sabato 17 agosto 2013

Caso Scazzi - Un nuovo format: dissoluzione dello spazio scenico. Mnemotecnica e allestimento...




Articolo di Gilberto M.

In genere un format richiede un apparato di regole per sviluppare un programma televisivo. Le idee possono partire dall’attualità, dalla storia e da qualunque input la realtà e l’esperienza possono offrire fino a tradursi in un prodotto finito,  strutturato in trasmissioni come ad esempio i talk show, varietà, giochi e quant’altro. Il format rimane fondamentalmente un fiction, per quanto possa attingere alla realtà e alla cronaca. Il contenitore strutturato secondo un copione resta pur sempre ancorato a una distinzione irriducibile tra ‘realtà’ e ‘finzione’, anche quando vengono presentati casi umani dal vero, vicende più o meno credibili, più o meno imbellettate e alterate per dare il massimo di drammaticità alla storia, o per renderla esteticamente più attraente per un pubblico assetato di eventi eclatanti. L’audience è sempre più desiderosa che venga alzata la posta per non cadere preda della noia, un pubblico che vorrebbe entrare a far parte della narrazione e lo può fare solo per interposta persona, attraverso meccanismi di identificazione e di proiezione con i personaggi.

La linea di demarcazione rimane lo studio televisivo nel quale si fa accadere l’evento (la descrizione con le informazioni generali sul programma e i concetti che lo esplicitano attraverso gli apparati scenografici). Le immagini di repertorio rimangono soltanto documenti che, per quanto montati ad arte, conservano quella separazione tra rievocazione di un fatto attraverso i suoi protagonisti (i loro vissuti) e i documenti che in qualche modo ne attestano il carattere drammatico, edificante, emblematico, educativo… Perfino i collegamenti in diretta rimangono distinti dalla realtà che viene evocata, con il crisma dell’intervista o lo stratagemma asettico del ‘secondo indiscrezioni’, delle ‘notizie non confermate’, del ‘corre voce’. Il dibattito intorno a un caso rimane separato dal suo oggetto anche quando tra gli ospiti ci sono gli stessi protagonisti della vicenda, perfino quando le deformazioni appaiono grossolanamente evidenti.

Due fatti di cronaca hanno però introdotto un nuovo paradigma nell’ambito del prodotto televisivo e più in generale massmediatico: il caso Cogne e soprattutto il caso Scazzi. Nei due eventi il format ha spezzato l’involucro del contenitore dei media per trasferire la fiction direttamente nel contesto di cui vuole essere interprete. La linea di separazione tra ‘realtà’ e ‘documento interpretativo’ si è come frantumata e dissolta: il cronista-commentatore è entrato a far parte attiva di quanto va descrivendo, non più solo mero testimone che racconta una realtà ricostruita oggettivamente in forza di una documentazione più o meno esaustiva ed approfondita. Anche il cronista fa parte della fiction. Non si tratta di una mero resoconto obiettivo e disincantato per il quale la ‘realtà’ emerge, sia pure enfaticamente e retoricamente, nei suoi tratti oggettivi, per quanto sempre incompleti e parziali, sempre rettificabili ed emendabili, perfino arbitrariamente interpretabili. L’osservatore si trova ormai sulla ‘scena del delitto’ come vero e proprio sceneggiatore della storia. Una fisica applicata ad un quantum sociale. L’accaduto è soltanto un pretesto per inventare una trama, una delle infinite storie che si possono raccontare partendo da alcuni elementi ‘reali’: un cadavere, un’inchiesta, alcuni fatti (forse) incontrovertibili. L’accaduto è soltanto un’occasione per costruire la fiction, qualcosa che giace in un limbo oscuro e incomprensibile fino a quando l’immaginazione produttiva di un interprete non crei la storia ex-novo, una ricostruzione che diventa ‘vera’ e ‘acclarata’ quando un occhio la osserva. Non si tratta per inciso della legittima interpretazione, di ipotesi con lo scopo di mettere alla prova scenari e finzioni, per sperimentare nuovi strumenti di indagine.

La transizione - preceduta in modo episodico da altre performance cine-televisive – rappresenta quella trasformazione che con l’avvento degli effetti speciali e delle simulazioni viene chiamata realtà virtuale o con termine più immediato semplicemente un’invenzione. Il paradigma in verità è molto più antico degli elaboratori elettronici, affonda le sue radici nell’utopia, da Tommaso Moro fino alla fantascienza passando attraverso le distopie e il finzionalismo. La stessa scienza moderna si è avventurata spesso in teorie esotiche oltre l’osservazione e la possibilità di verificare l’attendibilità dei dati mediante la riproducibilità e la ripetizione dell’esperimento (violando così un suo assunto metodologico). In campo biologico si stanno facendo strada virtualità ( e virtuosismi) che richiamano in auge il protagonista del celebre romanzo di Mary Shelley, il moderno Prometeo, Frankenstein o ancora l’attore biomeccanico come Terminator.

Nell’ambito sociologico e più propriamente della psicologia sociale bisogna riconoscere che l’impatto del virtuale è più sfumato e meno riconoscibile per via di una lenta assimilazione da parte dell’utenza (il target o audience come dir si voglia) di alcuni meccanismi di interazione sociale dove i mass-media non rappresentano più un mero processo di influenza (termine equivoco per una sorta di illusoria neutralità scientifica) ma costituiscono un procedimento creativo, una sceneggiatura in fieri nella quale il pubblico non è più solo spettatore ma comparsa, personaggio e protagonista, e dove il cronista stesso diviene parte organica della storia. Il fatto potrebbe scandalizzare i benpensanti e gli aficionados del realismo scientifico, se non fosse che il paradigma riceve conferma in quella profezia che si autoadempie soprattutto nell’ambito della psicologia sociale...

C’è un’immagine emblematica nel caso Scazzi che più di mille dissertazioni esemplifica la trasformazione del virtuale in reale. Quei fiori amorevolmente deposti accanto al garage-cantina della casa di via Deledda. Quel mazzo di fiori non rappresenta tanto un atto di pietas quanto un elemento del copione con il quale si dà alla storia un suo orientamento, si provvede a incanalarla in un alveo, un allestimento che costituisce non solo un’interpretazione, ma proprio un’indicazione sulla trama, che prefigura e suggerisce con elementi scenografici di immediato impatto emozionale. Non importa dove sia morta Sarah veramente, importa costruire uno script, approntare una scenografia, dare alla realtà inconoscibile, una ricostruzione che solleciti l’emozione, la collera, la commozione... Una ricostruzione che per quanto arbitraria trascelga tra mille altre fiction quella che appare più spettacolarmente interessante, più verosimile se rapportata al senso comune, più appetibile se riferita agli indici di ascolto.

Quei fiori valgono più di centomila prove che lì sia avvenuto un delitto. Nella memoria dell’audience costituiscono un teorema di certezze, rappresentano un imprinting, sono il frame assoluto nel quale incorniciare qualsiasi altro elemento della storia. Non si tratta di una ipotesi finzionale, di un guscio vuoto come mera ipotesi da approfondire. L’iconografia del nuovo format ha la pretesa di un dato reale e incontrovertibile. L’impressione, la suggestione, l’allestimento... sono conferma di una scena che commuove e promuove una costruzione immaginifica. L’emozione che provocano quei fiori nel telespettatore costituisce un’icona, una sintesi, un’immagine emblematica. Quel bouquet virtualmente vale più di un atto di compassione, costituisce una prova, rappresenta e allude a una scenario proprio come una quinta teatrale. L’elemento scenografico è però soltanto un fatto accidentale, sia pure emblematico, di come sia stato costruito lo script: un po’ per caso e un po’ seguendo le regole ormai interiorizzate della narrazione mediatica. Un copione senza regista se non quel dispiegarsi di automatismi e inferenze emotive, una sceneggiatura costruita mediante processi retroattivi (spesso di natura inconscia) tra protagonisti, comprimari, comparse e… quel pubblico che ormai è sul proscenio insieme agli attori, un audience niente affatto passiva che si muove virtualmente con loro, se ne fa interprete e suggeritore. La regola è lo spettacolo, l’immagine che muove a compassione, la trovata ad effetto, quello che fa piangere o che suscita sdegno. Lo script si dipana seguendo l’estro dell’improvvisazione, una regia collettiva prodotta mediante un processo interattivo nel circo mediatico. Note di regia al margine di un copione dove gli attori recitano a soggetto (pirandellianamente), quell’alterco dietro il sipario tra una regia teutonica e un profluvio di attori e comparse che rivendicano la loro totale autonomia per quel Leonora addio!. Il quadro delle scene risulta alterato in forza di una anarchia creativa, di una libertà dal canovaccio: un copione che appare solo in filigrana.

