Articolo di Gilberto Migliorini
Perché bisogna sapere che il giovane imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli avendo riportato una gran vittoria contro i suoi nemici (…) volle che fossero aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.
- Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch’io – disse Pinocchio al carceriere.
- Voi no, - rispose il carceriere – perché voi non siete del bel numero…
- Domando scusa, - replicò Pinocchio – sono un malandrino anch’io.
- In questo caso avete mille ragioni, - disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare.
Da: Le avventure di Pinocchio - Collodi
Da: Le avventure di Pinocchio - Collodi
C’era
una volta - Un pezzo di legno! – diranno i miei lettori. Sbagliato,
c’era una volta Pinocchio. - No, no, non
va bene, non vale: questa è una storia a rovescio. Sento già qualcuno che
protesta. Direte che bisogna cominciare da un pezzo di legno, o magari da un re
che non c’è, altrimenti è una palese violazione della trama, un mondo alla
rovescia. La verità è che la storia di Pinocchio va riscritta alla luce della
modernità e delle nuove istanze sociali. Non si può più partire da un pezzo di
legno da catasta, scusate, la vita da allora (fine ‘800) è cambiata, suvvia
bisogna essere a la page, aggiornare
i personaggi. I ruoli di Geppetto, la Fatina, il Grillo Parlante, Lucignolo,
Pinocchio… tutti da riassegnare, rivedere, contestualizzare... Non parliamo poi
del Gatto e della Volpe, oggi troppo prevedibili e scontati. Personaggi da
riqualificare, riabilitare, in una giusta prospettiva storica.
Collodi avrebbe
un bel daffare a riscrivere un canovaccio alla luce del Bel Paese anno di
grazia 2014. Però, l’altra notte mi è apparso in sogno e… guardate, non è
farina del mio sacco, la storia me l’ha suggerita proprio lui, il Lorenzini,
alle prime luci dell’alba sussurrandomela in un orecchio mentre ero ancora
nelle braccia di Morfeo. Appena sveglio ho preso carta e penna e l’ho
trascritta parola per parola prima che me la potessi scordare (si tratta ovviamente
solo di un canovaccio). Direte che mi sto inventando tutto o che è solo la mia suggestione?
Può darsi, la racconterò ai miei quattro lettori, compreso quel furbacchione
che di sicuro sta già pensando come farmi le pulci.
Ecco qua la storia. Pinocchio,
uomo bell’e fatto e in carne ed ossa, un bel giorno scoprì di avere una naturale
vocazione per la politica e in breve riuscì a raggiungerne la vetta con il
plauso e l’ammirazione dei suoi sostenitori. Man mano ascendeva i gradi del
potere, quello delle persone che contano,
iniziò però una strana metamorfosi in tutte le membra del suo corpo. Una specie
di mutazione genetica per dirla con il linguaggio odierno. Pinocchio cominciò
ad avvertire un formicolio… un prurito… una fregola... Prima furono i piedi a
diventare di legno e poi, via via e su su,
tutto il suo corpo assunse l’inconfondibile consistenza della materia di cui
son fatti gli alberi, però non chiedetemi se fosse larice o quercia, mogano o
palissandro perché non mi è stato detto nel sogno. Di certo anche le giunture
erano embricate con legamenti ed incastri precisi e ben articolati. Riusciva a
muoversi come sempre, in perfetta scioltezza e non già come una marionetta.
Forse nessuno se ne sarebbe accorto che l’incarnato era di legno. Però il naso
cominciò ad allungarsi per un fenomeno strano e del tutto imprevedibile. La
metamorfosi, per quanto singolare, sarebbe comunque apparsa irrilevante agli
effetti pratici (politicamente intendo) se non fosse che il naso era cresciuto
talmente allo sventurato da diventare antiestetico e piuttosto pericoloso.
Bastava
infatti un movimento brusco della testa per infilzare qualcuno che si trovasse
nelle vicinanze, magari perforandogli un occhio o conficcandogli un piede. Un
certo Geppetto aveva preso a cuore la vicenda del povero Pinocchio che con quel
naso sempre più lungo faticava a portare a termine i suoi comizi. L’appendice
si allungava talmente che rischiava di infilarci qualche tordo o di infiggere un
merlo. Geppetto armato dei suoi strumenti, la sega la pialla e la sgorbia, gli accorciava
ogni volta il naso, lo lisciava e lo carteggiava, lo piallava e lo sagomava
facendolo ridiventare un bel nasino all’insù. Pinocchio poteva allora
continuare con lena il suo mandato politico, sfoggiando un naso alla francese,
inoffensivo e accattivante, con il brio e la sagacia che caratterizzava i suoi
discorsi pieni di pathos e di humor. Ospite fisso di un teatrino televisivo non
rischiava più di bucare lo schermo con il naso che gli veniva preventivamente
raccorciato. Il moderatore e mediatore di turno poi, di nome Mangiafuoco,
cercava di fare quelle domande che si era concordato non rischiassero di
allungargli troppo il naso. Pinocchio, insieme ad Arlecchino e Pulcinella,
faceva delle belle tavole rotonde che mastro Ciliegia, un falegname amico di
Geppetto, preparava con i suoi arnesi da marangone, tavoli più rotondi di
quanto perfino Giotto sarebbe riuscito a disegnare, perfetti per la prima
colazione, il pranzo e la cena.
