per trascorre Natale in famiglia, come l’anno scorso.
A quel punto la Magistratura (militare o civile) si svegli e faccia leva su quel fascicolo giudiziario che hanno detto di aver aperto. Gli ritirino il passaporto!
La Giurisdizione nostra DEVE prevalere, trattandosi di cittadini italiani, se nel territorio di appartenenza sono chiamati a rispondere di un reato, dello stesso reato, poi.

E quando mai la Magistratura italiana obbedisce alla politica?

Mimosa