Di Gilberto Migliorini
Questo accade per un maggiore impegno degli investigatori e
dei magistrati di fronte all’impressione che
il delitto suscita nel Paese? O invece si tratta della necessita di dar
sollievo al ‘disagio’ e alla ‘sofferenza’ che salgono dal corpo
sociale? Certo il ‘grido di dolore’
della pubblica opinione, così ben
amplificato da tutto l’apparato mediologico, può ben fare il miracolo di
individuare comunque il responsabile di un delitto...
Non c’è dubbio che la
giustizia sia anche un instrumentum regni - soprattutto nei periodi di crisi e allorquando il sistema politico ha bisogno
di compensazioni e valvole di sfogo per suscitare consenso o perlomeno per
riuscire ad allentare e scaricare le tensioni che si accumulano in un Paese
dove si agitano contraddizioni e squilibri sociali. Il caso giudiziario con un
colpevole più o meno certo e plausibile (o inventato di sana pianta) funge
appunto da valvola di sfogo. Se c’è un delitto efferato (e la sua misura è anche
in ragione del clamore soprattutto di stampa e televisione) un processo si deve
pur fare... Si tratta di una verità lapalissiana!
L’idea che un delitto debba
risultare impunito fa a pugni con l’esigenza da un lato di una giustizia efficiente, senza bisogno di ulteriori
specificazioni, e dall'altro con quello di dare una risposta a un’opinione
pubblica folgorata e sconvolta...
La palude mediatica, talvolta più che assetata di diritto e legalità, è spesso alla ricerca di un capro
espiatorio e di qualcuno sul quale convogliare frustrazioni e delusioni a lungo
represse. Il meccanismo è noto, ma viene rimosso soprattutto quando non è d’uopo
ricordarne la natura peculiare che
richiama alla mente le plebi che si sollazzavano alle teste che rotolavano giù
dalla louisette. Quello della
giustizia è spesso solo un pretesto per dar sfogo a recriminazioni tenute in
sordina e consentire l’abreazione delle ansie e dei traumi sociali in forme
sostitutive e simboliche. L’incriminazione di un imputato costituisce una sorta
di riparazione a uno stato di prolungata sofferenza di un corpo sociale che
vede attorno a sé - in modo vago e indiscernibile - un accumulo di soprusi
e vessazioni da parte di un sistema dove corruzione
privilegi e impunità sono la regola.
Questo vale sia per i sistemi
totalitari tout court, ma anche per quelle forme di governo cosiddette
democratiche nelle quali le ingiustizie e gli squilibri sociali creano
contraddizioni e rivendicazioni un po’ in tutta la piramide sociale. Il sistema
giudiziario rischia allora di agire in funzione di una conferma di colpevolezza
a prescindere, in quanto costituisce la giustificazione di un processo
fantasmatico per il quale la pubblica opinione scarica le tensioni accumulate attraverso
gratificazioni e compensazioni sostitutive.
È pur vero che esistono anche gli innocentisti, ma talvolta si tratta di un
fenomeno speculare, una sorta di formazione reattiva o semplicemente dello
sfogo contro un sistema arbitrario e
iniquo.
Perché si porta qualcuno a processo anche in assenza di prove e con quella formula
passepartout che recita: ‘su base
indiziaria’?
Da decenni nel nostro ordinamento si può accusare con quella latitudine
interpretativa che considera alcuni fatti come indizi sufficienti per promuovere un processo nei confronti di un
sospettato. Ed allora, visto che nel processo inquisitorio non è importante che l’accusa abbia
precisi e circostanziati motivi di addebito, dato che è l’inquisito a dover dimostrare la sua estraneità ai fatti, questo significa che processo indiziario e sistema
inquisitorio sono le due facce di una stessa medaglia! Quella di un sistema
giudiziario che si fonda sul libero convincimento dei magistrati in procedimenti di indagine che nel caso rimangono fondamentalmente ed essenzialmente soggettivi...
La carcerazione preventiva costituisce
poi, anche in assenza di una confessione e/o di un arresto in flagranza di
reato, una sorta di premio emblematico e di gratificazione per un’opinione
pubblica che ha bisogno di dare consistenza ai suoi percorsi fantasmatici e
alle sue esigenze di riparazione e indennizzo per gli eventuali torti subiti
sul piano sociale. L’imputato in attesa di giudizio non solo deve rimanere in
carcere, ma sperimentare già in quella fase interlocutoria la pena della
sottrazione della libertà, della gogna e del disprezzo sociale. L’altra formula
passepartout ‘pericolo di reiterazione
del reato’ viene sempre più spesso utilizzata anche nei confronti di
incensurati in attesa di giudizio, dove il pregiudizio di colpevolezza, ancor
prima del processo costituisce spesso una sorta di implicita sentenza anticipata.
Ormai nel nostro
sistema giudiziario appare del tutto normale che le contestazioni avvengano sulla base indiziaria che dovrebbe
riguardare esclusivamente l’investigatore che - seguendo il filo degli indizi -
o perviene alla prova (e in tal caso ci sarebbe una precisa e circostanziata
contestazione di addebiti dei quali eventualmente
la difesa cercherà di dimostrare l’inconsistenza), o non perviene a niente, ma
allora non si dovrebbe portare il sospettato a processo riconoscendo che non
esistono elementi oggettivi. A nulla vale la constatazione che di fronte all'inefficienza
dei sistemi di controllo e prevenzione del crimine occorre essere severi. La
severità di per sé non significa giustizia
e spesso è solo un alibi per nascondere manchevolezze, incompetenze e fumosità.
La formula aberrante ormai in uso è che la
prova si forma nel dibattimento, non già che la prova si porta in
dibattimento per dimostrarne eventualmente l’inconsistenza e l’errore o
viceversa l’impossibilità per la difesa di riuscire a contestarne
l’infondatezza.
Il processo diventa il luogo magico dove l’indizio con qualche abracadabra si trasforma in prova, non
l’ambito dove gli elementi probatori emergono semplicemente nella loro
chiarezza evidenza e consistenza, nel procedimento deduttivo ricavato da fatti
e non da opinioni.
Va da sé che una volta
individuato un possibile responsabile di un evento delittuoso, indizi se ne
possono trovare a iosa. Il fatto stesso di essere messo sotto la lente degli inquirenti
comporta per chicchessia di doversi giustificare anche per quei fatti dei quali
non esiste una spiegazione univoca: perché
eri lì, perché sei andato là, perché quel segno indica la tua presenza? Basta
fare un esperimento mentale per scoprire che di tanti nostri comportamenti - se
mai fossimo gli inquisiti - non sapremmo sempre dare una motivazione o una
giustificazione plausibile. Il semplice sospetto è in grado di buttare una luce
sinistra su comportamenti che altrimenti non avrebbero alcuna rilevanza. Il semplice
contesto di un riferimento indiziario è in grado di derubricare anche i fatti
più insignificanti come lemmi e corollari di una ipotesi che si alimenta
attraverso un gioco di rimandi e suggestioni. La prova è un’altra cosa e non fa
riferimento semplicemente a un Dna o a un veicolo che circola su una strada, ma
a un sistema circostanziato di elementi non suggestivi e non isolati non collegati da soli nessi arbitrari o forzature teorematiche.
