venerdì 2 settembre 2011

Cristina Golinucci. I diciannove anni senza Cristina ed i tanti "peccato" di una storia fatta di tristi mancanze

Convento Cappuccini - Cesena
La storia inizia nell'estate del '92. Cristina Golinucci ha quasi 22 anni ed è in un periodo felice della sua vita. A fine agosto va in campeggio coi ragazzi della parrocchia del suo quartiere, quando torna la prima cosa che pensa di fare è andare a trovare chi l'ha sempre seguita a livello spirituale, Padre Lino, il frate che dirige il convento dei cappuccini, storica costruzione su una collinetta che sovrasta la città. Lo chiama al telefono e prende appuntamento per martedì 1 settembre alle 14.30. Il sabato a Cesena è una giornata pigra e speciale, da sempre in piazza c'è il mercato ambulante e le ragazze che vogliono farsi una passeggiata ed acquistare qualche vestito lo frequentano abitualmente. Anche Cristina è una ragazza e quella mattina va in "Centro", passeggia fra le bancarelle ed acquista un paio d'abiti, presto sarà autunno e gliene servono di nuovi. La giornata è bella e soleggiata, il sorriso sorge spontaneo e lei quando torna a casa è serena.

Arriva il martedì, mangia coi genitori e, dopo un saluto veloce alla madre, con la sua Fiat 500 azzurra sale sulla collina del colle Garampo e prosegue in salita per altri 600 metri fino al convento. La sua auto entra nel parcheggio e si spegne... così come Cristina che sparisce inghiottita dal nulla. Quando i genitori non la vedono tornare non si allarmano, è con Padre Lino, quale migliore garanzia per la loro figlia? Poi il tempo passa e le paure aumentano. Qualcuno va sulla collinetta, trova l'auto ma non Cristina... ed il sudore cresce. Anche perché a lato del parcheggio riservato al convento ve n'è un altro, panoramico e ben più grande, che non è mai stato il massimo per la sicurezza. Strane persone lo frequentavano ed anche a me è capitato di trovarmi a tu per tu con un "guardone" mentre ero in auto ad osservare "il mare di notte" abbracciato a una ragazza. Ma questo capitava col buio, e le auto erano davvero tante sul piazzale, chi invece frequentava quel parcheggio nei pomeriggi assolati d'estate? Non era necessario arrivarci con una vettura perché, in fondo sul lato sinistro, un'apertura lo collegava con un campo coltivato, alberi da frutta, in cui era un viottolo battuto che calava dolcemente fino alla strada inferiore. Chiunque avrebbe potuto salire ed arrivare senza essere visto. 

In città ci si aspettava una veloce risposta dalle indagini, nessuno ha mai creduto che Cristina avesse fatto i bagagli e se ne fosse andata (anche perché gli abiti acquistati il sabato precedente, come tutti gli altri, erano al loro posto), ma i carabinieri non appurarono niente, decisero che si trattava di allontanamento volontario e si bloccarono subito. C'era un altro motivo alla base della loro decisione, l'ostruzionismo di Padre Lino che non solo non aiutava ma impediva anche l'accesso al Convento. La madre di Cristina si presentò il giorno successivo la scomparsa e suonò alla porta per sapere qualcosa di sua figlia, dal frate solo risposte vaghe ed indifferenza per la ragazza che si appoggiava a lui per cercare di vivere una vita migliore, per la ragazza di cui doveva essere il "faro". Disse di non averla aspettata all'esterno, come da abitudine, ma di essersi accorto solo alle quindici del suo non arrivo. Disse di non essersi preoccupato e di aver pensato ad un imprevisto (anche se quando capitavano Cristina avvisava sempre), di non aver notato l'auto nel parcheggio e, in poche parole, di non sapere assolutamente nulla di quanto accaduto. La madre si presentò ancora una volta il giorno dopo, accanto a sé un uomo con un cane molecolare, ma il frate rifiutò di farli entrare e chiuse la porta a doppia mandata. Una strana storia quella di Cristina, una losca storia consumatasi a cinque metri dall'entrata di un luogo di culto che non si può visitare. 

Nel frattempo, in attesa di avere i permessi per scavalcare quella porta, le ricerche si concentrarono all'esterno, nei campi, ma non vi era odore della ragazza, le tracce si perdevano a qualche metro dalla sua auto, come mai? L'incredibile, quello che non ti aspetti, stava accadendo. Una scomparsa impossibile da spiegare, se non ragionando in base alla violenza, si era materializzata in una città talmente tranquilla da far quasi impigrire gli agenti che vi lavoravano. I giorni passavano veloci, la madre urlava ma nessuno aveva orecchie, i permessi non arrivavano mai e di Cristina nessuna traccia. Per tre anni si restò fermi, immobili alla prima ora di ricerche. Padre Lino aveva messo in campo la sua forza, non solo religiosa, per rendere difficile ogni passaggio, per ostruire ogni via d'accesso; i carabinieri si erano adeguati e Marisa, la madre, fu lasciata sola a combattere una battaglia impossibile da vincere. Poi capitò ciò che sempre capita, l'imprevisto, ed i giornalisti di "Chi l'ha Visto" vennero a sapere da una ragazza che nel '94 un uomo di colore, dopo averla violentata, aveva tentato di ucciderla (riuscì a scappare). Lo descrisse alla perfezione ed Emanuel Boke fu arrestato per stupro e tentato omicidio (il tutto avvenuto proprio in zona convento). Poi, quando un'altra ragazza si presentò a sporgere denuncia, fu accusato anche di tentato stupro. Si seppe così che l'uomo viveva già da tre anni e quattro mesi al convento, assieme ai frati cappuccini, quindi era presente anche nel periodo della scomparsa di Cristina.

Emanuel Boke
Si pensò alla svolta. Cosa ci voleva ad ipotizzare che un ragazzone come lui, grande e grosso, potesse aver chiuso la bocca alla ragazza, l'avesse forse anche prima stordita, per portarla in una stanza o in un magazzino? Un alito d'aria sarebbe bastato dato che le tracce di Cristina si perdevano a tre metri dall'auto, ma non bastò un alito dell'aria in quel di Cesena. No, l'aria non fu sufficiente a far fare un simile ragionamento. Così il Boke andò in galera, condannato a sette anni per aver stuprato una ragazza ed aver tentato di stuprarne un'altra (ma si vociferava, e non erano chiacchiere di paese, ce ne fossero state tante che per vergogna non andarono dai carabinieri) senza che nessuno lo indagasse per quanto accaduto a Cristina. Ed a forza di far passare giorni si arrivò al '96 e ad un'altra possibile svolta. Padre Lino andò in questura e dichiarò che Emanuel Boke un anno prima, mentre era in carcere, gli aveva confidato di aver violentato e ucciso Cristina. Tutto ripartì ma stavolta fu la Polizia ad indagare, troppi flop negli anni per i carabinieri. Il problema nacque quando il ghanese non confermò di aver ucciso la ragazza, anzi disse di non aver confidato nulla al frate. Poche parole che rifermarono l'inchiesta. Ma come, era chiaro che uno dei due di certo mentiva, non si doveva iniziare da questo dato incontrovertibile anziché fermarsi? Ed invece no, si richiuse il fascicolo... almeno fino all'anno successivo quando Padre Lino, finalmente dopo 5 anni, autorizzò una perquisizione al Convento.

Una perquisizione ho scritto, non una indagine del Ris (che nel '97 non avrebbe comunque avuto le attrezzature idonee per scoprire qualcosa). E cosa si sperava di trovare con una perquisizione dopo cinque anni dato che nei primi tre il Boke vi aveva lavorato come muratore? Sai la calce che aveva maneggiato in tre anni? Sai quante volte aveva fatto un fuoco per scaldarsi le mani o per bruciare i rami secchi? Sai quanti muri aveva abbattuto e ricostruito in quel periodo? Sai quanti attrezzi da taglio aveva avuto a disposizione? Ed infatti niente è stato trovato, tutto si è nuovamente vaporizzato e tutti hanno nuovamente taciuto, parlava solo la madre che cercava appigli nel deserto pur di ritrovare sua figlia. E nel silenzio si arrivò al '98. Il ghanese uscì dal carcere per buona condotta e Marisa lo chiamò, confidando in un ravvedimento, invitandolo a casa sua. Lui andò, addirittura mangiò in casa della madre di Cristina, ma non disse nulla di quanto lei avrebbe voluto sentirsi dire, neppure dov'era sepolto il corpo della ragazza, anzi affermò di non essere il responsabile della scomparsa, di non sapere niente e di non aver confidato niente al frate. Ed allora, se davvero non sapeva niente e non aveva confidato niente, perché Padre Lino aveva mentito? Nessuna risposta e l'amaro in bocca per lei mentre lui, a meno di un mese da quella visita, sparì in una notte che lo portò lontano; ancora oggi nessuno, neppure l'interpool, sa dove Emanuel Boke sia andato a vivere.

Dal 1998 al 2010 dodici anni di continue archiviazione seguite, grazie alla caparbietà della madre, da continue riaperture. La vita ha fatto il suo corso ed il padre di Cristina è morto, il convento è stato affidato a Padre Giancarlo Galli ed è ancora grazie a "Chi l'ha Visto" che in quell'anno il nuovo priore apre le porte alla scientifica e la Polizia ritorna ad indagare. Ma dopo 18 lunghi anni cosa si poteva sperare se non in un colpo di fortuna? I tanti cunicoli sotterranei, che partono dal suo interno ed arrivano un po' ovunque in città, erano da controllare nell'immediatezza con l'aiuto dei cani, non nel 2010, gli scavi per l'acquedotto fatti nel periodo della scomparsa, chiusi con colate di cemento, erano da controllare nel 1992 non nel 2010. Insomma non si poteva pensare che il corpo di Cristina (ufficialmente morta per legge nel 2004) fosse stato lasciato in soffitta, come Elisa Claps, visto che il convento non è in una piazza del centro città ma si erge in un luogo isolato e, per gli estranei, è sempre chiuso a chiave.

Ora il caso sulla scomparsa di Cristina è stato nuovamente archiviato. L'unica cosa che si è appurato, dice il vice questore aggiunto, è che il ghanese nulla c'entrava con l'omicidio, così come il convento. La ragazza, continua il vice questore, è stata seguita per strada ed è salita in auto con qualcuno che le ha chiesto aiuto, con qualcuno che conosceva bene. Ha la vista lunga il vice questore, una vista a ritroso che spazia fino al '92 dato che parla di testimoni che hanno visto Cristina (mai si è saputo ve ne fossero e mai ve ne sono stati). Io quei parcheggi li ho conosciuti bene, anzi molto bene, ed al vice questore posso assicurare che nei giorni soleggiati, alle 14.00, in quegli anni di cesenati non se ne potevano incontrare (neppure guardoni). Peccato, inoltre, che la sua ricostruzione si scontri con la ritrosia e l'ostruzionismo di chi governava il convento, di colui che pareva essere il secondo padre della ragazza che, anziché attivarsi alla notizia della scomparsa, ha pensato bene di chiudere a chiave le porte. Peccato, ancora, ci siano verbali a dare per certo che uno fra lui e il Boke mentisse, perché? E la fortuna ci ha assistiti, o meglio ha assistito le ragazze di Cesena perché, se chi ha rischiato di essere uccisa dopo lo stupro non avesse parlato ai giornalisti, lo stesso Boke avrebbe avuto ancora campo libero dinanzi a sé potendo contare sulla protezione dei frati che lo ospitavano. Peccato, per finire, nessuno sappia che fine ha fatto il ghanese, che nome ha adesso, perché sapendolo si potrebbe verificare se ci sono state vittime di stupro, o addirittura ragazze morte, nella zona in cui ha vissuto e vive.

