domenica 6 aprile 2014

Il Gatto e la Volpe della nostra politica credono nella induttività e non sanno che il tacchino ripieno si può mangiare anche a maggio... per dire

Articolo di Gilberto Migliorini



Tra i tanti appellativi dati a un aspirante protagonista di un succulento piatto di Natale (o meglio di Pasqua) pare davvero azzeccata quella data come metafora al tacchino ripieno (che si appresti ad andare all’incasso di una valanga di voti?). Il tacchino all’ingrasso somiglia davvero a quello del filosofo Bertrand Russell (metafora poi ripresa da Karl Popper). La storia, per chi non la conoscesse, è quella del tacchino induttivista che studiando gli avvenimenti che si inseguono sempre uguali nei giorni, si forma una visione del mondo basata sulla scienza. Una visione del mondo, purtroppo per il tacchino, che si rivelerà falsa.

«Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell'allevamento dove era stato portato, gli veniva portato il cibo alle 9 del mattino. Da buon induttivista non fu precipitoso nel ricavare conclusioni e eseguì altre osservazioni in diverse circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così ampliava ogni giorno il suo elenco di osservazioni nelle condizioni più disparate. Alla fine la sua coscienza induttivista fu soddisfatta ed elaborò un'inferenza induttiva del tipo: "Mi danno il cibo sempre alle 9 del mattino". Purtroppo, però, questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu sgozzato» - