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sabato 25 febbraio 2012

Vizi privati e pubbliche virtù. L'anima bigotta dell'uomo normale si nasconde dietro la maschera della normalità


In Romagna c'è un piccolo Comune, Sarsina, conosciuto in tutta Italia sin dall'epoca dell'Impero Romano perché vi è nato  Tito Maccio Plauto... e non solo per questo. Famoso è anche il primo Vescovo della città, che, si dice, fu inviato direttamente da Dio a dimorare da eremita in una collina a due chilometri dal paese. Questi si chiamava Vicinio e soleva portare al collo un grande collare di ferro, collare a cui appendeva una catena con dei grossi pesi, una sorta di purificazione continua, una punizione materiale voluta dal santo per chiedere perdono a Dio dei peccati dell'uomo. Il "Collare di San Vicinio" esiste ancora in originale, è nella Basilica che porta il suo nome, ed ogni persona può andare e indossarlo per provare a scacciare i malefici o i cattivi pensieri del suo subconscio. Non è che ve lo mettono al collo con catene e pesi, no, voi abbassate leggermente il capo ed un frate ve lo adagia attorno alla testa senza neppure sfiorarvi. Ultimamente non è giunta voce di indemoniati arrivati a Sarsina con pullman o auto, ma si dice che anni fa alcuni "posseduti", dopo ore ed ore di urla e convulsioni all'interno della Basilica, siano stati ricondotti alla vita normale. Ed in fondo io pure sono stato aiutato da San Vicinio. La prima volta che il collare mi ha sfiorato ho divorziato da mia moglie, la seconda ho tamponato un'auto appena uscito dalla piazza della città. Non sorridete, solo a prima vista i due fatti possono sembrare il frutto di una "sfiga congenita" e non di un aiuto, ma non è così dato che se non mi fossi separato dalla mia prima moglie ora non avrei i miei bimbi. Non è così perché se non avessi tamponato in quel punto "quasi in piano", andavo ai trenta ed a causa di un difetto della vettura i freni avevano smesso di funzionare, sarei arrivato tranquillamente sulla E45, che in quella zona è formata da alti viadotti con pendenze rilevanti, e vista la velocità con cui si affronta la superstrada mi sarebbe stato facile volare di sotto.

Ma ora vi chiederete per quale motivo ho parlato di Sarsina, di una cittadina tranquilla e credente che ha il suo fulcro vitale nella piazza in cui campeggia la Basilica, di una cittadina in cui tutti si conoscono per nome e per viso, in cui la normalità è la base di ogni rapporto. L'ho fatto per agganciarmi ad un uomo che abitava lì, un uomo tranquillo, un uomo sposato che in quel nucleo pacato e cordiale faceva il meccanico. La sua vita a Sarsina scorreva senza alti né bassi, lavorava tutta la settimana, tranne il sabato e la domenica, ed aveva quale unica valvola di sfogo il venerdì sera, giorno che, nonostante avesse quasi cinquant'anni e fosse da tempo sposato, non dedicava alla famiglia ma teneva per sé. Quindi, alla fine di quel giorno, tornava dall'officina, faceva una bella doccia, consumava una cena veloce, dava un bacio alla moglie ed usciva per ricaricare le batterie, svuotate dalla noia e dalla routine quotidiana, fuori da quella città di Santi e Poeti commediografi in cui tutti lo conoscevano. 

Ora, prima di continuare, devo cambiare la scena ed abbandonare il meccanico per spostarmi a Forlì. E se vado in linea d'aria venti chilometri a nord, lo faccio per due motivi. Primo perché non può svagarsi a Cesena un cittadino di Sarsina che vuole allontanarsi dalla sua comunità, non il venerdì sera perché ovunque possa andare incontrerà di certo un amico o qualcuno che conosce. Secondo perché a Cesena non ci sono cinema a "luci rosse". Cosa c'entrano i cinema a "luci rosse"? C'entrano, c'entrano. In questo caso il cinema si chiama "Ariston" ed esiste da sempre, ma a dire il vero quando ero giovane io proiettava un altro tipo di pellicole, c'era una sala apposita nel viale della stazione per quelle particolari, però la crisi e le multisale hanno costretto i gestori a cambiare direzione. E con "i film porno" si supera quasi sempre la crisi. La gente normale va tranquillamente a svagarsi perché si trova in un luogo appartato e lontano da occhi indiscreti, tanto che nel fine settimana, all'ultima proiezione, se non è pieno poco ci manca. 

