sabato 23 dicembre 2017

Caso Bossetti. Quando il DNA è usato come un jolly per chiudere una combinazione di carte poco buone e condannare. Disamina su un articolo scientifico del Professor Peter Gill

Di Gilberto Migliorini


Peter Gill (link curriculum)
L’articolo di Peter Gill Application of Low Copy Number DNAProfiling consente di effettuare una disamina sulla prova del Dna in ambito forense. Ormai nel nostro paese si sta assistendo a un utilizzo del tutto acritico della prova del Dna, che è diventata una panacea, un jolly che in quattro e quattr’otto sarebbe in grado di inchiodare il presunto responsabile di un delitto alle sue responsabilità. In altri paesi si va molto più cauti e da tempo si effettua una netta distinzione tra DNA LCN (piccole quantità recuperate con cicli di amplificazione) e il DNA convenzionale delle prove d’analisi.

“In particular, it is important to consider the implications of allele dropout and the possibility of contamination from a laboratory source”

Il ‘dropout’ per intendersi non è quello univocamente riferibile a uno spaziotempo determinato, la possibilità di contaminazione non riguarda solo il laboratorio e non è neppure esclusiva del luogo del delitto.

Anche se in via preliminare

“For this reason, validation exercises often include studies on the effect of rough handling, coughing, or sneezing onto garments to determine if it is possible to transfer casually DNA to evidential material.”

il laboratorio reale non è quel laboratorio ideale che rappresenta la situazione controllata di tutte le variabili, il reperto arriva al laboratorio già come qualcosa di cui non si conosce la storia e le vicissitudini.

Le parole dell’illustre genetista non consentono fraintendimenti

“However, there is currently considerable lack of understanding about issues of transfer and persistence, and further work is being undertaken in this area.”

La mancanza di comprensione su problemi di trasferimento e persistenza del Dna sta a indicare che spesso si pontifica su qualcosa di virtuale, si considera certa una interpretazione dove migliaia di variabili sono del tutto sconosciute e fuori dal campo di osservazione, dalla possibilità di determinare il contesto di un reperto che non è solo quello del luogo del delitto anche se lì è stato fatto il rilievo.

“The hierarchy of propositions takes as its premise that scientific evidence may only be interpreted if at least two competing propositions are considered. The top level, level III, of the hierarchy represents the offense level. These are the propositions that are most usually seen to be the province of the jury”

the province of the jury” (il terreno di lavoro della giuria) è quanto mai problematico anche se troppo sovente il Dna viene assunto come il classico espediente che inchioda. La scorciatoia sembra promettere molto salvo poi ad una analisi più accurata dimostrarsi piena di incognite e di fraintendimenti. Lo scienziato non è in grado di esprimere un’opinione sostanziale di come il Dna è arrivato ad esempio su un cadavere, soprattutto quando si tratta di tracce minime (nanogrammi)

“Addressing propositions at this level means that the scientist is unable to express a substantive opinion of how the DNA arrived at the site from which it was recovered, or even whether it came from the stain that may have been the reason that sampling was carried out.”

Per quanto il giudizio debba essere lasciato al tribunale in relazione a un insieme di elementi, l’osservazione dello scienziato non può in questo caso arroccarsi nella neutralità. Dovrebbe nelle parole del genetista mettere sull’avviso. Consigliare appunto la corte su questioni che sono rilevanti.

“the jury must ultimately address must be left to the court, though the scientist has a clear duty to advise the court on the issues that are relevant” (il grassetto è mio)
“Defining when DNA Transfer Can Occur Before and after a crime event, there is the potential for adventitious transfer of cells.

Con una nota emblematica a proposito dei piccoli quantitativi

Adventitious transfer and laboratory contamination usually involves low levels of DNA.

E rispetto al tempo e alla univoca interpretazione di un deposito coevo

“The scientist cannot infer either the type of cell donating the DNA or the time when the cells were deposited.

“An estimate of the quantity of DNA is useful to assist in the interpretation of the relevance of a DNA profile. For example, if a visible fresh bloodstain yields several micrograms of DNA, it is not unreasonable to associate the DNA profile with the bloodstain according to level I proposition. However, the association is uncertain if the bloodstain is minute, old, and yields just a few picograms of DNA.”