D’altro canto un possibile imputato risulta un’occasione troppo appetibile per un sistema che ha bisogno di un colpevole da dare in pasto all'opinione pubblica e per ottenere una ricaduta di immagine e di prestigio. I casi che fanno clamore mediatico sono una vetrina per tutto il sistema istituzionale e informativo che mette a punto gli slogan e i moduli di comunicazione rispetto a un’opinione pubblica da istruire e ammaestrare. Le istituzioni nel loro complesso non traggono il massimo di beneficio da casi anonimi o di basso profilo, dove la giustizia colpisce malcostume e inefficienza, la rete di collusioni, le complicità e le sistematiche violazioni che rappresentano il malaffare in tutte le forme e a tutti i livelli. Lo traggono dai casi eclatanti che colpiscono la fantasia dell’opinione pubblica, quegli eventi mediatici che servono per testare procedimenti logici e forme di consenso basate sulla suggestione e dove la scienza è sovente solo uno specchietto per le allodole.
Si confonde il dato ricavato con i metodi quantitativi, con il procedimento deduttivo che riguarda non già il laboratorio (che rimane neutrale) ma il procedimento inferenziale che è alla base di qualsiasi sistema investigativo. Sempre che non si tratti di deduzioni apparenti che fanno comodo quando si tratta di ingozzare l’utenza dei proverbiali pseudo-sillogismi con i quali dimostrare tutto e il suo contrario.
I casi giudiziari mediatici
sono davvero un’officina importante per mettere a punto strategie comunicative
e testare l’efficienza dei modelli di persuasione e la fedeltà di fiancheggiatori
e collusori. L’informazione può creare un colpevole (o un innocente) attraverso
forme di comunicazione in grado di orientare un’opinione pubblica permeabile
agli slogan.
Gli strumenti concettuali utilizzati sono spesso proprio quelli desunti dal sistema propagandistico che implementa surrettiziamente le forme persuasive e i criteri di giudizio. I media sono parte integrante del sistema del consenso, verifica della rispondenza di uno stile comunicativo in grado di suscitare risposte emozionali e istituire modalità di ragionamento più o meno illusorio e decettivo. Il sistema informativo consente di simulare e testare strategie comunicative che potranno poi, dal versante cold case, essere utilizzate come veri e propri modelli di riferimento nella comunicazione politica e sociale per promuovere il consenso utilizzando quelle forme argomentative cariche emotivamente e ricche di pathos viscerale.
Gli strumenti concettuali utilizzati sono spesso proprio quelli desunti dal sistema propagandistico che implementa surrettiziamente le forme persuasive e i criteri di giudizio. I media sono parte integrante del sistema del consenso, verifica della rispondenza di uno stile comunicativo in grado di suscitare risposte emozionali e istituire modalità di ragionamento più o meno illusorio e decettivo. Il sistema informativo consente di simulare e testare strategie comunicative che potranno poi, dal versante cold case, essere utilizzate come veri e propri modelli di riferimento nella comunicazione politica e sociale per promuovere il consenso utilizzando quelle forme argomentative cariche emotivamente e ricche di pathos viscerale.
Come un tempo quando le plebi assistevano sulla pubblica piazza all'esecuzione o alla tortura di qualche
imputato, non importava se colpevole o innocente, anche oggi quello che funge
da innesco di interesse verso un caso giudiziario nella pubblica opinione, più
che del senso di giustizia sembra rappresentativo della proiezione fantasmatica
dei vissuti e dell’esigenza di offrire riparazione a un tessuto sociale carico
di contraddizioni e di lacerazioni. Poco importa se l’imputato sia davvero il
colpevole o semplicemente qualcuno che abbia avuto la sventura di essere indicato
come responsabile di un delitto. L’opinione pubblica agisce sovente - soprattutto se il caso è diventato mediaticamente
e suggestivamente eclatante - per una
sorta di pulsione irrazionale ed emozionale, facendo dell’impulso e della prima
impressione l’elemento di giudizio senza por mente locale e senza valutare alla
luce di una conoscenza critica e di una disamina approfondita.
Il magistrato non sempre è
consapevole di essere un tassello importante della legittimazione politica, sia
strumentalmente che ideologicamente. L’idea della toga come torre d’avorio di
giudizio autonomo e di imparzialità è più che altro l’illusione esteriore che
il giudice sia svincolato dai condizionamenti psico-sociali che costituiscono
il contesto culturale di un paese, sia in senso storico e sia in senso
antropologico. Tutte le simbologie esteriori, toghe parrucche ed ermellini, che nella storia hanno punteggiato la
giustizia con orpelli più o meno grotteschi, sono l’alibi e la mera difesa e
paludamento rispetto a quei processi di influenza sociale che agiscono
surrettiziamente e orientano il giudizio. La separazione dei poteri è solo lo
slogan di un sistema dove le connessioni invisibili sono rappresentate non già
dai procedimenti formali (sempre di maniera e convenzionali) ma da quei processi
di legittimazione, di prestigio e di consenso nei confronti di un’opinione
pubblica che rappresenta sia il target che il referente.
La palude mediatica è il trait d’union tra i vari poteri, insieme il mezzo e il fine di quei procedimenti giudiziari che hanno come obiettivo vuoi il consenso dell’opinione pubblica e vuoi il suo controllo sotto forma di ammaestramento, compiacendone l’emotività e le passioni. I casi giudiziari più clamorosi e montati ad arte dal sistema politico-giudiziario-informativo, rappresentato un’occasione importante per manovrare e dirigere il corpo sociale e per imprimervi le opportune forme ideologiche e propagandistiche. La separazione dei poteri è solo una formula retorica, il vuoto simulacro di un sistema integrato sotto forma di stereotipi culturali e modelli antropologici, soprattutto di quelle consorterie e corporazioni invisibili che attraversano tutti gli strati sociali.
Paradossalmente proprio i casi eclatanti servono poi a passare in sordina quegli altri casi dove malcostume, corruzione, dolo e inefficienza nella pubblica amministrazione, nelle professioni e nei colletti bianchi rappresentano il tessuto malato di un Paese dove gli imputati spesso la fanno franca o non vengono nemmeno sfiorati dal contenzioso perché possono contare su protezioni e connivenze, e, comunque, su una giustizia che non sempre è disposta a porsi in conflitto con un sistema consolidato di pesi e contrappesi.
La palude mediatica è il trait d’union tra i vari poteri, insieme il mezzo e il fine di quei procedimenti giudiziari che hanno come obiettivo vuoi il consenso dell’opinione pubblica e vuoi il suo controllo sotto forma di ammaestramento, compiacendone l’emotività e le passioni. I casi giudiziari più clamorosi e montati ad arte dal sistema politico-giudiziario-informativo, rappresentato un’occasione importante per manovrare e dirigere il corpo sociale e per imprimervi le opportune forme ideologiche e propagandistiche. La separazione dei poteri è solo una formula retorica, il vuoto simulacro di un sistema integrato sotto forma di stereotipi culturali e modelli antropologici, soprattutto di quelle consorterie e corporazioni invisibili che attraversano tutti gli strati sociali.
Paradossalmente proprio i casi eclatanti servono poi a passare in sordina quegli altri casi dove malcostume, corruzione, dolo e inefficienza nella pubblica amministrazione, nelle professioni e nei colletti bianchi rappresentano il tessuto malato di un Paese dove gli imputati spesso la fanno franca o non vengono nemmeno sfiorati dal contenzioso perché possono contare su protezioni e connivenze, e, comunque, su una giustizia che non sempre è disposta a porsi in conflitto con un sistema consolidato di pesi e contrappesi.
