coltello da sushi |
Ruggero ha 36 anni, di cognome fa Juncker ed è uno dei tanti figli dell'alta società lombarda. Una famiglia di successo la sua e un uomo fortunato lui, dicono in giro, uno di quelli che non deve chiedere mai. Eppure pare che tanti amici sappiano che è oppresso dalla figura materna, il vero cuore pulsante dell'attività lavorativa che anche il figlio ha intrapreso, la persona forte che regge le redini del comando. In tanti sanno anche che la sua prima fidanzata ufficiale l'ha lasciato a causa della morbosità e dell'attaccamento verso la madre. Non si sa se i familiari sottovalutino la sudditanza o se pensino abbia un altro male, si sa che nel periodo precedente gli eventi Ruggero viene visitato da un neurologo che gli prescrive ansiolitici. Il fatto che sia stata sua madre a prendere l'appuntamento medico, perché preoccupata per le sue condizioni di salute, fa capire come il figlio seguisse l'orbita imparata nell'infanzia e mai abbandonata. Lui, a 36 anni, è ancora un satellite di chi l'ha messo al mondo, di chi da una semplice idea ha creato un businness. Forse lei non si rende conto che continuando ad essere troppo presente e attiva nella sua vita, non incentiva un sano distacco ma instaura su di lui un dominio. Ma esiste davvero? Chi viveva Ruggero saltuariamente, forse perché non sapeva nulla del suo privato, il dominio materno non lo nota e tutti lo descrivono come una persona alla mano, gentile e disponibile.
Com'era dunque, in realtà, Ruggero Juncker? Una persona sana o un figlio dalla mente instabile? Nel 2002 viveva solo, anche se a volte dormiva a casa della madre, in un bilocale 'openspace'. L'appartamentino di via Corridoni, per come era strutturato ed arredato, dai giornalisti fu chiamato "piccola bomboniera". Ma non sempre era solo, perché Alenja Bortolotto, la donna di 26 anni che pensava di sposare, qualche volta dormiva al suo fianco. Anche quella notte era in casa del fidanzato. Lui, dopo aver cenato in un ristorante col padre e il fratello, alle 22.30 era passato a prenderla. Cosa hanno fatto dopo quell'orario? Hanno davvero programmato le ferie, o hanno discusso di un problema nato al momento... o nato da giorni, dato il malessere dell'uomo? Ruggero Juncker ai Pm ha parlato di un litigio iniziato nella camera da letto. Alenja, prima di questo litigio (se mai c'è stato, visto che altre cose dette in confessione, mi riferisco ai rapporti sessuali non protetti, non hanno trovato conferma in autopsia), poteva immaginare che il fidanzato togliesse le chiavi dalle porte e cercasse, anzi trovasse, un coltello da sushi? Oppure in quei momenti era sveglia, il litigio lo ha creato lei (voleva lasciarlo come già fatto dalla prima fidanzata?) ed ha capito le intenzioni di Ruggero proprio quando lo ha visto togliere le chiavi e prendere il coltello? Per questo ha preso in mano il telefono? Per questo è corsa urlando fino alla porta principale? Voleva scappare prima che lui chiudesse? Il gesto che Ruggero Juncker ha messo in atto da quel momento in poi, quindi, era dettato da una malattia psichica, un raptus, o è nato dalla rabbia generata dal rifiuto di rapporti sessuali e dalla quasi certezza di essere lasciato? A nessun uomo piace d'essere lasciato da più fidanzate...
Noi non possiamo saperlo, possiamo però ragionare su quanto possa durare un raptus e immaginare Alenja in quei momenti. Come uscire da una situazione del genere, da una prigione dorata con le inferiate alle finestre? Lo spazio è aperto, ma è piccolo e Ruggero di certo si materializzava in ogni dove e le agitava la lama davanti agli occhi cercando di colpirla. Lo dimostrano i mobili caduti a terra, probabilmente è lei che li fa cadere per proteggersi la fuga, e i tagli da difesa sulle mani. E' nel tentativo di sfuggire a quelle coltellate che Alenja scappa. Scappa, ma senza chiavi alle porte diventa arduo salvarsi la vita in un openspace formato da un salone, una camera da letto e un bagno. Ed è in quest'ultimo locale che lei si rifugia, ma una volta dentro, senza poter chiudere e bloccare la porta, il vicolo è cieco e non permette di tornare indietro. Lì, il suo aguzzino la colpisce alla schiena e ovunque capiti per almeno 27 volte... Alenja ha ancora un filo di respiro, insomma è viva, quando lui con la lama le apre il ventre, sposta gli organi ed asporta il fegato (solo una parte verrà poi ritrovata).
La scena di questo massacro dura tanto tempo e le urla della ragazza, rieccheggiando all'interno e all'esterno del condominio, svegliano le poche persone presenti. Le telefonate alla Polizia si sprecano e i minuti sono interminabili. Segno che Alenya, pace alla sua anima, ha sofferto le pene dell'inferno prima di morire. Poi, all'improvviso, l'appartamento si zittisce e tutto tace... almeno fino a quando il ronzio di una lavatrice rompe la tregua. Si trova nel bagno quella lavatrice, Ruggero l'ha avviata e sta lavando gli abiti e gli stracci serviti per pulire. Nel suo cestello l'acqua e il detersivo si stanno inzuppando del sangue di Alenya, priva di vita sul pavimento. Il silenzio, a parte il ronzio, viene rotto dal movimento e dalla voce dei condomini che cercano di capire, che entrano ed escono dalle loro abitazioni. Lui li sente e comprende che è impossibile tentare manovre impossibili, quali il far sparire tutto... ad esempio. Qualcuno ha sicuramente chiesto aiuto ai poliziotti e a quel punto, raptus o no, è un assassino braccato che sa di non avere più speranze. Chiama il fratello al telefono, mentre chi abita nel condominio tace e trattiene il respiro... fino a quando si sentono urla provenire dal giardinetto annesso al bilocale: è il giovane Juncker che grida: "Sono Osama bin Laden, io sono Osama Bin Laden".
Siamo alle battute finali, quando la chiave torna nella toppa e Ruggero esce in strada e si dirige verso l'angolo dello stabile. Sono le quattro e quaranta, la Polizia arriva in via Corridoni e gli agenti vedono davanti al condominio un uomo nudo; lo identificano, lo fanno sedere sull'auto di servizio e lo sentono blaterare: "Sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo". In quei momenti se qualche vicino si affaccia alla finestra, lui dice frasi del tipo: "Un, due, tre, buonasera!". Il giovane Juncker è dunque impazzito... oppure la sua è una recita orchestrata per pararsi il dietro? Un poliziotto scopre il cadavere di Alenja nel suo appartamento e chiama in commissariato. Un altro trova nel bidone della spazzatura, presente sul marciapiede all'angolo della strada, una camicia da notte intrisa di sangue, è di Ruggero. Arrivano i rinforzi e la scena che si presenta a chi deve fare i rilevamenti è di quelle per stomaci ultra-forti. Nessuno resiste in quel bagno e c'è chi si inginocchia e prega. Ruggero Juncker nei primi giorni dice di non ricordare nulla, poi però ritrova la memoria ed ai Pm dichiarerà:
"Avevo chiesto ad Alenja di venire a dormire con me e lei aveva detto di sì. Credo di averla baciata come d'abitudine e sono stato baciato da lei. Alenja mi aveva raccontato che sua madre le aveva detto di aver sognato che lei avrebbe avuto un bambino. Non era incinta, però. Avevo in programma di traslocare in un immobile in via Melzo che avevo acquistato. Si è seduta sul divano in soggiorno. Io ho cercato di sistemare le mie cose nella casa giacché erano due giorni che non dormivo lì. Sebbene non fosse particolarmente sporca, due persone su incarico di mia madre l'avevano pulita, perché mia madre ha una concezione della pulizia più rigorosa della mia. Parlavamo del più e del meno, delle vacanze da fare in Toscana, tranquillamente. Ascoltavamo musica, parlavo con lei di quello che dovevo fare di lì a poco, del fatto che dovevo prendere le medicine che poi non ho preso perché ho sottovalutato le mei condizioni. Ho proposto invece ad Alenja di fumare uno spinello, cosa che facevo ogni tanto. La marijuana la conservo in un barattolo del caffè. Viene dalla Svizzera dove il possesso è legale. Alenja fu d'accordo e ne prendemmo una piccola dose mischiata al tabacco, come d'abitudine. Io ho fatto una doccia e siamo andati a letto, era circa mezzanotte e trenta. Alenja era già a letto, ho cominciato ad accarezzarla come faccio di solito perché Alenja soffre un po' di mal di schiena e mi aveva chiesto se potevo farle un massaggio. Questo ha creato una situazione di intimità. Abbiamo ripetutamente fatto l'amore, credo senza alcun tipo di violenza, anzi ne sono sicuro. La prima volta ho usato il preservativo, lo ricordo benissimo, come d'abitudine. Le volte successive no. Sono estremamente convinto che mi volesse molto bene e desiderasse continuare il suo rapporto con me, credo che ad un certo punto si debbono fare delle scelte. La mia era continuare nella mia relazione con Alenja. Lei non mi ha mai fatto specifiche richieste o posto degli aut aut. Mai. Alenja aveva un grande desiderio di affetto. Si trattava di un incontro importate. Quella notte credo di essermi svegliato e di essermi alzato ripetutamente dal letto. Alenja non si è mossa benché sveglia. Continuava a dirmi di stare tranquillo e mi chiedeva i motivi dell'agitazione. Ricordo perfettamente tutto o quasi tutto. Ero parecchio agitato, cercavo di parlare con lei ma non ci riuscivo. Non ero in grado di ragionare. Ero incontrollabile. Ha cercato di telefonare con il telefono fisso a qualcuno, ma non gliel'ho permesso. Allora si è rifugiata in bagno. Non ha potuto chiudersi perché non ho porte che si chiudono in casa ad eccezione di quelle che danno sull'esterno. Io non ho mai posseduto armi. Non le amo. In quel momento dovevo eliminarla, mi minacciava, mi voleva tutto per sé. Credo che ho cercato di uscire da quella casa, ero molto combattuto, ho cercato le chiavi, di mantenere il controllo, di fuggire da me stesso e dalle mie angosce. Un mio amico mi ha portato dal Giappone un coltello prezioso per tagliare il pesce, che io tenevo in un mobile in cucina. L'ho preso, mi sono diretto verso il bagno e ho ucciso Alenja. Non ricordo il numero dei colpi che ho dato, tanti, il primo alla spalla, e ho fatto delle cose abbastanza irripetibili su di lei, anzi decisamente irripetibili. Anzi se c'è bisogno le posso ripetere. Non ero sicuramente in grado di intendere e volere. L'ho praticamente squartata. Ce la faccio a dire cosa ho fatto del suo fegato. Mi sudano le mani, anzi mi mette in imbarazzo e vorrei circumnavigare la domanda, non vorrei spiegare altro. Mi sono messo ad urlare dalla finestra del bagno frasi senza senso e sono sceso in strada. Credo che Alenja si sentisse in qualche modo, non da me, ma in generale, un po' soffocata e avesse bisogno di esprimersi, sebbene percepisse di amarmi più profondamente di quanto io amassi lei".
Sul suo stato mentale che nei giorni precedenti l'omicidio aveva preoccupato la madre, dice:
"La preoccupazione per la mia salute non era dovuta a una reale mia coscienza, ma a quello che mi dicevano le persone a me vicine con riferimento al mio deperimento fisico e a un lungo periodo di lavoro senza vacanze. L'ultima vacanza l'ho fatta con Alenja a Natale. C'era un catering da organizzare, ma mi infastidiva organizzarlo per quell'impresa. La cosa mi sembrava poco simpatica. Mia madre, cui mi ero rivolto per manifestarle questo disagio, non aveva la stessa preoccupazione e mi convinse. Infatti, l'ultima cosa lavorativa che feci fu di inviare un fax per questa vicenda. Le mie intemperanze, il nervosismo, l'averle detto di essere omosessuale, tossicodipendente e sieropositivo, riguardavano questa storia. Mia madre si preoccupò. Ho detto quelle cose perché ero in uno stato di paranoia. Anche perché, dopo averle dette ho fatto il test che è stato negativo. Io ero sotto panico, pensavo in quel momento che l'evento, il catering, cui la mia società doveva prendere parte, avesse certi presupposti esplicitati dal cliente, caratteristiche ben rigide di quello che volevano. Avevano idee molto chiare, volevano che il cibo e la presentazione fossero consoni al messaggio da dare al pubblico...". (testimonianza reale pubblicata dal Corriere della Sera)
Com'era dunque, in realtà, Ruggero Juncker? Una persona sana o un figlio dalla mente instabile? Nel 2002 viveva solo, anche se a volte dormiva a casa della madre, in un bilocale 'openspace'. L'appartamentino di via Corridoni, per come era strutturato ed arredato, dai giornalisti fu chiamato "piccola bomboniera". Ma non sempre era solo, perché Alenja Bortolotto, la donna di 26 anni che pensava di sposare, qualche volta dormiva al suo fianco. Anche quella notte era in casa del fidanzato. Lui, dopo aver cenato in un ristorante col padre e il fratello, alle 22.30 era passato a prenderla. Cosa hanno fatto dopo quell'orario? Hanno davvero programmato le ferie, o hanno discusso di un problema nato al momento... o nato da giorni, dato il malessere dell'uomo? Ruggero Juncker ai Pm ha parlato di un litigio iniziato nella camera da letto. Alenja, prima di questo litigio (se mai c'è stato, visto che altre cose dette in confessione, mi riferisco ai rapporti sessuali non protetti, non hanno trovato conferma in autopsia), poteva immaginare che il fidanzato togliesse le chiavi dalle porte e cercasse, anzi trovasse, un coltello da sushi? Oppure in quei momenti era sveglia, il litigio lo ha creato lei (voleva lasciarlo come già fatto dalla prima fidanzata?) ed ha capito le intenzioni di Ruggero proprio quando lo ha visto togliere le chiavi e prendere il coltello? Per questo ha preso in mano il telefono? Per questo è corsa urlando fino alla porta principale? Voleva scappare prima che lui chiudesse? Il gesto che Ruggero Juncker ha messo in atto da quel momento in poi, quindi, era dettato da una malattia psichica, un raptus, o è nato dalla rabbia generata dal rifiuto di rapporti sessuali e dalla quasi certezza di essere lasciato? A nessun uomo piace d'essere lasciato da più fidanzate...
Noi non possiamo saperlo, possiamo però ragionare su quanto possa durare un raptus e immaginare Alenja in quei momenti. Come uscire da una situazione del genere, da una prigione dorata con le inferiate alle finestre? Lo spazio è aperto, ma è piccolo e Ruggero di certo si materializzava in ogni dove e le agitava la lama davanti agli occhi cercando di colpirla. Lo dimostrano i mobili caduti a terra, probabilmente è lei che li fa cadere per proteggersi la fuga, e i tagli da difesa sulle mani. E' nel tentativo di sfuggire a quelle coltellate che Alenja scappa. Scappa, ma senza chiavi alle porte diventa arduo salvarsi la vita in un openspace formato da un salone, una camera da letto e un bagno. Ed è in quest'ultimo locale che lei si rifugia, ma una volta dentro, senza poter chiudere e bloccare la porta, il vicolo è cieco e non permette di tornare indietro. Lì, il suo aguzzino la colpisce alla schiena e ovunque capiti per almeno 27 volte... Alenja ha ancora un filo di respiro, insomma è viva, quando lui con la lama le apre il ventre, sposta gli organi ed asporta il fegato (solo una parte verrà poi ritrovata).
La scena di questo massacro dura tanto tempo e le urla della ragazza, rieccheggiando all'interno e all'esterno del condominio, svegliano le poche persone presenti. Le telefonate alla Polizia si sprecano e i minuti sono interminabili. Segno che Alenya, pace alla sua anima, ha sofferto le pene dell'inferno prima di morire. Poi, all'improvviso, l'appartamento si zittisce e tutto tace... almeno fino a quando il ronzio di una lavatrice rompe la tregua. Si trova nel bagno quella lavatrice, Ruggero l'ha avviata e sta lavando gli abiti e gli stracci serviti per pulire. Nel suo cestello l'acqua e il detersivo si stanno inzuppando del sangue di Alenya, priva di vita sul pavimento. Il silenzio, a parte il ronzio, viene rotto dal movimento e dalla voce dei condomini che cercano di capire, che entrano ed escono dalle loro abitazioni. Lui li sente e comprende che è impossibile tentare manovre impossibili, quali il far sparire tutto... ad esempio. Qualcuno ha sicuramente chiesto aiuto ai poliziotti e a quel punto, raptus o no, è un assassino braccato che sa di non avere più speranze. Chiama il fratello al telefono, mentre chi abita nel condominio tace e trattiene il respiro... fino a quando si sentono urla provenire dal giardinetto annesso al bilocale: è il giovane Juncker che grida: "Sono Osama bin Laden, io sono Osama Bin Laden".
Siamo alle battute finali, quando la chiave torna nella toppa e Ruggero esce in strada e si dirige verso l'angolo dello stabile. Sono le quattro e quaranta, la Polizia arriva in via Corridoni e gli agenti vedono davanti al condominio un uomo nudo; lo identificano, lo fanno sedere sull'auto di servizio e lo sentono blaterare: "Sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo". In quei momenti se qualche vicino si affaccia alla finestra, lui dice frasi del tipo: "Un, due, tre, buonasera!". Il giovane Juncker è dunque impazzito... oppure la sua è una recita orchestrata per pararsi il dietro? Un poliziotto scopre il cadavere di Alenja nel suo appartamento e chiama in commissariato. Un altro trova nel bidone della spazzatura, presente sul marciapiede all'angolo della strada, una camicia da notte intrisa di sangue, è di Ruggero. Arrivano i rinforzi e la scena che si presenta a chi deve fare i rilevamenti è di quelle per stomaci ultra-forti. Nessuno resiste in quel bagno e c'è chi si inginocchia e prega. Ruggero Juncker nei primi giorni dice di non ricordare nulla, poi però ritrova la memoria ed ai Pm dichiarerà:
"Avevo chiesto ad Alenja di venire a dormire con me e lei aveva detto di sì. Credo di averla baciata come d'abitudine e sono stato baciato da lei. Alenja mi aveva raccontato che sua madre le aveva detto di aver sognato che lei avrebbe avuto un bambino. Non era incinta, però. Avevo in programma di traslocare in un immobile in via Melzo che avevo acquistato. Si è seduta sul divano in soggiorno. Io ho cercato di sistemare le mie cose nella casa giacché erano due giorni che non dormivo lì. Sebbene non fosse particolarmente sporca, due persone su incarico di mia madre l'avevano pulita, perché mia madre ha una concezione della pulizia più rigorosa della mia. Parlavamo del più e del meno, delle vacanze da fare in Toscana, tranquillamente. Ascoltavamo musica, parlavo con lei di quello che dovevo fare di lì a poco, del fatto che dovevo prendere le medicine che poi non ho preso perché ho sottovalutato le mei condizioni. Ho proposto invece ad Alenja di fumare uno spinello, cosa che facevo ogni tanto. La marijuana la conservo in un barattolo del caffè. Viene dalla Svizzera dove il possesso è legale. Alenja fu d'accordo e ne prendemmo una piccola dose mischiata al tabacco, come d'abitudine. Io ho fatto una doccia e siamo andati a letto, era circa mezzanotte e trenta. Alenja era già a letto, ho cominciato ad accarezzarla come faccio di solito perché Alenja soffre un po' di mal di schiena e mi aveva chiesto se potevo farle un massaggio. Questo ha creato una situazione di intimità. Abbiamo ripetutamente fatto l'amore, credo senza alcun tipo di violenza, anzi ne sono sicuro. La prima volta ho usato il preservativo, lo ricordo benissimo, come d'abitudine. Le volte successive no. Sono estremamente convinto che mi volesse molto bene e desiderasse continuare il suo rapporto con me, credo che ad un certo punto si debbono fare delle scelte. La mia era continuare nella mia relazione con Alenja. Lei non mi ha mai fatto specifiche richieste o posto degli aut aut. Mai. Alenja aveva un grande desiderio di affetto. Si trattava di un incontro importate. Quella notte credo di essermi svegliato e di essermi alzato ripetutamente dal letto. Alenja non si è mossa benché sveglia. Continuava a dirmi di stare tranquillo e mi chiedeva i motivi dell'agitazione. Ricordo perfettamente tutto o quasi tutto. Ero parecchio agitato, cercavo di parlare con lei ma non ci riuscivo. Non ero in grado di ragionare. Ero incontrollabile. Ha cercato di telefonare con il telefono fisso a qualcuno, ma non gliel'ho permesso. Allora si è rifugiata in bagno. Non ha potuto chiudersi perché non ho porte che si chiudono in casa ad eccezione di quelle che danno sull'esterno. Io non ho mai posseduto armi. Non le amo. In quel momento dovevo eliminarla, mi minacciava, mi voleva tutto per sé. Credo che ho cercato di uscire da quella casa, ero molto combattuto, ho cercato le chiavi, di mantenere il controllo, di fuggire da me stesso e dalle mie angosce. Un mio amico mi ha portato dal Giappone un coltello prezioso per tagliare il pesce, che io tenevo in un mobile in cucina. L'ho preso, mi sono diretto verso il bagno e ho ucciso Alenja. Non ricordo il numero dei colpi che ho dato, tanti, il primo alla spalla, e ho fatto delle cose abbastanza irripetibili su di lei, anzi decisamente irripetibili. Anzi se c'è bisogno le posso ripetere. Non ero sicuramente in grado di intendere e volere. L'ho praticamente squartata. Ce la faccio a dire cosa ho fatto del suo fegato. Mi sudano le mani, anzi mi mette in imbarazzo e vorrei circumnavigare la domanda, non vorrei spiegare altro. Mi sono messo ad urlare dalla finestra del bagno frasi senza senso e sono sceso in strada. Credo che Alenja si sentisse in qualche modo, non da me, ma in generale, un po' soffocata e avesse bisogno di esprimersi, sebbene percepisse di amarmi più profondamente di quanto io amassi lei".