Siamo insomma in un campo minato. Con una considerazione di buon senso che significa fuori metafora che se la prova è tutta lì, si riduce a un Dna ‘minimale’ -nanogrammi minuti e vecchi - le certezze probatorie vanno cercate altrove, non certo in una prova genetica del tutto aleatoria.

“The interpretation of the case can only follow after an assessment of all the available evidence, taking into consideration the scenarios offered by prosecution and defense lawyers”

Le osservazioni dell’illustre genetista non lasciano adito a dubbi

“DNA can be transferred at any time before, during, and after the crime.(il grassetto è mio).

Se poi si analizzano le potenziali fonti di contaminazione ce n’è per tutti i gusti:

“Potential sources of contamination are: a) Investigative officers, pathologists, etc, at the crime scene; b) Laboratory staff; c) Cross contamination from samples processed in the laboratory, e.g., by aerosol; and d) Plastic-ware contamination (may be contaminated at the manufacturing source).

Ma in un luogo all’aperto se ne aggiungono molte altre, perfino l’assassino può avere interesse a ‘introdurre correttivi’, per depistare…

Sembra che tutto un sistema investigativo-forense non abbia ben chiari i limiti di una ‘prova’ che oltre che portare dati non è in grado di dimostrare nulla, a meno che si integri in un sistema probatorio nel quale possa trovare una logica di supporto…

“The circumstances of the victim leading up to the crime event is unknown to the scientist, hence the possibilities of adventitious transfer cannot be directly ascertained.”

È evidente che solo a posteriori, dopo scoperto il crimine si entra in un sistema di SITUAZIONE CONTROLLATA, almeno idealmente…

Once the crime has been discovered, the scene and the associated evidence enter a controlled environment, where the risk of contamination is minimized by the adoption of good laboratory and investigative practice.

Le conlusioni sono perentorie e non lasciano adito a dubbi riguardo alla (del tutto presunta) infallibilità del Dna nell’individuare il colpevole di un delitto

“When very small amounts of DNA are analyzed, special considerations arise as follows: a) Although a DNA profile has been obtained, it is not possible to identify the type of cells from which the DNA originated, neither is it possible to state when the cells were deposited. b) It is not possible to make any conclusion about transfer and persistence of DNA in this case. It is not possible to estimate when the suspect last wore the watch, if it is his DNA. c) Because the DNA test is very sensitive, it is not unexpected to find mixtures. If the potential origins of DNA profiles cannot be identified, it does not necessarily follow that they are relevant to this case, since transfer of cells can occur as a result of casual contact.”

Le osservazioni di buon senso che pongono in risalto i limiti del LCN DNA non sembrano però appannaggio del nostro sistema giudiziario che considera il DNA una sorta di bacchetta magica.

Effectively, the strength of the LCN DNA evidence is decreased compared to conventional DNA analysis. This inevitably arises from uncertainties relating to the method of transfer of DNA to a surface and uncertainties relating to when the DNA was transferred. It is emphasized that the relevance of the DNA evidence in a case can only be assessed by a concurrent consideration of all the non-DNA evidence. Research is currently being undertaken to devise a probabilistic Bayesian method that encapsulates the DNA and non-DNA evidence.”


Che un innocente possa essere ‘incastrato’ da una prova del tutto evanescente non sembra importare:. Importante sembra solo il rispetto di un formalismo che assume come vero un sistema di deduzioni fondate su una premessa del tutto aleatoria!

35 commenti:

Anonimo ha detto...

Migliorini
TUTTI i genetisti italiani sarebbero dei fattucchieri, allora?
La tua smisurata fiducia per l'operato di chi non sia italiano, rasenta il fanatismo più pernicioso.
E' per colpa di quelli come te che i geni di casa nostra, soltanto fuori dai nostri confini, hanno riscosso i meritati riconoscimenti a cui avevano diritto IN CASA PROPRIA!!!
NN.

Gilberto ha detto...

@ Anonimo NN
Mi sembra un ragionamento che si morde la coda. Se fuori dai nostri confini hanno riscosso i meritati riconoscimenti... forse significa all'opposto di quello che dici. In ogni caso non so dove sia il fanatismo, ho riportato delle considerazioni di un illustre genetista che argomenta su base razionale, non emotiva, esplicitando alcuni spunti critici sui quali, credo, salvo smentita, siano d'accordo moltissimi addetti ai lavori, in campo scientifico, a qualsiasi Paese appartengano. Se hai dei rilievi nel contraddittorio puoi farli sui singoli punti, magari leggendo integralmente l'articolo che puoi trovare sul web.

Vanna ha detto...

Gilberto ottimo articolo!
Ottima risposta all'anonima.
Il problema Gilberto, lo aveva evidenziato Annika, è anche l'aggiornamento che emerge sulle riviste del settore pubblicate all'estero, scritte in inglese, ciò presupporrebbe che l'aggiornamento, e la pratica, dovrebbero anche essere fatti sulla lingua straniera.
Ma se da noi si dice che i kit scaduti sono sicuri, oltre l'aggiornamento bisognerebbe controllare le scadenze, e mi fermo qui.

Wolf ha detto...

Ah... allora la colpa e di Gilberto e quelli come lui che i laureati fuggono all'estero.
Io credevo che emigravano perchè altrove trovano un lavoro degno della loro istruzione e meglio retribuito.
Invece sarebbe meglio che fior di laureati rimangano nel Bel Paese a fare il cameriere, il magazziniere ed il bagnino per poter campare.
Poi rimangono quelli che hanno avuto la fortuna di trovarsi il lavoro gratificante per il quale hanno studiato e quelli che per mantenerselo accettano qualsiasi compromesso per non scontentare un superiore.

Gilberto ha detto...

Vorrei segnalare l’articolo
“ LA PROVA DEL DNA NELLA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE
SUL CASO AMANDA KNOX E RAFFAELE SOLLECITO” di Franco Taroni, Joelle Vuille e Luca Lupária
Articolo notevole per approfondimento che sviluppa in modo critico tutti temi toccati qui nel blog.
https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1460047309TARONI_VUILLE_LUPARIA_2016a.pdf

Vanna ha detto...

"...Poi rimangono quelli che hanno avuto la fortuna di trovarsi il lavoro gratificante per il quale hanno studiato e quelli che per mantenerselo accettano qualsiasi compromesso per non scontentare un superiore."

Rimangono Wolf, anche quelli che sono i figli di coloro che stanno ai bottoni di comando e di quelli che ne sono i lacchè.
Per questi i panorami sono aperti al sole del poco fare ma del buon rendere, senza bisogno di competenze, a quelle ci pensa il sistema "per grazia ricevuta".

Ai rimanenti non resta che riscoprire antichi mestieri, antiche coltivazioni, antichi allevamenti, comprese le api, anticipando fior di moneta prima di avviare le opere e continuando ad anticipare, per le tasse, nel proseguo.

Il panorama è desolante.



Roberta Altea ha detto...

qualcuno dirà che non essendo Gill laureato in Italia, quel che dice non vale un fico secco...
Al di la della pessima (lo ammetto) battura, grazie Gilberto per l'ottimo articolo.

Gilberto ha detto...

Invito a leggere attentamente l'articolo che ho segnalato in merito alla pronuncia di Cassazione su Amanda Kox e Raffaele Sollecito. In tutto l'impianto risulta evidente che se la Corte che giudicherà il caso Bossetti seguisse le stesse argomentazioni e gli stessi procedimenti logici Massimo Bossetti verrebbe senz'altro assolto, senza neppure rinvio ad altro processo.

Gilberto ha detto...

Aggiungo che si tratta fondamentalmente delle stesse considerazioni espresse nell'articolo del prof. Peter Gill e che anche qui nei commenti e negli articoli del blog sono state più volte ribadite.

Gilberto ha detto...

Nell’articolo sulla pronuncia della cassazione sul caso Amanda Knox e Raffaele Sollecito vengono indicati una serie di elementi nella sentenza (in corsivo virgolettato) davvero rilevanti.

Il ruolo del giudice non è quello di recettore passivo del consulente “della fideistica accettazione del contributo peritale, cui delegare la soluzione del giudizio e, dunque, la responsabilità della decisione” in relazione alle due tracce di DNA trovate sul gancetto del reggiseno e sul coltello da cucina sequestrato nell’abitazione di Sollecito. In particolare si fa riferimento al carattere probabilistico di una scienza applicata a situazioni della vita reale con tutte le sue indeterminazioni, dove esiste una latitudine interpretativa del valore non tanto di verità (pur sempre relativa) ma di un metodo che vari ricercatori possono ritenere o no applicabile a situazioni concrete in ragione della loro indeterminazione.

"La prova scientifica non può, infatti, ambire a un credito incondizionato di autoreferenziale attendibilità in sede processuale, per il fatto stesso che il processo penale ripudia ogni idea di prova legale. D’altro canto, è a tutti noto che non esiste una sola scienza, portatrice di verità assolute ed immutabili nel tempo, ma tante scienze o pseudoscienze, tra quelle ufficiali e quelle non validate dalla comunità scientifica, in quanto espressione di metodiche di ricerca non universalmente riconosciute" (pag. 34).

La probabilità è ricondotta al buon senso (finalmente dico io) “...con riferimento all’attendibilità soggettiva di chi lo sostenga, alla scientificità del metodo adoperato, al margine di errore più o meno accettabile e all’obiettiva valenza ed attendibilità del risultato conseguito” (pag. 34).

L’errore (contaminazione dei reperti o a un errore di manipolazione in laboratorio)non è solo quello di far coincidere falsamente due profili genetici

«Si tratta […] di accertare quale valenza processuale possano assumere gli esiti dell’indagine genetica svolta in un contesto di accertamenti e rilievi assai poco rispettosi delle regole consacrate dai protocolli internazionali e da quelle cui, ordinariamente, deve ispirarsi l’attività di ricerca scientifica» (pag. 36).

continua

Gilberto ha detto...

La Corte Suprema di Cassazione rileva la carenza degli standard scientifici internazionali in materia di gestione delle prove scientifiche: il gancetto del reggiseno appartenente alla vittima non è stato repertato al momento del sopralluogo iniziale sui luoghi del crimine, bensì QUARANTASEI GIORNI DOPO.

”Più singolare – ed inquietante – è la sorte del gancetto del reggiseno. Notato nel corso del primo sopralluogo dalla polizia scientifica, l’oggetto è stato trascurato e lasciato lì, sul pavimento, per diverso tempo (ben 46 giorni), sino a quando, nel corso di nuovo accesso, è stato finalmente raccolto e repertato. È certo che, nell’arco di tempo intercorrente tra il sopralluogo in cui venne notato e quello in cui fu repertato, vi furono altri accessi degli inquirenti, che rovistarono ovunque, spostando mobili e arredi, alla ricerca di elementi probatori utili alle indagini. Il gancetto fu forse calpestato o, comunque, spostato (tanto da essere rinvenuto sul pavimento in posto diverso da quello in cui era stato inizialmente notato). Non solo, ma la documentazione fotografica prodotta dalla difesa di Sollecito dimostra che, all’atto di repertazione, il gancetto veniva passato di mano in mano dagli operanti che, peraltro, indossavano guanti di lattice sporchi” (pag. 38).

Qui è evidente che il problema non è solo quello relativo alla repertazione in sé, ma a quel lasso (nel caso Bossetti tre mesi) nel quale un reperto è rimasto in balia di chiunque (nel caso Bossetti non solo di persone, ma anche di animali) che portano ad una inaffidabilità del reperto che non ha più carattere di certezza per via di materiale mal appreso e/o mal conservato al quale allora non si può neppure più attribuire valore di indizio. Nel caso Bossetti poi la conservazione del reperto non è neppure in ambiente chiuso ma in un campo all’aperto e suscettibile di tutte le alterazioni anche degli elementi atmosferici con il relativo degrado.

continua

Gilberto ha detto...

L’altro aspetto della sentenza è quello che fa riferimento alla ripetibilità del test e alla metodica del low copy number.