Ora torniamo al meccanico, perché venerdì 17 febbraio (che si dice in giro essere un giorno altamente sfigato) al cinema Ariston era andato anche lui. Non è una storia interessante detta così, vero? In fondo il vedere film porno è considerato dalla società un fatto assodato. In fondo nessuno più si scandalizza se scopre che il vicino di casa ne guarda uno... insomma, è un fatto capibile e non da condannare a prescindere dato che i "Rocco Siffredi" vanno abitualmente in tivù, e le signorine mediatiche del pomeriggio e della sera gli fanno festa, dato che le "Ciccioline" sono ovunque e dovunque e che le trans vanno pure all'Isola dei Famosi o a svernare nei palazzi del governo. Ma lasciamo stare perché ciò che vi sto raccontando non è come appare. Sì, è vero, il meccanico è andato al cinema per guardarsi un "film porno", ma prima di entrare in sala è passato dal bagno. Lì, fra luci fioche e pochi specchi, si è cambiato d'abito, ha indossato un vestito da donna, s'è truccato a modo e si è pure messo il rossetto sulle labbra. Poi è rientrato pronto per dar sfogo al suo vizio settimanale, quello che lo estraniava dal mondo reale e gli faceva credere di essere chi non era. Quello che lo avrebbe ricaricato per i sette giorni a seguire.

Ma la storia non finisce qui, la storia ora si fa triste perché il gestore ad un certo punto s'è reso conto che a metà proiezione le persone uscivano e se ne andavano senza finire il film. Cosa li stava convincendo a perdere le scene per cui avevano pagato? Ha aspettato ancora un po', poi quando ha visto che più nessuno usciva ha acceso le luci, è entrato in sala e si è accorto che, abbandonata e sistemata a modo su una poltrona delle ultime file, c'era una donna. No, non c'era una donna, c'era l'uomo di Sarsina vestito da donna... ed era morto. A questo punto sono arrivati i carabinieri, il magistrato, l'ambulanza e via dicendo, che hanno chiamato i colleghi della cittadina cesenate affinché avvisassero la moglie dell'accaduto. Immaginatevi lei, svegliata a quell'ora tarda ed ancora assonnata, come può aver reagito ad una notizia del genere. Erano sposati da trent'anni, si erano conosciuti giovani, e mai aveva sospettato di nulla. Ma solo inizialmente ha pensato all'abito da donna ed ai porno, perché poi s'è resa conto che suo marito, il padre dei suoi figli, non sarebbe più tornato, s'è resa conto di aver a che fare con la morte che poco s'intona alla vergogna.

In ogni caso, se è stato un fulmine a ciel sereno per la famiglia, lo è stato anche per la comunita di Sarsina (e non solo). Anche perché il paese è piccolo e la gente, si sa, mormora. Dopo questo c'è ancora da dire che il risultato dell'autopsia sarà disponibile fra un paio di mesi, si pensa ad una partita di "Viagra" proveniente dalla Cina e "tagliata male" (non acquistatene perché c'è gente che a causa di queste pasticche cinesi ci sta morendo), e per finire c'è da dire che se anche io ho scritto questo articolo stando tra il serio ed il faceto, dentro provo una enorme sensazione di schifo. Ma non la provo per quanto fatto da quell'uomo, le decisioni che ha preso quella sera erano sue così come la vita, la provo perché pare appurato che bastasse chiamare un'ambulanza attrezzata, quando lo si è visto star male, per salvargli la vita e farlo tornare dalla sua famiglia. Ma il perbenismo del popolo ha un'anima "bigotta". E quelli così non li si trova solo sulle strade del Centro, solo nelle chiese, solo in tivù quando non è presente Rocco Siffredi, li si trova anche fra quelle persone che frequentano certi locali per dar sfogo ai loro vizi e scappano quando uno di loro si sente male. Persone che per salvaguardare il loro onore fra la gente del paese fuggono nascondendosi nel buio della notte. Primo fra tutti l'uomo che stava con chi poi è morto e con lui fino a pochi minuti prima si stava divertendo. 