Come nei Sei personaggi in cerca di autore non c’è più la separazione, il teatro con i posti a sedere e il palcoscenico. Il vecchio spazio scenico è un rudere del passato. Nel nuovo format, c’è qualcosa di ancor più radicale… non è più l’attore in mezzo al pubblico in platea (il teatro nel teatro), qui è il pubblico sul proscenio, recita con gli attori, ne influenza le battute, ne dirige i dialoghi, è perfino in grado di modificare gli esiti della storia. I fiori sulla porta del garage-cantina sono l’intrusione dell’inconscio e anche un elemento ermeneutico della vicenda. La loro neutralità è solo apparente, prefigurano già una interpretazione: che proprio lì sia stato compiuto un delitto, non più un’ipotesi investigativa, un’inferenza criminologica del tutto arbitraria e/o convenzionale su cui riflettere, ma un dato fondante, una certezza.
Il mondo ipogeo della casa di via Deledda (il garage-cantina) solleva fantasie, immagini, ricordi. Si tratta di un luogo onirico, il locus proverbiale senza tempo dove ciascuno può proiettare i fantasmi della sua vicenda esistenziale, proprio come Michele. Il garage cantina è come uno spazio teatrale dove tutti possono liberamente rappresentare le proprie paure, le angosce, perfino i desideri inconfessabili. Si tratta di quel luogo sotterraneo dell’infanzia, quel teatro oscuro e inquietante dei nostri desideri proibiti.
Nel teatro moderno già si assiste alla eliminazione dello spazio artistico. Lo spazio teatrale viene disintegrato attraverso l’uso di scenografie ‘immateriali’ o trasformando il teatro in un locus mobilis che ne dissolve la cornice, oltre l’happening e la performance in un metateatro che ne scompone le strutture drammatiche. Il superamento tra luogo teatrale e luogo reale è però soprattutto in quella realtà virtuale dove l’immagine la fa da padrone. La parola e la scrittura possono davvero poco di fronte a quei fiori posati accanto alla porta del garage, un allestimento che suggerisce più di quanto si possa inferire logicamente. L’erosione dei confini del teatro non è tanto in uno spazio reale quanto in uno spazio e in un tempo immaginari. Ad ulteriore conferma di una metapsicologia del subconscio si è immaginato perfino che i due spazi, quello dell’io cosciente e quello dell’es, fossero in realtà intercomunicanti attraverso quella porta di transito un po’ impolverata. E’ la rappresentazione freudiana con tutti gli stratagemmi di una rimozione a far da barriera, tanto effimera quanto tenace, al ritorno del rimosso. La casa, con i suoi spazi occulti e misteriosi - quegli accumuli di oggetti alla rinfusa, di cose senza tempo – è diventata il teatro delle fantasie di Michele (fantasie un po’ oniriche e un po’ ad occhi aperti, ma solo e sempre fantasie, null’altro di quella materia impalpabile di cui son fatti i sogni). Quella casa è diventata anche il teatro di tutti coloro che si sono addentrati fisicamente (o con l’occhio elettronico di una telecamera) in quel mondo ipogeo che il contadino di Avetrana ha così arditamente descritto attraverso le immagini fantasmatiche che lo hanno elevato prima al rango di assassino e poi solo a quello di necroforo (senza avere le physique du rôle ne dell’uno né dell’altro). 
Le suggestioni della casa che il protagonista ha saputo così efficacemente risvegliare nei suoi interlocutori (tutto quel vasto pubblico con o senza nome) rappresentano topologicamente la struttura es, io, super-ego, quella metafora per la quale esiste uno schema dell’interiorità che può essere rappresentata topologicamente, in uno spazio scenico dove visualizzare la natura degli istinti e la loro derivazione. Michele non ha fatto altro che rappresentare nel garage-cantina le sue fantasie che proprio per la loro natura inconscia sono allegoriche. Una metafora delle fantasie infantili con quell’albero del fico che si perde nella notte dei tempi, in quel giardino onirico nel quale tutti abbiamo abitato. L’albero del fico è la rappresentazione e l’emblema di una mera fantasia, null’altro, insieme a quelle immagini incestuose dell’inconscio collettivo, quel luogo dell’anima e del rimorso di tante colpe infantili immaginarie (quei mostri dell’id che talvolta si riaffacciano minacciosi alla coscienza). Si sa che l’inconscio è per sua natura atemporale, il tempo non ha una scansione oggettiva come quello di un orologio, quella scansione che Michele rappresenta con quel viaggio verso contrada Mosca dove dice di aver occultato il cadavere. Fantasie che si perdono nel ricordo di quel mondo sepolto da sempre nell’anima: il pozzo che è dentro di noi prima ancora di trovarsi realmente accanto a un vigneto.
Il tempo è l’altro elemento che insieme alla memoria loci (la posizione del corpo in uno spazio scenico) costituisce la base per costruire una storia. Lo spazio nel suo allestimento ha creato una suggestione per l’osservatore che si aggira (metaforicamente) tra gli oggetti di scena (il trattore, la zappa, il cartone…). Nella teatralità gli oggetti sono altrettanto importanti dei personaggi, evocano suggestioni e stimolano la memoria: conoscere è ricordare, platonicamente. L’osservatore ha aggiunto dei fiori, e tutte quelle fantasie che il racconto di Michele ha saputo risvegliare nei suoi interlocutori. Il suo mondo ipogeo (quello concreto della cantina e quello illusorio della caverna della sua interiorità) ha improvvisamente risvegliato la memoria nei suoi osservatori: un gioco speculare ha creato una storia: proiezioni fantasmatiche, immaginarie, senza riferimenti e senza parvenza di realtà, senza il ben che minimo riscontro, eppure così vivide e così evocative da disegnare un mondo e una storia nella mente dell’osservatore, di quel pubblico così avvezzo sia ai cinegiornali e sia alle fiction. Una regia invisibile che ha dato consistenza di realtà ai sogni, come nella migliore letteratura e ha risvegliato il fantasma dell’anamnesi nel pubblico del format.
Il cinema, a partire dalla sua nascita coi fratelli Lumière, ha conosciuto via via nella rappresentazione delle scene (scene numerate) dal Fade in al Fade out quella trasformazione dei fotogrammi atemporali nella finzione del fluire del tempo, un tempo inizialmente accelerato, alla ridolini, e poi via via cadenzato secondo quello che crediamo essere il tempo reale (quel tempo inconoscibile che non sappiamo mai bene cosa sia e che fa riferimento alla nostra esperienza di durata, il tempo vero, il tempo vissuto, non quello dell’orologio). Le storie che il cinema ha saputo raccontare, da quel treno che sembrava davvero investire i poveri spettatori terrorizzati, sono andate via via dipanando sceneggiature complesse, talvolta lunghe una vita con protagonisti che invecchiavano in meno di un’ora. E’ quella magia del cinema che ci fa credere che nella durata di un film - immedesimandoci, soffrendo e gioendo con i protagonisti - sono trascorse ore, giorni, mesi, anni... un’intera esistenza. E’ la bellezza del cinema che sa raccontare storie ed emozionarci, che sa creare l’illusione del trascorrere del tempo. In poco più di un’ora facciamo esperienza di una vita...

Lo stratagemma è in quelle pause che nella sceneggiatura vengono indicate con le cosiddette ellissi temporali, stacchi e dissolvenze, che lo spettatore ha imparato a riconoscere e a decodificare come il trascorrere del tempo (un tempo non sempre ben quantificabile e che talvolta può accadere che crei un certo disorientamento se non sono stati aggiunti alcuni indicatori: il protagonista adesso ha i capelli bianchi, la figlia è incinta, il vecchio padre è morto…). In alcuni casi il film è talmente veloce - virtualmente accelerato e parossistico - che uno spettatore degli anni ‘50 che vedesse certi film d’azione attuali forse non riuscirebbe a capirli non avendo ancora quelle competenze di decodifica costruite attraverso l’evoluzione del linguaggio del cinema. Di certo quello spettatore non riuscirebbe a capire come sia possibile che alla 14,30 Sarah sia viva e vegeta, cammini verso la casa degli zii, serenamente in uno splendido giorno di fine agosto pregustando il bagno al mare, il sole, la brezza marina sulla pelle... e un’ora dopo si trovi in fondo a un pozzo ben ricoperto e distante diversi chilometri in aperta campagna... Oppure che la signora Franzoni in sei-otto minuti abbia potuto scatenare la sua ira, ‘martellare’ la testa del figlio, ucciderlo, ripulirsi, ricomporsi, cancellare gli elementi compromettenti, le tracce del sangue sul suo corpo e… andare ad accompagnare l’altro figlio a scuola come se niente fosse. L’assuefazione al cinema con i suoi tempi velocissimi per far stare tutta una vita in novanta minuti ci ha abituato a rendere plausibili delle scansioni temporali troppo contratte, come se di fatto, allo stesso modo di un film, esistessero delle ellissi, degli stacchi e delle dissolvenze per indicare che intanto il tempo è trascorso e che dunque, come nella pellicola cinematografica, il protagonista in realtà ha avuto un supplemento di tempo a disposizione in quelle pause senza durata... Il cinema e la fiction televisiva ci hanno abituato a considerare credibili fatti nei quali il tempo risulta troppo ristretto per dare all’azione lo spazio necessario...

Forse nemmeno un’ora può bastare (se non in un cinema alla ridolini) per rendere credibile il tempo reale, neppure per un attore biomeccanico per il quale non esistono processi motivazionali, non esiste sconforto o afflizione, non esiste paura e conflitto, non esiste emozione e rimorso, dove dopo un delitto può perfino sorridere sereno ai suoi interlocutori: un cyborg appunto o un professionista del crimine o uno psicopatico. Il contesto di un delitto è appunto quell’alone al contorno che non riguarda soltanto gli attori, ma anche gli spettatori. La realtà virtuale ha fatto il suo ingresso perfino nelle aule di giustizia. Ma a ben vedere quello dei tempi è perfino un aspetto marginale, ben più sostanziale è la suggestione narrativa che rappresenta, al di là delle ellissi temporali, quell’immaginario che in un film costituisce la parte immersa dell’iceberg, quel contenuto latente che indossa panni metaforici, quel mondo invisibile senza tempo. Si tratta della capacità dello spettatore di completare, integrare e riempire quelle ellissi temporali (le parti mancanti) che rappresentano il vero immaginario della storia, quel teatro invisibile dentro la mente, quelle fantasie, quei ricordi e quelle rappresentazioni che si proiettano su uno schermo virtuale: l’anima dello spettatore con le sue emozioni, i suoi vissuti, le sue fantasie e le sue proiezioni fantasmatiche. Senza questa attività dell’occhio interiore il film rimarrebbe solo una collezione di scene, un canovaccio senza lievito e senza direzione. 

Nel nuovo format c’è però qualcosa di sostanzialmente innovativo. Nel vecchio paradigma la separazione tra osservatore e realtà osservata comporta una attività del primo per rendere il suo oggetto conoscibile e assimilabile attraverso l’esperienza del mezzo narrativo e delle sue convenzioni: l’uso delle luci, del suono e di tutti quegli effetti sensoriali e percettivi che creano l’illusione del film e danno al montaggio delle scene una coloritura emotiva e una direzione alla storia. Nel nuovo format la sceneggiatura è in fiori: quei fiori non fanno parte di un copione, rappresentano non solo la dissoluzione dello spazio scenico, rappresentano l’irruzione del pubblico nella storia. I cronisti non sono più soltanto reporter di una registrazione cronologica e di una descrizione dettagliata di un fatto, sono sceneggiatori di una storia che si rinnova giornalmente, di un film che trae ispirazione e si alimenta proprio attraverso gli input narrativi che il pubblico (tutto il mondo al contorno) riesce ad imprimere al montaggio che pian piano acquista un suo profilo, una sua immagine, una sua cadenza e una sua ‘verità’.

Nella fenomenologia del caso Scazzi gli elementi obiettivi (mancanza di qualsiasi evidenza che nella casa di via Deledda sia avvenuto un delitto, mancanza di qualsiasi evidenza che un’auto della famiglia Misseri abbia trasportato un cadavere, mancanza di qualsiasi evidenza che Sarah abbia raggiunto la casa degli zii) vengono via via sostituiti da semiofori, indicatori posticci aggiunti alla scena: i fiori accanto all’ingresso del garage, il cane che aspetta Sarah (immagine evocativa e suggestiva), le impressioni dei testimoni nelle suggestioni dei sogni e delle voci che corrono: i vissuti emozionali, esistenziali, immaginifici... divengono elementi della storia, la innervano e, in una reazione a catena, innescano illazioni, requisitorie, fantasie, sospetti... La suggestione la fa da padrone, una storia si crea dal nulla, quasi per magia, la magia del cinema, la magia dell’osservatore.

E’ la narrazione di Michele a dare improvvisamente lievito al copione, senza quella la storia sarebbe rimasta nell’alveo sonnolento di un delitto insolubile, senza un cadavere e senza nemmeno il volto (virtuale) dell’assassino.

Le sue narrazioni hanno quella strana caratteristica di risultare confuse, contraddittorie, pluridirezionali, senza mai un riscontro se non il possesso del telefonino che (dice) ha tolto dal fuoco e l’indicazione del luogo di sepoltura della vittima (il mistero dei misteri). Narrazioni che ai più paiono confessioni nonostante quell’atmosfera onirica e surreale... C’è di più nella sua narrazione, un supplemento che non riguarda i fatti che lui ricostruisce in modo sempre un po’ diverso e cambiando il copione, sempre approssimativi e come in attesa di un suggerimento dal suo interlocutore. In un racconto non ci sono solo i fatti, c’è anche il modo di raccontare, lo stile di una sceneggiatura, gli elementi estetici, sensoriali, quella forma che crea un’atmosfera al racconto e che suggerisce al lettore molto di più del suo mero contenuto informativo, quel contenuto narrativo sul quale il pubblico e gli inquirenti si sono pedissequamente uniformati come se non esistesse anche l’aspetto formale.

In primo luogo quella incapacità di provare emozioni che va sotto il nome di anaffettività. I sentimenti per definizione si sottraggono al controllo della volontà, per loro natura anche quando si tenta di dominarli riemergono con mille modalità, ‘tradiscono’ chi li prova per il fatto che non siamo automi, che siamo macchine desideranti. Nella persona anaffettiva invece sembra che le emozioni siano come ridotte a surrogati, pietrificate e cristallizzate sotto forma di lontananza emotiva e impassibilità emozionale, salvo un pianto artificiale e risposte stereotipate. Al fondo c’è quasi sempre un meccanismo di difesa, la paura di essere feriti, di rievocare esperienze dolorose e traumatiche, un ripiegamento emotivo. Il distacco emozionale nell’anaffettività è dunque una barriera di protezione, una raggelante e anestetizzante apatia per sopportare il dolore e l’angoscia, un ripiegarsi dentro di sé per non soffrire o per non ricordare.

La sindrome postraumatica da stress ha cominciato ad essere studiata dopo il primo conflitto mondiale, anche se già nell’800 erano stati catalogati alcuni casi nella guerra di secessione americana. Lo studio si è poi sviluppato nella seconda guerra mondiale, nella guerra del Vietnam fino agli attuali conflitti su scala planetaria. Salvo estenderlo non solo ai casi di guerra ma a tutti quegli eventi catastrofici e/o drammatici e di grande impatto emotivo vissuti sia come vittime, sia come testimoni (e in alcuni casi come soccorritori). E’ da notare che molto spesso la sindrome compare in modo differito, a poche settimane dall’evento. Tra i sintomi spiccano uno stato di coscienza in cui regna la confusione unitamente a uno stordimento associato ad insonnia, aggressività, ansia, irritabilità, pianto. Da segnalare inoltre la caratteristica del soggetto in PTSD a non parlare solo in prima persona (Io) ma anche in prima persona plurale (Noi).

Va da sé che Michele potrebbe non soffrire di nessun disturbo comportamentale e come qualcuno asserisce stia solo cercando di proteggere la sua famiglia con delle autoaccuse. Anche in questo caso il suo comportamento sarebbe piuttosto strano e controproducente visto la continua modifica delle versioni, constatato il cambio di avvocati, considerato uno stato di confusione e di sofferenza che difficilmente può essere simulato senza tradirsi. Quello che emerge a più riprese è che Michele non sappia come Sarah sia morta, non sappia chi sia responsabile della sua morte e che probabilmente abbia conosciuto solo il luogo dell’occultamento e (forse) la o le persone che hanno infilato il corpo della nipote nel pozzo. L’obiezione che nessuno accuserebbe falsamente se stesso e/o la famiglia non tiene conto degli innumerevoli casi di false confessioni  e falsi ricordi di cui è piena la letteratura giudiziaria di tutti i paesi del mondo.

Il nuovo format recepisce e trasforma una storia recuperando una vecchia e inossidabile modalità di abreazione: la caccia alle streghe. Proprio nel momento in cui si parla molto astrattamente di femminicidio e si propone una legge ai limiti della costituzionalità sparando dei numeri a casaccio (statistiche che non si sa bene con quali strumenti siano state cucinate) due donne stanno in carcere senza riscontri, con indizi vaghi per non dire inconsistenti e con motivazioni pretestuose per il carcere preventivo prima di aver esperito i tre gradi di giudizio (quel mondo politico che si dice così sensibile ai diritti delle donne non fa una piega, non si levano voci di protesta). Ma si sa... le due donne dispongono di ampi mezzi per inquinare le prove, di appoggi e protezioni per fuggire alle isole Cayman, di una rete di connivenze che possano sottrarle alla giustizia…

Nel nuovo format viene recuperato anche l’occhio giustiziere dell’opinione prevalente. Un tempo era quel pubblico assiepato attorno al patibolo, lo spettacolo delle teste rotolanti nella cesta, dei cristiani spellati vivi, degli indios impalati, di povere donne bruciate sul rogo, degli untori fatti a pezzi sulla ruota, di quella umanità che spia la sofferenza e ne gode, che fa ressa attorno alla forca per poter recuperare un souvenir, che lecca il sangue e gli umori che colano giù dalla louisette come fossero aromi e fragranze...

Oggi, in un clima di disagio sociale è il web che rappresenta il surrogato del sangue e dei tormenti. Si deride il presunto colpevole prima ancora che la giustizia abbia compiuto per intero il suo corso, si gode per una giudizio sommario da parte di spettatori eccitati dal sangue (sia pure virtuale), dal momento che è assai poco importante comprendere, valutare, riflettere… E’ più importante la gogna, quel capro espiatorio che rappresenta lo sfogo di tante delusioni e il sollazzo di un pubblico sempre più annoiato e sfiduciato, sempre più demotivato e avvilito nel contesto di una protratta crisi economica. Lo sberleffo che un tempo gli spettatori riservavano al condannato che incespicava mentre saliva il patibolo, ora è riservato alla sua icona. Distruggere l’immagine di qualcuno, soprattutto se innocente, significa fare a pezzi tutto quello in cui crede, annientarlo, trasformarlo in un io diviso, smembrato e umiliato. Alla tortura fisica si sostituisce quella mediatica. Alla Vedova di Norimberga, alla garrota, alla ghigliottina, alla ruota, alla sega, al ceppo, alla mordacchia, al letto di stiramento, al cilicio, alla pera rettale orale e vaginale... si sono sostituiti metodi di tortura che infliggono la sofferenza direttamente nell’anima. 

Si tratta di distruggere la credibilità e la reputazione di una persona. Si tratta di frantumarne l’immagine, di togliere ogni speranza anche a chi è in attesa di giudizio e si proclama innocente. Un pubblico che non vuole tanto la giustizia quanto un capro espiatorio sul quale sfogare le sue frustrazioni e la sua rabbia.        Gilberto M.

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865 commenti:

«Meno recenti   ‹Vecchi   801 – 865 di 865
Giacomo ha detto...

Ok Sira. Farò come tu vuoi, ma prima ti darò le mie osservazioni sulle testimonianze da te richieste il 31 agosto. Te le ho promesse e le promesse sono debito.

Per intanto come ben vedi l'ordinanza che hai postato recita letteralmente "Il Misseri non riusciva comunque ad esplicare CHIARAMENTE il movente del delitto", e più avanti "Nel corso dell'udienza di convalida del fermo egli chiariva MEGLIO il movente sessuale". Che cosa aveva da chiarire MEGLIO il Misseri, se il movente sessuale non fosse già stato introdotto precedentemente? L'ordinanza avrebbe recitato: "il Misseri si decideva finalmente ad AMMETTERE il movente sessuale, non certo a chiarirlo MEGLIO. Chiarirlo meglio, rispetto a quando?

E allora vogliamo dire le cose come stanno? che nell'ordinanza i magistrati sono costretti ad ammettere a denti stretti che il movente sessuale era già stato confessato dal Misseri, seppure fuggevolmente (l'ho chiamata io, ho cercato di violentarla, lei non voleva ed io l'ho strangolata), già prima dell'udienza di convalida del fermo.

D'altronde il punto non è questo. Il punto è che la maggior parte delle persone RIFIUTANO A PRIORI di credere che il MISSERI possa essere stato un predatore sessuale, sia pure estemporaneo. Gli archetipi esercitano su di noi un condizionamento alle volte impossibile da superare col raziocinio. E l'archetipo del PADRE NOSTRO CHE E' NEI CIELI impedisce di ammettere che ci possano essere delle devianze, per quanto rare, da questo modello e che tutti i padri della terra siano fatti con lo stampo, tutti teneramente amanti delle figlie a cui vogliono un bene assoluto. Quindi anche Misseri voleva bene a Sabrina e difatti l'ha stretta in un abbraccio talmente forte, da risultare mortale.

Naturalmente solo a Sabrina non è consentito credere disperatamente nell'innocenza del padre, finché ciò era umanamente possibile. E se dice "non ci credo, l'hanno incastrato", stupefacentemente gl'inquirenti, e dietro di loro il circo mediatico e quindi l'opinione pubblica, traducono "Che bisogno abbiamo più di testimoni, ha confessato che è stata lei e non il padre"

So che resterai della tua opinione, ma comunque ti ho detto la mia.

Ti saluto

Giacomo

Sira Fonzi ha detto...

Giacomo, te lo dico con simpatia, credimi, ma perche hai riportato ciò' che poteva avvalorare la tua tesi trascurando le righe che seguono che sono di una chiarezza indiscutibile? "escludeva che l’atto fosse conseguito ad un tentativo di violenza sessuale poi trasmodato nell’omicidio."
È qui che inizia quello che tu chiami sterile Ping pong e al quale è difficile sottrarsi. Perdona i ma dovevo precisare da cosa nasce il tutto. Ciao

Giacomo ha detto...

R. 9 settembre 2:39

Non è vero che la sorellina di Mariangela dichiarò che Mariangela le disse di prepararsi per il mare, APPENA TORNATA dal lavoro.

Dalla deposizione di Alessandra Spagnoletti 6a ud 21.02.12 pag 26 rigo 8:

"Che bisognava andare al mare io l'ho saputo QUANDO E' TORNATA dal lavoro mia sorella"

"APPENA TORNATA" e "QUANDO E' TORNATA" sono due concetti MOLTO DIVERSI.

Confrontiamo che cosa dice Mariangela sul punto (ibidem pag. 126 e segg):
"Sto al lavoro fino alle due e un quarto, poi torno a casa e invio un messaggio a Sabrina "Il tempo di mettere il costume e vengo" verso le 14,20" (14,23 dicono i tabulati);
"Poi ricevo un sms da Sabrina "avviso Sarah?" e io le rispondo: ok";
"POI dico a mia sorella di prepararsi e ce ne andiamo."

Mariangela dice alla sorellina di prepararsi per il mare solo DOPO che ha ricevuto l'sms "avviso Sarah?" ed aver dato l'ok!

Quindi R, non credere di poter venire qui a prenderci per i fondelli. Torna da dove sei venuto, che per te è molto meglio!

Giacomo

magica ha detto...

l'omicidio è avvenuto dopo una minaccia .
non perchè non partiva il trattore (era gia' su di giri x quel motivo) ma se fosse stato solo per il trattore non avrebbe ucciso .. magari uno scapellotto ma stangolare non penso.
dopo la minaccia di dire alla zia e figlia l'avances che lo zio le fece .
questo è un movente plausibile .
misseri si accanito . era troppo pericoloso .. percio' la furia e l'istinto di protezione (la sua) hanno avuto il sopravvento

Mimosa ha detto...

Cara Sira,
la frase che riporti ("escludeva che l’atto fosse conseguito ad un tentativo di violenza sessuale poi trasmodato nell’omicidio.") è chiarissima, ma non nel senso che tu le vuoi dare.
Ma certo, Sira, perché Misseri *non ha tentato un approccio sessuale*, non lo ha mai affermato, le sue mani sono finite sul petto della ragazzina nell’atto di volerla girare per farla uscire (da ciò il calcio negli attributi e da ciò il fumo alla testa e lo strangolamento).
La storia della “palpatina” gliela hanno messa in bocca gli inquirenti (quegli stessi sporcaccioni che in aula volevano sapere per filo e per segno cosa Sabrina avesse di preciso fatto in gabinetto e come era andato il rapporto erotico con Ivano in automobile.

Mimosa

Giacomo ha detto...

Sira me l'aspettavo l'obiezione, come mi aspettavo che tu trascurassi quell'inequivocabile "chiarì MEGLIO il movente sessuale" che indica che c'era stata una precedente ammissione del Misseri circa il movente sessuale.
Evidentemente l'ordinanza è intrinsecamente contraddittoria.