Senza poi considerare la spesa astronomica per portare a processo l’illustre presunto criminale di un caso mediatico - che poi magari risulterà innocente - mentre il budget per perseguire politicanti corrotti, magnaccia, evasori, imbroglioni, estorsori, avrà un suo ridimensionamento per dare al caso più eclatante mediaticamente il ‘giusto rilievo’ nella vendita delle notizie, nella ricaduta di immagine di tanti professionisti (della politica e non) e nella sociologia delle emozioni di un pubblico da blandire e ammansire.
Un tempo si trattava di quella
gogna o tortura sulla pubblica piazza che faceva la gioia delle plebi con lo
spettacolo cruento di ingegnosi sistemi di supplizio. L’inquisizione
rappresentava (e ancora rappresenta nel mondo) un sistema basato sulla tortura.
Nell'immaginario collettivo la tortura è indicata emblematicamente da quegli strumenti tecnici atti a produrre sofferenza, usanza del passato e/o in determinati paesi nel presente, pratica razionalizzata che i poteri secolari ed ecclesiastici infliggevano (e infliggono) in conformità ideologica col contesto storico e geografico. Strumenti come la vergine di ferro di Norimberga, la mannaia, la ghigliottina, la garrotta, lo spezzamento con la ruota, la gatta di scorticamento, lo schiacciatesta, lo spaccacrani, il ceppo della pubblica gogna, la gogna in botte, il banco di stiramento, la sedia inquisitoria, la pera orale, rettale e vaginale, le pinze roventi, le maschere d’infamia… sembrano rimandare a epoche o luoghi che non ci appartengono più, solo perché sostituiti da versioni modernizzate e sublimate. La sofferenza - prima esteriorizzata con l’immagine emblematica dello strumento acuminato o affilato - ora ha assunto il carattere più sfumato e invisibile della tortura mentale, della riprovazione sociale e soprattutto della sistematica distruzione della dignità personale. In Orwell 1984 abbiamo già l’esemplificazione di una procedura che porta - semplicemente agitando una minaccia (la tortura dei topi) - alla completa e totale sottomissione dell’imputato di un ‘delitto’ talvolta solo di natura ideologica.
Le moderne tecniche di condizionamento non hanno bisogno dei medioevali sistemi di tortura per assoggettare e produrre dolore. In certo senso i sistemi attuali possono contare su procedure che assicurano sofferenze più prolungate e in grado di suscitare angosce e deliri che si protraggono nel tempo, indefinitamente. Nel ‘Processo’ di Kafka la fase preliminare e l’angosciante premessa - come appunto in un sistema giudiziario come il nostro dove l’imputato permane in una lunga attesa di giudizio - è già di per se stesso il supplizio e la tortura, soprattutto per chi risulterà del tutto innocente o estraneo ai fatti. Il procedimento giudiziario è poi tanto più lungo quanto più il sistema indiziario è fumoso e inconsistente, in costante ricerca di prove che non possiede ancora, ma costituisce l’endorsement e la compensazione dei traumi sociali diluito nel tempo per un’opinione pubblica che in un surrogato di giustizia trova un appagamento sostitutivo. È appunto il segno di una modernità che non ha più bisogno di eclatanti diavolerie tecnologiche per infliggere sofferenza, tutto avviene in quella forma sublimata e apparentemente neutrale dove l’imputato è spogliato da ogni dignità di persona e tenuto in un limbo di angoscia e incertezza.
Nell'immaginario collettivo la tortura è indicata emblematicamente da quegli strumenti tecnici atti a produrre sofferenza, usanza del passato e/o in determinati paesi nel presente, pratica razionalizzata che i poteri secolari ed ecclesiastici infliggevano (e infliggono) in conformità ideologica col contesto storico e geografico. Strumenti come la vergine di ferro di Norimberga, la mannaia, la ghigliottina, la garrotta, lo spezzamento con la ruota, la gatta di scorticamento, lo schiacciatesta, lo spaccacrani, il ceppo della pubblica gogna, la gogna in botte, il banco di stiramento, la sedia inquisitoria, la pera orale, rettale e vaginale, le pinze roventi, le maschere d’infamia… sembrano rimandare a epoche o luoghi che non ci appartengono più, solo perché sostituiti da versioni modernizzate e sublimate. La sofferenza - prima esteriorizzata con l’immagine emblematica dello strumento acuminato o affilato - ora ha assunto il carattere più sfumato e invisibile della tortura mentale, della riprovazione sociale e soprattutto della sistematica distruzione della dignità personale. In Orwell 1984 abbiamo già l’esemplificazione di una procedura che porta - semplicemente agitando una minaccia (la tortura dei topi) - alla completa e totale sottomissione dell’imputato di un ‘delitto’ talvolta solo di natura ideologica.
Le moderne tecniche di condizionamento non hanno bisogno dei medioevali sistemi di tortura per assoggettare e produrre dolore. In certo senso i sistemi attuali possono contare su procedure che assicurano sofferenze più prolungate e in grado di suscitare angosce e deliri che si protraggono nel tempo, indefinitamente. Nel ‘Processo’ di Kafka la fase preliminare e l’angosciante premessa - come appunto in un sistema giudiziario come il nostro dove l’imputato permane in una lunga attesa di giudizio - è già di per se stesso il supplizio e la tortura, soprattutto per chi risulterà del tutto innocente o estraneo ai fatti. Il procedimento giudiziario è poi tanto più lungo quanto più il sistema indiziario è fumoso e inconsistente, in costante ricerca di prove che non possiede ancora, ma costituisce l’endorsement e la compensazione dei traumi sociali diluito nel tempo per un’opinione pubblica che in un surrogato di giustizia trova un appagamento sostitutivo. È appunto il segno di una modernità che non ha più bisogno di eclatanti diavolerie tecnologiche per infliggere sofferenza, tutto avviene in quella forma sublimata e apparentemente neutrale dove l’imputato è spogliato da ogni dignità di persona e tenuto in un limbo di angoscia e incertezza.
La tortura non esige
particolari procedure e neppure raccomanda mezzi specifici. Far soffrire è sì
una forma di punizione, ma anche quel piacere sadico che caratterizza l’essere
umano e lo differenzia dagli animali. Il patibolo non è solo quello che viene innalzato
sulla pubblica piazza, non è solo quello dove la massa fiuta la carne umana
arrostita, ma anche quello virtuale dell’etere dove la sete di sangue è
sostituita da quel piacere morboso di infliggere dolore anche attraverso il
discredito sociale e l’accusa infamante. Se l’eretico mutilato sul banco dei
supplizi un tempo faceva professione di fede per non procrastinare il tormento,
oggi si può perfino estorcere una confessione agitando uno sconto di pena o
scegliendo una scorciatoia nel giudizio. C’è davvero molta più continuità nella
logica della giustizia di quanto si creda. In tutte le culture il capro
espiatorio rappresenta un modello di interazione sociale che si nutre di
stereotipi e di scorciatoie culturali, procedimenti mentali e stati emotivi
ricorrenti.
Il caso Bossetti, last but not least, è la dimostrazione di
un sistema giudiziario che al di là delle apparenze e delle garanzie
costituzionali di facciata conserva tutti gli elementi di un sistema
inquisitorio basato sulla moderne tecniche di tortura senza (quasi) i suoi caratteri
tipici codificati e razionalizzati?