Ce l'ho con le persone che per evitare i pettegolezzi hanno preferito lasciar morire chi, come loro, cercava uno sfogo, un diversivo da contrapporre alla quotidianità. In un cinema "normale" tutti sarebbero accorsi ed avrebbero chiamato il 118 col cellulare. In un cinema a luci rosse, dove di certo erano presenti tanti telefonini, non solo non si è chiesto aiuto ma si è pure scappati. Una omissione di soccorso bella e buona. I gay, le trans, i giochi erotici, gli sexi shop, i giornali porno ed i cinema a "luci rosse", sono tollerati dalla società, che sopra ci lucra, ma sono considerati una vergogna e la ragione per ironizzare, anche e soprattutto dalla maggioranza che ne fa uso. Questo perché la suddetta maggioranza è formata da persone per bene, persone normali con moglie e figli a casa, persone che hanno una reputazione da difendere e che da sempre nascondono il loro segreto dietro ad una maschera fatta di bugie o fra le mura di un ufficio. Persone che per sfogare i loro istinti senza doversi giustificare chattano con le trans in solitudine davanti ad un computer. Persone che all'esterno evitano il tema e se costretti a parlarne si mostrano i più bigotti.

E quale migliore città di Sarsina poteva testimoniare questa realtà bigotta? Tito Maccio Plauto scriveva commedie basate sulle debolezze del singolo, sul popolo e sugli equivoci; commedie, come si usava un tempo, in cui gli attori erano tutti uomini ed avevano maschere che coprivano i volti. E gli attori mascherati ci sono anche oggi, anzi sono molto più di un tempo, e tutti convivono coi loro equivoci. C'è chi ha una doppia vita e vive i suoi vizi nelle bugie e nella paura di essere svergognato, c'è chi una doppia vita la vorrebbe ma vi rinuncia per mancanza di coraggio e, anche lui, vive nelle bugie evitando di fare ciò che vorrebbe perché intimorito dalla vergogna, c'è chi dice che mai farebbe certe cose, ma nel buio, anche mentre fa sesso con sua moglie, le sogna e si eccita, c'è chi una vita del genere non l'ha e non vuole averla, dice, e non si vergogna di deridere e prendere in giro chi, lui sempre lo dice, gli è diverso, ma se il suo subconscio riuscisse a parlare le sue guance diventerebbero rosse più del fuoco.

Peccato che un'altra occasione si sia persa. Peccato che quanto accaduto ci dimostri una volta di più che siamo tutti preda dell'inciviltà globale. Questo perché se in quel cinema vi fosse stata presente una sola persona civile, un uomo forse non sarebbe morto...


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5 commenti:

  1. Massimo,

    hai scritto un altro pezzo bellissimo.

    Ed è del tutto impossibile non condividere
    anche il messaggio profondo al singolo,
    all'individuo che in esso è contenuto.
    E che sprona le coscienze alla riflessione,
    e all'azione, come Persone (solleticandoci a fare emergere quella 'P' maiuscola che dovrebbe accompagnare tutti noi nel ns viaggio lungo i percorsi della vita, anche solo per mutuo vantaggio, ma che raramente appare esserci).

    Grazie,
    K@

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  2. massimo con questo articolo mi hai dato la risposta che devo a manlio su caso scazzi....è chiaro il concetto, a riguardo" se ci fosse stato almeno un civile,quell'uomo non sarebbe morto...."
    la mia difficoltà che ho sempre avuto di fare silenzio diffronte a certe vicende.......
    è vero forse non sarò io ,ne lei o qualcun altro a cambiare il mondo......eppure ho letto da qualche parte "che cambiare il mondo ,basterebbe a volte,un solo uomo".......
    del resto mi sono divertita di leggerlo articolo,le superstizioni fanno sempre un po' sorridere.....saluti

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  3. L'anima bigotta è connaturata all'essere umano ed è una delle forme più istintive arcaiche e tribali di reciproco controllo sociale: il problema non è il genere di tabù, ma il fatto che non venga permesso agli esponenti del proprio gruppo di infrangerlo.
    Ovviamente, nel caso di se stessi, chi decida di infrangere il divieto si guarderà ben bene dal pubblicizzarlo, arrivando anche ad ammazzare, direttamente o indirettamente, affinchè il tabù appaia mai infranto.
    La religione, e quale sia la religione professata, è un falso problema.
    La questione si pone a livello soggettivo, ovvero è un problema di quanto pesi sulla bilancia della propria coscienza da un lato la rivelazione dell'infrazione di un tabù, e dall'altro il provocare dolore e morte ad un altro essere umano.
    E' chiaro che detta così parrebbe ovvio scegliere per la vita altrui, in realtà alle volte accade di avere pochi secondi per decidere, la vergogna che si sappia ottunde ogni saggia considerazione, e forse la costante visione di morti ammazzati al tiggì delle venti ha abbassato la soglia del dolore relativamente al rischiare di provocare eventuali danni al cosidetto "prossimo".
    Non che possa essere una giustificazione.
    Casomai, una constatazione.

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