Comunque, come promesso, ti posterò poi brevemente le mie considerazioni sulle testimonianze dei fidanzati e del Petarra e sulla loro reciproca INCOMPATIBILITA'.

Ti saluto

Giacomo

Anonimo ha detto...

@Giacomo
"Quindi R, non credere di poter venire qui a prenderci per i fondelli. Torna da dove sei venuto, che per te è molto meglio!".
Che fai, MINACCI? Non intendo prendere in giro nessuno, e scusa se non condivido la tua libera interpretazione dei verbali! E nemmeno la tua opinione nonché il tuo livore. I verbali, per fortuna, non sono stati scritti solo per te.
Buona continuazione, eh!

Manlio Tummolo ha detto...

Ciò che sarebbe interessante verificare, non quanto si disse, si ripetè e si corresse dopo, ma la registrazione integrale fatta a Michele Misseri il primo giorno, ovvero come si giunse alla pretesa "confessione". Ancora più utile un "videosonoro", che naturalmente i SS. Inquisitori evitano di far vedere o almeno sapere, in quanto si capirebbe subito che essa fu estorta come tutto il resto che venne poi.

Quello che mai non si spiega qui, malgrado citazioni dette e ripetute, è perché i SS. Inquisitori non prenderebbero sul serio un reo confesso, se non sapessero - di loro - sulla base di elemento di fatto, che l'uomo nulla c'entra col delitto, ma che fu solo strumento per giungere alla figlia. La stessa madre, incarcerata dopo l'uscita del padre, è uno strumento nel tentativo di estorcere confessioni alla figlia. Infatti, Michele Misseri ha da sempre negato che la moglie abbia mai partecipato in un qualunque modo al delitto, nondimeno l'hanno arrestata lo stesso.

Mettiamo in chiaro una cosa: i SS. Inquisitori sono iniqui e peggio, ma non sono dei deficienti, anzi: sanno bene come rovesciare pizze e frittate a loro uso e consumo e a consumo dei loro colleghi giudici.

Giacomo ha detto...

R
Minacce? Livore? C'è di che trasecolare!

Non sono un visionario che si mette a minacciare le lettere dell'alfabeto. Di che cosa poi? Mah!

Il mio era un semplice consiglio, per evitare che tu facessi ulteriori figure barbine.

Io non interpetro liberamente. Cito parole testuali, cosa che a te non riesce di fare. Non sei contento, se non alteri e distorci.

Resta pure se ti va, ma come ben vedi qui non c'è trippa per gatti colpevolisti. Sei destinato a rimanere a pancia vuota.

Giacomo

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo ho forti dubbi che quella confessione sia stata estorta,perché sarebbe come dire di aver "consegnato" al Procuratore Sebastio(non un pinco pallino qualsiasi) non una confessione in cui c'erano da chiarire solo poche cose, ma delle autentiche fesserie raccontate da Michele e da divulgare al popolo Italiano,che tanto crede a tutto,anche alle cretinate raccontate per far ridere i polli,il che mi sembra un po troppo per un Procuratore di una certa esperienza.Poi ci sarebbero alcune cose che vanno chiarite su quella confessione notturna,in primis che dimentica di essere passato dalla banca,poi il suo Avvocato ancora sapeva poco o nulla,tanto è vero che,non sapeva chi fosse Mariangela,e non sapeva da dove fosse entrata Sarah.Riguardo al rasoio di Occam ho trovato su wikipedia qualcosa in cui Lei potrebbe illuminarci,legga con attenzione.
La metafora del rasoio concretizza l'idea che sia opportuno, dal punto di vista metodologico, eliminare con tagli di lama e mediante approssimazioni successive le ipotesi più complicate.
In questo senso il principio può essere formulato come segue:
« A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire »
(Guglielmo di Occam)
La formula, utilizzata spesso in ambito investigativo e – nel moderno gergo tecnico – di risoluzione di un problema, recita:
(LA)
« Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. » (IT)
« Non moltiplicare gli elementi più del necessario. »
oppure
(LA)
« Pluralitas non est ponenda sine necessitate. » (IT)
« Non considerare la pluralità se non è necessario. »
oppure ancora
(LA)
« Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora. » (IT)
« È inutile fare con più ciò che si può fare con meno. »
In altri termini, non vi è motivo alcuno per complicare ciò che è semplice. All'interno di un ragionamento o di una dimostrazione vanno invece ricercate la semplicità e la sinteticità.
Ciò significa che – tra le varie spiegazioni possibili di un evento – bisogna accettare quella più "semplice", intesa non nel senso di quella più "ingenua" o di quella che spontaneamente affiora alla mente, ma quella cioè che appare ragionevolmente vera senza ricercare un'inutile complicazione aggiungendovi degli elementi causali ulteriori. Questo anche in base a un altro principio, elementare, di economia di pensiero: se si può spiegare un dato fenomeno senza supporre l'esistenza di un qualche ente, è corretto farlo, in quanto è ragionevole scegliere, tra varie soluzioni, la più semplice e plausibile.
E come ebbe a dire ISAAC NEWTON :"La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella confusione". Buona serata caro Prof.Un grazie a Mimosa per aver accettato il mio invito a commentare,e all'amico Giacomo dico che quello da lui riportato è di una semplicità che ulteriori spiegazioni sarebbero inutili.Inviando il messaggio,"il tempo di mettermi il costume è vengo" è riferito solo alla sua persona,poi dopo il messaggio,"avviso Sarah" di Sabrina, Lei invita la sorellina e da l'OK. In due si è perso più tempo per arrivare da Sabrina,ma questo Sabrina non lo sapeva,quindi l'arrivo di Mariangela era da un momento all'altro,e non dopo quasi venti minuti,elementare Watson.Ciao Giacomo.

magica ha detto...

buonasera vituccio.
non capisco tute queste manfrine contradditorie . che potrebbero benissimo esserci . ma quando tutto è lampante , vertiero e documentabile ..
e si insiste nel affermamre che misseri è libero e le donne in carcere da innocenti . come fosse una cosa normale '..
naturalmente tenteranno in tutti i modi che il loro intento vada buon fine . ergastolo per le misseri .
ma forse nelle loro mente perversa sono convinti della colpevolezza .. gelosia? o magari invidia?da una zia che ha visto crescere la nipotina ??una cugina che la teneva come una sorellina?..
. in caso potevano far la festa a qualcun altro .. ma a sarh proprio no

Anonimo ha detto...

Caro vito
Il rasoio di Occam va usato con molta circospezione e le dovute cautele. In qualche caso si è dimostrato utile nel progresso scientifico, ma in altri casi, se applicato, avrebbe impedito scoperte che ne contraddicono la semplicità. Spesso la maggioranza popolare accetta per l’appunto la soluzione più semplice, quella che è mentalmente meno impegnativa, perché basata sul minor sforzo di comprensione (leggi pigrizia mentale). Il rasoio va utilizzato con parsimonia, soprattutto quando serve - in certi casi che non specifico – solo a far quadrare il cerchio. Il principio filosofico in realtà nella sua origine è stato usato per dimostrare la non esigenza di enti inutili (la divinità) per spiegare la natura. Che la natura sia semplice o complicata non dipende dalla nostra mente, ma dalla sua logica intrinseca, anche se noi tendiamo a semplificare per esigenze euristiche. Nel caso specifico che stiamo esaminando, il rasoio di Occam mi sembra c’entri come i cavoli a merenda. Gilberto

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Gilberto ne sei sicuro? E se poi venisse dimostrato che l'unico colpevole era Michele il caso com'era semplice o che richiedeva decine e decine di supposizioni o altre alternative? Ora chiudo l'ufficio e più tardi ne riparliamo ok,ciao

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Gilberto spiegami perché non potrebbe entrarci,non dico su tutto è logico,ma, di certo si è investigato per cercare e capire dove poteva essere finita la ragazzina.Tu puoi dire con assoluta certezza che la formula di Occam in questo delitto e nel suo ambito investigativo non è applicabile? Oltre 50 udienze,oltre cento testimoni,versioni contrastanti, sogni,confessioni a iosa,ritrattazioni,menzogne,mezze o intere verità,di tutto si è visto o che ci hanno voluto far vedere in questo processo mediatico che di più non si poteva,e quindi a niente di tutto questo si adatta la sua formula,nulla,nada de nada,mah,dammi una piccola spiegazione,tanto per capire.Ciao caro

Manlio Tummolo ha detto...

Egregio Signor Vignera,

a dire il vero per avere solo la terza media, mi pare conosca troppe cose. Solo si dimentica di dire da dove Wikypedia trae le Sue citazioni. Cercate piuttosto su un buon manuale di storia della filosofia. Lasciate stare il povero Occam oppure Ockham, la cui critica concerneva concezioni metafisiche che nulla hanno a che vedere con i delitti. Proprio la sua concezione di una realtà particolare (non generalizzabile in Idee o Reali - come si usava dire nel Medioevo - ovvero entità di tipo platonico) lo avrebbe spinto a vedere, se si fosse occupato di crimini e non di enti metafisici, caso per caso senza mai accostarne uno all'altro.

Per il resto, quello che a voi pare "semplicità" ad un altro appare "complicazione", e viceversa. Ci vuole ben altro a risolvere delitti che usando aggettivi e qualificazioni varie, o frasette copiate da altri. E continuate ancora a non rendervi conto che due sono le condannate all'ergastolo, uno per l'occultamento/soppressione. E' appunto lì che occorrerà sgretolare le tesi avversarie, senza infastidire la povera anima di Ockham che si sta rivoltando nella tomba, per questi erronei richiami a cose di cui mai si occupò !

La soluzione più "semplice", posto che il delitto sia avvenuto in quella casa e a quell'ora, come vi affannate a sostenere per pura fede coppiana, è che siano coinvolti tutti e tre nel delitto, cone sarebbe evidente visto che - l'ho ripetuto a sazietà - non si tratta di una reggia, non di un palazzo di 50 piani, non di una villa sterminata, ma di una casettina che non è neppure un bunker antiaereo.

Manlio Tummolo ha detto...

E poi, lasciando stare il povero Ockham, se un delitto si presenta in forma complessa (otto versioni misseriane più due fioristiche), pensate sul serio che la "semplicità" sia risolutiva? E, detto di passaggio, neppure Newton era un investigatore privato, ma uno studioso matematico che si occupava di soli fenomeni naturali, non "umani" qual è un delitto, ed ogni fenomeno umano è complesso, mai semplice, perché presenta almeno tre motori di fondo: quello istintivo/incoscio profondo, quello emotivo-sentimentale/inconscio superficiale, e quello razionale. Inoltre, l'uomo essendo egoista, tende mai a proclamarsi colpevole, bensì sempre innocente o spinto da "forze" superiori alla propria volontà. La legge stessa ammette per garanzia di ogni indagato la possibilità di tacere, la possibilità di ridurre la propria responsabilità, la possibilità di mentire (perfino !). Ammette perfino la possibilità di squagliarsela ovvero latitare, senza neppure aggravanti. La realtà umana e criminale è dunque estremamente complessa e per nulla semplice, e non è che con una pretesa "semplicità" si possano risolvere drammi umani quali quelli di un delitto.

Manlio Tummolo ha detto...

E per finire, signor Vito Vignera Stimatissimo,

di fronte ad un genocidio darebbe anche la colpa ad uno solo per "ragioni di semplicità" ? Hitler, per esemplificare, ha fatto tutto da solo ? E così Pol Pot o altri che sterminarono in massa la gente? La strage di Srbrenica è per caso dovuta solo ad un cattivone di comandante serbo ? Il colpo di Stato di Pino Chet in Cile fu colpa solo di Pino Chet ?