Tanti peccato in questa storia fatta di tristi mancanze, di forzature religiose accettate dallo Stato italiano, di occasioni sprecate dalle forze dell'ordine e di dolore. Il dolore che da diciannove anni la madre di Cristina porta stampato sul volto. Ed ho parlato di dolore, non di rassegnazione, perché sono certo che il suo cuore di mamma riuscirà nuovamente a far riaprire il fascicolo.



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11 commenti:

Mercutio ha detto...

Caro MASSIMO,
Ho seguito il caso Golinucci dai primi giorni della scomparsa.
Devo sinceramente confessarti che i miei sospetti si puntarono su padre Lino, alimentati, prima di tutto dal suo atteggiamento, diretto ad evitare, non solo un controllo del convento, ma un colloquio capillare con lui stesso, da parte degli investigatori.
Praticamente si sottraeva ad ogni contatto, non solo con i genitori della ragazza scomparsa, ma anche con i poco pressanti inquirenti, forte degli appoggi acclesiali di cui godeva certamente.
Non si è indagato nella sua direzione, per quella sorta di soggezione ispirata dal suo abito monacale, che, forse, nascondeva la vera personalità dell'uomo.
E qui darei d'assalto alla Procura!
Quale motivo impediva ad un uomo votato al bene ed alla verità, di mettersi a disposizione di una mamma disperata?
Solo uno, potrebbe essere stato: la sua colpevolezza.
Dopo anni, cogliendo al volo la malasorte del ganese, e per stornare eventuali sospetti su di se, ne rivelava la confessione...ma tu ci credi?
IO NO!
Ciao, Mercutio

nico ha detto...

Ciao Massimo. Ci si ritrova al rientro dalle ferie (lunghe e senza possibilita' di utilizzare il computer, un po' ritorno alle origini..)Per quanto riguarda il caso di Cristina Golinucci, che ho sempre seguito....
Intanto mi scandalizzano le conclusioni del vice questore aggiunto sull'estraneita' di Boke e del convento.Considerati i precedenti di Boke (accertati) e l'assoluta indisponibilita' di padre Lino, ritenere che non abbiano avuto niente a che vedere con la vicenda i sembra una barzelletta crudele. E mi ricorda troppo la vicenda di Elisa Claps: una ragazza per bene, una scomparsa apparentemente inspiegabile, un pervertito che gia' era conosciuto per i suoi comportamenti pericolosi, un uomo di chiesa che non permette l'immediata perquisizione e si rende indisponibile, gli inquirenti che con leggerezza si buttano sull'ipotesi della fuga volontaria.
Boke non c'entra? Non posso saperlo, certo dubbi pesanti é normale averli.. Padre Lino non c'entra? Anche questo non posso saperlo, ma sono convinta che c'entri eccome. Non so se come ritiene Mercutio possa essere stato il colpevole, ma non é normale il comportamento tenuto. Cosa avrebbe fatto un innocente, un qualunque innocente? Avrebbe aperto le porte, avrebbe fatto di tutto per aiutare nelle ricerche di una ragazza che tra l'altro conosceva bene, avrebbe cercato in ogni modo di lenire il dolore di sua madre. Non vedo possibiita' diverse, se non l'ha fatto ha coperto qualcuno - o se stesso. Lui o Boke - o tutti e due - hanno mentito, e non si capisce come non si possa imporre una perquisizione (ma subito, nell'immediatezza dei fatti) se questa riguarda proprieta' della Chiesa, in casi nei quali sia evidente un collegamento. Io credo, Massimo, che Cristina sia scomparsa nel convento, e fuori dal convento, che sia stata sepolta da quelle parti, che si sia lasciato tutto il tempo a questo uomini orchi di cancellare ogni traccia. Mentre fuori, la mamma di Cristina mendicava l'attenzione e urlava il suo dolore. Che rabbia, e che disgusto

Unknown ha detto...

X Mercutio e nico.

Io sono di Cesena, mio padre (ma anche tutti i miei parenti) era nativo di Ronta, la frazione dove abitava Cristina, ed è seppellito nello stesso piccolo cimitero in cui è seppellito suo padre. Accanto alla tomba la madre di Cristina ha fatto mettere una targhetta con la data della morte presunta, spesso la si incontra ed i fiori sono sempre freschi.

