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Gioco del Tubolario: di Marco Marchi e Pierluigi Morosini. Genera dieci milioni di frasi in politichese
Articolo di Gilberto Migliorini
Ci sono politici che
colpiscono l’immaginazione perché riescono a parlare senza dire niente
(ciascuno ne avrà in mente uno... per carità. non ne voglio imporre nessuno come
emblema del manzoniano sciacquare i panni in Arno). I più estrosi riescono
perfino a costruire complicati collage e arditi mosaici, usando come tessere del
puzzle quel non so che di parole che sembrano davvero significare qualcosa…
oltre al rumore d’emissione della voce. Per Dio... Eppur
qualcosa deve aver detto… per quanto sembrasse solo un gioco di parole, un
nonsense, forse un rebus o una sciarada… Non è da tutti: occorre notevole
capacità di improvvisazione, talento da paroliere, perfino una vena artistica e
l’estro del contaballe. Non si tratta solo di sofismi e di eristiche, si tratta
della quintessenza del potere: l’arroganza. Naturalmente tra il dire e il fare
c’è di mezzo il mare (e di quale mare si tratti è solo questione di opinioni), c’è il nonsenso, il tergiversare, il filar via per la tangente, il dribbling
elegante, c’è il parlare per allusioni, c’è l’ellissi temporale…
Ricordo un
compagno di scuola che pur non avendo studiato la lezione, quand’era
interrogato riusciva a menare il can per l’aia anche a prezzo di estenuanti ed
enigmatiche digressioni. L’insegnante comunque gli affibbiava un quattro invece
di un due, se non altro per l’impegno e la fantasia dimostrati… l’onore delle
armi diegetiche. Il gaglioffo era davvero bravo, io gli avrei dato un dieci per
quel talento non del tutto sprecato, e la sua poteva essere un’utile esercitazione per
un futuro da politicante con tutti gli artifici dialettici e i contorsionismi
lessicali. I tempi infatti sono giunti a maturazione, perfino lo sproloquio sul
niente oggi riesce a trovare credito da parte di un pubblico entusiasta di
performances che mancano un po’ di sapore (per usare l’eufemismo del palato) ma
che sollecitano il naso, quelle emanazioni che ricordano gli effluvi odorosi
delle erbe officinali. Ciarlare di niente e far finta di aver detto qualcosa…
fa sembrare stupidi anche gli asini che notoriamente sono animali davvero
intelligenti (vedete che anch’io un po’ c’ho
‘sto talento di simulare di aver detto qualcosa di smart). Tanto più uno è bravo a creare entusiasmo parlando del
vuoto pneumatico… e tanto più suscita consenso, approvazione, simpatia,
frenesia, delirio…
Si tratta di quella dottrina zen, di quel pullulare di
particelle quantistiche perfino nel vuoto. Per l’italiano è un fatto
antropologico, riesce a reperire un senso anche quando la comunicazione è insignificante,
però ricca di quei metalinguaggi così evocativi e suggestivi: intonazione,
postura del corpo, pause, ammiccamenti, respiri… e naturalmente quel carisma
che ciascuno riconosce a fiuto (il suo personale olfatto che subodora qualcosa quando
sotto il vestito… non c’è niente). Di botto si sente che è un
politico di razza (di quale stirpe non so, ma certamente con tanto di pedigree).
Bisogna dirla tutta, l’italiano (o perlomeno la sua astrazione) lo puoi mettere
nel sacco con poco, non occorrono doti sopraffine di oratoria o capacità
dialettiche, allusioni ricercate o anfibologie, semantiche astruse o antitesi
ardite… (merito di una scuola che a forza di revisioni e riforme l’hanno
ridotta al fantasma del Louvre o all’Araba Fenice). In fondo la cultura è
soltanto un orpello, i nostri giovani vanno professionalizzati, competenze
specifiche, addestramento, praticità… concretezza. Non fa niente se quando lo scolarizzato viene assunto per un lavoro
a tempo determinato (se mai verrà
assunto, e se per buona sorte sarà per quella mansione per la quale è stato
addestrato) il mondo del lavoro è già cambiato e il poveretto si trova già
vecchio e obsoleto a vent’anni, pronto più per la pensione che per un lavoro,
incapace di comprendere la realtà che lo circonda in tutte le sue
sfaccettature, un cittadino passivo e inetto che deve solo mettere un sì e un
no sulla scheda elettorale (tanto ormai il sistema funziona così).