Sul suo stato mentale che nei giorni precedenti l'omicidio aveva preoccupato la madre, dice:
"La preoccupazione per la mia salute non era dovuta a una reale mia coscienza, ma a quello che mi dicevano le persone a me vicine con riferimento al mio deperimento fisico e a un lungo periodo di lavoro senza vacanze. L'ultima vacanza l'ho fatta con Alenja a Natale. C'era un catering da organizzare, ma mi infastidiva organizzarlo per quell'impresa. La cosa mi sembrava poco simpatica. Mia madre, cui mi ero rivolto per manifestarle questo disagio, non aveva la stessa preoccupazione e mi convinse. Infatti, l'ultima cosa lavorativa che feci fu di inviare un fax per questa vicenda. Le mie intemperanze, il nervosismo, l'averle detto di essere omosessuale, tossicodipendente e sieropositivo, riguardavano questa storia. Mia madre si preoccupò. Ho detto quelle cose perché ero in uno stato di paranoia. Anche perché, dopo averle dette ho fatto il test che è stato negativo. Io ero sotto panico, pensavo in quel momento che l'evento, il catering, cui la mia società doveva prendere parte, avesse certi presupposti esplicitati dal cliente, caratteristiche ben rigide di quello che volevano. Avevano idee molto chiare, volevano che il cibo e la presentazione fossero consoni al messaggio da dare al pubblico...". (testimonianza reale pubblicata dal Corriere della Sera)
Questo è tutto ciò che serve per giudicare se i dieci anni di carcere sono stati il giusto prezzo da pagare. Ognuno la pensi come vuole, senza preconcetti. D'altronde dopo l'omicidio le scuole di pensiero peritali erano agli antipodi. La famiglia di Alenja, travolta dal dolore ma riservata e schiva, vedeva nell'assassinio della figlia una premeditazione, anche a causa del modo con cui si svolse l'aggressione, dell'arma usata, dei panni in lavatrice, della pulizia dei pavimenti, della chiave non inserita nella porta e del fatto che la ragazza tempo prima aveva detto a sua madre che forse avrebbe lasciato Ruggero (oltre al particolare che era stato lui a chiederle di restare a dormire in via Corridoni). A insistere invece sul raptus psichico erano gli Juncker, che commisionarono al dottor Massimo Picozzi (usuale a collaborare con le procure, quindi meglio averlo accanto che di fronte?) una perizia psichiatrica di parte in cui, a grandi linee, vi era scritto che si ravvisava, nel rapporto madre - figlio instauratosi dopo la separazione della donna dal marito, un comportamento morboso. Che l'omicidio altro non era stato se non il tentativo messo in atto da Ruggero di uccidere non la fidanzata, vittima degli eventi, ma sua madre che quella notte lui identificò in Alenja. Anche la perizia ufficiale chiesta dalla Corte andava in direzione di una seminfermità mentale con disturbo bipolare dell'umore.
Ma da aggiungere c'è anche e soprattutto, che fra la prima sentenza, che si appoggiava alla malattia mentale, e la seconda, c'è stata una sproporzione enorme dovuta al fatto che dopo la condanna in primo grado (30 anni da scontare in carcere a causa della seminfermità e della crudeltà usata sul corpo di Alenja ancora in vita, più 3 in istituto psichiatrico) non si celebrò un vero processo d'appello ma si abbreviò il rito. Si misero d'accordo Difesa e Procura (nel 2002 era concesso, ora non più) che per evitare l'iter processuale trovarono un punto di intesa sulla pena. La Difesa per rinunciare a presentare i "motivi d'appello" chiese uno sconto di 14 anni, la procura accettò la condanna inferiore per non correre il rischio di vederla abbassata sotto quel limite in tribunale (strano ragionamento!!). Così si accordarono su una condanna a 16 anni (ridotta a tredici dall'indulto del 2006) e ai giudici, sia togati che popolari, spettò solo il compito di verificare la validità dell'accordo ed accoglierlo favorevolmente o negativamente.
A parte le stranezze, c'è da dire che negli anni trascorsi in carcere dal condannato, ci sono state da parte della sua famiglia decisioni condivisibili. La migliore, di certo sotto consiglio di buoni avvocati perché presa anche per evitare di fargli scontare gli anni accessori alla condanna in un istituto psichiatrico, è il fatto che Ruggero Juncker sia stato seguito in detenzione da uno psichiatra privato (mandato e pagato dalla madre) che ha cercato di risolvergli il problema mentale ravvisato dai periti. Oltre a questo ad oggi c'è poco altro da dire: se non che grazie agli sconti garantiti dalla buona condotta ora lui è libero di riprendersi la sua vita e a chi non è d'accordo non resta che piangere su una legge di Arlecchino. Una legge che da un lato permette a chi uccide in modo barbaro, a chi si professa malato psichico, a chi è dichiarato seminfermo di mente, di non finire in un ospedale psichiatrico giudiziario e di uscire dal carcere dopo dieci anni. Mentre dall'altro lascia nei suddetti ospedali, per vent'anni e anche più a forza di proroghe di sei mesi in sei mesi e senza un regolare processo, chi ha rapinato settemila lire fingendo di avere una pistola in tasca. Quindi non è Ruggero Juncker il problema, lui è solo un piccolo granello di sabbia capitato in una spiaggia giudiziaria piena di escrementi. Il problema sorge dalla legge e da chi la mette in pratica. Credo che tante persone debbano sperare che Massimo Picozzi non abbia azzeccato la diagnosi o, perlomeno, che lo psichiatra pagato dalla famiglia abbia fatto un buon lavoro sulla mente di Ruggero. Perché è indubbio che ci sia la possibilità di una reiterazione del reato intesa a finire l'opera iniziata con la persona sbagliata. A detta dello psichiatra voleva uccidere la madre e si accanì su Alenja vedendola in lei. Certo, il Picozzi era di parte e lo scrisse e lo testimoniò anche per cercare scappatoie che aiutassero il giovane Juncker a far meno anni in galera. Ma se la sua fosse stata la diagnosi giusta e la guarigione testimoniata dagli addetti del carcere solo un miraggio? Ora che la pena è scontata c'è da dire che Alenja è morta e non incrocierà più Ruggero. Ma occorre tener presente che a parere del perito, chi lui voleva morta era la madre... che è ancora in vita. Cosa direbbero i magistrati se un domani accadesse una disgrazia?
Il problema, ripeto, non è Ruggero Juncker, il problema è la legge che aiuta in maniera assurda chi collabora e confessa un omicidio, che al contrario affossa e da poche speranze a chi si proclama innocente e non può collaborare. Il problema è chi la legge la mette in pratica usando solo la calcolatrice. Abbiamo a che fare con carte legislative accomodanti che non rispettano il dolore di chi resta in vita solo per piangere, carte che se ne fregano della società e di quanto male facciano a chi è costretto, suo malgrado, a diventare vittima. Vittima è sia chi muore a causa di un brutale omicidio, che grazie a condanne miti non troverà mai vera giustizia, sia chi da innocente viene accusato di un delitto e stritolato da un sistema giudiziario che ti vuole colpevole a tutti i costi. Un sistema giudiziario fatto di molti numeri stolti e pochi cervelli dotati di vero buonsenso. Il problema siamo anche noi cittadini che pensiamo esclusivamente al nostro orto e reagiamo emotivamente solo quando ci è comandato... quindi solo quando i media vogliono farci emozionare. Nessuno si indigna se al tribunale di Crotone da nove anni c'è un processo in corso per il furto di una gallina. Ci sono già state 18 udienze, con relativi costi pubblici, e una prescrizione datata ottobre 2012... ma il processo continua perché l'avvocato dell'imputato, un legale famoso che ha abbracciato la causa, l'ha presa giustamente di puntiglio e la prescrizione l'ha rifiutata perché vuole arrivare a una sentenza. Per quale motivo i media nazionali non ne parlano? Perché la nostra informazione si è trasformata in giudice e da tempo decide in autonomia, per convenienza economica o per motivi politici, su cosa deve o non deve interessare all'opinione pubblica. Alla gente piace la cronaca nera... ma anche quando si tratta di omicidi la nostra informazione si mette la toga del giudice, molto spesso i panni dell'inquisitore, e spesso capita che alcuni casi vengano solo sfiorati, quasi non esistessero, mentre altri simili vengano usati per inchiodare lo spettatore al divano.
Perciò, privilegiando l'audience a scapito della giusta informazione, capita che tante vittime della malagiustizia restino mute, ingabbiate in ospedali psichiatrici che di ospedale hanno solo il nome. Capita che uomini mentalmente sani, dopo anni di psicofarmaci in simili strutture diventino instabili. E questo grazie a persone inutili pagate da uno Stato inutile e a quelle leggi che non dovrebbero guardare in faccia a niente e nessuno. Quelle leggi che senza le giuste denunce mediatiche, si piegano sempre più ai potenti accanendosi solo sui deboli senza voce. In fondo tutti i pazzi, se sono davvero pazzi, non hanno una vera capacità di intendere e volere... per questo commettono efferati delitti. Ed allora qual'è il motivo per cui alcuni vengono inviati nelle carceri con padiglioni d'eccellenza e recuperati alla società in tempo record, come lo Juncker, ed altri vengono dimenticati in letamai chiamati ospedali psichiatrici giudiziari?