Tutti abbiamo visto il
carpentiere di Mapello stremato dalla fatica per il lavoro in cantiere, braccato
come in certi film polizieschi come una sorta di animale, ammanettato e immobilizzato
come bestia pericolosa, ridotto a uno stato di dolorosa contenzione: spettacolo
didascalico davanti ai colleghi e all'occhio delle telecamere, il moderno
patibolo e la gogna a la page. Si
badi, non un uomo colto con le mani nel sacco, in flagranza di reato, in
qualche atto equivoco e pericoloso per gli altri. Un uomo innocente fino a
giudizio definitivo intento nel suo lavoro così come i giorni, le settimane, i
mesi e gli anni passati senza precedenti penali e senza neppure un’arma o
un oggetto atto ad offendere.
Troppo poco spettacolare e molto controproducente convocare il muratore in una qualsiasi questura della bergamasca. Fatto eventualmente e pericolosamente indicativo di innocenza, se ci fosse andato
tranquillamente magari pensando a qualche multa o a un problema di natura
fiscale. Tortura fisica e soprattutto morale quella di un uomo che d’improvviso si
trova legato e ammanettato prima ancora di conoscere i capi di imputazione e che gli siano elencati i suoi diritti. Tutto questo con
l’encomio del ministro e l’indifferenza (anzi con l'accondiscendenza) della maggior parte della stampa. Le
costituzioni o sono troppo vaghe o abbastanza elastiche da poter essere
interpretate liberamente…
La collettività che trova
finalmente motivo di soddisfazione e tira un respiro di sollievo per un
criminale finalmente assicurato alla giustizia, vede il dito e non vede la
luna. Il dito è sporco e screpolato, quello di un muratore, la luna è quel
sistema inquisitorio, una prodigiosa macchina dai mille ingranaggi dove chiunque
- in condizioni ‘favorevoli’ - ci
potrebbe finire, da colpevole... ma anche da innocente.
Sulla famiglia del muratore è
poi stata costruita una sceneggiatura - con tanto di particolari pruriginosi - mantecando le notizie a inchiodare, si dice così, il presunto assassino. Uno di
quei copioni dove il sillogismo segue le orme di una psicoanalisi da boudoir, perché è ovvio che i problemi
di coppia si risolvono sequestrando e uccidendo una minorenne... secondo il sillogismo che se uno è
tradito dalla moglie (e sempre che sia vero) per forza di cose diviene
pedofilo, violentatore e assassino. In fondo sì, tutto può rientrare nel
movente di un delitto proprio come nei processi alle streghe e agli untori.
Possedere un gatto nero e lo specifico per tosse e reumatismi erano un tempo i segni rivelatori della fattura e del sortilegio. La libera interpretazione consente di sillogizzare con grande fantasia e libero convincimento dell’inquisitore.
Possedere un gatto nero e lo specifico per tosse e reumatismi erano un tempo i segni rivelatori della fattura e del sortilegio. La libera interpretazione consente di sillogizzare con grande fantasia e libero convincimento dell’inquisitore.
In fondo è vero, mutatis mutandis la storia si ripete in
modi e forme che dissimulano l’essenza invariante di categorie mentali che si
riproducono per clonazione. Gli apologeti del sistema inquisitorio troveranno
sempre giustificazioni e razionalizzazioni per il carcere preventivo (anche per
chi si proclama innocente ed è incensurato) e financo per la tortura...
Clicca qui per leggere tutti gli articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
Homepage volandocontrovento
Ma per
carità non chiamiamola più così. Oggi ci sono eufemismi adatti a trasformare
perfino il banco di stiramento in un letto comodo e rilassante…
Clicca qui per leggere tutti gli articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
Homepage volandocontrovento
230 commenti:
«Meno recenti ‹Vecchi 201 – 230 di 230Da un link postato da Maddalena:
"Il punto di svolta risale allo scorso 13 giugno, quando il test del Dna identifica in Ester Arzufi, 67 anni, la madre di «Ignoto 1»".
Di quale dna si parla?
Non si è sempre sostenuto che il dna indicante MGB come l'autore dell'assassinio di Yara, non conteneva quello mitocondriale, segnalante la discendenza materna?
A questo punto perdo l'orientamento.
Chi potrebbe favorirmi un chiarimento?
Grazie, Pino
Pino
L'ho scritto alcuni commenti fa in calce a questo articolo.
A febbraio 2014, in pratica allo scadere dei termini di archiviazione del caso, hanno fornito a Previderè e Grignani 532 campioni biologici (tamponi buccali) di presunte madri di Ignoto1 tra i quali quello dell'Arzuffi, miracolosamente sfuggito alle analisi e apparentemente tenuto in un cassetto per più di un anno e mezzo.
Per accelerare le analisi, segno che vi era una certa fretta da parte degli inquirenti, la Grignani decise di cercare in quei 532 campioni un particolare allele raro che credo proprio sia quello 26 del locus STR SE33, cioè del DNA nucleare. A tal fin mise a punto uno specifico saggio per effettuare la scrematura in tempi "molto rapidi".
Ed ecco allora che tra le 532 donne solamente una (o due come aveva scritto Massimo tempo fa) possedeva quell'allele raro nel proprio DNA nucleare.
A quel punto fecero un test di comparazione/maternità completo sul DNA nucleare arrivando alla conclusione che Ester Arzuffi era con elevatissima probabilità la madre di Ignoto1.
Peccato che se questa comparazione è stata fatta solamente il 13 giugno, il saggio "rapido" della Grignani va a farsi benedire e piuttosto potrebbe essere definito un saggio "molto lento" tipo treno locale.
Ma il 13 giugno come data è scritta solamente in alcuni articoli di stampa (amica della Procura) ma in nessun atto ufficiale ed allora bisogna domandarsi come mai hanno voluto raccontarci questa bella storia.
PINO
la tua è una domanda che mi sono posto anche io
Se il mtDNA della cellula di Ignoto 1 non coincide con quello dell'Arzuffi, con quale accidenti di magheggio sono riusciti a stabilire la linea materna ? di chi è quel mtDNA ?
TommyS ne da una spiegazione ( la ricercatrice che "scopre" l'allele raro ) che però non mi convince forse perchè non l'ho capita.
Enrico e Pino
OK, mi arrendo.... :)
No no! TOMMY/S
Non "disarmare" in questo modo.
Sarebbe come cedere solo alla testardagine.
Posso assicurarti che tale "prerogativa" è aliena al carattere di chi in questo momento è tuo interlocutore.
Il mio disorientamento, ed i dubbi di Enrico sono sinceri: non velano alcun sarcasmo.
Non possiamo affermare, ad ogni modo, che le cose siano state rese più chiare, nonostante la tua costante buona volontà nel dettagliare alcune delle più importanti sequenze di lavoro in laboratorio, e quelle notizie che ci pervengono a spizzico dall'informazione pubblica.
Grazie, comunque, per la gentile risposta.
Cordiali saluti, Pino
Certo, è giusto chiedersi di chi era quel mitocondriale smarrito e orfano di nucleo. Se avete ascoltato il video in cui il prof. Capra parla a Radio Padania, saprete che sui vestiti di Yara furono trovate le tracce di 11 persone. Solo sui vestiti, non sul corpo. Ma gli investigatori si sono concentrati sulla traccia più consistente, anche per la posizione delicata in cui si trovava, accanto al taglio degli slip.