Non si vogliono cittadini consapevoli, si
vogliono automi indottrinati, cyborg da rottamare quando serve, parcheggiandoli
nel limbo della perenne disoccupazione, quando fa comodo, inquadrandoli nei
contratti interinali, mummificandoli nel precariato quando fa d’uopo possedere
un buon esercito di manodopera di riserva, malleabile e ricattabile con una
vita da provvisorietà in pianta stabile... E visto che si vuole porre una cura
particolare alla scuola, come nelle intenzioni del nuovo governo, perché non
ridurre di un anno la scuola superiore, incentivare la scuola privata
confessionale, fare della gioventù dei perfetti aspiranti apocalittici e integrati?
Davvero un gran bell’avvenire…
All’italiano del futuro deve bastare la battuta
(non troppo criptica, ma possibilmente sguaiata o perlomeno argutamente banale),
la barzelletta (meglio se spinta), verbi indicativi senza discorsi condizionali
o ipotetici (un’orografia troppo accidentata per un animo ingenuo e innocente è
piena di trabocchetti e di insidie, meglio andare sul piano). Niente paura, non
si tratta di fantascienza, il futuro è già qui, e da un bel po’ di anni.
L’ingegneria genetica dei governi degli ultimi lustri ha già prodotto il dna di sintesi, l’uomo nuovo, il
cittadino italico a comando, scuola e tv in sintonia educativa per trasformarlo
in una sorta di bestione vichiano, un animale per tutte le stagioni, uno da
trattare come uno zimbello, da spostare ora qua e ora là come fosse un pacco
postale. Si vuole un italiota astuto, sì, ma con l’accortezza di chi ama la
metafora calcistica con quel profluvio di sgambetti,
punizioni, gioco d’attacco o di rimessa, panchina… che sappia perfino prendere
il posto dell’allenatore, non solo a parole ma anche usando i tropi e i
traslati del calcio mercato. Altre volte si tratta di qualche incursione
pruriginosa, sessuale… qualche riferimento trasgressivo (a seconda del genere),
perfino qualche timida escursione nell’arte e nella scienza (giusto un
assaggino con riferimenti improvvisi ai massimi sistemi, alla Cappella Sistina,
alle orbite ellittiche, ed altrettanto improvvisi e repentini ritorni alla
sfera, il pallone a centro campo con l’arbitro, il moderatore di turno che va
scomparendo sostituito da un affabulatore.
Il nuovo conduttore sembra messo lì
a bella posta per dar sostegno e ispirazione a quel parlare del sesso degli
angeli e perfino dell’accoppiamento della mantide religiosa che, femminicidio permettendo come nemesi
giustiziera, decapita il maschio e, cannibalismo post nuziale, se lo mangia per
colazione. Una politica ventennale fondata su ricchi premi e cotillon ha sfornato il golem di argilla come fosse
una pagnotta da portare in tavola insieme al companatico, l’italiano ‘vero’ certificato con codice fiscale e risata
a comando. Un rosario di stereotipi, di pensieri già scodellati e pronti per
essere indossati, di modelli all’ultima moda con l’imprimatur del maître à
penser del momento. La scuola dei decreti delegati, quella degli organi
collegiali, ha prodotto il miracolo della transustanziazione: l’italiano è
stato trasformato in un ectoplasma, un ibrido, un incrocio, un italiota piccolo
piccolo, il burattino di Collodi, abbastanza miniaturizzato da poter passare
per il buco della serratura senza nemmeno usare la chiave. La sua voce è
diventata un sospiro, un fischio da enfisema polmonare, il verso sottile e
inudibile di un insetto. Il nuovo attore protagonista (il politico organico) è
invece emerso dal canale del parto come lupus in fabula, un perfetto e
ineguagliabile paroliere che da un lato volteggia sul piano discorsivo (parole
in libertà magari con la suggestione dei buoni sentimenti e dello stereotipo
condito di esilaranti luoghi comuni) e dall’altro sul piano effettuale e
sostanziale (quello che non sai mai bene dove vada a parare, cosa avviene
davvero dietro le quinte dello spettacolino messo su ad usum delphini ).