La mia speranza in un cambiamento imminente vacilla sempre più. Mi consolo pensando che dal 1 aprile gli ospedali psichiatrici filmati nel video sottostante dovranno chiudere (ma davvero non scatteranno proroghe su proroghe?). Mi consolo pensando che fino a quando ci saranno giornalisti e politici che remano controcorrente, che trovano lo spazio televisivo per denunciare le torture riservate a chi non ha le possibilità economiche per difendersi a dovere, per far entrare in carcere uno psichiatra personale, si può ancora dire che nulla è perduto e che tutto è possibile... almeno in teoria (vedi video).
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Piaciuto davvero. Una denuncia amara e senza fronzoli. Gilberto M.
Il problema di fondo, carissimo Massimo, è l'esistenza di una legislazione confusa, e di interpreti ed attuatori delle leggi penali ancora più confusi. L'imitazione servile di modelli stranieri poi ha fatto il resto. Sicché il fondamento di un Diritto penale è stato cancellato: quello delle proporzioni tra reato e pena (simboleggiato dalla celebre bilancia), sorto con l'Illuminismo. Ogni Giudice e Corte giudicante dà come pena ciò che loro pare, attraverso minimi e massimi, aggravanti, attenuanti e confondenti, sicchè il proverbiale ladro di mele viene incarcerato a vita, il mostro pluriomicida o stragista riceve il premio della bontà. In Germania è successo qualcosa di simile o di peggio con l'omosessuale cannibale che ha ricevuto pochi anni di carcere (come un atto "colposo"). Insomma siamo i tempi in cui uccidere conviene, tra perdonismi, pentimenti, condoni, amnistie, indulti, sconti, ecc.). Poi ci si meraviglia del perché di tanti omicidi. La legge penale deve essere non crudele, ma proporzionata, e perciò dissuasiva, partendo dal dato che più dell'ergastolo non si può dare. Ce lo dicevano i grandi filosofi del Diritto; questi miserabili successori invece non dicono nulla e agiscono pessimamente.
Manlio mette, tecnicamente pacifico l'accento su una "proporzione" della pena, condivido ed io aggiungerei anche una "qualita'" della pena.
La rieducazione e' di per se fallimentare, non permette a nessuno di "ripartire" perche' invece che andare a rimuovere, risolvendoli, quei problemi che hanno generato storture ma che pure provenivano da "legittimate educazioni", o perlomeno cosi' percepite, vanno a sostituirsi ad esse "autodichiarandosi legittime".
Fattivamente, sono daccordo che la differenza e' superabile ma non psicologicamente, non serve spiegare ad un incarcerato che deve farsi la barba alle 7 del mattino per sentirsi rieducato e pronto al reintegro, perche' molte volte il problema non e' autodisciplinare, tutto il possibile contrario.
Allora perche' non abbandonare, riconoscendone il fallimento, questo fascistoide concetto di "rieducazione" ed abbracciare quello piu' umano di "riabilitazione"???
Perche' un carcerato deve passare, dovendosi sentire "rieducato" il suo tempo ad esempio buttandolo in celle 5x6 insieme a compagni "rieducati" di sventura???
Perche' non costruire una cultura della "riabilitazione" attraverso il lavoro ad esempio??? Perche' non farli lavorare insegnandogli un mestiere, mettendoli anzitutto nella condizione di potersi pagare da mangiare e dormire con strutture adeguate con interfaccie esterne alla vendita di prodotti, ad esempio, artigianali???
Perche' avere la presunzione di "rieducare"??? In base a quali precetti di grazia??? Che gli spazi personali non esisterebbero??? Che esistono le esigenze altrui nelle file alle doccie???
Perche' non esiste anche una cultura del danno??? Del rimborso??? Uno lavora e paga i danni alle proprie vittime nella parte che gli consente anche di risparmiarsi un gruzzoletto per quando uscira' e di pagarsi le "proprie" spese.
Chi poi, e quale politico, decide i dettami della "piu' giusta" rieducazione??? Quello che si sentirebbe nel giusto rubando tutto il giorno alla carta di fredito istituzionale per dare un ceffone al proprio figlio quando tornando a casa lo scopre che ha rubato un dito di nutella dal barattolo in frigo???
La parola chiave e' RIABILITAZIONE e non RIEDUCAZIONE.
Tornero' forse indietro di troppo ma credo che solo la familias possa arrogarsi il diritto/dovere di EDUCARE i propri figli, la lupa e' solo madre dei lupini anche se puo' dare il latte anche ai bufali.
Quindi un nuovo concetto di carcere, di strutture, di tempo, di riabilitazione, di sostenibilita' carceraria, di umana interpretazione del giusto periodo di "reintegro".
Tra l'altro, ad esempio, una ditta di artigiani mobilieri o mastri d'ascia abbatterebbe anche i prezzi di un mercato sempre piu' suicida ridando dimensione umana all'economia.
E poi questa bestemmia che davanti alla comunita' l'errore di un potente dipenda dal numero dei suoi avvocati a dispetto e discapito di chi ruba un pesce per fame e marcisce di diritto in carcere quando e' la stessa Costituzione che impegna lo Stato a "dare" un lavoro a chi non ne ha.
Sempre secondo me.
Se è vero che gli orrori e gli errori vengono allattati e nutriti nelle aule di giustizia, è ancor più vero che essi sono concepiti e partoriti in Parlamento per fini del tutto avulsi non solo dal bene dei cittadini, ma proprio dal loro interesse in generale. E noi continuiamo indefessi a concentrarci sulla nostra impotenza di fronte alle prime (le aule di giustizia) per scrollarci di dosso la responsabilità di un potere che abbiamo e che dovremmo esercitare sul secondo (il parlamento).
Il caso Junker è la perfetta esemplificazione di quel portare all'eccesso, dimenticandone la ratio e dunque travisandone il senso, il sistema di garanzie del reo e della finalità rieducativa della pena (pur ottime in se stesse come teorizzazioni) di cui avevo parlato nella discussione sulla "colonna infame"; sistemi e finalità che vengono estremizzate e quindi snaturate a partire da impostazioni nate proprio da quell'Illuminismo giuridico, trasposto del positivismo, che - avendo una preziosa missione nel proprio periodo storico - continua a permeare (pelosamente, ammantando di un bel vestito un intento politico lordo e bieco) l'azione legislativa e giudiziaria, astratto dalla mutata realtà, così compiendo (a volte ingenuamente altre volutamente) lo scempio opposto.
Fino ad oggi le diverse scuole di pensiero si sono limitate a puntarsi il dito contro a vicenda ritenendosi ciascuna detentrice della Verità, dimenticando che la Verità non ammette paraocchi che limitino il campo visivo. Di questo antagonismo si è giovata una politica trasversale tutta tesa alla demolizione del sistema legislativo e giudiziario il quale, tenendo bassa la testa del popolo a grufolare tra miserie create ad arte, renda i nuovi sovrani legibus soluti.
ch.
segue...
Non abbiamo un impasto perfetto sol che si tolga o aggiunga un po' di sale, abbiamo piuttosto una porcheria da gettare nel cestino e ricominciare da capo; peraltro senza pregiudiziali rigetti di soluzioni adottate in altri contesti statuali, di cui si vive il rifiuto con la superbia del "noi siamo la culla del diritto": noi siamo la democrazia (..mille virgolette..) messa peggio al mondo quanto ad efficacia legislativa e giudiziaria, quindi vediamo un po' di "scendere dal pero" e guardare con umiltà utilitaristica a differenti esperienze, perché noi dei mezzi abbiamo fatto dei fini e questa – con un paragone biologico - è una malformazione alla nascita che non consente emenda nel corso dello sviluppo.
Rendiamoci conto che più si legano le mani agli operatori di giustizia, avendone sfiducia e dunque cercando una standardizzazione vista come panacea di tutti i mali, più si impedisce loro di adeguare l'azione giudiziaria ai casi concreti, adattando l'azione al mutevole sentire sociale. In particolare penso al lasciar cadere accuse in casi ridicoli come il furto della mela (vedi alla voce "obbligatorietà dell'azione penale") ed il tagliare su misura pene adeguate ad una data azione astrattamente rea ma concretamente non allarmante (vedi alla voce "pena predeterminata per legge"); ciò da noi non è consentito e – se è pur vero che fonda su basi teoriche lodevolissime (che però non fanno i conti con le ricadute concrete o li fanno unicamente con quelle dell’interesse dei delinquenti istituzionali che ne gioverebbero) – avendolo voluto e teorizzato con ardore, non dovrebbe essere consentito poi lamentarcene. Sulla questione dell'azione penale e della determinazione della pena in concreto, ad esempio, il sistema statunitense della elettività dei procuratori e dei giudici (e dunque di un indirizzo, controllo e premio/punizione da parte dei cittadini) e dell'ampia libertà di concepire sanzioni tagliate ad hoc sul reo e sul reato (spesso al di fuori delle sanzioni classiche e ben più efficaci di queste, come accade da noi in parte nella legislazione processual-penalistica minorile) è abominevole sul piano teorico per noi giuristi europei, ma rende un servizio di gran lunga migliore alla società, alla prova dei fatti.
ch.
segue...
Gli abusi che ne derivano sono assai più gravi di quelli che abbiamo noi (vedi motivazione della condanna a Chico Forti)? Forse e allora non lamentiamoci delle nostre più modeste conseguenze, giacchè la perfezione è impossibile. O forse cerchiamo di capire che guardiamo ancora una volta soltanto ai casi eclatanti e che tutto sommato quella impostazione non è poi così malvagia. Ciò che è certo è che le nostre storture non sono risolvibili senza svincolarsi da schemi classici che stanno mostrando tutti i propri limiti (ad esempio per noi è inconcepibile giuridicamente una sanzione non conoscibile a priori, viceversa in alcuni Paesi del nord europa le sanzioni pecuniarie vengono tagliate su misura, al momento, in base alla capacità economica del soggetto; non sarà garantistico ma è molto più efficace). Abbiamo deciso di adottare l'impostazione "meglio un colpevole fuori che un innocente dentro"? Beh, la constatazione che sporadicamente abbiamo comunque qualche innocente dentro ma in massima parte abbiamo torme sconfinate di colpevoli fuori, potrebbe indurci ad adottare l'impostazione opposta, ovviamente corredata da "valvole di sicurezza" atte a limitare il rischio di "innocente dentro". Prendiamo atto, insomma, che l'attuale sconfortante panorama giudiziario non è se non in minima parte frutto di incapacità o cattiva volontà degli operatori ma piuttosto di una impostazione giuridica ben definita a livello di pensiero e di azione legislativa, che alla prova dei fatti mostra tutti i suoi limiti.
ch.
segue...
concludo:
In questa sede mi fermo perchè il discorso è lungo e so per averlo già verificato di trovarmi di fronte ad una opposizione di principio alla mia persona che non consente quel "silenzio degli impulsi agitatori dello spirito" necessario a comprendere le mie parole e rifletterci.