“Inoltre, le tracce rinvenute sui due reperti, la cui analisi ha portato agli esiti di cui si dirà in prosieguo, erano di esigua entità (Low Copy Number), tale da non consentire di ripetere l’amplificazione, ossia la procedura volta ad evidenziare le tracce genetiche di interesse sul campione e dunque ad attribuire una traccia biologica ad un determinato profilo genetico. Sulla base dei protocolli in materia, la ripetizione dell’analisi è assolutamente necessaria perché il risultato dell’analisi possa ritenersi affidabile, sì da emarginare il rischio di falsi positivi entro margini statistici di insignificante rilievo” (pag. 38).

Le conclusioni in sintesi sono che
1) Il significato di un indizio dipende dal contesto (nel caso Bossetti si tratta di assoluta indeterminatezza)
2) La rilevanza della contaminazione sulla scena del crimine soprattutto quando si è al di fuori di una situazione controllata (per le cause più varie)
3) I rischi di sopravvalutazione del metodo genetico che spesso è solo un labile indizio stante il fatto che non si sa neppure se il deposito del materiale biologico preceda, sia coevo o posteriore al delitto
4) La scienza non può fornire risposte certe al di fuori del laboratorio, in situazioni della vita reale dove molte variabili sono sconosciute. Può offrire un supporto all’indagine, ma il suo ‘racconto’ rimane imperfetto…

Mi sembra che nella sentenza della Cassazione, se applicati al caso Bossetti, ci siano tutti gli elementi per la sua completa assoluzione.

antrag ha detto...

Gilberto!
Mi sono commosso (nel senso etimologico del termine, cum movere) davanti alla tua recente esposizione, messaggio di vera razionalità, civiltà e umanità sul caso a cui ci interessiamo qui.

Anonimo ha detto...

Grazie antrag, troppo buono

e BUON NATALE a te e a tutti i commentatori e simpatizzanti del blog
e naturalmente a Massimo Prati nostro ispiratore, anfitrione, promotore e guida spirituale.
Gilberto

Wolf ha detto...

BUON NATALE A TUTTI (click)

Vanna ha detto...

Gilberto, grazie per aver postato “ LA PROVA DEL DNA NELLA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE
SUL CASO AMANDA KNOX E RAFFAELE SOLLECITO” di Franco Taroni, Joelle Vuille e Luca Lupária.

Sono più di tre anni che andiamo ribadendo alcuni di quei punti.

Gilberto ha detto...

Cara Vanna
Sono sempre più curioso di vedere come va a finire il caso. Io avevo fiducia già per l'appello e invece... L'esito della vicenda Knox-Sollecito lascia ben sperare che i giudici di Cassazione non si lascino impressionare dal solito slogan che 'la scienza non sbaglia'.

Bruno ha detto...

@Gilberto complimenti per il tuo ultimo articolo come al solito emblematico che focalizza il problema sull'uso del DNA. Con l'occasione auguri a tutti, a Massimo Prati che ci permette questo spazio ed in particolare a Massimo Bossetti.

Vanna ha detto...

Gilberto, comincio a sentirmi un po' rassicurata, si va aprendo in modo "nuovo" il discorso sul dna.
Dna che sembrava uno " scoglio" insormontabile e che invece era solo uno " scoglio" artificiale, nel senso che si può spostare, trascinare via e affondare tanto è privo di fondamento per tutte le dinamiche analizzate.
Semmai rimarrebbe lo "scoglio" dell'orgoglio di casta.
Estrapolo dal tuo link:
https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1460047309TARONI_VUILLE_LUPARIA_2016a.pdf

