martedì 10 maggio 2011

Livia ed Alessia. Chissà dove sono e come sta la loro mamma adesso.

Chissà dove sono Livia ed Alessia. Chissà se sono ancora in territorio svizzero, se stanno giocando in riva a un lago canadese o su una spiaggia australiana; forse stanno facendo una traversata in barca a vela e sono  ferme in qualche località dell'America meridionale in attesa di ripartire. Potrebbero anche starsene a pochi chilometri dalla Svizzera, nella Foresta Nera, fra i sorrisi di bionde mamme tedesche, o in qualche bel paesino della Loira coccolate da dolci mani francesi. E non è detto non possano essere in qualche bella isola spagnola o in un piccolo paesino portoghese. Anche il nord della Gran Bretagna sarebbe un luogo giusto. Il Galles, la Scozia, l'Irlanda. Ce ne sono di città che gli uomini del mondo amano proprio perché sconosciute agli uomini del mondo. Tante sono anche negli Stati Uniti d'America. Cosa possono sapere in Colorado o nel Texas di quanto accaduto in Svizzera? Però il posto migliore è sempre il Canada. In fondo certe sue zone hanno somiglianza con la terra in cui aveva scelto di vivere il loro padre, con la Svizzera. Matthias Schepp era canadese e forse nel suo essere interiore amava molto quella nazione. D'altronde anche i canadesi non possono essere informati di quanto avviene in una piccola nazione europea.

Chissà quante domande girano nella testa di Irina, chissà quante lacrime scendono sulle sue guance, chissà quanti pensieri malsani sopporta quando è sola nel buio della notte, quando prima di stendersi sul divano passa nella camera delle figlie e la trova vuota, ogni sera, immancabilmente, vuota. Chissà se c'è stata una notte in cui non ha dormito coi due "pupazzi preferiti" delle bimbe. Perché la notte per lei è lunga da passare, sola coi pensieri, coi suoi occhi rossi e col suo immenso dolore. Ed è di notte che le appare in chiaro il senso della frase inserita nell'ultima lettera di Matthias Schepp, l'uomo che le sembrava giusto per lei, l'uomo che aveva scelto per costruirsi una famiglia, l'uomo a cui aveva regalato due figlie, l'egoista assoluto a cui la vita aveva dato tanto e tanto ancora aveva di certo da dare, l'uomo che non ha capito, forse non glielo hanno insegnato nell'infanzia, il vero significato della parola amore, l'uomo che le ha scritto "non ti suicidare anche tu", la frase che ora più di altre nel buio della casa di Livia ed Alessia rimbalza prepotente, la frase che forma un'eco e si inserisce all'interno della mente, la frase che schiaccia il cranio e costringe il cervello di Irina a fare gli straordinari per non impazzire.

Chissà dove sono ora Livia ed Alessia. Chissà se vanno a scuola, se stanno imparando un'altra lingua o se nel paese dove al momento abitano usano il francese. Chissà se chi vive accanto a loro ha intenzione di farsi chiamare mamma. Chissà, semmai e ben sapendo che Irina è viva, se lo farà a cuor leggero e senza rimorsi. Chissà se spera di essere scoperta, di ridare le figlie alla vera madre. Chissà se al buio soffre perché ha un cuore o ride perché non ne ha. Chissà se dove vive c'è il sole o c'è la neve. Chissà se le ha già portate alle cascate del Niagara. Chissà cosa ha inventato per provare a far dimenticare loro la mamma naturale. Chissà quali pensieri agitano la sua mente. Chissà se ha acquistato altri due peluche. Chissà se le piccole dormono con la luce accesa. Chissà se sognano o hanno gli incubi, inevitabili alla loro età dopo un trauma psicologico del genere. Chissà se la donna che le accudisce ed hanno accanto dorme con loro. Chissà quale motivo l'ha spinta ad accettare un compromesso del genere. Chissà se il padre delle bimbe aveva previsto che non sarebbero tornate davvero più a casa. Chissà se gli accordi che aveva preso erano così drastici. 

Quanti chissà aleggiano come spettri sul castello costruito dallo Schepp. Un castello inesplorato perché la tradizione svizzera non permette di esplorarlo. Chissà cosa sta pensando il procuratore di Losanna. Chissà se in vita sua ha mai pensato agli altri, come vuol far credere, o ha sempre e solo ragionato in funzione dei voti e del suo posto di lavoro. Chissà se quando gioca con le sue bimbe pensa a Livia ed Alessia. Chissà se quando guarda sua moglie pensa a Irina, al suo pianto. Chissà cosa gli è balenato in testa quando gli hanno riferito che un padre era sparito dopo aver sequestrato le sue figlie. Chissà se si è preoccupato per loro. Chissà se ha condotto l'indagine nella maniera migliore oppure l'ha snobbata perché, in fondo, l'uomo poi suicida non era davvero svizzero ma di origini canadesi. Chissà se ha mai immaginato il castello costruito da Matthias Schepp. Chissà se ha creduto di vedere, fra la nebbia fatta apposta, due figure infantili sepolte nelle segrete o gettate nell'acqua alta del fossato. Chissà cosa intende fare prima di chiudere le indagini. Chissà se davvero intende fare qualcosa prima di chiudere le indagini. Chissà se mai ha fatto vere indagini. Chissà se sua moglie lo appoggia nelle scelte o lo contrasta. Chissà se ha il sonno tranquillo od agitato. Chissà se ha gli incubi di chi sente di avere un peso sulla coscienza, di non aver fatto quanto avrebbe potuto e dovuto fare.

