sabato 5 maggio 2012

Gli abusi di un pubblico ministero: un esempio di arroganza giudiziaria


Dal sito ufficiale "Unione Camere Penali Italiane" giunge notizia di un nuovo abuso perpretato contro un avvocato. In questo caso il legale, di Nuoro, era impegnato in Corte D'Assise a Sassari. Doveroso è il riportare la notizia per amplificare lo sdegno nei confronti di chi, purtroppo, abusa in maniera scorretta della sua posizione impedendo la giusta difesa, come da Legge, e screditando di fatto anche chi opera nella stessa categoria in maniera consona al suo ruolo.

- La Camera Penale di Nuoro segnala all'Unione delle Camere Penali Italiane un gravissimo episodio verificatosi nell’aula della Corte d’Assise di Sassari che vedeva protagonisti il PM di udienza e il difensore – quest'ultimo in qualità di sostituto processuale - con il suo praticante di studio. Nella circostanza, assumendo presunti abusi commessi dal difensore titolare del mandato in sede di investigazioni difensive appresi per via di una segnalazione del perito d'ufficio e per i quali è in corso il relativo procedimento penale, il Presidente della Corte ne dava formale e pubblica comunicazione, mentre il PM riferiva l’oggetto delle indagini svolte nei confronti del difensore e degli investigatori privati che con questi avevano partecipato alle stesse attività. Invitava quindi il difensore ad esibire alla Corte il verbale delle investigazioni ma inutilmente, siccome questi riferiva di non avere con sé il documento.
Al termine dell’udienza il PM, richiesto ed ottenuto l'intervento del Presidente del locale Consiglio dell’Ordine Forense, procedeva a far perquisire le borse professionali e l’intero fascicolo del difensore, che ancora indossava la toga, e del suo praticante per il tramite di un ufficiale dei Carabinieri presente in aula siccome teste dell'accusa non ancora escusso nel procedimento principale. Detta attività, eseguita in forza di un decreto di sequestro emesso esclusivamente nei confronti del difensore titolare del mandato da praticarsi, peraltro, presso il suo studio legale, si concludeva negativamente. Tale esito infruttuoso induceva lo stesso PM ad ordinare la perquisizione personale dei due professionisti che veniva immediatamente praticata. Anche in tale occasione, con esito negativo.

Solo nel pomeriggio il PM procedeva alla esecuzione della perquisizione presso l'effettivo destinatario del provvedimento e nel suo studio legale. Attività non eseguita siccome il documento, a semplice richiesta, veniva prontamente consegnato.
A seguito di formale denuncia da parte dei professionisti, il PM è oggi chiamato a giudizio per avere abusato delle proprie funzioni mediante esecuzione, per il tramite di ufficiali di pg, all'interno di un'aula di Corte d'Assise appena terminata l'udienza, di una perquisizione personale, della borsa professionale e del fascicolo processuale dei difensori e ciò in assenza di un valido decreto di perquisizione e relativa autorizzazione del Giudice a norma dell'art. 103 c.p.p..

La Giunta, esaminato il contenuto della segnalazione e degli atti processuali messi a disposizione dai professionisti interessati, osserva:

Va preliminarmente notato che non si vuole avanzare nessuna pretesa di trattamenti di favore e men che meno di immunità per il difensore che dovesse operare in violazione delle leggi o delle regole deontologiche, comprese quelle che regolano l'attività investigativa privata ma, al contrario, si auspica che l'autorità deputata a farlo sappia accertare se e in quali termini siano state realizzate condotte del difensore men che legittime e corrette sotto ogni profilo. Ciò che rileva, nel caso sottoposto all'attenzione dell'Unione delle Camere Penali Italiane, è il gravissimo trattamento riservato al difensore ad opera del PM, parte avversa nello stesso procedimento, dalle conseguenti e pesantissime ricadute sul fondamentale diritto di difesa.
Quanto al primo aspetto, appare di tutta evidenza quale sia stata l'umiliazione subita dal difensore con la contestuale violazione della toga e mortificazione del suo ruolo per l'attività di perquisizione cui è stato sottoposto in aula, a margine dell'udienza.
Per altro verso, l'avere lo stesso PM del processo assunto la direzione delle indagini scaturite dai presunti illeciti compiuti in sede di investigazioni difensive nei confronti del proprio avversario processuale, ha inevitabilmente costretto il professionista a rinunciare alla difesa, incidendo pesantemente in tal modo sui diritti fondamentali del cittadino imputato, costretto a rinunciare al difensore prescelto per affidare le proprie sorti ad altro professionista. 
Il comportamento tenuto dal PM nella circostanza segnalata, al di là degli aspetti penali conseguenti l'evidente abuso per il quale è oggi sottoposto a giudizio di fronte alla autorità giudiziaria competente ex art. 11 c.p.p., non solo costituisce uno dei tanti episodi di insolenza e arroganza giudiziaria segnata dall'aver scelto platealmente di operare la perquisizione in aula e nei confronti di persone diverse dal destinatario del provvedimento, ma è sintomatico della scarsa considerazione se non del totale dispregio della funzione difensiva e dei diritti inviolabili e fondamentali del cittadino che questa intende tutelare.

Ciò premesso e ribadita la necessità di una verifica puntuale della condotta di ciascun protagonista della vicenda segnalata, la Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane, nel denunciare ancora una volta la gravità di ogni comportamento che costituisca attentato alla funzione difensiva, seguirà l'evoluzione delle diverse vicende giudiziarie, manifestando sin d'ora il pieno sostegno alle eventuali iniziative che la Camera Penale di Nuoro riterrà di adottare -.

Roma, 3 maggio 2012

La Giunta 

1 commento:

Manlio Tummolo ha detto...

Caro Massimo,
grazie per aver messo in evidenza questa notizia. La grande stampa non lo fa sicuramente, nell'illusione di far credere che nella Magistratura tutto proceda secondo legge. Invece risulta che troppo spesso (anche se fosse una volta sola sarebbe già troppo) questa, soprattutto nel suo ruolo nquirente, scambi la funzione di ricerca della verità dei fatti con l'intimidazione, la prepotenza, la prevaricazione. Ma il punto più delicato è questo: i sigg. avvocati, molto giustamente, reagiscono quando vengono colpiti in prima persona dall'abuso, ma che cosa fanno (ahi, ahi, ahinoi...) quando vengono colpiti i loro patrocinati ? Temo, per la verità, che non se ne curino.