Erano abboccamenti tra tre (qualche volta
quattro) commensali della politica dall’aria compunta ed amabile, disquisizioni
profonde e coinvolgenti. Si parlava del Paese
dei Balocchi, un luogo dove scorrevano fiumi di lattemiele. Nessuno degli
spettatori per la verità l’aveva mai visto quel paese, anche se ne sentiva
favoleggiare. Pinocchio raccontava di esserci stato e così pure Arlecchino e
Pulcinella. Loro lo avevano visto e lo disegnavano con descrizioni avvincenti e
suggestive. Argomentavano che lì ci si poteva arrivare, che là c’era giustizia,
abbondanza, onestà e lavoro per tutti.
Quei graziosi e intrepidi
comizi avrebbero potuto continuare indefinitamente senza particolari scosse,
senza patemi d’animo e dubbi di sorta… in amabili conversazioni all’ora del tè
– anche se ogni tanto volavano i pasticcini, si assisteva al lancio del buffet
e si minacciava perfino di scambiarsi un bel carico di schiaffi e bastonate
(trattandosi di Arlecchino e Pulcinella). Ma niente paura era solo per celia e
per creare un po’ di suspense. Quelle belle tavolate con tovaglie immacolate,
tazzine e piattini tintinnanti, avrebbero potuto seguitare con l’immancabile
moderatore che porgeva la pochette con la squisita gentilezza dell’anfitrione…
se un giorno non avesse fatto la sua apparizione il Grillo Parlante con un
collegamento estemporaneo, non concordato, capitato lì senza invito e senza
reticenza. Si trattava per dirla tutta di un rompiscatole, uno scocciatore, uno
che spaccava come suole dirsi… il capello in quattro. Era uno al quale piaceva
smontare gli argomenti dei commensali che per quanto sembrassero sempre in
disaccordo (più che altro per tenere desta l’attenzione) in realtà erano
abbastanza in sintonia su tutto (salvo su qualche dettaglio circa gli interessi
del loro entourage, riguardo al gusto dei cioccolatini e alla spartizione delle
fette di torta).
Quando il Grillo Parlante indicava con il suo dito (davvero un
po’ malandato) tutti gli inganni e le soperchierie del paese dei balocchi (indicandoli per filo e per segno, dalla a alla
zeta) l’attenzione dei suoi interlocutori (ma anche quella di Mangiafuoco che
faceva un po’ il cicisbeo) si appuntavano sul dito del Grillo Parlante… si
osservava che era storto, deforme e screpolato, inadeguato per quel grazioso e
rispettabile consesso di persone alla pari, così ben educate e certificate. I commensali,
mostravano dei ditini ineccepibili, lindi e puliti, che avrebbero potuto
vincere un concorso di bellezza, per non parlare dei mignoli che si alzavano
graziosamente quando bevevano il tè. Perfino le telecamere un po’ per caso e un
po’ per vocazione si appuntavano su quel dito
screpolato, davvero impresentabile, del Grillo Parlante, un’articolazione
fuori posto tra diti e dita ragguardevoli
per vocazione e lignaggio. Quando quel dito
malandrino indicava la luna, il primo piano era sull’unghia, e quando l’indice
mostrava in che direzione guardare, era una zoomata sul polpastrello.
E bisogna
dirlo… il confronto con i bei ditini di Pinocchio Arlecchino e Pulcinella era
davvero impietoso. Falangi falangine e falangette graziosamente democratiche da
una parte, davvero impeccabili e ragguardevoli, giudiziose e piene di
sussiegoso buon senso… e un dito rude e sgradevolmente irruento dall’altra,
irrispettoso, dissacrante, autoritario e davvero poco educato. Una parte degli
spettatori sapeva apprezzare l’estro sulfureo e provocatorio del Grillo
Parlante, ma un’altra parte era affezionata alle dita dei commensali che
sapevano muoversi con circospezione quasi ballando un tango col caschè. Va da
sé che con quel tipo così poco malleabile il dibattito rischiava di degenerare
in uno spettacolo tipo quelli delle torte
in faccia, per il resto il Paese dei Balocchi
rimaneva sullo sfondo e le telecamere indugiavano sulle dita in primo piano.