Gli esempi potrebbero andare all'infinito.

Lei Si ritiene persona semplice o complessa ?

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo ProF Tummolo l'ho ammetto,Lei e l'amico Gilberto siete troppo forti per i miei miseri studi,non avete bisogno di barare gli assi li avete in mano,e quindi difficilmente potrò battervi.Allora più del rasoio,forse sarebbe stato più utile il bisturi in queste indagini,bisturi naturalmente non nelle mani del Prof Strada,che già si è visto come "opera" nel suo campo.No prof nessun complesso,sono di una semplicità da far spavento.L'uomo in genere si,ne ha di complessità,anche troppe per i miei gusti,il potere in mano ad un uomo solo e già di per se un brutto sintomo e che mal si concilia con la pace nel mondo a cui tiene tanto Papa Francesco.Buona notte Prof,e serena sia per le mie dolci amiche Carla e Magica,per i nottambuli che sia una dolce notte.

Mimosa ha detto...

Manlio carissimo, tu hai scritto, l’8 settembre 2013 12:53, che per provare l’innocenza “PERLOMENO” di madre e figlia bisogna dimostrare lo «spostamento di orario dell'omicidio a quando le due donne erano uscite da casa». Lo sai bene che è impossibile, per un sacco di ragioni, prime tra tutte la relazione autoptica. L’autopsia è stata frettolosa e imprecisa (forse l’anatomopatologo – tanto arrogante in aula del tribunale - non aveva mai avuto in sala autopsie un cadavere macerato da prolungata permanenza in acqua), non è stato analizzato il contenuto dell’intestino e il lume gastrico è stato gettato via, nessuna analisi è stata fatta per accertare l’assunzione di sostanze inibenti o disinibenti, e il corpo è stato inumato dopo pochi giorni.
Tutte le illazioni su un decesso avvenuto a digestione avanzata restano scritte nella sabbia.
Potrebbe essere vero che la povera Sarah sia spirata dopo qualche ora dal pasto con cordon blue (ovvero dalle 14.15 circa) e poi nascosta nel pozzo, ma se non si può determinare – sempre con ampia approssimazione (caso Melania Rea docet) – il lasso di tempo della morte, poco servirebbe raffrontarlo con i tragitti delle due donne (caso Salvatore Parolisi docet).
Resterebbero fuori controllo i percorsi di Michele Misseri, il quale avrebbe avuto tanti ritagli di tempo per completare l’opera.
Pertanto spostare l’orario dell’omicidio – a questo punto lo definirei “decesso” – in avanti “forse” salverebbe Sabrina e Cosima (poco ci credo davanti all’ottusità dimostrata della SS.Inquisizione dell’intero tribunale di Taranto), ma soprattutto, a mio parere, rinforzerebbe la tesi dello zio reo confesso, “PERLOMENO” non lo scagionerebbe. E a me starebbe bene.

Un caro saluto, Mimosa
e un saluto agli amici del blog

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissima nottambula Mimosa non a caso ne accennavo qualcosa pochi minuti fa al caro Prof,io non trovo le parole su come definirlo il Prof Strada,dico incompetente per non dirne altre di brutte parole verso costui.Hai detto bene,come si fa a spostare l'ora su u'autopsia incompleta? e di quanto andrebbe spostata l'ora del decesso? Non siamo noi a volerlo semplice questo delitto,sono gli stessi inquirenti che l'hanno reso di una difficoltà estrema. E di cui diversi testimoni hanno "partecipato" in maniera compiacente.Ciao cara e buona notte.

PINO ha detto...

Basterebbe posticipare l'ora della morte di almeno 60 minuti, perchè, come stabilito dal referto autoptico (sia pure incompleto), che constatava l'assenza completa di residui gastrici attribuibili all'ingerimento del gordon blu, il cui decorso digestivo completo, richiede circa 2 ore, dal momento in cui è stato mangiato.
Facendo i conti non si può sbagliare
Pino

Manlio Tummolo ha detto...

Carissima Mimosa,

mi pare che tu ribadisca ciò che dico io: se l'assassinio fosse avvenuto PERLOMENO quando le due donne erano fuori di casa, la loro innocenza sarebbe fuori discussione, pur restando il problema di un congiunto ergastolano o quasi (il che certo non conforterebbe molto).

Quanto all'autopsia, il perito di parte (nel caso specifico del PM), generalmente fa e dice quello che gli viene detto di fare e di dire, né più né meno, essendo pagato dalla parte. Naturalmente vi sono eccezioni come quel bravo anatomo-patologo che tagliò la testa al "toro", ovvero ai quattro agenti, pur essendo di parte, ma spiegando com'era morto il povero Federico Aldrovandi. Nondimeno, sappiamo che i quattro signori si sono fatti un baffo di tutto e li immagino ora a girare liberi e tranquilli, grazie alla connivenza delle altre sfere, a curarsi del disordine pubblico. Il prof. Strada sarà quello che sarà: non essendo anatomo-patologo non posso certo esprimere su di lui giudizi o condanne, ma posso dire con alta probabilità che ha fatto e detto ciò che gli è stato ordinato di dire e di fare. Tanto è vero che poi richieste di ulteriore autopsia ed analisi sono state respinte, e non certo dal prof. Strada.

Se ci rendessimo conto che il vero nodo del problema è l'assoluta volontà mistificatrice di quelli che - per nulla a caso - chiamo SS. Inquisitori, tutta la storia del caso Scazzi sarebbe risolta, perlomeno si sarebbe capito che occorreva puntare le indagini su ben altri che su tre poveri disgraziati, la cui unica "colpa" fu di ospitare spesso e volentieri quell'infelice ragazza, di curarsi di lei, di farla sentire una ragazza normale che vive una vita normale.

Ma una cosa è sottolineare l'assoluta iniquità dei SS. Inquisitori, altro farli passare per poveri stupidi che non riconoscono la "sincerità" della prima tra 8 (otto !!!) confessioni diverse. Io li vedo come ben sapienti a rovesciare le carte a loro uso e consumo, e a condurre poi loro colleghi sulla medesima strada in nome dello spirito di corpo.

Manlio Tummolo ha detto...

Egregio Signor Vito Vignera,

invece di limitarsi a leggere quel famoso assioma, qualificato "rasoio di Occam", solo sul piano della semplicità (troppo semplicistico, a dire il vero), si legga anche la condizione "praeter necessitatem - sine necessitate": ovvero la semplificazione è corretta, se non intervengono esigenze necessarie, ovvero si può semplificare ciò che è semplice, non ciò che è per sua natura complesso. Ockham fu uno dei maggiori filosofi verso la fine del Medioevo e sviluppò fino a termini estremi la filosofia nominalistica, ovvero quella che riteneva presunte Idee generali (metafisicamente reali ovvero esistenti, alla maniera delle Idee platoniche) dei puri "flatus vocis", ovvero "soffi di voce", puri nomi. Non è un caso che "Il nome della rosa" finisca con la frase "nomina nuda tenemus" (abbiamo solo nudi nomi). I giuristi che, poveretti, si sforzano di saper tutto di tutto, confondono i loro vaghi ricordi liceali con concezioni complesse, quali quelle della lunga plurisecolare polemica tra nominalisti e realisti nella discussione metafisica del Medioevo (circa tre secoli interi).

Ma il tutto parte da ben prima, dal dibattito tra il cinico Antistene (allievo di Socrate e maestro di Diogene) e Platone. Antistene disse a Platone: "Ben vedo questo, quello o quell'altro cavallo, ma la cavallinità [l'essenza del cavallo] non la vedo affatto". E Platone ad Antisete; "Certo, perché non hai occhi per vederla" (ovvero, la tua limitata intelligenza, legata ai sensi, non ti consente di capirla).

Ockham è un lontano ed ultimo seguace di Antistene, mentre Duns Scoto fu l'ultimo seguace di Platone (sotto questo aspetto).

Infine esistette una terza coorrente, ovvero del concettualismo, che nasce con Pietro Abelardo e finisce con Tommaso d'Aquino, i quali credevano nelle idee generali, ma in quanto concetti, prodotti della mente umana e non realtà iperuraniche, quindi né "flatus vocis", né Idee esistenti oltre il cielo, criteri generali ed universali nel pensiero umano, modi umani di pensare e di conoscere. Dunque, la "cavallinità" non è che il prodotto mentale di comparazione tra molti cavalli, da cui si ricava l'astrazione della comune natura di cavallo che ci consente di capire quando un animale è un cavallo e quando invece è un altro quadrupede.

Anonimo ha detto...

Complimenti a Manlio per il compendio filosofico davvero esauriente. Voglio solo aggiungere che forse il rasoio d’Occam se applicato al caso in oggetto (le otto confessioni dell’uomo di Avetrana) ci porterebbe all’unica semplificazione possibile (che è anche la cavallinità intesa come astrazione concettuale). Le molteplici narrazioni di Michele non sarebbero altro che il segno di una paramnesia forse a causa di un vissuto traumatico. Tolte quelle, con il famoso rasoio e in quanto false memorie, rimarrebbe davvero poco o niente… Gilberto

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimi Pino e Prof Tummolo grazie di tutto,e sperando che nelle giuste sedi sappiano recepire questi concetti e valutare con attenzione il modo con cui si è operato sia durante le indagini e sia durante tutto il processo,dando per certo ciò che in realtà fin'ora è incerto.Che il Prof Strada si sia limitato nelle analisi ad analizzare solo una parte dello stomaco è facile dedurre che il tutto gli sia stato imposto da chi credeva di aver risolto il caso,salvo poi smentire loro stessi cambiando in modo del tutto arbitrario i soggetti(Sabrina e Cosima)e scartando il padre da quel capo di accusa,ovvero del delitto.Credo che serviranno Giudici con la mente sgombra da ogni sorta di pregiudizio,e a non fare affidamento ad ipotesi del tutto fantasiose.E sopratutto rivedere con attenzione la credibilità del sogno e le varie ritrattazioni fatte da diversi testimoni,sempre a favore della procura.Vi auguro una buona giornata.

Sira Fonzi ha detto...

Vito

Buongiorno a tutti, leggendo il verbale dell'Udienza del 5/6/2012
mi sono imbattuta nella testimonianza del Maresciallo del Ris di Roma Andrea Berti, che afferma di aver effettuato il primo soprallugo in casa e nel garage Misseri il 15/10 e, a differenza di quanto sostenuto da alcuni giornali, da cui tu riportavi la notizia del rinvenimento di tracce biologiche di Sarah, si legge quanto segue:


Ispezione auto Michele Misseri

DICH. Andrea BERTI -Questi reperti sono stati poi analizzati
e come dicevo all'inizio sui cartoni il sangue non era
sangue umano, quindi non ha dato nessun esito per quanto
riguarda l'indagine; sulla matassina di corda non
abbiamo trovato tracce biologiche della vittima;
l'impronta, c'è una strisciata dattiloscopica sul
lunotto, che non ha permesso di ottenere tracce di DNA
utili ai fini identificativi.

Poi più in là si legge:

"….nell'abitazione di Michele Misseri mi può ripetere in
quali stanze avete eseguito questa ricerca?

DICH. Andrea BERTI -Sì, sulla veranda, sull'ingresso e tutto
il corridoio dell'abitazione,
presente anche la sdraio.

AVV. BISCOTTI - E sulle camere da letto?
la cucina, dove era
DICH. Andrea BERTI - No.