Detto questo ci sono diversi fattori da prendere in considerazione su quanto avvenuto nel '92, ad iniziare dal fatto che Cesena, e la riviera cesenate in genere, in quegli anni era una zona sonnolenta, poco si sapeva di ciò che accadeva e se qualcosa usciva non era mai nulla di grave. Quando Cristina è scomparsa in questura misero in atto le modalità previste in questi casi, era maggiorenne e quindi si aspettò un suo ritorno. Peccato che abbiano aspettato tre anni prima di muoversi sul serio. Solo la sua famiglia e chi la conosceva sapeva bene che qualcosa di brutto era accaduto, ed infatti si mossero in velocità cercando di entrare nell'unico luogo in cui poteva essere arrivata, visto che aveva parcheggiato a cinque metri dal portone, il convento.

Ma Cesena era una piccola cittadina, da allora oggi è raddoppiata in estensione ed in abitanti, e tutti i poteri forti erano comunicanti fra loro e non c'era modo di scalfirli. La chiesa, seppure la città sia da un ventennio di sinistra, prima era Repubblicana, faceva parte dei poteri forti ed ancora adesso ha una forte concentrazione di potere (deriva anche dal fatto che la Romagna un tempo era sotto lo Stato Pontificio ed i possedimenti che fanno capo al Vescovado, a Monsignori vari o a famiglie che hanno dato i natali a Papi Vescovi e preti factotum in genere, sono ancora immensi).

Non volevi fare il militare? Se provenivi dalla famiglia giusta ti rivolgevi al prete del paese che parlava ai suoi amici del vescovado e non facevi il militare. Volevi entrare in banca, in un ente, alle Poste, in una cooperativa o anche in Comune? Se eri della famiglia giusta ti rivolgevi al prete e così via... questo è capitato per decenni dal dopoguerra. E di logica, in fondo è quello che vuole chi aiuta con raccomandazioni a vario titolo, è capitato anche che chi ha avuto favori abbia poi fatto carriera ed i favori li abbia dovuti restituire. Tutta una bella catena che di certo non è solo cesenate ma mondiale, così funziona se vi pare ed anche se non vi pare.

Ora, dopo aver detto questo, possiamo ragionare per capirne di più. Padre Lino, istituzione del convento, aveva di certo agganci forti e questo gli ha permesso di fare quanto voleva fino al '95 quando, a causa di Boke, hanno iniziato a pressarlo. La colpa era anche della madre di Cristina che aveva visto rivoltarsi contro di lei, quasi come un serpente, il frate priore, ma lei è come la mia che se ha ragione non cede neppure di un millimetro, che una volta saputo per vie traverse della ragazza stuprata ha chiamato nuovamente Chi l'ha Visto.

continua...

Unknown ha detto...

Segue...

Per cui si doveva per forza aprire il convento prima o poi, ed il frate lo sapeva. Che abbia preso la palla al balzo per incolpare il ghanese, o che qualcuno gli abbia imposto di distogliere l'attenzione dal convento e dalla città incolpando il ghanese, non è dato sapersi. Più probabile, viste le ragazze coinvolte ma non presentatesi a fare denuncia (altre violenze erano accadute nel '93, ad opera di ignoti, ma sui giornali non finirono), che il Boke fosse l'assassino e che il frate abbia cercato "solo" un non coinvolgimento del convento (chissà poi se c'era solo il Boke ospite nel '92? Nessuno lo sa, l'unica cosa certa e che c'erano anche tanti frati mai sentiti dagli inquirenti).

E il parallelo col caso Claps ci sta tutto. A Potenza don Mimmo chiuse per "ferie" la chiesa (c'era da sistemare gli interni, da pulire il sangue e da occultare il cadavere), a Cesena Padre Lino chiuse il convento a chiave impedendo l'accesso non ai carabinieri, che non chiesero di entrare, ma ai familiari che lo conoscevano bene. A Potenza i poteri forti aiutarono Restivo depistando, a Cesena i poteri forti hanno aiutato il convento a restare esterno al clamore mediatico. La chiesa di Potenza è rimasta un "porto franco" fino a quando non è morto don Mimmo, il convento di Cesena fino a quando non è morto Padre Lino (la perquisizione del '98 non fa testo perché fatta solo "a vista" e senza passare neppure nei cunicoli sotterranei).