Il Grillo Parlante, davvero un
intruso, rischiava di rovinare il buffet, per non parlare della distribuzione
dei pasticcini e dei cioccolatini. Il menù risultava infatti già preparato e
scritto a chiare lettere su un bel papiro che faceva a corredo in un elegante
cartelletta di pelle con su scritto a caratteri dorati Menù di Degustazione. Pinocchio, Arlecchino e Pulcinella non si
facevano di certo pregare, si accordavano sul marzapane, sui tarallucci, sui
bignè... In realtà in quel consesso c’era un’eminenza grigia, che era poi il
personaggio più importante, la Fatina
dai capelli turchini. Lei viveva in una casina candida come neve, confinata
lì per via del nefasto sortilegio di gente cattiva e invidiosa. Però per quanto
fosse stata messa in stand-by (ferma per un giro) poteva ancora usare la sua
bacchetta che agitava nell’etere mandando qua e là la sua polverina magica.
Pinocchio
talvolta andava da lei per via del Gatto e la Volpe. Due amici squisiti, uno
cieco e quell’altra zoppa ma che insieme facevano un bella copia, che ci vedeva
e camminava per bene. I due compari avevano prestato a Pinocchio cinque monete
d’oro. Eh… immagino già l’obiezione dei puristi dell’opera del Collodi: - I due non li prestano i denari, semmai li
fanno seminare nel campo dei miracoli, nel paese dei Barbagianni. Appunto…
in effetti li prestavano ad interesse che fruttava molto di più e consentiva ai
pinocchietti (quelli con la p minuscola) di indebitarsi allegramente. Comunque Pinocchio mosso dalle migliori
intenzioni, e dall’ambizione di far bene, volle investire il denaro avuto in
prestito e per questo la Fatina dai
capelli turchini sembrava proprio la più adatta per dargli appoggio e
consigli.
Un bel giorno andò da lei ben
conoscendo il potere della sua bacchetta magica. Il poverino dovette bersi una
medicina piuttosto amara sia pure con qualche zolletta di zucchero per scampare
a una precoce dipartita (politicamente parlando). Perché appunto con un poco di zucchero la pillola va giù.
L’incontro con la fatina lo mise davvero di buon umore.
Tornato in città, quella degli Acchiappa-citrulli, Pinocchio fu accolto come un
eroe e in quattro e quattr’otto fu elevato al rango di Gran Ciambellano del tavolo rotondo. È pur vero che il naso si era
allungato… e di molto, però Geppetto con un surplus di lavoro glielo
raccorciava riportandolo sempre alle sue giuste dimensioni. Attorno al tavolo
insieme ad Arlecchino e Pulcinella erano però sorti alcuni problemi riguardo alla
spartizione del buffet. Pinocchio aveva interpretato in modo un po’ elastico i
comandi della Fata, che per la verità conosceva bene il suo pupillo, la sua
esuberanza e la sua ambizione, e aveva previsto e messo in conto qualche
intemperanza. La spartizione dei pasticcini sollevava sempre qualche polemica,
rivendicazioni, distinguo, precisazioni… soprattutto quando anche Colombina
entrava in scena.
Riguardo agli spettatori del teatrino non c’era problema erano
semplici figuranti che potevano annuire col capo e magari fischiettare in segno
di giubilo, esprimere le loro preferenze annuendo con la testa. Sulla scena del
teatrino stava, oltre a Mangiafuoco, un gruppo di valletti e cicisbei bravi a
far l’inchino e talvolta a intonare qualche canzoncina, sgomitavano tutti per
tessere le lodi di Pinocchio. Dalla casina bianca la fatina agitava la
bacchetta magica e una polverina luminescente volava nell’etere più veloce
della luce. Così, litigando (un po’ per finta e un po’ per celia) il Gran Ciambellano del tavolo rotondo
cercò di accordarsi al meglio riguardo al buffet: caramelle non ne voglio più disse perentorio tagliando una bella
fetta di torta, mentre Arlecchino e Pulcinella gli facevano eco con “A proposito di politica… ci sarebbe
qualcosina da mangiare?" e… tutti invocavano la protezione magica della
Fatina dai capelli turchini. E il
Grillo Parlante? In panchina, anzi negli spogliatoi…
Riuscirà Pinocchio nel suo intento
di trasformare la terra dei Barbagianni nel mitico Paesi dei Balocchi? Riuscirà
Lucignolo (un outsider) a mettere i bastoni tra le gambe a Pinocchio? E il
Grillo Parlante verrà spiattellato sul muro? Potrà la Balena spiaggiata riprendere
il mare? Prossimamente il sequel su questo Blog.
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4 commenti:
L’errore commesso dai padri nel dopo guerra?
Non avere capito che il carattere non si forgia nell’agiatezza ma nel superare i problemi della vita quotidiana.