«La conseguenza dell’ineludibile presa d’atto di tale legittima ignoranza del giudice, e dunque della sua incapacità di governare “autonomamente” la prova scientifica, non può, però, essere l’acritico affidamento, che equivarrebbe – anche per un malinteso senso del libero convincimento e di altrettanto malinteso concetto di “perito dei periti” – a
sostanziale rinuncia al proprio ruolo, mediante fideistica accettazione del contributo peritale, cui delegare la soluzione del giudizio e, dunque, la responsabilità della decisione» (pagg. 33-34).
Il giudice deve poter spiegare perché una certa prova sia convincente e perché,
invece, voglia scartarne un’altra. In altre parole, potremmo dire che il giudice deve dar prova di ponderazione e trasparenza. Ebbene, a parere di chi scrive, questo non facile compito dipende dall’adeguata gestione degli strumenti inferenziali e decisionali, in considerazione del fatto che – come peraltro sottolineato nella stessa motivazione – la
scienza non produce mai (per varie ragioni) uno stato di certezza. Si legge, in effetti,che:
«La prova scientifica non può, infatti, ambire a un credito incondizionato di autoreferenziale attendibilità in sede processuale, per il fatto stesso che il processo penale ripudia ogni idea di prova legale. D’altro canto, è a tutti noto che non esiste una sola scienza, portatrice di verità assolute ed immutabili nel tempo, ma tante scienze o pseudoscienze, tra quelle ufficiali e quelle non validate dalla comunità scientifica, in quanto espressione di metodiche di ricerca non universalmente riconosciute» (pag. 34)."

Sono anni che lo andiamo affermando!
Buon Natale.

Chiara ha detto...

Il pregio di un semeiota che commenta il contenuto tecnico di un articolo scientifico è tutto da discutere.

Nautilina ha detto...

Gilberto,
grazie per il bellissimo articolo. A volte indicare solo un link non basta, occorrono tante parole - in rosso - per attirare l'attenzione dei distratti o dei più pigri. Hai fatto benissimo.
Speriamo che tutti i lettori conoscano l'inglese, del resto più chiaro e divulgativo di così il prof. Gill non poteva esere (monito per chi invece scrive astrusi papelli compresi solo dagli addetti ai lavori).
Mi auguro che le sue parole aprano qualche spiraglio in favore di Massimo Bossetti, per chi lo crede innocente, oltre che per futuri imputati in casi analoghi.
Intanto buone feste a te e a tutti gli amici del blog.

Dedico un pensiero anche alle famiglie Bossetti-Comi, ai difensori di Massimo ma anche ai familiari di Yara che non passeranno mai più un Natale con la loro cara bambina.

Speriamo nella VERA Giustizia.

Grazie a Vanna, Bruno, Antrag, Pino, Dudù, Ivana, Roberta, Chiara e Wolf, per la sua simpatica cartolina di auguri e per i link che ci offre generosamente.
Buone feste a tutti, anche quelli che non ho nominato per (quasi)senile deficit di memoria...

Vanna ha detto...

Nautilina grazie a te e a tutti quelli che hai nominato aggiungo in più l'augurio di Buone Feste a Massimo Prati, Stefania, Annika, Manlio, Magica, TommyS, Biologo, Luca Cheli, Anna Maria Cotrozzi e gli altri che ora mi sfuggono e chiedo scusa.

Anonimo ha detto...

Tutti questi menzogneri auguri non tralasciate di rivolgerli anche al vostro beneamato.
Correttamwente non gioverà a un caxxo ma fate la vostra porca figura.

Anonimo ha detto...

Scusate non avevo letto il commento di Nautilina che ha pensato proprio a tutti.
Sticazzi.

vanna ha detto...

Anonimo!
Buon Natale anche a te.
Mangia un intero panettone, bevi una coppa di spumante, fermati un attimo a pensare al Presepe e vai sulla via di Damasco, chissà potresti sentirti pieno di Luce pure tu. A volte i miracoli accadono.
Pace e Bene a te.

Manlio Tummolo ha detto...