Spero davvero di riuscire a trovare il tempo per compiere ciò a cui sono stata invitata ossia una trattazione scientifica (e perciò spersonalizzata) del tema, perchè sta diventando fondamentale per la sopravvivenza della nostra società una presa di coscienza diffusa [e quindi comprensibile a tutti, anche color che hanno differenti formazioni] che il discorso non è affatto banale nè di scontata soluzione e che guardando nel pozzo è solo il riflesso della luna che vediamo e non la luna stessa.
ch.
Antonello:
non è una questione di terminologia: nello spirito dei codici e della costituzione il "rieducare" (che pone l'accento su una distorta percezione del proprio modo di stare al mondo) significa proprio quel "riabilitare" che hai di mira tu (al mondo ci si sta contribuendo fattivamente con l'onesto lavoro). Non consentiamo che una ferita "personale" - il fascismo e la sua peculiare terminologia - ci faccia perdere in polemiche linguistiche come se una parola cambiasse la sostanza.
"Stat rosa pristina nomine. Nomina nuda tenemus" [U.Eco "Il nome della rosa"]
Anche volendo (auspicabilmente) introdurre il principio "lavora per mantenerti e per ripagare il danno", intanto non è che ciò avverrebbe in virtù del chiamarlo riabilitazione anzichè rieducazione; ed inoltre la terminologia non cambierebbe la sostanza del problema: quid iuris se il condannato si rifiuta? siamo disposti a consentire che gli sia imposto con la forza? oppure siamo disposti ad accettare un meccanismo di aggravamento della sanzione che conduca, in caso di perdurante inerzia, a punire il famoso furto della mela come fosse il pestaggio di una vecchietta? E ancora, siamo disposti a lasciar morire di fame o nutrire a pane e acqua chi si rifiuti di lavorare per guadagnarsi il vitto? Last but not least, siamo disposti con la nostra fideistica e distorta concezione della tutela della riservatezza, a vedere sulla pubblica via (indistinguibile l'omicida dal rubagalline) gente in tuta arancione che sfalcia gli argini o raccoglie immondizia, guardati a vista da sorveglianti armati ed esposti allo sguardo dei passanti? perchè, se lo consideriamo incivile o inaccettabile poi non ci lamentiamo di non farlo. E chi pagherebbe per il vizio dell'opera degli "artigiani mobileri o mastri d'ascia" se essi non possiedono nulla di proprio? l'amministrazione penitenziaria?
E soprattutto, se la riabilitazione la teniamo comunque - come mi pare anche tu faccia - come misura tesa a consentire un reinserimento nella società, come la mettiamo con l'altra istanza di non reimmettere nella società determinati individui? Lavori forzati al ladro e non al serial killer?
Insomma Antonello - premesso che concordo con le tue istanze e che non sto facendo altro che lo "avvocato del diavolo" come nell'altra discussione in cui ci siamo incontrati - fissare un principio è la cosa più semplice del mondo (certo a patto di non introdurre mille distinguo che pur sarebbero dovuti ma che renderebbero la cosa già molto difficile a questo livello di fissazione della regola) il difficile è concepire le sanzioni per la condotta negativa, con l'appoggio di tutte le componenti sociali che non gridino allo scandalo ogni due per tre.
Banalizzando: occorre scegliere tra botte piena e moglie ubriaca, inutile pensare che non si riduca sempre tutto a ciò nella vita di società: compromesso; il migliore in relazione alle specifiche istanze di una certa società in un certo periodo storico, ma pur sempre compromesso. Nella storia umana, fatta di limiti umani, non è pensabile una soluzione ideale ottima a soddisfare tutte le istanze, anche quelle opposte che pur in teoria hanno pari diginità. Una scelta, e quindi un sacrificio, sono sempre richiesti. E una volta compiuta la scelta è intellettualmente scorretto lamentarsi del prezzo. Questo credo io: se stiamo cambiando mentalità rendiamolo noto al legislatore, ma intanto non accusiamolo di non aver in passato legiferato sulla base di nostre precise e differenti istanze ed inoltre non pretendiamo di considerarci immutati rispetto al passato, chè non è vero.
spero di essere riuscita a spiegarmi :-(
ch.
La riabilitazione o eieducazione, che va applicata anch'essa in proporzione e con metodi diversi secondo la gravità del reato commesso e secondo la personalità del reo, dev'essere intesa non solo come lavoro fisico, ma anche come studio. Vi sono molti che si laureano in carcere, o apprendono un mestiere, o si specializzano in modo più accurato nel loro mestiere. Se vogliamo fare un esempio letterario celebre, ricordiamo Jean Valjean nei "Miserabili" di Victor Hugo o "Resurrezione" di Tolstoi.
Se si dovesse trattare solo di lavoro forzato (tra l'altro internazionalmente vietato), non otterremmo risultati significativi, sia che lavori, sia che non lavori. Occorre che il carcerato possa e debba anche studiare, e il fatto che magari sia già colto di suo, non significa che non debba elevarsi ulteriormente, approfondendo lo studio.
Di certo, non è con frasi fatte che si risolvono i problemi, né citando del tutto a sproposito frasi tratte da romanzi, frasi che riguardano controversie di filosofia medioevale (realismo, nominalismo, concettualismo), e non sicuramente la parte "gialla" de "Il Nome della Rosa". Quanto ai "peri", sarebbe necessario che tutti ci salissero, invece di scendere. Salire, salire, e ancora salire: solo elevandosi, non strisciando al suolo come serpenti e vermi, si perfeziona l'uomo, ma elevandosi alle cose dello spirito, nella cultura, nella moralità e nell'intelletto, facendo co-agire questi aspetti, e non separandoli. Ovviamente non si tratta di annientare il crimine, si tratta di ridurlo, come la guerra ed ogni forma di violenza, ai minimi fisiologici, mentre oggi si punta ad ottenere i massimi patologici, in Italia come altrove.
Avremo una civiltà effettivamente umana, quando basterà il pensiero di perdere il diritto di voto amministrativo e politico, e di perdere la stima degli amici e degli altri cittadini, a frenarci o fermarci nel desiderio di compiere atti di violenza. Ma per questo, se mai l'umanità ci arriverà, ci vorrà almeno un altro migliaio di anni.
Attenzione poi ai malintesi storicismi, perché già nel passato anche lontano ci si rendeva conto dell'inutilità e dell'abbrutimento di certe pene o di certi sistemi. Ma i servi del potere assoluto o relativo, i sadici esecutori, gli incapaci con determinati ruoli amministrativi e penali, cercavano la strada più comoda e breve per lasciarsi andare a quello stato psicologico di sopraffazione che non può definirsi nemmeno "bestialità", in quanto la bestia, l'animale, segue l'istinto e non ha princìpi di bene e di male, se non la propria fisiologica esigenza di sopravvivere e saziarsi. L'uomo scientemente attua il male, e spesso con ferocia e crudeltà volute, solo per soddisfare le sue psicopatie. Il primo "codice deontologico" per i giudici si trova espresso ancora nel Diritto Mosaico (Esodo, Deuteronomio), in modo estremamente chiaro. Nondimeno sappiamo come i magistrati inquirenti e giudicanti si siano comportati nel passato e continuino a comportarsi nel presente. E se si vuole un romanzo, tanto per non restare nel difficile, si legga il "Caso Mauritius" di Wassermann, ambientato nella Germania di Weimar.
Quanto al fascismo, infine, va ricordato che esiste il reato di "apologia del fascismo", come di ogni dittatura anche di estrema "sinistra". Il rifiuto della dittatura, di qualunque genere, è il rifiuto della violenza dei pochi sui molti, dell'uso del terrore (carcerario, o manganellistico, o con torture e pene capitali).
la smetta Tummolo! Si riempie tanto la bocca di liberalismo e non-violenza e poi è il più tiranno e violento di tutti, con la sua superbia che pretende di tappare la bocca a chi non le aggrada e profusione di striscianti insulti. si dia un limite! aveva detto che non si sarebbe curato di me, lo faccia perdio e mi lasci interloquire con gli altri! lei sta rasentando davvero il cyberstalking, la avviso.
ch.
il precedente riguardo alla prima parte.
quanto alla seconda, sull'apologia del fascismo manco mi metto...lei ha una incapacità di distaccarsi dall'identità dell'oratore per tener conto solo di quanto detto, che non capirebbe il senso di una filastrocca per bambini se recitata da me. quindi concludo con una sua illuminazione: "L'uomo scientemente attua il male, e spesso con ferocia e crudeltà volute, solo per soddisfare le sue psicopatie".
ch.
Senza voler creare polemiche nuove, Manlio, devo dirti che la persona in questione non è un fantasma. Io so chi è e questo dovrebbe bastare a chi commenta per non insistere su una linea polemica personale che non porta a nulla. Anzi, porta ad allontanare la voglia di inserire commenti in chi non ama trovarsi al centro di polemiche personali che non gli appartengono.
La questione l'ho già chiarita giorni fa: le vicende personali devono restare nel vostro privato e non devono entrare nel blog, dove si possono discutere le idee ma non le persone che commentano e che per me esistono, visto che mi hanno inviato mail dandomi un nome e un cognome.
Massimo
Caro Massimo, capisco la cavalleria, ma tu ed io siamo due persone diverse. Nessuno che scrive qui, anonimo o no, non esiste. Dipende come e con che valore.
Comunque, visto che io ho un nome ed un cognome, ti faccio sapere qui che la collaborazione con questo blog, d'ora in avanti cessa. Come quelle del papa, le mie dimissioni sono sempre irrevocabili. Di scrivere qui, come si usa dira, non me l'ha imposto il medico.
Tenetevi le professioniste.
Distinti Saluti a tutti,
Manlio Tummolo
Sicuramente non mi ero spiegato bene io, non parlavo di lavoro imposto o forzato ne tantomeno di schiavismo imposto contro gli elementari diritti civili di ogni essere umano.
Parlavo di lavoro "retribuito" e scelto liberamente, parlavo di percorsi "riabilitativi" a partire dalla, quanto piu' possibile, ripresa di un'autodeterminabilita' di chi puo' aver commesso un errore creando anche gravi danni alla comunita' ed ad altri compartecipanti, perche' anche la "liberta' responsabile" e' un importante muscolo da riabilitare.
Non intendevo, carissima Ch., ridimensionare il problema ad una semplicistica terminologia, definire una proposta "riabilitativa" era solo per tentare di racchiudere nell'esposizione l'immenso valore di una mano tesa e di una nuova opportunita' ricolma di consapevolezza su quanto sia arricchente sapersi perdonare e riabilitare con sudore ed impegno.