In tutti i casi, sia stato uno o l'altro, un terzo lì presente o più persone assieme, c'è chi sa, questo è sicuro, e Marisa è su questi che negli ultimi giorni ha cercato di far leva. Ma se è chiesaiola l'omertà finirà nella tomba e non uscirà.

Ed è inoltre scandaloso che dopo diciotto anni, come ha detto Luciano Garofano, ci si fermi ad ispezionare (in fondo solo col georadar e non col luminol, ad esempio) per tre giorni scarsi quando, sempre a suo dire (ed ha ragione perché il possedimento del convento è immenso e sono più le stanze segrete che quelle conosciute, oltre ai cunicoli vari ed agli scavi aperti e chiusi negli anni) non basterebbe un anno per poter dire d'averlo ispezionato in maniera convincente.

Così come è scandalosa la nuova ricostruzione della procura che vuole sia stato un suo amico di parrocchia a seguirla in auto e ad ucciderla. Che vuole, dopo diciotto anni e senza alcun riscontro valido a suffragio, ci sia un testimone di fuori Cesena che l'ha vista all'esterno del convento salire in auto con un ragazzo. Questo significa prendere in giro le persone che hanno conosciuto Cristina per come era. Certo, avrebbe potuto salire con un conoscente se le stava a cuore (ed il suo cuore era grande), ma non prima di aver avvisato Padre Lino visto che sarebbe bastato fare cinque metri e suonare il campanello.

No, il caso (trattato in maniera scandalosa e superficiale sin dai primi giorni) seppur chiuso per la decima volta non è affatto chiuso e non lo sarà fino a quando la madre sarà in vita, questa è l'unica certezza...

Ciao, Massimo

Ps. Per oggi, domenica 4, è prevista una recita tratta dai diari di Cristina... credete che si terrà nella città di Cesena come dovrebbe essere? No, il Comune di darle il teatro Bonci non ci ha mai pensato, quindi la recita si terrà al teatro di San Piero in Bagno. Sempre nel Comune di Cesena ma a 50 km di distanza dalla città. Sarà un caso?

nico ha detto...

Grazie Massimo, sei stato molto chiaro. Anche io propendo per l'ipotesi che sia stato Boke e che sia stato coperto per evitare forse che lo ''scandalo'' investisse il convento. Un uomo pericoloso, Boke, di quelli che dovrebbero essere messi in condizione di non incontrare mai piu' in vita loro una ragazza per strada.... Ma quello che ci dici, incluso il fatto che la recita dei diari di Cristina non si terra' a Cesena, é ancora piu' triste. Da uno come Boke non ci si aspettano accoglienza e aiuto, da padre Lino la mamma di Cristina se l'aspettava eccome. E se l'aspettava dalle istituzioni, da chi ha fatto le indagini, dai vertici della chiesa. Invece lei, sua figlia, così come Elisa e la sua famiglia, sono stati schiacciati da un'organizzazione potente che ha coperto la verita' per interessi che, di sacro, temo non abbiano nulla.
Grazie ancora, Massimo, perché continui a dar voce a chi ha bussato invano alle porte dei potenti

nico ha detto...

p.s.
a distanza di tanto tempo, tu credi che ci sarebbe la possibilita' di ritrovare i resti di Cristina? Naturalmente disponendo del tempo e degli strumenti piu' adatti..Perché la sua mamma, come Filomena Claps, sente che la figlia é la'. E Filomena aveva ragione.

Unknown ha detto...

Ciao nico.

Credi che il fuoco lasci tracce? Il luogo isolato permetteva, anche a distanza di centinaia di metri dal convento (pur restandone all'interno della proprietà), di muoversi liberamente e di fare liberamente qualsiasi cosa, come il tagliare e il bruciare, almeno fino a metà '93.