Carissimo Gilberto,

intanto a te e a tutti i partecipanti, convergenti o divergenti, di questo blog, mando i più Sentiti Auguri affinché, tra le altre cose, il 2018 ci porti una visione epistemologicamente migliore in campo di microbiologia. Come ben sai, anche se con altra prospettiva del problema concordo sostanzialmente con quanto qui riportato e che hai tradotto. La cosa peggiore in campo scientifico è scambiare per cosa indiscutibilmente certa, quello che è tuttora da approfondire. La ricerca scientifica non è mai, e forse non lo sarà mai, al completo. In filosofia, quell'atteggiamento viene definito dal semplice dogmatismo al fanatismo. Sappiamo che il carattere della scienza è quella della lenta e non sempre sicura conquista. In sede giuridica e giudiziaria poi, non dovrebbe mai valere un singolo elemento di prova (meno ancora se incerto e confutabile), ma una serie di verifiche ad esito concordante: solo così si ha una certa sicurezza di giudizio. Ma, come ben dimostra anche il saggio di Mori, sappiamo come nella prassi giudiziaria, che, grazie anche alla barbarie ed ignoranza giornalistica, scambia per velocità di giudizio la semplice fretta di "sbolognare" un caso, questo atteggiamento serenamente critico sia ben lontano.

I più cari saluti a voi tutti, Manlio

Gilberto ha detto...

Caro Manlio, ricambio con affetto i tuoi auguri

però bisogna stare attenti a pronunciare quella parola, epistemologia, qui nel blog qualcuno non vuole nemmeno sentirne un cenno, guai a percepirne anche solo l'odore... Purtroppo tanta divulgazione scientifica non ha fatto un buone servizio... Si scambia la realtà virtuale per realtà tout court. Quale realtà? Non solo non stiamo uscendo dalla caverna di Platone, ma ci stiamo addentrando ancora più in profondità, c’è perfino il sospetto che tutta l’impresa scientifica se considerata in modo acritico, cioè ritenuta come realtà vera (e non una semplice modalità di conoscenza) ci possa smarrire ancora di più... La realtà virtuale è ormai così potente e in grado di influenzare le nostre scelte da sovrapporsi perfino al nostro schema sensoriale ( si fa fatica perfino a guardare delle fotografie senza essere influenzati da un sistema di credenze), di dominare l’immagine che abbiamo del mondo e di dirigere il nostro corpo e… la nostra anima. Stiamo diventando servomeccanismi, androidi e robot di un sistema di credenze e di conoscenze che dovrebbero essere considerate soltanto ipotesi e modelli non solo provvisori ma anche convenzionali, solo schemi euristici. Scambiare l’impresa scientifica per la realtà vera ci può portare a un sistema alienato, inteso come rispecchiamento di quello che è là fuori. L’algoritmo finisce per dominarci, il nostro prodotto che doveva affrancarci dal bisogno ci sta portando in regioni ancora più buie della caverna platonica. La scienza galileiana in nessun modo ci fa conoscere la realtà, non lo dico io, lo dice la fisica contemporanea.
Nella meccanica quantistica è detto in modo chiaro: modifichiamo la realtà nell’atto di osservarla. Non siamo mai in grado di cogliere la realtà come un oggetto separato dal nostro io. Qualcuno usa la locuzione il nostro cervello, per dire che è il nostro cervello che costruisce la realtà, non la riproduce fedelmente. Integriamo quello che è separato e rendiamo coerente quello che non lo è. Anche qui assistiamo a un sottile errore concettuale. Da questo punto di vista sono proprio i filosofi (epistemologi e filosofi della scienza) quelli che dimostrano la maggior consapevolezza. Il cervello è già una costruzione del nostro io…

E mi scuso per gli amici del blog per la tirata filosofica, saltate pure a piè pari... è un discorso tra me e Manlio...

Anonimo ha detto...

Già, presumi, con disgustoso arbitrio, di essere il genio del blog?
E consigli anche, al resto dell'immonda accozzaglia di tapini, che da sempre collaborano con dignità all'esistenza di questo blog
di...."saltare a pie pari", quello che non sono all'altezza di POTER COMPRENDERE?
Ebbene, sai che ti dico? che finalmente hai rivelato la pochezza del tuo ego, guazzante in un mare di marcio narcisismo.

Vanna ha detto...


Gilberto, chiudi così il dialogo tra te e Manlio:
"...E mi scuso per gli amici del blog per la tirata filosofica, saltate pure a piè pari... è un discorso tra me e Manlio...
27 dicembre 2017 17:18:0"

E' un discorso bellissimo Gilberto che non si può saltare ma solo apprezzare, già basta questo a qualificare il blog.