Positivissimo, e condivido a pieno, il riferimento importantissimo anche allo studio che mi risulta gia' sia possibile ed attiva come opportunita' nel mondo carcerario attuale, con i propri limiti.
Teniamo anche conto del fatto che sempre piu' , fuori dalle carceri, si continua a sovvenzionare scuole private volendo volutamente distruggere il pubblico concetto che tutti avrebbero un sacrosanto diritto allo studio prescindendo dalle possibilita' economiche, non vorrei insomma che per laurearsi, fra un po' di anni, ad un povero non rimarra' che rubare una mela per essere sbattuto in carcere e poter cosi' finalmente finire gli studi in pace e gratuitamente.
Aggiungerei l'annoso problema di un equilibrio sentimentale che in carcere viene evidentemente e dannosamente a mancare nella pretesa di rieducare il malcapitato limitandone l'affettivita' alla masturbazione ed all'omosessualismo, non proprio soluzioni ad un reale problema.
Per tutto questo, ma in ogni campo, e' essenziale la passione degli operatori per il proprio "mestiere", non basta insomma chi vuole un lavoro come posizione sociale, non serve chi ama le poltrone o chi si fa raccomandare, qui invece la chiave terminologica e' "meritocrazia di giustezza".
In ultimo, aggiungerei il favorire la frequentazione da parte dei carcerati, in totale trasparenza, del mondo virtuale in modo e maniera che possano apprezzare un mondo di regole e socialita' sempre al passo del tempo che non devono perdere.
Direi che il mio motto sarebbe "evadi dalle celle mentali ancor prima che fisiche e sentiti libero oltre ogni grata o tramonto".
Antonello:
diverse case circondariali già offrono programmi volontari - oltre che di studio - di lavoro e di formazione professionale, è bene che ci siano e saran sempre troppo pochi, ma la qualità del detenuto medio è molto diversa da quella che noi vogliamo sperare sai, dopo ti dirò la consapevolezza che ho maturato mio malgrado. Ora mi concentro su ciò: fai benissimo a parlare di questo problema, la situazione penitenziaria è al collasso praticamente da sempre; le condizioni che dovrebbero essere ordinarie per un carcere moderno, sono eccellenze da servizio televisivo. Il resto è degrado. Anche le carceri di piccola città con modesti tassi di criminalità sono in cronico sovraffollamento, le strutture sono fatiscenti, nessun programma riabilitativo, personale penitenziario del tutto demotivato e anni anni anni di promesse peri-elettorali di intervento, che ovviamente durano lo spazio di uno scrutinio. Tutta Italia è così...e vedo che non solo alla politica ma proprio alla gente non interessa (e non mi si parli di crucci maggiori in periodo di crisi, perchè il menefreghismo è identico negli anni di benessere) e molti ritengono che, anzi, ai carcerati "bisognerebbe togliergli il materasso e la tv che son mica in albergo", dimenticando che in quei luoghi fatiscenti, lugubri, degradati e degradanti ci lavora gente perbene; che le conseguenze del menefreghismo (istituzionale sostenuto da quello popolare) sono rei che escono peggiori di prima e, reato dei reati, amnistie e indulti che ammazzano definitivamente la valenza intimidatoria di uno stato e della sua legislazione penale e producono l'effetto sconto e supersconto di cui poi si scandalizzano.
Ciò detto, come anticipavo, l'altro lato della cittadinanza ha una visione decisamente romantica e irreale del detenuto medio, prodotto di sfortuna, degrado o errore e anelante "una vita migliore" sol che gliene si offra la possibilità. Io facevo parte di tale categoria finchè non ho toccato con mano che la realtà penitenziaria è fatta da una stragrande maggioranza di persone che anche in reclusione continuano a ritenere da co@lioni una vita "regolare" di lavoro, che non ha nessunissima intenzione di cambiare, ai quali l'unica lezione che interessa è imparare qualcosa di più per beffare meglio lo stato e le sue regole la prossima volta. Quando qualche direttore ed educatore volenterosi riescono a mettere in piedi un qualche programma, constatano che non gliene può fregare di meno al 90% di queste persone, mi spiace dirlo ma è così. In media è gente che se n'è fregata pure del processo e che si fa viva con l'avvocato d'ufficio solo quando, dopo taaaaaante condanne (problema dei problemi), si trova "al gabbio" e cerca il modo di uscirne...ma mica con programmi e lavoro eh, no: chiedono la furberia, il trucco magico, la pelosa comprensione di impronta pannelliana...ho parlato di recente con un agente penitenziario di un grande carcere con fama d'eccellenza quanto a programmi e mi ha confermato che, spenti i riflettori, in quelle sale "di recupero" non si fa altro che cogliere l'occasione per spacciare, mercanteggiare, formare bande e programmare futuri reati...una disperazione. I più dotati di buona volontà ne fanno un mezzo strumentale per ottenere - tramite viscida captatio benevolentiae di educatrici e cappellani - sconti di pena che gli consentano di tornare il prima possibile nel mondo "dei furbi" e che malcelano la sufficienza, se non il disprezzo proprio, con cui continuano a considerare chi ha una vita regolare condita di sacrifici...mi spiace antonello, certo non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma credimi se ti dico che abbiamo una visione un po' troppo romantica del detenuto medio. Che, poi, offrire una regime penitenziario decoroso lo dobbiamo alla nostra dignità di popolo, oltre che al rispetto per le persone che vi lavorano, non ci piove.
@Ch.
Si, un po' OT ma e' un tema importante.
Tu dici romantico, io ti rispondo idealista, la mia e' una posizione idealista perche' si e' "argine" e non "soluzione", non "converti" i concetti delinquenziali, se non esiste la difesa del libero convincimento e della conseguente determinata sua realizzazione non si "iniziera'" nemmeno la strada, in questo senso essere "romantici" od "idealisti" e' indispensabile.
Se non si crede possibile la riabilitazione di un inabilitato da un errore come si puo' pretendere che si riabiliti da solo, ed e' forse meglio e meno "inutile" pensare che si possa "rieducare" chi in pari livello comparato non ne vuol sapere, o "non gliene puo' fregar di meno"???
Non credo, "rieducare" crea ulteriori danni perche' si innesta, quando riesce, in una educazione che a monte deve essere esistita od autodeterminata, la "rieducazione" quindi e' un dato del tutto soggettivo che si vorrebbe innestare illegittimamente, perche' partente da posizioni illegittime al soggetto, nella psiche di chi, a maggior distorto, non gliene frega di meno.
La "riabilitazione" invece parte dalla situazione oggettiva di un detenuto di non poter "attivarsi", di dover riconoscersi "inattivo" perche' detenuto appunto, e da una sua libera ed alternativa opportunita' stipendiata lavorativa e di studio, perche' per me non si possono scindere nel reale e non vedo perche' scinderli in "lussuosi e gratuiti" carceri.
Lo studio costa, fuori e dentro, e sin che qualche luminare "idealista" politico decide che costa deve costare per tutti od a cifre proporzionate, qualcuno vede proporzioni nell'attuale sistema del diritto allo studio???
Va beh, cio' che appunto proponevo io ha un valore propositivo perche' gia' a valle rimane il mondo carcerario, il problema non e' esclusivamente carcerario, a monte esiste un dramma di valori sociali, un problema culturale che vuole sempre piu' ignoranti i poveri, che non vuole un sistema assistenziale per la codardia di dover scegliere di eliminarne le storture ed i privilegi, il carcere e' il frutto della societa', per carita' come lo sono i buoni profumini, i cravattari benpensanti ed infine anche qualche serio/a e bravo/a ragazzo/a.
Direi che ci vogliono dei referenti onesti e seri, oltreche' "non vuoti", per "tentare" di realizzare qualcosa che ci permetta di poterci autodefinire "una comunita'", perche' sino a quando ci si siede solo nelle poltrone per stimolare i brufolini di natica, oh pardon per il francesismo anatomico, non vedo dove si possa andare.
E la soluzione, anche del sistema carcerario, od in parte almeno, e' tutta li.
Vogliamo o no una comunita'??? Accettiamo di autotassarci perche' esista??? Una comunita' ha un suo sistema assistenziale, previdenziale e medico??? Lo vogliamo o no??? Una comunita' riconosce a tutti il diritto allo studio o solo a quelli che possono pagare??? Che cosa vogliono fare i professoroni massonici di tutte queste problematiche??? Ed il popolo italiano cosa vuole??? Rimanere una comunita' o farsi sciogliere nell'acido privatistico???
Ed alla via cosi' tutti i problemi, l'integrazione paritaria "esclusivamente nelle fabbriche non a caso", vogliamo questo??? Vogliamo un'integrazione di un popolo in un altro popolo ormai privo di identita'??? Ma chi e quanti vogliono le soluzioni ai problemi??? Chi fa finta di credere che il cancro sia un problema e quanti ci guadagnano sopra creando paliativi, fango dove rigirano felici vermetti da usignoli.
Ecco direi che bisognerebbe avercene di idealismo, ops romanticismo.
Sarebbe gia' buono.
Antonello:
a dispetto di quanto magari è sembrato condivido tanto il concetto quanto il tono. In particolare, attraverso il concetto di "innestare" ho capito cosa intendessi dando importanza alla terminologia, che in realtà è sostanza. Chiaro e stra-giusto.