Probabilmente hanno escluso che l' mtDNA estraneo fosse del killer perché il DNA mitocondriale è molto resistente, quindi poteva trovarsi già sugli slip di Yara prima della sera del delitto. E va bene. Ma allora, perché non c'era il DNA mitocondriale di Bossetti?
Dato che in ogni cellula completa c'è un solo nucleo e qualcosa come 2000 mitocondri, fra l'altro più resistenti dei nuclei alle avversità ambientali, non è possibile trovare solo nuclei in una macchia di natura organica. Mi pare lapalissiano. Anche se molte cellule fossero rotte e incomplete, la parte mitocondriale non potrebbe mancare completamente. Resiste per anni, si trova perfino nei corpi bruciati.
Possiamo discutere del campo di Chignolo e dei vestiti, ma il vero problema resta sempre questa anomalia.
A tutti quelli che ripetono come un mantra "Il DNA non vola!" risponderei: eh no, nel caso di Bossetti vola eccome...volano addirittura i mitocondri!
Buona notte
Nautilina
Avevo letto, in qualche articolo, che a Pierangela Grignani era già scaduta la borsa di studio quando è riuscita a mettere a punto il metodo per velocizzare il lavoro da compiere sui campioni di dna: invece di analizzare tutto il profilo genetico di ogni campione , aveva cercato soltanto quel particolare allele e la ricercatrice era rimasta nel laboratorio, per ultimare tale lavoro, benché non venisse più remunerata economicamente.
Insomma, credo siano stati proprio la Grignani e Previderè a rimediare all'errore commesso da chi aveva intilmente comparato il dna mitocondriale delle 532 provette con il dna mitocondriale di Yara.
Appena qualche minuto prima che decidesse di "arrendersi"...per stanchezza, (suppongo) Tommy/s così mi spiegava:
"Per accelerare le analisi, segno che vi era una certa fretta da parte degli inquirenti, la Grignani decise di cercare in quei 532 campioni un particolare allele raro che credo proprio sia quello 26 del locus STR SE33, cioè del DNA nucleare. A tal fin mise a punto uno specifico saggio per effettuare la scrematura in tempi "molto rapidi".
Ed ecco allora che tra le 532 donne solamente una (o due come aveva scritto Massimo tempo fa) possedeva quell'allele raro nel proprio DNA nucleare."
Quindi, sarebbe finalmente chiarita la maternità di "ignoto1".
Quale sarebbero, allora, i motivi della incessante resistenza all'accettazione dell'assunto, che il tendenzioso virgolettato, (da me evidenziato in grassetto) di Tommy/s non nasconde?
Intravvedo solo una battaglia da dove ne usciranno sconfitti tutte le parti: una di esse colpita dalla morte, l'altra dalla sciagura.
Ottica apocalittica?
Non ne saprei immaginare altra, se il sentiero percorso resterà quello della negazione ad ogni costo.
Pino
E se prima è stato trovato il Bossetti e poi a ritroso la mamma, che magari alla fine, dopo tutti questi errori e misteri, scopriamo che non è stata fedigrafa. Un filo di arianna a ritroso, secondo voi che siete molto più esperti è possibile che sia potuto avvenire?
Pino
Vedo che hai compreso il significato ed i sottintesi del mio commento.
Se tre mesi e mezzo (ipotizzando di partire con le analisi della Grignani al più tardi il 28 febbraio) sono tempi molto rapidi, forse dovremmo chiedere ad Einstein di rivedere la teoria della relatività ristretta.
Tieni conto che il PM aveva ottenuto all'ultimo minuto un'ulteriore proroga delle indagini e questo solamente per l'ultimo tentativo affidato a Previderè di arrivare ad un risultato.
Se lo specifico saggio (così definito dal comunicato dell'Universitò di Pavia) messo a punto dalla Grignani per scremare i 532 campioni biologici avesse richiesto tre mesi e mezzo, anche nella più remota ipotesi che quello di Ester Arzuffi fosse il 532simo, non vedo allora il perchè di non effettuare un'analisi completa di tutti i marcatori STR.
Per Maddalena Nena
Su una cosa sono assolutamente sicuro, la povera Yara è arrivata morta al campo di Chignolo, ci sono dei fatti e delle circostanze che anche ad un occhio profano come il mio sono troppo evidenti per dare credito all' aggressione e morte di Yara in quel campo, per evitare di scrivere un romanzo te li elenco velocemente: il corpo presenta lesioni da arma da taglio, però gli indumenti non presentano tagli in corrispondenza delle ferite; il giubbotto era chiuso; sleep tagliati, ma i pantaloni non presentano tagli in corrispondenza del taglio, quindi i pantaloni erano abbassati; gli indumenti non presentano tracce di sangue compatibili con le ferite, insomma, quelle ferite se fossero state fatte con gli indumenti semplicemente indossati e sollevati sarebbero intrisi di sangue, rivelatore di tutto ciò è un filmato tramesso alla TV, in cui un poliziotto fa la domanda alla Cattaneo circa un taglio sul collo mentre la maglietta non presentava macchie ematiche, era pulita, la mia conclusione è che Yara era nuda o seminuda quando è stata uccisa non c'è altra spiegazione; i polsi presentano delle ferite, indice del fatto che è stata legata; la posizione del corpo è tipica di un cadavere che è stato trasportato: braccia sollevate e corpo allungato, due persone hanno preso il corpo, uno ai polsi l'altro alle caviglie e l'hanno portato dove è stata ritrovata adagiandola sul terreno. Le conclusioni sono abbastanza semplici, Yara è stata portata in qualche luogo chiuso, denudata, legata (mia supposizione), forse c'è stato un tentativo di violenza non riuscito per la reazione di Yara, seviziata e poi uccisa o fatta morire di freddo, una volta morta è stata rivestita velocemente (reggiseno indossato ma slacciato, scarpe slacciate), forse prima è stata lavata, o rivestita dopo molto tempo, altrimenti gli indumenti sarebbero intrisi di sangue.
Tommy/s
ct) "...nella più remota ipotesi che quello di Ester Arzuffi fosse il 532simo, non vedo allora il perchè di non effettuare un'analisi completa di tutti i marcatori STR."
A questa tua constatazione non saprei dare una risposta idonea.
Posso solo ipotizzare:
1) E' stato ritenuto sufficiente il risultato di quel marcatore.
2) Non c'è stato il tempo, dato la vicinissima scadenza di quello concesso a priori, di dedicarsi alla ricerca sugli altri 531.
La testimonianza di quell'unico fattore, suppongo, non potrebbe essere bistrattata, per la stretta scientificità (almeno così ci è stato trasmesso) con la quale sarebbe stata condotta questa particolare e determinante ricerca.
Paolo A
Condivido la tua ipotetica dinamica dell'azione omicidiaria.
Resterà da precisare solo quando il corpo della vittima sia stato depositato sul luogo del ritrovamento, e chi sarebbero gli autori della macabra azione.