All'anonimo che si crede di far parte di "...accozzaglia di tapini", suggerisco di leggere meglio tra le righe, poiché "la pochezza dell'ego" e " il narcisismo" potrebbero appartenere un po' a tutti quelli che qui si espongono a ribadire o ad esporre il proprio pensiero, anche tu anonimo sei un narcisista che non sopporta che altri parlino di "epistemologia".
Se ti va puoi aggiornarti in rete, se non ti va, mantieni tu la tua dignità che tanto gli altri manterranno la loro, non preoccuparti.

Gilberto ha detto...

Grazie Vanna

Rispondo all'anonimo

Perché tanto livore? “immonda accozzaglia di tapini?” Chi è affetto da narcisismo tu o io? Da come ti esprimi, tu dimostri disprezzo per il tuo interlocutore e interpreti tutto quello che si dice per aver conferma della tua superiorità. Sei tu caro mio che hai un ego sconfinato, neppure comprendi l’ironia. Non partecipi, tu cali tutto dall’alto, vuoi semplicemente bollare e denigrare. Invece di distruggere tutto col tuo veleno perché non provi a porti in modo costruttivo. Potresti scoprire un’altra realtà…

Manlio Tummolo ha detto...

Carissimi,

tutti siamo filosofi, ovvero cercatori della verità, anche quando pensiamo che questa consista nell'ingozzarsi di cosciotti di tacchino e guardando le cosciotte della bella vicina che mangia al nostro fianco. La questione però è se tutta la realtà o verità che dobbiamo cercare è la pura soddisfazione delle esigenze biologiche, o il cercare qualcosa che vada al di là della sola prossimità sensoriale. Se siamo esseri umani, ovvero razionali, il nostro scopo è appunto di andare oltre, senza rinunciare anche ai lati più terreni della nostra ricerca.

Nel riguardo del tema specifico, il dovere dell'uomo pensante è quello di porsi tutti i dubbi necessari sul caso, esaminarli confrontandoli ad altri analoghi o diversi, tener conto se la metodologia adoperata sia o non sia sufficiente allo scopo, e così avanti. E' questo il lavoro, anzi per dirla col Fichte, la "missione del dotto" di cui qui si è incaricato il nostro amico e corrispondente Gilberto, che null'altro ha fatto se non invitare chi non apprezza questa metodologia a passare ai cosciotti di pollo e di tacchino, tipici dell'atmosfera natalizia. Sul fatto che molti poi si facciano null'altro che appendici carnose ed ossee di INTERNET e simili, concordo pienamente con Gilberto, come apprezzo costantemente la nostra Vanna che, convergendo o dissentendo, ci segue sempre con vivo interesse. Un blog intitolato "volandocontrovento" non mira sicuramente a ripetere i cori stipendiati, monotoni e monocordi, vigenti oggi nel nostro sdemocratico regime nazionale ed europeo.

In tutti i casi e a tutti, rinnovo di cuore gli Auguri di un Felicissimo 2018, che sia per tutti, che ben o male seguono con passione questo blog libvero, democratico e criticamente operante, il Centenario di una rinnovata, ma pacifica Vittoria. Vostro, Manlio

Anonimo ha detto...

Forse ho capito dottor Tummolo: io in quanto uomo pensante i dubbi me li pongo e concludo che B è colpevole, invece il mio cane adora i cosciotti di tacchino e se non li trova viene a mangiarvi il pisello.

Vanna ha detto...

ma che cretino, quest'anonimo non ha capito nulla!

Manlio grazie, Auguri di un sereno 2018 anche a te.

Bruno ha detto...

Ciao Manlio, grazie, auguri vivissimi anche a te un Buon Anno 2018.

Manlio Tummolo ha detto...

Caro Anonimo,

se Lei Si pone dubbi, non può sapere chi sia il colpevole, o chi non lo sia; se Lei sa chi è il colpevole, significa che non ha dubbi. Quanto al Suo cortese cane, credo che sia più intelligente sicuramente del suo padrone, perlomeno come l'asino di Buridano sarà in dubbio se preferire un cosciotto di pollo al mangiare legumi (in scatola oppure crudi dal baccello ? mah !).