Tu poi hai allargato la visuale a tanti aspetti della nostra concezione di Stato e di società e coglierei la palla al balzo per un nuovo parziale o.t. (tanto noi soli siamo) l'irrealtà dei redditi dichiarati da chi può barare rende impossibile tanto uno stato sociale con servizi gratuiti pagati a monte con le tasse proporzionate al reddito, quanto con pagamento a valle dei servizi, sempre proporzionato. E qui c'è un macroproblema di ordine pratico [lasciamo stare l'altro abominio che "ferma" gli scaglioni alle centinaia di migliaia e fa godere quelli dei milioni, che tanto se manco pagano l'aliquota attuale figurati che cambia ad elevarla!]. Poi ci sono le storture di ordine ideologico, che io identifico ad esempio nella necessità per tradizione giuridica di prefissare sanzioni pecuniarie uguali per tutti a prescindere dalla capacità reddituale, mentre in entrambi i casi la proporzione è la chiave dell'efficacia: una ammenda da 1.000 non fa paura né al ricco per il quale è un bruscolino, né al povero per il quale è così esosa che non la pagherà mai; al solito è il medio (nè ricco nè povero) a pagare per entrambi e, considerato che normalmente è anche l'unico che paga davvero le tasse, si impoverisce progressivamente, va a rimpolpare le fila dei poveri, si disaccultura perchè "perder tempo" a studiare diventa un lusso ed ecco che l'oligarchia dei ricchi e furbi domina incontrastata. Anch’io NON CREDO SIA UNA DINAMICA CASUALE: la mobilità sociale e la cultura diffusa hanno dato MOLTO fastidio e sono state stroncate. L'altra stortura ideologica (figlia di un travisato politically correct) che ho sotto il naso è quella della esenzione dalle spese processuali per le materie di lavoro e di famiglia: fino all'anno scorso NESSUNO pagava per adire il tribunale, foss'anche un dirigente da 20.000 euro al mese o una coppia milionaria. Ora si è introdotto un piccolo "dazio" che ancora non tiene conto della proporzione: controversie di famiglia a pagamento per tutti e controversie di lavoro solo oltre la soglia di circa 37.000 euro. Senza esenzioni nel primo caso, senza progressione nel secondo. E ancora, i miserrimi (si parla di reddito annuo fino a circa 10.000) godranno del gratuito patrocinio, i ricchi godranno per l'esiguità e i medi pagheranno per entrambi. C'è poi stato fino a poco fa un nuovo tentativo di creare privilegio travestendolo addirittura da vantaggio sociale: la mediazione obbligatoria, coi suoi costi, aveva fermato migliaia di cause a Banche, Assicurazioni e Grandi Società (chè già costa andare in trib., se poi il costo raddoppia ti tieni il sopruso e amen).
segue
Sconforto ovunque si volga lo sguardo, certamente ognuno può per il suo settore raccontarne tante di analoghe storture (come l’esempio che portavi tu: l’università, faccio per dire, non può costare 3.000 euro tanto per chi guadagna 40.000 quanto per chi guadagna 10 volte tanto; è una stortura ideologica, una bella veste messa ad un zozzo)! Se a questo stato di cose aggiungiamo i carichi da 90 – 1. che manca informazione imparziale e strumenti di comprensione diffusi (vedi il grande inganno della mediazione ad esempio) e – 2. che incredibilmente da noi un evasore, un corrotto, un ladro col colletto non vengono emerginati socialmente e additati come parassiti ma quasi idolatrati, si capisce bene perchè gente con pochi freni morali si dia alla vita criminale: ad esser povero e ad esser ricco in qualche modo te la cavi; solo ad essere un onesto medio la pigli derrière. Cominciamo allora a schifare i parassiti, a riservare l'appellativo "onorevole" a chi onore ce l'ha e non si comporta da pezzente che fin lo spazzolino si compra coi soldi pubblici; diamo maggiori servizi ai detenuti (ai quali riconosciamo almeno 1-la responsabilità delle proprie azioni e 2- lo scotto di essere socialmente emarginati se non cambiano vita) in modo da ottenerne una riabilitazione a beneficio di tutti, ma al contempo imponiamo loro di pagare avvocato processo e detenzione com'è giusto che sia [lavorando!]; piuttosto tagliamo diritti e dignità sociale ai parassiti travestiti da brava gente senza pietà (no sanità, no istruzione e al diavolo le belle parole) eh diamine!
Scusa il discorso "da bar", qualunquista, con grandi difficoltà realizzative e magari pure un po' fascistoide, ma santo cielo tutto il troppo parlar per aulici principi di cui ci infarciscono dalla culla alla tomba, senza far conto della qualità suina di buona parte dei consociati (confortati dall'assenza di reazione concreta della parte "nobile") non porta da nessuna parte.
Spero di non averti infastidito col tema e il tono.
E tutto ciò grazie alla nostra giustizia e magistratura MARCIA, MALATA E POLITIZZATA!
politicizzata...
Filippo:
riferendosi alla Corte Costituzionale che boccia immancabilmente ogni (timidisssssimo) tentativo di riequilibrare la sperequazione contributiva, retributiva e di classe (interpretando FALSAMENTE principi costituzionali aventi una ratio e una origine del tutto diversa...vedi ultimi interventi in tema di pensioni e retribuzioni degli alti funzionari e dirigenti) o viceversa avvallando tante Finanziarie e Leggi sulla P.A. del tutto incostituzionali, ti do PIENAMENTE ragione.
al resto della magistratura, invece, non capisco come imputare - oltre alle ALTRE gravissime - (anche) le responsabilità di cui parliamo. Mi spieghi meglio?
[non vorrei tu ti riferissi alla leggenda della magistratura rossa che impedirebbe la presunta politica di sviluppo di "qualcuno" perchè, filippo, la storia politica dell'Italia democratica ci ha insegnato che la testa del pesce ha sempre puzzato, di qualunque colore fosse].
@Ch
No e perche' dovrebbe infastidirmi il tema o il tuo tono, esponi le tue idee in maniera assolutamente non offensiva per me, non mi offendono mica le idee diverse od uguali alle mie, sono altre le cose che infastidiscono.
Direi che avremmo esaurito il tema sulla constatazione amara che forse siamo i pochi su questa terra a ricercare soluzioni ai problemi.
In tutto il mondo dirigenziale non esiste uno che nelle decisioni non ci infili la convenienza, e non che tutte le soluzioni sconvengano, il problema e' che se si risolve gli enigmi scontati riaffiorano problemi sconosciuti sul serio, hanno paura insomma credo, un po' di essere giudicati inadeguati ed un po' di esserlo sul serio.
Basta ammirare dove e' arrivato il progresso tecnologico informatico a dispetto di un'immunodeficienza che ancora non si riesce ad ammettere come chiaramente creata dall'uomo, esempi ve ne sono a migliaia, se non c'e' crisi la si crea per spostare il livello, qualcuno infatti trova soluzioni, un brutto vizio, gli si sbatte subito un problema creato e tutto si riesce a ripilotare, il tutto bellamente mentre con l'altra mano si rifocilla l'industria bellica.
Ed al voto tutti vergini come immacolate concezioni a chiedere voti, a far finta che insomma tutto non sia pilotato, ma a chi interessano di questi diversamente intelligenti i problemi del mondo carcerario???
Cane non mangia cane e professore non svela professore, si coprono tutti come Adamo ed Eva, una foglia sugli occhi e via, ed il resto attira la conveniente attenzione.
Al carcerato non gliene puo' fregare di meno, ai politici non gliene frega di meno, a nessuno gliene frega.
Vedi allora che le soluzioni non convengono??? Che i problemi costituiscono gli alibi alle impossibilita' convenienti??? Un carcerato stara' strutturalmente bene solo se i porci sopra i suoi destini riescono a dividersi la torta della costruzione di un nuovo carcere, ed allora via, condizionatori nuovi, giardini, sale tv e laboratori a non finire, costruiscono i palazzinari, pure se manca un "progetto" costruiscono, si hai ragione, non gliene frega di meno a nessuno, se almeno poi non pretendessero di "rieducare" magari avremmo delle speranze.
Scadiamo nella polemica ma e' inevitabile, come fai a non vedere che son riusciti a trovare un senso anche al populismo, talmente in basso che siamo costretti a comparare il nostro sviluppo sulla resa dei Bund, anche a costo di creare schiavismo dobbiamo essere alla pari, non esistiamo piu' come identita' e siamo rappresentati da finti e ricchi "preoccupati".
Tutto e' ribaltato, le speranze sono tutte chiuse, noi pienamente liberi ma schiavi di ogni cosa, dei videopoker, della droga, della stupidita', del gioco pilotato, degli appalti di qualcun altro, delle regole redatte come vestiti addosso agli altri.
Credo che un ragazzino che sta in carcere per una mela rubata guardando cio' che sta accadendo rimane allibito, forse ringrazia di essere finito in carcere, almeno ha delle grate vere.
E noi fuori, liberi, che se vogliamo un tozzo di pane dobbiamo conoscere, farci raccomandare, accomodare, mai dir la verita', tantomeno cio' che si pensa, il signorotto o la signorotta potrebbe restare offeso/a, e te, cara Ch. mi chiedi se mi infastidisce il tema od il tuo tono???
Sei un po' ottimista o sbaglio???
hahahaha...la tua chiusura mi ha fatto spanciare! resto sulla risata immediata perchè se subentra l'amarezza della riflessione, addio.
a voler trovare un'estrema sintesi: mala fede. rigogliosa, autoalimentante, vigliacca e paternalistica mala fede.
la tua frase "i problemi costituiscono gli alibi alle impossibilita' convenienti" merita un posto tra gli aforismi del secolo!
l'altra grande amara constatazione è che più l'individuo e la società accettano di distaccarsi "modernisticamente" dalla propria identità e dai vincoli etici, più guadagnano la libertà di scegliersi in sacrosanta e fiera ignoranza la schiavitù che meglio preferiscono. Troppa grazia Sant'Antonio!
@Ch.
Ogni tanto fa piacere una sana e riabilitativa risata.
Carissimo Massimo,complimenti per l'articolo,ho sempre qualche dubbio da chi valuta questi individui ristabiliti,e non vorrei che tra un po di tempo sentiremo che uccide la madre,o qualche altra ragazza che non ha fatto in tempo a conoscerlo e conoscere i problemi avuti in passato.Sono d'accordo con il Prof Tummolo riguardo a una cattiva interpretazione delle leggi penali nei confronti di questi individui,ma il problema non è solo in Italia,basta ricordare il tizio che in Norvegia a fatto un'autentica carneficina,ed è stato condannato a ventuno anni di carcere,da passare in una cella con tutti i comfort,e questa è giustizia? E quando tornerà libero saremo sicuri che questo tizio non farà un'altra strage di innocenti?il problema sarà sempre di chi si assume certe responsabilità sull'avvenuta riabilitazione del soggetto.Vuoi il mio parere? chi commette certi crimini non dovrebbe più uscire dal carcere per il resto dei suoi giorni,e pace all'anima sua.La storia ci ha insegnato tanto in passato,solo che poi rifacciamo gli stessi errori,e poi piangeremo altre vittime,e magari diremo come sempre che tutto era previsto.Buona giornata a tutti ed anche a chi ha fatto di tutto per rendere il discorso più complicato di quello che è con commenti alquanto discutibili,chi vuol capire capisca.Un caro saluto al carissimo Prof Tummolo,e all'amico Gilberto.
@Vito Vignera
non so se la sua ultima critica riguardava l'escursione Ot sul concetto attuale e sulla realizzazione della carcerazione anche da me affrontato.
Semmai mi spiace non abbia gradito e partecipato visto che si e' premesso fosse un argomento OT ma di importante rilievo, perloppiu'in questo post di Massimo vi erano sei o sette commenti e quindi "appariva" piuttosto assente di commentatori.