Sul palcoscenico si può parlare
magari del tempo… motteggiare e metaforeggiare, istruire nominalismi vuoti inarcando solo leggiadre fantasie e pseudoconcetti (il
vantaggio innegabile dell’ubiquità, del trovare sempre una via di fuga a
qualsiasi obiezione, contestazione, rilievo, smentita…). Se non si è detto
alcunché è ben difficile essere presi in castagna. Si possono dire banalità
commoventi da far ridere gli stupefatti spettatori fino alle lacrime, asserire
ovvietà da scatenare un pianto commosso
e liberatorio, consapevoli che un sant’uomo si è materializzato finalmente
davanti ai suoi ferventi supporter e benedice a destra e a manca con un’aria
ispirata, un Savonarola fustigatore di costumi corrotti ma pronto a qualsiasi
compromesso. Per venir contestati occorre produrre qualche consequenzialità
oggettiva, non solo l’indeterminazione sfuggente del dire per non dire o
dell’asserire il non asserito… Il nuovo stile pare davvero emblematico: sembra
di trovarsi ad ascoltare parole che più che evocare immagini sollevano ondate
di odori, effluvi, sentori, olezzi… il metalinguaggio con il quale si può dire
di tutto senza dire niente: o comunque dire qualcosa di abbastanza vago da
poter esser ridetto, ritrattato e riqualificato, insomma rettificato. Ma sia
chiaro che ogni riferimento a persone o a fatti reali è puramente casuale.
Un paese nel quale la
corruzione è ovunque, dove niente è trasparente, dove il malaffare è stato
elevato a sistema normale, ubiquo, razionale, concettuale… la parola svincolata
dall’essere diventa onnipotente e serve ad annacquare, confondere, occultare,
tergiversare, illudere e decedere. Che altro ci si può aspettare quando un
mondo comincia a franare sotto le menzogne? Che qualcuno lo puntelli come si è
sempre fatto? Stavolta si vuole usare il bulldozer senza sapere dove veramente
si stia andando a parare, solo con quella leggerezza di un elefante in una
cristalleria. Stavolta potrebbe davvero venir giù tutto, soavemente,
distrattamente, senza nemmeno far rumore: tanto chi ci fa più caso a qualche
crollo pompeiano. Per l’eruzione vesuviana c’è ancora tempo! Gli zelanti
riformatori sembreranno come dei boy scout costernati dopo aver bruciato il
bosco per via di un focherello sfuggito di mano? No, sono iniziatori, esploratori, dissodatori,
demolitori ‘specializzati’. Sanno
quello che fanno? Ovviamente no: ma in fondo è così bello mettersi alla prova! E
se il gioco non funziona? Ci sono i tempi supplementari, i calci di rigore e
come ultima ratio... perfino la monetina!
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2 commenti:
Ci tengo a precisare che ho solamente la seconda elementare e poca dimestichezza con le parole scrivo quello che penso senza pretese cercando di raccontare le esperienze fatte nell'arco della mia vita, giuste o sbagliate che siano ripudiando ogni forma di violenza. In quanto alla Storia io l’ho appresa dal libro della vita cercando di descriverla con le parole di un ignorante di 74 anni. Verità semplici non le verità taroccate dei politologi e degli storici che dicendo e scrivendo falsità nascondono i fatti realmente accaduti creando ignoranza. Come possono raccontare la realtà di quei fatti che in gran parte non hanno vissuto se non col sentito dire? Come avveniva nei racconti degli eroi della mitologia man mano che venivano raccontati si amplificavano tanto da sembrare novelle più che Storia da tramandare ai posteri. Per quanto riguarda la Storia più recente potreste chiedere ai sopravvissuti del ventennio fascista e della seconda guerra mondiale. Ebbene, confrontando lo scritto col raccontato conoscereste la vera Storia vissuta dal Popolo. Vi do un consiglio. La Storia ricercatela dal basso, dalla gente più umile che è stata sempre la più vicina alla realtà dei fatti storici. Altrimenti dalle falsità verrà scritta una nuova Odissea. Per questo io penso che la falsità crei solo ignoranza, l’ignoranza genera violenza e danni al Popolo.
ps Ho lavorato per 18 anni alla stazione di Santa Maria Novella di Firenze ciò che descrivo nel post è verità il tutto rispecchia la nostra società e ciò che saremo.
Anime sospese
le ho viste aggirarsi in tutte le stazioni in cerca della loro identità perduta.
Vita vissuta ai margini della dignità imposta da una società malata priva d’amore verso i più umili
che stanchi di lottare si sono arresi assistendo impassibili a quella vita che non gli appartiene più.
Vita ricercata nella folla frettolosa schiava del tempo che passa veloce come fossero automi
Taluni offrono una moneta tenendo in vita queste anime sospese condannate a fare da specchio a tutta l’umanità. VITTORIO
Bello il tuo commento Vittorio, hai colto in profondità, senza retorica e senza falsi pudori. Un po' disilluso ma anche determinato a non arrenderti alle menzogne. Grazie per i tuoi interventi che aggiungono sempre qualcosa al mio articolo con il senso dell'umana solidarietà e della critica ai falsi moralismi.
Ciao
Gilberto
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