AVV. BISCOTTI -Sulla camera dove mi sembra di ricordare
l'imputata Sabrina Misseri esercitava l'attività di
estetista, non lo so, avete fatto qualche ricerca?

DICH. Andrea BERTI – No.

ma questi rilievi sono stati effettuati sui mobili,
sugli oggetti o per terra, solamente diciamo analizzando
i pavimenti?

DICH. Andrea BERTI -Sostanzialmente il pavimento e diciamo a
una certa altezza le mura circostanti.

Buona giornata a tutti Sira

magica ha detto...

ciao vituccio
dopo l'inc prob .. misseri disse al prof.. strada .
ho detto che è stata sabrina ma sono stato io.. .
il difensore coppi lo ribadi' durante il dibattimento .ciao

Sira Fonzi ha detto...

Giacomo

Buongiorno , non ho trascurato quel
"chiarì MEGLIO il movente sessuale" che non indica come dici tu "che c'era stata una precedente ammissione del Misseri circa il movente sessuale."

Dall'audio della registrazione si evince che

MM afferma di aver notato Sarah come non l'aveva mai vista ( in tanti anni che andava al mare con Sabrina non l'ha mai vista in abb. da mare? Va be' continuiamo)

Di aver pensato di volerla possedere, ed aggiunge che era la prima volta che gli veniva quel pensiero.

Parla dei seni ingrossati solo quando gli inquirenti gli chiedono se sapesse se fosse diventata o meno "signorina"

E alla domanda se le aveva fatto delle molestie, per cui lei si era difesa e quindi l'aveva dovuta uccidere, lui risponde, no, non l'ho violentata, non l'ho uccisa per quello

La violenza la affermerà nell'interrogatorio di garanzia, davanti a Rosati, dove parlerà della mano nel pube e della palpata al sedere precedente.

Questo per dovere di cronaca.



Passando ad altro, se riascolti l'interrogatorio, secondo il quale sia per te che per altri, sarebbe dovuto bastare per chiudere l'inchiesta, noterai diverse contraddizioni nel suo primo racconto.
Contraddizioni non con le sue future dichiarazioni/versioni, ma nella dichiarazione stessa.

Gli inquirenti che sembra vadano di palo in frasca, interrogando ora su un momento particolare della vicenda, ora su un altro, per poi arretrare di nuovo, suggerendo una domanda
precedentemente fatta, mettono in rilievo due momenti importanti in cui si contraddice:

Dice che il telefono lo aveva lasciato in garage quando racconta di essere all'albero del fico per poi contraddirsi subito dopo.

Dice che appena rientrò a casa, dopo i fagiolini, trovò Cosima e Sabrina per poi correggersi e dire che la moglie a casa non c'era.

Dice che la sera stessa cercò con Sabrina la sim spazzando in garage, però sostiene di non ricordare a Sabrina cosa le avesse chiesto di cercare.
E alla domanda naturale che gli fanno, quando lui sostiene che Sabrina non sapeva niente: "se Sabrina avesse trovato la sim cosa le avresti detto?" lui candidamente risponde che Sabrina spazzava e lui cercava (come se una persona che spazza non vede se raccoglie qualcosa.)

Mi fermo qua, solo per dire che a mio avviso è stato "imboccato" dagli inquirenti sia per la confessione del vilipendio (tra l'altro non ci è dato sapere come si è giunti a quella confessione, perchè i primi dati disponibili sono l'audio dopo il ritorno dal pozzo, ma da lì si capisce che aveva già confessato il vilipendio)
sia per la confessione delle molestie, che sono pensiero e desiderio nella confessione del 7 e diventano poi movente sessuale, quindi azione nella confessione dell'8

Potrebbe anche, per quel che ne sappiamo, aver bruciato gli abiti ed il resto, per occultare prove, ma trovandosi a dover dare una risposta per quel corpo nudo, confessare una violenza sotto la pressione degli inquirenti che non credevano al caldo alla testa ed al trattore che non partiva.

Sira Fonzi ha detto...

Ciao Mimosa, non ho ben capito la tua domanda.
Se ho risposto con il post rivolto a Giacomo ne sono contenta, altrimenti fammi la cortesia di riscrivermi
Grazie Mille
Buona serata Sira

Mimosa ha detto...

Ciao Sira
in gran parte hai già replicato nel posto indirizzato a Giacomo (la mia non era tuttavia una domanda", ma piuttosto un commento). Va bene così.
Buona serata, Mimosa

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissima Sira Mi fa piacere che sei andata a controllare il verbale dell'udienza in cui depone il Maresciallo Berti dei RIS di Roma.Il fatto è cara Sira che,come ha detto Massimo in un post precedente,o si crede a uno o si crede a un'altro,in questo caso o si crede alla notizia uscita quasi due anni prima o si crede a quello che lui ha dichiarato in aula due anni dopo.Anche il Petarra tre mesi dopo si è ricordato che quel giorno sua moglie è andata a lavorare e che doveva essere puntuale alle 14.00 per fare un'ora di pulizie,però non è di testa sua che decide di andare dai carabinieri perché si è ricordato cosa aveva fatto la moglie a quel'ora. Lui non ricordava un bel niente,l'hanno chiamato e insieme al P.M. ha ricostruito quei momenti del 26 agosto.Ora chi mi dice che il Maresciallo non abbia ritrattato ciò che prima si era saputo? Io ti riporto la notizia per come l'ho letta e vedi la data:Dal giornale LA VOCE DI MANDURIA:03 11 2010. La giornata di ieri ha segnato un importante tappa dal punto di vista delle indagini.Dai laboratori del RIS di Roma, continuano le indiscrezioni circa l'esito degli esami tecnici.Ieri è toccato all'impronta biologica prelevata sul cofano della Seat Marbella utilizzata da Michele Misseri per il trasporto del corpo della nipote. Gli specialisti avrebbero accertato che la traccia appartiene proprio a Sarah,dando cosi conferma alla versione di Michele Misseri. Decidi tu a chi credere o a chi non credere,e come puoi notare non è solo a Concetta che la memoria va e viene,anche ad'altri capitano queste cose,sempre per il bene della verità,forse,ma non ne sarei così sicuro.Ciao cara Sira e buona serata.

magica ha detto...

ciao vituccio.
ne sai qualcosa tu sull0intercettaziove avvenuta fra misseri e la nipote?
si potrebbe leggerla per intero?..
ma non a salti .. se possibile .. ciao

Vito Vignera da Catania ha detto...

Ciao cara Magica, si l'ho letta tutta ,è molto lunga e richiederebbe molto spazio vediamo cosa posso fare.Forse Giacomo a il link di quella intercettazione.Ciao e buona serata a più tardi.

Sira Fonzi ha detto...

Ciao Vito, il condizionale usato dal giornalista "Gli specialisti avrebbero" indica che ha avuto una soffiata sul rilevamento della traccia (che in effetti esiste ed è stata analizzata) ma ci ha poi messo del suo, altrimenti il verbo usato non sarebbe stato il condizionale.

Con il condizionale oggi i "giornalai" ci fanno camminare i treni e si permettono di diffondere notizie, a volte puramente inventate, nascondendosi dietro quel verbo.

E poi perchè avrebbero dovuto negare al Ris che la traccia fosse di Sarah? In fondo MM è stato accusato di soppressione. quindi a chi sarebbe servito?

Buona cena

Sira

Anonimo ha detto...

Carissima Sira

il tuo ragionamento delle 21:27 non fa una grinza !
( ti leggo sempre con piacere, con molta attenzione e condivisione)

ENRICO

magica ha detto...

caro enrico.
spiegami il post di sira .
son dura di comprendonio .
senza offesa per nessuno., ma non capisco ...

magica ha detto...

quando sarh scese nel garage ...
misseri disse, che non l'aveva mai notata con i pantaloncini corti.
l'abbigliamento mare è generico . si possono ' anche tenere la gambe coperte.
. notare che la nipote , aveva i seni grossi.. inoltre chiedere alla moglie se la sarh era vergine .... uno zio non fa questi ragionamenti se non ha un certo interesse .

Giacomo ha detto...

Sira
Come promesso, pubblico il commento sulla testimonianza di Petarra e dei fidanzati.

Dimostreremo che le due testimonianze SONO INCONCILIABILI

Innanzitutto vediamo come inizialmente i magistrati determinarono l'orario di uscita di Sarah da casa sua, quel fatale pomeriggio del 26 agosto.

Motivazioni Riesame 22/11/10 pag 31

"La ricostruzione dell’orario di uscita da casa e dei movimenti della Scazzi è offerta da una lettura congiunta: 1) delle testimonianze rese ai Carabinieri in data 2 e 4.9.2010, [solo SETTE GIORNI dopo la sparizione della povera Sarah! NdR] da Giangrande Fedele il quale, a bordo della sua vettura insieme alla fidanzata Nardelli Giuseppina, aveva visto la Scazzi che alle 14:30 circa percorreva con passo veloce via Kennedy, direzione mare, dinanzi alla scuola media Briganti (a 150 m. dall’abitazione dei Misseri);
2) della testimonianza resa ai Carabinieri in data 7.9.2010 da LA STELLA DONATO il quale, pur non riconoscendo la Scazzi, confermava di avere visto una persona che CAMMINAVA NEL MEDESIMO LUOGO ORARIO E SENSO..."
3) dei tabulati telefonici da cui si evince che la Scazzi inviava lo squillo (di conferma della ricezione dei due sms di Sabrina Misseri) alle ore 14:28:26;
La valutazione complessiva di tali dati induce LOGICAMENTE a concludere che alle ORE 14:28:26 la Scazzi stava per giungere presso l'abitazione dei Misseri"

Quindi ancora il 22 novembre 2010 i magistrati erano convinti che Sarah stava per giungere a casa Misseri verso le
14,30!

Come ben vedi, del Petarra ancora non si parlava. Aveva dato un orario di uscita di Sarah alle 12,45 che non si attaccava da nessuna parte.

Senonché gl'inquirenti si resero conto che, se la ricostruzione fosse quella dell'incidente probatorio, cioè Sabrina e Sarah che giocano a cavalluccio in garage, Sabrina che stringe la cinghia al collo, Sarah che muore, Sabrina che corre in casa a svegliare Misseri che dorme sulla sdraio, Misseri che accorre sulla scena e si assume "ipso facto" l'onere di far sparire il corpo Sarah, orbene, se fosse questa la ricostruzione, i tempi non c'erano più.

PETARRA
E allora che ti fanno gl'inquirenti? Vanno a riesumare il Petarra e, DOPO TRE MESI, lo hanno fatto "ragionare" a modo loro, spostando in avanti di un'ora l'avvistamento.

Dall'intervista al testimone Petarra, quello che avrebbe visto uscire Sarah alle 13,45-13,50.
http://www.dailymotion.com/video/xm27o8_intervista-al-testimone-petarra_news

"Petarra - GRAZIE AGL'INQUIRENTI, SIAMO RIUSCITI A FARE bene GLI ORARI, perchè non è che puoi stare sempre a guardare l'orologio per vedere che ore sono.
Giornalista - Però quel giorno lei l'orologio l'ha guardato, vero?
Petarra - NON è che HO GUARDATO L'OROLOGIO: era quello l'orario! Perché erano le due meno dieci. Quello era l'orario! Questa è la verità. Non è che posso dire una cosa per l'altra. Perché? Per dare agio a quelli? No! Devono pagare, e pagheranno. DEVONO PAGARE SUBITO, veloce!"