L'unica possibilità è che non l'abbiano bruciato e che un ospite abbia notato qualche movimento strano, e non mi riferisco solo ai frati (parecchi impegnati nelle istituzioni cittadine quali onlus o chiese di quartiere e quindi quasi esterni al convento) ma ai gruppi di sei/sette ragazzi che dall'anno successivo la scomparsa di Cristina furono invitati a vivere in convento in attesa di capire se erano votati al culto francescano.

Ma, forse, in quel periodo ciò che si doveva fare era già stato fatto. E non lo dimostra solo la decisione di aprire le porte e dare ai ragazzi un angolo di convento in autogestione, ma anche quella, paradossale del '97, di creare al suo interno il Centro Nazionale di Spiritualità per gli scout.

Quindi il mio pensiero è che il funerale di Cristina sia stato celebrato nella piccola chiesa, esterna agli alloggi ed al resto del convento, che apre a pochi intimi il sabato alle 17 e la domenica alle 10, nel '92 e senza invitare la famiglia, e che lei da allora riposi in pace.

Leggendola per come te l'ho posta par quasi che tutti potessero entrare al convento, ma non è così in quanto solo chi era invitato (e gravitante in una certa orbita) poteva avere un suo spazio; ad esempio la madre di Cristina prima della scomparsa era nell'orbita ma poi...

Ho comunque la speranza di aver sbagliato pensiero e di trovarmi un giorno ad aver notizie diverse da quelle che ho ipotizzato. Chissà mai cosa riserva il futuro...

Massimo

Mimosa ha detto...

Storia davvero losca come dici tu, Massimo, io ammiro la forza e la fierezza della mamma ogni volta che sento parlare di questa orrenda storia. Una storia che giustamente va accostata a quella della povera Elisa Claps e che altrettanto scandalizza.
Pare allucinante la coincidenza dell’ambiente religioso omertoso di Potenza e Cesena, e speriamo non ci siano mai altri casi simili.

Anche a me sono sorti immediati dubbi sul diretto coinvolgimento di padre Lino, proprio per il suo atteggiamento tanto più che era il “padre spirituale” della ragazza e di chissà quante altre ragazze e ragazzi … Inoltre è già sconvolgente che un uomo di chiesa si metta a raccontare ciò che è coperto dal segreto confessionale ma che poi per di più menta … e il suo stesso confessore (anche i talari ne hanno uno, anche il Papa si confessa) lo avrà assolto? Qui mi vengono dei brividi … troppa gente tace.

Peccato che padre Lino sia già defunto, altrimenti si potrebbe impiantare un altro corposo dibattito sul tuo bellissimo blog.

Concludo riprendendo le parole di una tua frase «il mio pensiero è che il funerale di Cristina sia stato celebrato nella piccola chiesa e che lei da allora riposi in pace», per associarmi a questo pensiero e alla grande umanità che continui ad esprimere in tutti i tuoi scritti e, sono certa, anche nelle tue azioni quotidiane. Grazie Massimo per quello che fai e che sei.

Ciao!
Mimosa

Anonimo ha detto...

Ammettiamo che il ganese fosse l'assassino, è mai possibile che attraverso l'interpol, SE SENSIBILIZZATA A DOVERE, non si riesca a rintracciarlo?
Le ricerche NON SONO STATE PRESSATE abbastanza dalle Autorità italiane. Questa sarebbe la spiegazione più plausibile.
Se fosse stato un EVASORE FISCALE, la sola polizia italiana, e senza l'interpol, avrebbe acchiappato lui, la mogli i fratelli i cugini ed il compare di nozze.
QUESTA E' CRONACA!!!
Falco

Unknown ha detto...

Lo scrivo una ennesima volta. In questo blog non si accettano attacchi alle persone ma solo, ed in maniera educata, alle idee ed agli altrui convincimenti.

Per questioni diverse si usino altri siti.

massimo

LIA ha detto...

io tutti questi evasori fiscali perdìseguitati non li vedo proprio, anzi è il contrario