Gli scarsi risultati del 3° millennio? Sono da attribuire all’apatia dei Giovani
e alla disonestà (dei sessantottini che appartengono alla classe manageriale e politica) serva dei capitalisti che dopo là discesa in campo di SB ha spianato loro la strada.
Rendendo l’Italia quello che è. Un grande mercato delle vacche dove il popolo sarà solo lo spalatore di letame. Sono più di venti anni che non investono un fico secco in’Italia per ammodernare le industrie
Rende di più quotarsi in borsa e spostare gli stabilimenti nei paesi esteri dove il lavoro costa meno.
L'ITALIA è la patria del precariato funge da riserva del domani.
Quando il lavoro a basso costo nei paesi sottosviluppati finirà scongeleranno i nostri precari.
Ho fatto un sogno utopico? Il Popolo si destava (finalmente ) e si univa per formare una -SPA- del lavoro
Non esistevano più padroni chi aveva bisogno di manodopera si doveva rivolgere alla (-SPA-del lavoro)
Pagando la manodopera di qui abbisognavano ad un prezzo stabilito dalla (S.P.A del lavoro)
Il Tutto adeguando là manodopera al costo (reale) della vita ed hai costi di mercato
I Cosi detti padroni che hanno sfruttato avidamente per secoli non esistevano più.
il Popolo poteva scegliere Diventare padrone di se stesso ho prestatore di manodopera.
La differenza del padrone di se stesso?
Al padrone di se stesso Tolte le spese totali documentando il tutto rimaneva il 20% netto in più.
La vera UTOPIA? Cosi facendo in un solo colpo avevano fatto sparire tutta la classe Politica serva delle lobby
E le lobby stesse che non potevano più sfruttare il Popolo.
Annullando di colpo tutti gli sprechi Perché il Popolo aveva solo un pensiero comune
Unire le menti per fornire idee produttive con benefici per tutti.
Chi non accettava? Era libero di andarsene via portando con sé per carità cristiana solo il 20% dei suoi possedimenti.
PS Potrebbe essere un sogno che si avvera? Speriamo di SI.VITTORIO
L’errore commesso dai padri nel dopo guerra?
Non avere capito che il carattere non si forgia nell’agiatezza ma nel superare i problemi della vita quotidiana.
Gli scarsi risultati del 3° millennio? Sono da attribuire all’apatia dei Giovani
e alla disonestà (dei sessantottini che appartengono alla classe manageriale e politica) serva dei capitalisti che dopo là discesa in campo di SB ha spianato loro la strada.
Rendendo l’Italia quello che è. Un grande mercato delle vacche dove il popolo sarà solo lo spalatore di letame. Sono più di venti anni che non investono un fico secco in’Italia per ammodernare le industrie
Rende di più quotarsi in borsa e spostare gli stabilimenti nei paesi esteri dove il lavoro costa meno.
L'ITALIA è la patria del precariato funge da riserva del domani.
Quando il lavoro a basso costo nei paesi sottosviluppati finirà scongeleranno i nostri precari.
Ho fatto un sogno utopico? Il Popolo si destava (finalmente ) e si univa per formare una -SPA- del lavoro
Non esistevano più padroni chi aveva bisogno di manodopera si doveva rivolgere alla (-SPA-del lavoro)
Pagando la manodopera di qui abbisognavano ad un prezzo stabilito dalla (S.P.A del lavoro)
Il Tutto adeguando là manodopera al costo (reale) della vita ed hai costi di mercato
I Cosi detti padroni che hanno sfruttato avidamente per secoli non esistevano più.
il Popolo poteva scegliere Diventare padrone di se stesso ho prestatore di manodopera.
La differenza del padrone di se stesso?
Al padrone di se stesso Tolte le spese totali documentando il tutto rimaneva il 20% netto in più.
La vera UTOPIA? Cosi facendo in un solo colpo avevano fatto sparire tutta la classe Politica serva delle lobby
E le lobby stesse che non potevano più sfruttare il Popolo.
Annullando di colpo tutti gli sprechi Perché il Popolo aveva solo un pensiero comune
Unire le menti per fornire idee produttive con benefici per tutti.
Chi non accettava? Era libero di andarsene via portando con sé per carità cristiana solo il 20% dei suoi possedimenti.
PS Potrebbe essere un sogno che si avvera? Speriamo di SI.VITTORIO
PS
Le stagioni della vita passano in fretta
i sogni di gioventù come le foglie cadono nello scrigno dei ricordi
il tempo passa Ti ritrovi vecchio con i tuoi ricordi
apri lo scrigno e ti accorgi che è vuoto
Come le foglie d’autunno il vento li ha portati con se
I SOGNI sono solo Fantasie di gioventù che la realtà della vita ha ucciso
L’unico SOGNO reale che ci appartiene è il risveglio della natura in primavera. VITTORIO
Ci mancava,in verità, un rifrigitore di pizzelle.
beh, ora c'è!
contenti?
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