Dal che si vede come il Petarra fosse "autonomo" (siamo riusciti a fare bene gli orari, io insieme con gl'inquirenti) ed "imparziale" (devono pagare subito).
Quello stesso Petarra che è stato immortalato esultante tra la folla che tentava di linciare Cosima Serrano!

Comunque, passiamo sopra a tutte queste considerazioni.
Petarra confermerà al processo che lui HA DEDOTTO di aver visto Sarah alle 13,45-13,50. Concludendo con un categorico: Non ci piove!
OK

Continua…

Giacomo ha detto...

...Continua

Ma i FIDANZATI?
Li avevamo lasciati dai carabinieri il 2 settembre 2010, dove avevano detto di aver visto Sarah alla scuola media mentre con passo veloce si dirigeva verso via Deledda alle 14,30. Anzi la Nardelli in un'intervista aveva pure detto di aver guardato l'orologio del cruscotto davanti a lei: erano le 14,30.
Ma alla procura di Taranto niente è impossibile. Li convocano IN NOVEMBRE due o tre mesi dopo il 26 agosto, poi li riconvocano e li riconvocano ancora, fin quando ottengono l'arretramento dell'orario, o meglio l'allargamento della forbice, dalle 14,00 (NON PRIMA!) alle 14,30.

Ed al processo i fidanzati ribadiranno, malgrado i tentativi della procura: l'intervallo temporale di avvistamento va da NON PRIMA delle 14,00 alle 14,30.

Adesso facciamoci due conti:
Il Petarra aveva detto di aver visto Sarah alle 13,45-13,50. Il punto di avvistamento dei fidanzati dista due minuti di strada dal punto di avvistamento del Petarra. Quindi se fosse vero che il Petarra avesse visto Sarah alle 13,45-13,50, i fidanzati avrebbero dovuto vederla alle 13,47-13,52, cioè circa 10 minuti prima di quanto dichiarano come limite ESTREMO: le 14,00.
Quindi i due orari di avvistamento e le rispettive testimonianze non sono sovrapponibili, sono INCONCILIABILI

c.v.d. (come volevasi dimostrare)

-----
Se ci aggiungiamo la testimonianza di La Stella, MAI CAMBIATA: ho visto Sarah 20 minuti dopo che ho spento il computer alle 14,05, cioè ho visto Sarah alle 14,25.
Se ci aggiungiamo la testimonianza dei fidanzati del 2 settembre 2010: abbiamo visto Sarah alle 14,30
Se ci aggiungiamo i tabulati che registrano lo squillo di Sarah alle 14,28
Se ci aggiungiamo che queste tre circostanze già erano state prese a base della determinazione dell'orario di uscita di Sarah da casa alle 14,30 da parte del TRIBUNALE DEL RIESAME DI TARANTO il 22 novembre 2010, come abbiamo visto all'inizio bisogna necessariamente concludere che la povera Sarah uscì di casa poco prima delle 14,30.
Tutto ciò che contrasta con quest'orario non può essere preso a base per una sentenza di condanna all'ergastolo per le due imputate.

Un saluto a te ed a tutti gli amici del blog

Giacomo

Giacomo ha detto...

Ciao Vito, Ciao Magica

Ecco il link per la trascrizione dell'intercettazione in carcere il dialogo tra Misseri e nipote Greco

http://www.lavocedimanduria.it/wp/la-versione-a-sfondo-sessuale-di-michele-misseri.html

Si accede ad una pagina della "Voce di Manduria" dove il primo link è proprio quello cercato.
Buonasera a voi e a tutti e complimenti, Vito, per la tua discussione su Occam.

Giacomo

Vito Vignera da Catania ha detto...

Grazie carissimo amico Giacomo, l'ho già detto e lo ripeto,sei encomiabile nelle ricostruzioni che fai,poi ognuno e libero di pensarla diversamente,i fatti sono quelli non ci piove, come ebbe a dire qualcuno di nostra conoscenza a cui hanno "rinfrescato" la mente.Ciao e buona notte. Vediamo se arriva qualche commento dalla dolce e carissima nottambula Mimosa.

carla ha detto...

Giacomo, mi hai anticipato, la volevo dire io....dopotutto ride sulla sua stoltezza, dalla mente ottusa ....che non vedono quello che c'è scritto, come se fossero velate da qualcosa che impedisce di vedere e non solo , non sanno nemmeno dare una spiegazione....come se fossero dei automi che ripetono sempre la stessa cosa ....son come frase fatte senza un ragionamento....
è come se negassero la ragione , per cui significa una negazione di se stessi, cioè detto biblicamente morti che camminano.....
vorrei chiarire che non riguarda di certo a Sira, Vanna ed Enrico , almeno loro in qualche modo danno una ragione di quello che dicono giusto sbagliato che sia ,tutto dipende dal punto di vista.....buonanotte

carla ha detto...

ciao Vito.....resto ancora un attimo caso mai ti auguro una serena notte e buonanotte a tutti amici del blog

Vito Vignera da Catania ha detto...

Ciao Carla che fai ancora sveglia? non hai sonno? ti piace leggere i commenti notturni,brava,a domani se Dio vuole buona notte.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Un dolce pensiero per voi cari amici.
Buona notte a chi già dorme sogni tranquilli… a chi invece non riesce a prender sonno…a chi ha avuto una giornata serena e a chi si rigira nel letto in cerca di un po’ di pace…a chi è un po’ deluso dalla vita ma spera sempre in un domani migliore!!! Sogni d’oro a tutti!

Manlio Tummolo ha detto...

Quello che non si capisco qui, è perché i SS. Inquisitori dovrebbero imbrogliare, forzare, condizionare tutti, fuorché lo stesso Misseri alla prima occasione. Per il resto, concordo notoriamente in tutto.

Giacomo ha detto...

Non si capisce perché Misseri dovrebbe essere stato forzato ad autoaccusarsi e poi una settimana dopo è stato forzato ad accusare la figlia.

Giacomo

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo, visto che viaggiamo in questo ipotetico treno alla ricerca della verità e di una giustizia onesta, proviamo a far salire il grande filosofo Aristotele.
" La filosofia non serve a nulla,dirai;ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù é il sapere più nobile".
Il libro quinto tratta della giustizia, la virtù intera e perfetta: "La giustizia è la virtù più efficace, e né la stella della sera, né quella del mattino sono cosi meravigliose, e citando il proverbio diciamo:Nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Ed è una virtù perfetta al più alto grado perché chi la possiede è in grado di usare la virtù anche verso gli altri e non soltanto verso se stesso". Esiste una giustizia distributiva a cui compete di dispensare onori o altri beni agli appartenenti alla stessa comunità secondo i meriti di ciascuno, ed essa è simile ad una proposizione geometrica in quanto le ricompense e gli onori distribuiti a due individui stanno in rapporto tra di loro, come i rispettivi meriti di costoro. Esiste poi una giustizia correttiva simile ad una proposizione aritmetica, il cui compito è di pareggiare i vantaggi e gli svantaggi nei rapporti contrattuali tra gli uomini sia volontari che involontari. Sulla giustizia è fondato, inoltre, il diritto che Aristotele distingue in diritto privato e diritto pubblico, a sua volta distinto in diritto legittimo, che è quello fissato dalle leggi vigenti nei vari stati, e in diritto naturale, che è il migliore in quanto è "ciò che ha la stessa forza dappertutto ed è indipendente dalla diversità delle opinioni". Viene, poi, definita l'equità, la cui natura "è la rettificazione della legge là dove si rivela insufficiente per il suo carattere universale"; cosicché il giusto e l'equo sono la stessa cosa in quanto l'equo è superiore non al giusto in sé, ma al giusto formulato dalla legge, che nella sua universalità è soggetta all'errore. Poi ci sarebbe la parte riguardante l'etica.
" Per Aristotele l'etica è una scienza eminentemente pratica e in essa il sapere deve essere finalizzato all'agire. In questo senso, radicale è la critica rivolta a Platone, che considera ontologicamente il bene come Idea suprema e, come tale, inattingibile dall'uomo. E il sommo bene a cui ogni individuo tende è la felicità (eudaimonia). Ciascuno, però, l'intende a suo modo: chi la ripone nel piacere (edonh) e nel godimento; chi nella ricchezza; chi nell'onore, chi, invece, nella vita contemplativa . Ma il vero bene, e con esso la vera felicità è qualcosa di perfetto, termine ultimo a cui si richiamano tutte le determinazioni particolari: "Ciò che è sufficiente in se stesso è ciò che, pur essendo da solo, rende la vita sceglibile e non bisognosa di nulla; ora, una cosa di questo genere noi riteniamo che è la felicità", la quale consiste in "un'attività dell'anima razionale secondo virtù e, se le virtù sono molteplici, secondo la più eccellente e la perfetta".

Dalla felicità l'indagine si sposta quindi alla virtù. Un'importante distinzione viene fatta, nell'ambito delle virtù umane, tra le virtù dianoetiche, che sono proprie della parte intellettuale dell'anima, e le virtù etiche che corrispondono alla parte appetitiva dell'anima, in quanto guidata dalla ragione."Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un'esistenza felice, la più grande è l'amicizia. Epicuro". In questo blog credo di aver trovato tanti amici;Una buona ragione per continuare a vivere.Buon pomeriggio a tutti.

Manlio Tummolo ha detto...

Caro Giacomo,

ve l'ho già detto, ma a volte sembra di scrivere al vento. Michele Misseri era il necessario cavallo di Troia, il "ventre molle", della famiglia. Mettere nei guai lui era più facile che attaccare direttamente la definita (non da me) "fortezza Cosima" e il bastione Sabrina.

"Si pauca licet componere magna", agli Angloamericani non serviva attaccare l'Italia per se stessa, in quanto già sconfitta in Libia ed in Tunisia e quindi ridotta quasi all'impotenza, serviva tuttavia per costringere la Germania a spostare forze in Italia, togliendole dall'Europa orientale. Ciò indeboliva la potenza maggiore proprio nel momento in cui scatenava l'ultima grande offensiva in Russia (operazione Cittadella) e nello stesso tempo costringerla a disperdere nell'intera Penisola balcanica le sue forze, per sostituire quelle italiane. Un attacco diretto in Francia nel 1943 avrebbe potuto provocare un disastro come a Dieppe, nel 1942.

Signor Giacomo, questa è strategia: colpire l'obiettivo debole per indebolire quello più forte. Michele Misseri era considerato l'elemento più fragile, e per qualche mese vi sono riusciti, non calcolando però la reazione di Michele, dopo l'incidente probatorio e il fatto che Sabrina non ha accettato il "cavalluccio". Se lo avesse fatto, i grandi strateghi di Taranto sarebbero stati "a cavallo" ed ora non discuteremmo per nulla del caso Scazzi.

Manlio Tummolo ha detto...

Carissimo Signor Vignera,

vedo che si sta innamorando della filosofia greca, ottima cosa, perché il pensiero greco è alle radici del nostro pensiero moderno, scientifico come filosofico in senso stretto. Le Sue citazioni dovrebbero però riportare anche le opere a cui si riferiscono, per ragioni di compiutezza. Quanto ad Epicuro, viene dopo Aristotele, ne abbiamo solo frammenti (come dei presocratici) e la visione epicurea del mondo è molto diversa da quella aristotelica, più tendente ad una forma di parziale "scetticismo".