Per quanto mi riguarda il rivolo OT era un rivolo che a me interessa particolarmente, e premettendo che era OT mi sembra che proprio Massimo avesse a dire, anche in altri post, che tutti questi vincoli tematici non dovrebbe essere intesi come "tagliati con l'accetta".
Che poi il tema prettamente pratico sia franato per passione nella discussione filosofica puo' aver magari dato l'impressione di modi "complicati" di affrontarlo, questa a me non sembra una gran colpa, vi era una disquisizione "tecnico-giuridica-filosofica-sociale-culturale" fra "RIEDUCAZIONE" e "RIABILITAZIONE" che non e' semplice cogliere in tutte le sue sfumature e daltronde, ripeto, era una differenza che per gli utenti che la commentavano e che in onesta' hanno premesso l'OT, io fra di essi, era nodale ed importantissima.
Che il blog non sia un abecedario puo' starci su certi argomenti di per se non semplici, che non sia casa privata e' scontato, che lo spazio fosse vuoto mi sembra limpido, che abbiamo tutti premesso l'OT altrettanto, probabilmente non sono "chi doveva capire" e mi spiace, ripeto, non si sia nella sola lettura invece gradito.
Saluto anche io il Prof. Manlio Tummolo.
Antonello:
"probabilmente"?? che fai, lo spiritoso? ;-)
io oramai quasi quasi mi ci lusingo con tutta 'sta attenzione! °_°
p.s. io oltre ai saluti c'ho messo privatamente ramoscelli d'ulivo e calumet della pace ma la merce non piace...pazienza.
Chiedo venia per l'OT e se rubo spazio vitale ai numerosi commentatori.
@Chiara
Evidentemente anche lo spirito riabilita la mente, rallegra le meningi, tempra l'adattamento.
Un utente non e' per tutti e tutti non sono per un qualsiasi utente, e' lapalissiano, daltronde e simpaticamente, anche te, hai una passione viscerale per le sfide che alle volte puo' creare dei problemi.
Ho gia' ribadito che stimo ambedue, ognuno con le caratteristiche che caratterizzano, scusa il gioco di parole, credo che l'approccio conti "veramente troppo" nelle relazioni come nelle discussioni, e che determinati preziosi scambi di "pacifiche vedute" potrebbero avere valore ben piu' costruttivo in diversi frangenti, stati d'animo, humus, escalation.
"Probabilmente" sono l'unico a pensarlo, spero incidente diplomatico chiuso.
p.s. non so se probabilmente non ero io a dover capire ma giuro non ho mica capito il senso, l'ho sempre detto che son da crocifiggere se non fossi sicuro che ne parlerebbero per duemila anni.
Antonello Sempiternus Magister Aforismorum! ^-^
Consoliamoci, chi ha i "sordi" puo' sempre uscire su cauzione seppur "potrebbe" avere massacrato una povera crista senza lo straccio di una colpa proporzionata.
Io sono allibito.
Pistorius insegna in barba ai nostri discorsi complicati.
P.s. giuro mo mi metto d'impegno a studiare il latino
...è l'ammmeriga fratello!...(inteso come sistema di pensiero, so che siamo in Sudafrica; oh, qui non posso mica mostrar nudi fianchi così alla leggera!!)
p.s. sì, però vedi alla voce "maccheronico", sempiterno maestro d'aforismi! ;-)
Mo mi vuoi far cacciare dal sito.
Cit. Lorenzo il Maccheronico -Borgo Val di Sesia - incipit Pregone del 1767 d.C.
"pure tu, leggiadra ed istrionica pulzella, ceo sai che ridere non e' questione".
P.s. e' il "sempiterno" che mi mette timore, ma e' un'imprecazione??? Posso giocarmelo al lotto???
P.s. di P.s. ma con una cauzione si puo' anche resuscitare in Sudafrica???
p.s. no, in realtà se magna.
p.s. di p.s. chiedi ai mmerigani; i sudafricani se pijano li sordi ma pè le cose serie se tengono er voodoo.
mò c'hanno da cacciarce en compagnia... ;-)
Carissimo Prof Tummolo,mi dice di quale professioniste parla,visto che dai commenti che leggo non c'o capito una mazza? discussioni che personalmente mi sembrano fuori luogo.Controversie personali portati in un blog,a quale significato? Certo che tutti esistono caro Prof,anonimi e no solo che c'è qualcuno che sembra stia predicando il vangelo a quale scopo non l'o ancora capito ,e oltretutto in latino,per finire in dialetto romanesco.E poi dice che è Lei a riempirsi la bocca con la sua superbia e tirannia,mah,credo che dovrò chiedere lumi a qualche scienziato per capirci qualcosa,pazzo naturalmente,altrimenti credo che non capirebbe il discorso.Credo che a 57 anni mi tocca ritornare a scuola per capire certi commenti,la semplice terza media non basta più in questo blog,servono almeno tre lauree per dialogare.Ma, vi costa tanto il cercare di essere più umili,semplici,e lineari nell'affrontare certi argomenti?Cordiali saluti da un povero Cristo e anche un po ignorate,di certo non uno stupido.
Gentile signora Chiara,credo che il senso del ridicolo sia stato quello di andare non solo fuori tema riguardo all'articolo di Massimo,ma anche quello di non aver chiesto scusa per le sue gratuite offese verso il carissimo Prof Tummolo.Dei suoi discorsi da persona tipo"IO SO TUTTO E PARLO 6 LINGUE" a me non interessano,a me piace parlare per come mangio,e di certo non mangio caviale come Lei tutti i giorni,altro che ridicolo,ma per favore.
appunto: ma per favore...
molto pertinente all'articolo di Massimo, comunque. Complimenti per la coerenza.
E anche per la disinformazione.
Chieda al Suo mentore a cosa mi riferisco e vediamo se ha l'onestà di dirglielo.
A che pro questa tirata comunque?
non può rimanere a rodersi a casa sua, deve proprio vomitare qui?
Se soffre d'incontinenza verbale la mia mail è a disposizione, la usi.
E Lei per forza qui deve venire a chiarire le sue diatribe con il Prof Tummolo? vada Lei a vomitare il veleno che ha dentro da un'altra parte.
ma la smetta, ridicolo! io ero qui che parlavo con antonello ed è arrivato lei con i suoi sproloqui che a nessuno interessano, a provocare una risposta che a nessuno interessa. non contento della prima rimozione dei commenti, ha voluto reiterarli.
la invito nuovamente a non ammorbare la generalità ed a venire in privato a fare tutte le rimostranze che crede se proprio non vuol tacere.
In effetti, anche io stimo Manlio Tummolo ma e' un po' insolito, in forza di questa stima, inseguire in ogni dove i Suoi "interlocutori" pretendendone di estrarne ovunque argomentazione coerente al tema omnicomprensivo.
E' stata una discussione fra di Loro e Loro vedranno, da adulti non abbisognevoli di difese, come e se chiarire anche estreme divergenze, non vedo questa necessita' a continui richiami, puo' capitare a tutti di litigare, la "squadra" e' tale anche se aspetta un attimo in attesa che due si possano spiegare, dopodiche' non e' corretto, a mio umile parere, insistere.
Chi non ha mai litigato in blog e forum scagli la prima tastiera.
Carissimo Antonello vedo che hai capito il concetto della discussione,non ho nulla contro la signora Chiara,ma,mi ha dato fastidio il dover perdere un amico del blog con cui scambiavo delle semplici opinioni sul caso di Sarah Scazzi,punto e basta,solo per questo ho preso le sue difese,anche se il Prof Tummolo sappia difendersi da solo,questo per il rispetto e la stima verso il Professore,e di cui non ha fatto mai mancare la sua cordialità nei miei confronti,ed anche verso altri amici del blog,nulla di più e nulla di meno.E sopratutto non ho bisogno di dare del ridicolo agli altri,le offese non mi sono mai piaciute. Cordialmente ti saluto.
guardi che io non ho cacciato nessuno sa? non ne avevo desiderio nè interesse nè tanto meno piacere o potere ed in seguito ho provato per ben due volte a richiamarlo qui in spirito pacifico! cosa vuole, che me ne vada io perchè torni lui? i modi per ignorarsi ci sono di persona figuriamoci in un forum! non può prendersela con me per una decisione sua, le pare? io sono l'alibi di una decisione maturata per altra ragione, seppur collegata, e se ripercorre il filo a ritroso vedrà che la individua.
Comunque, signor Vito, non dica che non ha nulla contro di me e che le offese non le piacciono perchè i suoi posts dicono l'esatto contrario. libertà di darmi addosso sì, ma senza poi nascondersi dietro a un dito per favore.
Le chiedo scusa se ho esagerato ,ma in certi momenti si perde il lume della ragione,e Lei può ben capire il fatto di aver perso un amico con cui scambiavo delle opinioni,e che si aveva un dialogo amichevole da diverso tempo,stop chiuso il discorso,e importante che faccia dei commenti di facile interpretazione,altrimenti mi viene difficile commentare,e partecipare al dialogo. PS cerchi di metterci tutti i mezzi per far ritornare il carissimo Prof Tummolo,cordialmente la saluto.
farò tesoro del suo consiglio, signor Vito.
comprendo il Suo dispiacere e spero che almeno questo, unitamente a quello degli altri, induca il signor Tummolo a tornare.
buon proseguimento di serata; la prossima occasione d'incontro sarà migliore, ne sono certa.
Grazie, vede che basta poco per avere un dialogo amichevole,la stessa cosa succedeva con il Prof,e anche con altri amici del blog. Buona serata.
Cari amici buona sera a tutti,come definire la giusta condanna per un individuo che commette un delitto premeditato e di una atrocità simile? cosa non facile se il soggetto in questione viene giudicato non sano di mente,soggetto da analizzare con molta attenzione da chi avrà il compito di curare la sua psiche e di capire i miglioramenti negli anni trascorsi in carcere.Si parla tanto di riabilitazione e rieducazione dei detenuti,di sovraffollamento delle carceri,con migliaia di detenuti in attesa di giudizio,e processi che durano un'eternità con dei costi per le casse dello stato di miliardi di euro,ma la situazione purtroppo non migliora,gli anni passano e di cambiamenti se ne vedono pochi.Invece di svuotarsi le nostre patrie galere si riempiono sempre di più ,oltre 60.000 detenuti quando la capienza e di circa 45.000,basterebbe una giusta proporzione della pena da scontare,ed a tanti di mandarli agli arresti domiciliari o con obbligo di firma due volte al giorno e una certa limitazione degli orari di uscita,e poi si potrebbe far uso di qualche condono per quei soggetti ritenuti non pericolosi per la società,può essere che sto sbagliando,però qualcosa bisogna pur farla altrimenti di cambiamenti non ne vedremo mai.Buona notte a tutti.
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