Per attuarla sarebbero servite almeno due persone, compreso il presunto accusato
Paolo A, sono d'accordo con te in toto..... chi sia stato non lo sappiamo, ma che quel corpo sia stato portato lì successivamente è piuttosto scontato. Tornano i conti anche con quanto ripetuto da Annika da sempre. Chi l'ha portata però... non potrebbe essere MB?? Pensiamoci un attimo... viene pagato e bene per sbarazzarsi del corpo, lui accetta e lo fa. Magari aiutato da un altro. Il suo dna ritrovato è davvero il suo, ma non l'ha uccisa lui. Non parla perchè ha paura, le persone che ci sono dietro sono potenti e pericolose (Locatelli????.....), e gli hanno mandato chiari messaggi per farlo tacere, aggredendo la sorella. Ho visto troppi film???
Paolo A
Oltre agli indizi sugli indumenti cui hai accennato vi è anche il reggiseno slacciato. Si trattava di un modello abbastanza normale ma sufficientemente resistente che difficilmente si sarebbe potuto slacciare da solo.
Non si può escludere sia rimasto sempre indossato anche se slacciato, ma l'assenza di tracce evidenti di sangue sul colletto della maglietta (la stessa della nazionale che si vede in alcune foto di Yara) potrebbe anche far pensare che sia la maglietta sia il reggiseno siano stati rimessi in un secondo tempo.
Spero solamente che abbiano cercato tracce biologiche sull'allacciatura del reggiseno, visto che i gancetti di questi indumenti intimi sono abbastanza miracolosi per quanto riguarda le analisi del DNA.
Vi è però un altro elemento che mi ha lasciato sempre perplesso dopo aver visto quel video del sopralluogo iniziale.
E' la Cattaneo stessa che evidenzia come anche sotto il corpo vi fossero dei germogli di colore rosso-violaceo identici a quelli rinvenuti nelle immediate vicinanze. Anche quando tempo fa ne avevo parlato avevo premesso di essere un emerito ignorante in botanica. Ma la cosa mi aveva davvero stupito.
Se il luogo di ritrovamento fosse stato in una foresta pluviale tropicale dove la natura è inarrestabile e nel sottobosco arriva pochissima luce solare sarebbe anche pensabile che tutte le piante del sottobosco presentino lo stesso livello di crescita anche se coperte da oggetti schermanti. Ma nel caso del campo di Chignolo, che a fine febbraio ci fossero germogli identici sia sotto sia a lato del cadavere lo trovo davvero strano nell'ipotesi che il corpo si fosse trovato in quel punto dal 26 novembre dell'anno prima.
Nell'Ordinanza del GIP Maccora, riassumendo la relazione della Cattaneo si parla di indagini naturalistiche. E difatti si sa che nel team della Cattaneo vi era un botanico forense. Ma da nessuna parte viene citata la benché minima conclusione della perizia di un altro consulente della Procura. Cioè dell'entomologo forense Stefano Vanin, vecchia conoscenza di questo blog.
Eppure il Gazzettino (edizione di Treviso) mercoledì 18 giugno 2014 così titolava: "Spiegherò dove è morta Yara" - Stefano Vanin ha raccolto elementi che potrebbero inchiodare l'assassino
http://www.ilgazzettino.it/PAY/TREVISO_PAY/spiegher_dove_morta_yara/notizie/751124.shtml
Tommy/s
L'evidente contrasto fra lo stato degli indumenti indossati dalla giovane Yara, e le fasi che avrebbero condotto al suo decesso, fu già abbondantemente discusso. Anzi, fu il primo indizio che ci suggerì la probabilità che la morte non fosse avvenuta nel luogo di giacitura del corpo.
Ed in coerenza con tale convinzione, non mi sento completamente disposto ad accettare la spiegazione del dr. Vanini sulla causa del non facile rilevamento del corpo della vittima, perchè..."Un corpo con i muscoli rilassati perde di spessore, se poi attorno c'è erba alta e neve, per trovarlo devi proprio finirci sopra»
Spiegazione di una banalità disarmante, per un professionista della sua statura.
Di muscoli, ossa ecc. ne sappiamo qualcosa anche noi.
Rimestolare tardivamente un minestrone già stantio, non ci condurrebbe là, dove vorremmo.
Unica strada da seguire con molta attenzione, resta, secondo il mio modesto parere, quella che porterebbe all'unica, vera prova di colpevolezza od innocenza del detenuto: il definitivo risultato della scienza biologica.
Ciao, Pino.
@Maddalena ,Paolo A.
Si,indiscutibilmente il corpo di Yara viene portato nel campo di Chignolo in un secondo momento,ok più o meno x la visibilità,ma un corpo in decomposizione è IMPOSSIBILE non sentirlo (e molti ci andavano con i cani).
L'uccisione di yara è,secondo la mia riscostruzione,simile per non dire uguale a quella di Serena Mollicone,una ragazza di 18 anni che nel 2001 viene ritrovata barbaramente uccisa ed "incaprettata" in puro stile mafioso.
Arrivo a questa conclusione anche dall'analisi (purtroppo non visuale)delle ferite,che non sono inferte da nessun taglierino o arma da taglio ma da un filo da pesca al titanio di spessore 0,2.tipo questo:
http://it.aliexpress.com/item/0-2mm-Ta2-TI-TITANIUM-WIRE-ROUND-GENUINE-PURE-TITANIUM/32318195970.html ... si tratta di un filo molto robusto.
Questo giustifica il taglio sul collo che va da parte a parte in maniera molto regolare e non invasiva,ma che comunque è l'unica ferita idonea ad ucciderla perchè comunque recide la trachea,i tagli sulla schiena che sono una X ed un = sovrapposti,niente di esoterico,la X probabilmente è il filo che va dal collo alle gambe,mentre l' = è il filo che unisce le mani,anch'esse tagliate,cosi come gli avambracci.
In pratica la ragazza ha le braccia legate dietro la schiena,molto probabilmente seminuda,al massimo in maglietta (se consideriamo che quelle sulla schiena potrebbero risultare anche dalla maglietta alzata). E' un'ipotesi ovviamente ma spiega molte cose e soprattutto il perchè di tutti quei taglietti insignificanti.
L'unico taglio pare essere quello di punta sullo stinco,che potrebbe essere provocato dalla lama che appunto recide il filo dopo la morte.
Questo ci dice chiaramente la matrice dell'omicidio (cosi come il fatto che il corpo venga fatto ritrovare inopinatamente,trasportato forse in avanzato stato di decomposizione).
Quindi Maddalena no non hai visto troppi film,io sono convinto che non è lui che compie quel gesto; io do credito alle lettere pervenute ad Oggi che sono state sicuramente spedite da qualcuno che ha partecipato all'azione e che ci dicono di una dinamica di gruppo.
Francamente ipotizzo che le ultime azioni su di lei (il lasso di tempo tra le 19,00 e le 19,30) siano effettuate da due personaggi a noi molto noti quindi non è detto che non si riesca ad arrivare alla verità.
Per quanto riguarda il coinvolgimento di MGB quella serata è indiscutibile;ovviamente non parla,e lo ripete continuamente,per le inevitabili ripercussioni sulla sua famiglia.Non solo,ma Salvagni fa un preciso riferimento alle morti di Castillo (di stampo anch'esso mafioso) e della ragazza indiana;quindi queste morti è possibile che siano legate cosi come aggiungo io quella del Brigadiere Gambirasio,che fu indotto al suicidio la sera prima.
E'infine lui con l'aiuto di un'altra persona (forse due,l'IVECO porta fino a tre persone) che trasporta il corpo di Yara sotto la terra che lui aveva ordinato il 9 dicembre.
Non è detto che quella terra serva in un primo momento ad occultare meglio il corpo (ovviamente avvolto in una busta di plastica) e poi ad occultarlo alla vista sopra il cassone.