Quanti chissà accompagnano il sequestro di Livia ed Alessia. Troppi chissà a cui nessuno ha mai davvero pensato di dare una risposta. Anche i giornalisti hanno lasciato cadere le bimbe nel dimenticatoio. Io però ho intenzione di continuare a ricordare al signor Pascal Gilliéron, il procuratore vodese, che ai microfoni del mondo ha detto avrebbe chiuso le indagini solo dopo aver fatto tutto quanto era indispensabile fare. Glielo ricordo ora e glielo ricorderò ancora. E se pure abbiamo visto che tutti hanno perso la memoria, che nessuno sa cosa scrivere, chi dovrebbe indagare per trovare Livia ed Alessia deve sapere che io non dimentico. Io di memoria ne ho e ne avrò tanta. Ed a costo di buttare giù parole che dicono il nulla, per ricordargli che due bimbe non sono dove dovrebbero stare e che a lui spetta il compito di indagare, ancora ne scriverò.


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9 commenti:

Anonimo ha detto...

mamma mia quanta tristezza accompagna i nostri giorni!Eppure si va avanti...Le tue parole poi...chiudo che mi scappa la lacrimuccia...
Bea.

Andrea ha detto...

Hola Massimo, gracias por tu artículo.
Es muy triste lo que ha pasado, y mucho más triste que quienes tienen que investigar este hecho, estén dejando que el tiempo sea el protagonista de la investigación. Es triste, para Irina, por supuesto, pero también para la sociedad. Estamos dejando claro que un individuo puede planificar la desaparición de sus hijas, escribirle a su madre que no volverá a verlas, y cumplir ese objetivo? ¿realmente queremos que esto sea un ejemplo para otros individuos? Delinque, y si planificas las cosas y lo ejecutas bien, si dificultas la investigación desde el inicio, entonces te aseguras que tu crimen quedará impune.
Es macabro y terrible. La policía y la justicia deben continuar la investigación y esclarecer los hechos. No solo por Irina, sino por todos. Esto tiene que resolverse y las hipótesis que no pueden ser contrastadas no cuentan.
Esto no puede volver a pasar.
Adios, y nuevamente, muchas gracias.
Andrea (en italiano, Andreina)

Anonimo ha detto...

La speranza di trovare le due bambine è sempre viva nella maggioranza di tutti noi ... le bambine stanno aspettando di essere trovate e di riabbracciare la loro mamma ... perchè di mamma ce nè una sola .... e niente e nessuno può sostitutire questo infinito legame. Spero anche gli inquirenti che stiano facendo il loro lavoro al meglio .. e credo che Irina, come ogni Madre, stia facendo il suo compito al meglio!
saluti

lori ha detto...

Ciao Massimo, credo che questo sia il post più bello che tu abbia scritto; si avverte una sensibilità fuori dal comune..l'animo di un poeta
Ciao
lori

Giacomo ha detto...

Ciao Massimo.
Hai scritto delle cose molto belle, nobili, commoventi.
Che il Cielo ti ascolti!
Ciao

Giacomo

Anonimo ha detto...

LINO MOCCI

EN VERITE , je les ressent
en vie , depuis le 10/02/2011

livia et alessia seraient partient de BARI vers un pays une île , dont je pense évidemment ( canada , australie, amerique latine , urss , afrique noir )

Camoscio10 ha detto...

Bello , scritto molto bene ,sai Massimo sei forse l´unico che ancora parla delle gemelle ,non fermarti ,ho gemelli di 4 anni anch´io e sempre mi ricordo di Livia e Alessia
I media giá non hanno piú interesse mediatico e fai bene a criticare i giornalisti non sensibili , non fermarti ricordiamoci sempre che Alessia e Livia sono da qualche parte nella speranza che stiano bene pur lontano dalla madre

Anonimo ha detto...

Massimo, continua a parlare di queste due piccoline. Mi piange il cuore a pensare quanto si avrebbe potuto fare e non si e' fatto. E spero veramente che questo silenzio sia dovuto ad una scelta degli inquirenti... non alla loro incapacita'...

Anonimo ha detto...

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