D'altro lato, se ci mettessimo qui a discutere di filosofia greca, subito i vari con-forumisti se la prenderebbero con noi per essere "off-topic" ovvero in italiano "fuori tema", e ce ne direbbero di tutti i colori.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo condivido il suo pensiero,era solo una piccola parentesi"filosofica" per non essere ripetitivi sullo stesso argomento che trattiamo e prenderla un po con filosofia,potrebbe servirci a riflettere meglio sul delittuoso caso che discutiamo da diversi anni.Possiamo riprendere il discorso con più serenità;Avetrana,la famiglia Misseri con i suoi misteri e il tribunale di Taranto con i suoi sogni floreali. Un cordiale saluto caro Prof.

Anonimo ha detto...

Ci sono tanti quesiti che mi attanagliano la mente, per cominciare:
Valentina, che era a Roma, perchè c.... difende la sorellina ?
Se non ci parte il trattore c'è il rischio che ammazziamo qualcuno ?
Possibile che Michele non abbia letto Wikipedia per sapere cos'è una sim ?
Che voto dare alla fantasia di giacomino nelle sue ricostruzioni da 8 a 10 ?
La vita e un sogno o i sogni non aiutano a vivere meglio ?

magica ha detto...

non penso che la parola sim sia stata mai pronunciata da misseri -
ha usato un altro termine , la parola sim l'hanno detta gli altri per una terminologia piu' adatta .
anonimo il tuo sogno è un brutto incubo ,
quelli di giacomo sono sogni limpidi . senza falsita' .
.

Manlio Tummolo ha detto...

Illustre Signor Anonimo delle 3.31 suppongo che Michele Misseri non abbia mai saputo che cosa sia Wikypedia, perlomeno fino al carcere, dove gli avranno dato i rudimenti di base dell'informatica.

Riguardo alla difesa di Valentina, qualunque rapporto tra congiunti - generalmente - porta alla reciproca difesa, tanto che la cosa è prevista dai Codici. A casa Sua non succede così ? O Lei non ha fratelli ?

Riguardo al rapporto sogno-realtà se ne occupò il filosofo cinese Zhuangzi (vissuto tra il 369 e il 286 a. C). Un giorno disse di aver sognato di essere una farfalla, allora si chiese: "sono io, Zhuangzi, che ho sognato di essere una farfalla o è la farfalla che sta sognando di essere Zhuangzi ?". Sicuramente i SS. Inquisitori sono seguaci ferventi di questo filosofo cinese e ritengono che il sogno fiorito sia la realtà, mentre il dire che si tratta di un sogno sia in effetti il sogno. Un po' di confusione, a dire il vero, ma non importa: basta per dare ergastoli.

magica ha detto...

roba da matti ,
l'anonimo vorrebbe che anche valentina fosse in combutta con sabrina cosima e misseri , tutta la famiglia al completo .
la sera che misseri fece trovare il corpo , le sorelle misseri passarono la notte a parlare del fatto .. sabrina era convinta che il padre fosse stato incastrato.
la stessa parola che disse quella sera alla famigerata pisano'.
una parola abbastanza invasiva per la procura .
comunque non voleva assolutamente credere che il padre fosse colpevole . si ' lascio' convincere da valentina. a crederci.
resta il fatto che sabrina non si è resa conto di quello che stava per avvenire - era una ragazza un po' troppo spavalda .
sicura del fatto suo .
le hanno rovinato la vita , ma il primo colpevole è il padre . .

Manlio Tummolo ha detto...

I primi colpevoli, carissima Magica, sono coloro che avrebbero dovuto indagare su vasto raggio e cercare quei viziosi di cui nell'altro forum ho dato un mostruoso esempio. Di certo il giro di quei mostri che godono sessualmente uccidendo, non sono tanto rari, ma evidentemente qualcuno li vede come dei raffinati teorici e pratici del sesso, mentre sono soltanto dei sozzoni delinquenti e come tali andrebbero trattati.

IL SESSO E' VITA, NON E' E NON PUO' ESSERE MORTE, NON PUO', NE' MAI DEVE DARE LA MORTE !

magica ha detto...

signor tummolo
penso che non sia nemmeno utile ragionarci sopra .
non saprei come definirli questi personaggi . ..

pratici del sesso? UNA ANOMALIA .del genere umano .

Manlio Tummolo ha detto...

Carissima Magica,

secondo la versione che voi condividete, Michele Misseri sarebbe esattamente uno di questi. Eppure mi sembra vi ragioniate sopra. Trattando argomenti criminologici, come si fa quasi sempre su questo blog, sarebbe ben curioso far finta che non esistano elementi del genere che sono molto pericolosi, anche quando fanno solo finta di uccidere, perché passare dalla finzione alla realtà non è difficile.

Penso che uno dei primi film che trattò questi casi di anomalìe sessuali fu "La morte ha fatto l'uovo" con Gina Lollobrgida e Jean-Louis Trintignant, nel 1968, se non ricordo male. Il protagonista Jean-Louis Trintignant aveva il vizietto di fingere sgozzamenti con le prostitute, per cui era sospettato di essere un serial-killer. In effetti l'assassino era un altro, ma la storia finì tragicamente lo stesso perché la moglie, impersonata da Gina Lollobrigida, finì nel trita-mangime per le galline e, se non sbaglio, pure lui. Un film che ha aperto le porte alla descrizione di queste aberrazioni sessuali, che ora molti ritengono "normali" e che poi imitano.

Manlio Tummolo ha detto...

Carissima Magica,

secondo la versione che voi condividete, Michele Misseri sarebbe esattamente uno di questi. Eppure mi sembra vi ragioniate sopra. Trattando argomenti criminologici, come si fa quasi sempre su questo blog, sarebbe ben curioso far finta che non esistano elementi del genere che sono molto pericolosi, anche quando fanno solo finta di uccidere, perché passare dalla finzione alla realtà non è difficile.

Penso che uno dei primi film che trattò questi casi di anomalìe sessuali fu "La morte ha fatto l'uovo" con Gina Lollobrgida e Jean-Louis Trintignant, nel 1968, se non ricordo male. Il protagonista Jean-Louis Trintignant aveva il vizietto di fingere sgozzamenti con le prostitute, per cui era sospettato di essere un serial-killer. In effetti l'assassino era un altro, ma la storia finì tragicamente lo stesso perché la moglie, impersonata da Gina Lollobrigida, finì nel trita-mangime per le galline e, se non sbaglio, pure lui. Un film che ha aperto le porte alla descrizione di queste aberrazioni sessuali, che ora molti ritengono "normali" e che poi imitano.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo altro che filosofia da parte del P.M. questo è assolutamente certo di quello che lui afferma,non ha nessun dubbio sulla famiglia Misseri.I mafiosi che normalmente vivono in Sicilia,avendo capito di essere stati scoperti, si sono trasferiti ad Avetrana e precisamente in via Deledda presso l'abitazione dei Misseri,li davano tutte le direttive su come assassinare ragazzine e fare occultare i corpi.
"Un patto scellerato familiare. «Michele Misseri ha rotto un patto familiare scellerato» - ha detto Buccoliero -. In questo processo abbiamo assistito a lacrime di plastica. È impossibile che Michele Misseri abbia potuto uccidere Sarah». Secondo il magistrato tarantino non è credibile che «un padre accusi la figlia dell’omicidio della cugina perché glielo hanno detto il suo avvocato dell’epoca e la dottoressa Bruzzone (l’ex consulente criminologa dell’ex legale di Misseri). «In questo processo gli imputati hanno detto una serie di falsità, a cominciare da Michele Misseri che si accusa del delitto ma non ha neppure visto uccidere Sarah. Lui, riferendo che era stata la figlia Sabrina per poi tornare ad accusarsi del delitto, ha rotto un patto di famiglia scellerato».

Delitto commesso in casa. «Misseri non può, in quattro minuti come si evince dalle loro stesse dichiarazioni - ha detto il pm - aver ucciso Sarah, cercato di coprire il corpo ed essere uscito dal garage per parlare con Sabrina che già era in veranda. Il delitto è stato commesso in casa, dove in quel momento c’erano tre persone: Sabrina, Cosima e Michele. Lasciamo stare le chiacchiere di Michele Misseri, questo è il processo di Sabrina Misseri, che ha sempre negato persino che Sarah quel giorno sia arrivata a casa sua, tirando fuori la storia del rapimento, e del suo risentimento e della sua gelosia nei confronti di Sarah per il rapporto con Ivano Russo».Carissimo Prof approfitto della sua intelligenza e mi dia una spiegazione valida su questo:Il delitto viene commesso in casa,i presenti sono tre,e Michele non vede nulla del delitto,lei trova una logica in queste affermazioni? Buon pranzo a tutti.

magica ha detto...

ciao vito
in questo intervento non mi sembri tu
hai cambiato opinione?.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Cara Magica non cambio nulla,volevo far notare di come il P.M. sia contraddittorio in quello che lui diceva in aula,che Michele rompe un patto con la famiglia,era presente ma non vede nulla del delitto,ti sembra logica una cosa del genere? non credo.Primo perché lui a casa non c'era,(era in garage)secondo Sarah in casa non è mai arrivata,terza cosa, Sabrina e Cosima non hanno visto e sentito nulla,perché nulla è successo in casa,il garage è a parte,e in garage c'era Michele,nervoso per il trattore,e che poi gli viene qualcosa alla testa e che lui non sa spiegare,sai quel classico calore che a volte prende a certi uomini,ecco proprio quello che hai pensato.Ciao carissima.

Anonimo ha detto...

@magico
Vito riporta ciò' che ha detto il PM!!!!!

magica ha detto...

x tummolo
quel maledetto personaggio che si divertiva con il bondage . che ha uciso la rumena .
non lo so avete letto tutto .
comunque una parsona stomachevole.
.
misseri un povero diavolo ma pero' molto furbo .ma trovo mota differenza fra lui e il 42nne che ha ucciso la rumena

Manlio Tummolo ha detto...

Vediamo un po': comincio con Magica. "Molta differenza" ? Sì e no. Se è vero che avesse anmazzato Sarah per desiderio sessuale strangolandola e poi abusando del corpo morto (prima versione), si sarebbe comportato come confessato dall'assassino della ragazza romena. E fin qui le somiglianze: le differenze stanno nel fatto che Michele Misseri avrebbe agito per l'impulso di una sola volta e poi senza altre analoghe conseguenze (?) dello stesso tipo; l'altro invece è un "habituée" di quei lavoretti, stando al materiale che conservava. Misseri sarebbe invece un occultatore perfetto, quest'uomo invece un occultatore imbranato. Ma il materiale ci dirà se era così, o piuttosto la sua ultima azione non sia una "resa" inconscia, oppure - eventualmente - il classico tentativo di sfida dei serial killers (come quello del mostro di Firenze che mandò un brandello di organo genitale femminile al PM donna che lo tallonava), tentativo tuttavia fallito.
A me quello che interessava sottolineare era la mia ormai vecchia tesi che l'uccisione di Sarah si deve a qualcuno di questi signori.

Carissimo Vito Vignera,

ma perché stare a ricordare la funesta orazione del povero SS. Inquisitore, un'offesa alla logica e all'umanità ? Se i minuti erano quattro per Michele Misseri, erano pure quattro o anche meno per Sabrina e sua madre. Eppure in quei quattro minuti si attua tutto e il contrario di tutto. A chi si deve l'attuale rovina dell'ILVA, oltre che agli affari della famiglia Riva ? Agli stessi del caso Scazzi-Misseri. Pensiamoci un poco... Stesso fanatismo, stesso arbitrio !
Conseguenze ? Un enorme disastro per la siderurgia italiana.

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