Come tutto ciò possa uscir fuori dal processo non ne ho idea,ma già il fatto che si dubiti della ricostruzione della procura e si vada a cercare la verità in altre direzioni è positivo.
Ah dimenticavo, il Titanio non ha grosse applicazioni in edilizia,ma in ortodonzia si; il dentista di Yara era vicino al centro estetico "Oltremare" , quindi molto vicino al viavai di quella sera...una certa indagine in quella direzione ce la farei.
io diventerei perfino manesca con un tipo cosi'
è insopportabile .
@magica
Chi ricorre alla violenza significa che non ha argomentazioni.
Nella ricerca della verità non si fanno professioni di fede: MGB colpevole - MGB innocente; si cerca appunto di capire.
Ripeto ancora,non esiste la prova che lui la uccida ma è chiaro come
il sole (ed anche provato dal furgone e dal DNA) che quella sera lui è LI SENZA SE E SENZA MA e non ha un briciolo di spiegazione plausibile.
Lui sa perfettamente come sono andate le cose e lo dice pure ai suoi amici detenuti che lo trattano fin troppo bene per essere accusato di pedofilia : http://www.ilgiornale.it/news/cronache/yara-bossettinon-confesso-non-colpire-mia-famiglia-1097478.html
Ma che dichiarazione è ??? Uno dice sono innnocente e basta..ma che vuol dire "non voglio colpire la mia famiglia".
Salvagni è a conoscenza della ferita sul pene dell'aggressore,dei delitti Castillo e Sarbjiit...ma chi glielo ha detto se non lui ?? E vi assicuro che un avvocato in un procedimento cosi complesso non tira fuori argomenti a caso.
Una cosa è certa,se si chiude il sipario su questo processo con l'uscita di scena di MGB il caso di Yara sarà destinato a rimanere irrisolto,cosi come del resto se fosse condannato x un atto pedofilo e sconti la sua pena in silenzio come l'omicida di Castillo.
Finchè è possibile è giusto cercare la verità in tutte le direzioni.
C'è questo saggio che è un ottima fonte di informazioni:
http://chisigma51.blogspot.it/
Ad es. nell'ordinanza del GIP Maccora facendo riferimento alla relazione autoptica si parla di morte entro un'ora DALL'USCITA DI YARA DA CASA e non da quando esce dalla palestra.
"Secondo quanto stabilito dall'autopsia, da quando Yara, quella sera, è uscita di casa per recarsi in palestra, a quando è stata uccisa, è passata poco più di un'ora. Il particolare è dimostrato dall'analisi dei processi digestivi, che hanno un tempo certo. Dato che quella sera la madre di Yara si ricordava esattamente cosa la bambina avesse mangiato e a che ora, è stato possibile stabilire, con ulteriore esame specifico, con precisione l'ora del decesso..."
Questo ci dice che è probabile l'ipotesi che Yara quel giorno,come infatti è indimostrato,non si reca affatto in palestra, ma viene subito "agganciata", e quasi sicuramente da persone che lei conosce.
L'orario della morte secondo l'autopsia può essere già alle 18,10 - 18,15 ; compatibile con un'aggressione all'interno dell'appartamento.
E anche con tutti i ritardi del caso la sua morte non può avvenire dopo le 19,30-20,00 di quel giorno ; il che esclude,come è logico,il campo di Chignolo.
Interessante la parte di questo articolo che riguarda l'utilizzo di narcotici,come può essere assai verosimile,visto che la morte di Yara
non può essere di freddo a meno che aggredita alle 18,15 venga subito nascosta in una cella frigorifera ancora viva (ipotesi possibile beninteso).
Certo è che narcotico + filo in titanio + vicinanza qualche sospetto lo crea.
Per Maddalena Nena
Scusa Maddalena se Bossetti è quello che ha portato il cadavere di Yara nel campo su incarico di qualcuno, quindi è coinvolto, come c'è finito il suo DNA sulle mutandine di Yara, il mero trasporto del cadavere non avrebbe comportato il deposito di una traccia di sangue negli sleep di Yara; la tesi della Procura è che Bossetti ha prelevato Yara da Brembate Sopra a una certa ora, l'ha portata al campo di Chignolo, l'ha aggredita e poi l'ha abbandonata morente, dopo circa un'ora è ripassato a Brembate, ma perchè avrebbe portato Yara a circa dieci chilometri da Brembate, per tentare un approccio sessuale non avrebbe potuto trovare un posto appartato a Brembate o a Mapello, già come tempi siamo al limite del verosimile, figurati gli altri passaggi che ho elencato nel precedente post. Comunque la si giri, tutta la ricostruzione fatta dagli inquirenti è molto debole, secondo me il processo riserverà delle grosse sorprese già in fase dibattimentale.
il processo non è debole:è indecente
quante storie ridicole si leggono si fanno ipotesi inverosimili .
XPLEIADES,,
sei molto esperto a manipolare notizie come vuole la tua considerazione di coplevolezza,
la frase che BOSSETTI DICE : non voglio danneggiare la mia famiglia ................... la dice quando gli dicono di patteggiare per una minore pena detentiva . invece dell'ergastolo avrebbe potuto fare meno anni . di galera .. ma piuttosto di mettere un'onta sulla sua famiglia preferisce farsi l'ergastolo , è la stessa volonta' delle MISSERI . che non vogliono confessare un omicidio, che non hanno commesso . bisognerebbe ragionare con la logica e onesta' , e mettersi nei panni dei malcapitati .
PLEIADES tu le argomantazioni le hai facili . la tua è una violenza psicologica per chi ti legge . poi se dici troppe fregnacce uno scapellotto te lo darei, cosi' impari .. ciaooo !
Pleiades,
insisti a credere che Yara non sia entrata nella palestra. Ma sbagli: siccome è stata vista da diverse persone, dovresti spiegare perché mentono tutti, dall'istruttrice alle compagne, oltre al genitore che l'ha vista vicino all'uscita (e tra l'altro è amico dei Gambirasio).
Poi ogni volta aggiungi un'insinuazione diversa, adesso tiri fuori il dentista, ma stranamente Bossetti alla fine c'entra sempre!
Dì la verità che ti basi su quel carico di sabbia...è su quello che fai tutte le tue supposizioni, no?
A forza di ripetere, già stai reclutando almeno un paio di persone.
Quella sabbia Bossetti non l'ha comprata per nascondere Yara, ma per qualche lavoro di cui non si ricorda. Perché l'avrebbe comprata proprio a Chignolo, dichiarando che gli serviva lì, pagando con carta di credito e firmando la ricevuta? Una strategia suicida che convince poco o niente.
Se la piccola era nascosta da qualche parte, tipo un casolare disabitato o una vecchia fabbrica, c'erano altri modi per occultare il corpo, molto più discreti che andare a comprare sabbia con la ricevuta.
Idem per il trasporto: di giorno entrare nel campo di Chignolo non era sicuro, peggio se poi lo vedevano uscire con il cassone ancora pieno. Di notte, girare con la sabbia era sospetto, dove la portava se i cantieri erano chiusi? Senza contare che i cani avrebbero fiutato l'odore.
Ma ammettiamo pure che vada così come tu dici; nessuno lo ferma, o nessuno pensa di guardare sotto la sabbia. Bossetti arriva a destinazione, con una pala rimuove la sabbia, prende il sacco e lo apre, ferendosi col taglierino come uno sprovveduto, non sente neanche male, la lama taglia anche lo slip di Yara e il sangue cade proprio lì...Alt, già non mi quadra. Dovrebbe sentire parecchio male. Oltretutto gli investigatori hanno detto che il sangue era proprio tanto, non poche gocce. Un'epistassi? Forse. Ma se ne sarebbe accorto. Perché allora Bossetti racconta agli inquirenti che soffre di frequenti epistassi, per darsi la zappa sui piedi?
Poi su Yara non c'è sabbia. E' tanto maldestro da tagliarsi senza accorgersi, ma riesce a non far cadere neanche un granello mentre la toglie dal sacco...Mah.
E dove butta la sabbia che non serve più? Deve tornare indietro e scaricarla in qualche campo sempre a Chignolo. Però nessuno trova un cumulo di sabbia abbandonata. Forse ha la furbizia di lasciarla in un bosco, ma è comunque rischioso portarla fuori dalla destinazione indicata sulla bolla, con i posti di blocco.
Dici: “Anche se Bossetti si fosse accorto di aver perso sangue su Yara, che poteva fare?” Uno che lavora nell'edilizia sa maneggiare prodotti chimici. Almeno prova a far qualcosa, non lascia la sua firma sul corpo, mica è stupido.
Sento dire che Bossetti avrebbe trasportato Yara per fare un favore a persone potenti.
Guardate che quelle persone non hanno bisogno di affidarsi a un non professionista, un estraneo inesperto che non dà garanzie. Certo per paura non parlerebbe, ma hanno già tanti amici fidati, perché proprio lui?
Non solo, c'è un altro motivo per cui non credo che Bossetti sia stato obbligato da nessuno: non insisterebbe così tanto sulla sua innocenza che è pronto a dimostrare ad ogni costo. Se fosse coinvolto e avesse paura di fare nomi, non farebbe tutte quelle esternazioni accorate che leggiamo nelle sue lettere, sarebbe più cauto.
Poi magari sbaglio in pieno, ma la penso così.
TommyS,
sempre interessanti e accurate le tue notizie.
Nautilina
Ma perchè rispondete a questo ignorante che non sa mettere assieme due parole senza dire delle assurdità?
Lasciatelo perdere!!!
Per lui ci vorrebbe altro che la bacchetta di Magica.
Anonimo delle 7: 57,
tu fa' pure come credi. Però guarda che se stiamo tutti zitti o gli diamo solo risposte irritate dirà che non abbiamo argomenti, quindi è come dargli ragione. Peraltro replicare alle sue sortite è noiosissimo, prometto di non farlo più. Almeno per un po'... :)
Nautilina
@Nautilina
Ti ricordo che Yara è morta,probabilmente uccisa in maniera barbara,se possiamo analizzare i fatti ed avanzare ipotesi direi che è il caso di farlo ora che c'è un processo e c'è la possibilità che la verità salti fuori.
Ti faccio un pò il parallelo con il mostro di Firenze,anche li stessa divisione Pacciani innocente Pacciani colpevole,Pacciani condannato in maniera molto ambigua attraverso i cd. "compagni di merende",c'è chi crede a questa verità chi no. Io ad es. penso che non fu lui il mostro di Firenze ma sicuramente ne sapeva parecchio,si decise a tacere e mori in maniera misteriosa e opportuna.
Siccome non vorrei che si riparlasse di yara x 20 anni sarebbe il caso di andare aldilà del dualismo e cercare la verità.
Quelle che avanzo sono ipotesi,ma alla base ci sono dati di fatto,l'autopsia ci dice che Yara muore forse addirittura un'ora dopo che esce da casa (18,30).Io ci metto un'altra ora (19,30) e cerco di capire cosa può essere successo perchè in un lasso di tempo cosi breve le dinamiche non possono essere infinite.
Anche ammesso che Yara alle 18,48 sia ancora viva,cosa possibile se diamo un significato all'avvistamento di Ambivere delle 19,00 (e non un ennesimo depistaggio),significa che l'evento omicidiario si consuma in maniera rapida e probabilmente in quel momento voluta,da chi possiamo ipotizzarlo io ti dico che sicuramente non è MGB che la sopprime,ma sono convinto che lui sappia chi è stato.
Ma figurati se non voglio giustizia per Yara e per la sua famiglia. Tutti la vogliono!
Solo non condivido la tua teoria su Bossetti complice. Non vedo prove, a parte quelle lettere anonime a cui tu dai, secondo me, troppo credito ingiustificato.
La bambina era ancora viva e vegeta alle 18 e 40. Non ho mai sentito che sia morta un'ora dopo essere uscita di casa, ma dove l'hai letto? Casomai mi risulta che sia morta di freddo e di stenti, perciò non può essere stata (purtroppo per lei) una fine rapida.
Se Bossetti ha fatto qualcosa, ed ha paura di parlare per la sua famiglia, perché si agita tanto a proclamarsi innocente ed estraneo al delitto? Non dovrebbe stare un po' più "accorto"?
Non ha accettato il rito abbreviato, ma spera di uscirne assolto, a testa alta. Lo dichiara continuamente nelle sue lettere, nei colloqui con la moglie e con gli inquirenti. E non mi sembra questo un comportamento da complice con un peso sulla coscienza.
Non facciamo confronti con Pacciani, per favore, lui in aula teneva un comportamento per nulla credibile coi suoi pianti esagerati, e aveva anche dei precedenti di violenza su moglie e figlie. Ma non conosco il caso nei dettagli, né lo voglio approfondire: è troppo morboso per me.
Nautilina
Non credo che Bossetti abbia paura di qualche ritorsione verso la sua famiglia, in particolare verso la moglie. Anzi dopo quanto ha saputo, ossia che la moglie lo cornificava, figuriamoci se non si sarebbe deciso di parlare, avrebbe avuto la speranza che qualcuno si accanisse contro la moglie. per i figli avrebbe chiesto agli inquirenti la massima protezione e fatti portare lontano.
Tiziano,
dovrebbe avere il cuore di pietra, ma non mi pare proprio il tipo. Sbaglierò ma Bossetti a me non sembra per niente una persona rancorosa e vendicativa, ha già scritto una lettera dal carcere in cui perdona la moglie...quanto ai figli, dice di pensare sempre a loro, figurati se non si preoccupa. La prima raccomandazione che ha fatto a Marita è stata di non abbandonarli nel caso in cui avesse deciso di separarsi da lui. Ricordo queste sue parole "Non me li abbandonare, ti chiedo solo questo". Le ho trovate commoventi da parte di un uomo nella sua situazione, descritto dai media come un mostro.
Per questo non posso proprio credere né che abbia commesso un simile delitto, né che vi abbia partecipato in alcun modo.
Sarebbe crollato per il rimorso, oppure sarebbe troppo timoroso di fare esternazioni sgradite a chi sa lui.
Comunque vedremo, la verità dovrà pur emergere!
Saluti
Nautilina
http://www.tg24.info/arce-serena-mollicone-una-morte-senza-giustizia-caso-archiviato/
Davvero una coincidenza incredibile,due storie così apparentemente diverse,un caso si sta appena aprendo in giudizio,l'altro rischia di finire nell'oblio.
Spero davvero che almeno Yara abbia giustizia,varrà forse anche per Serena.
Posta un commento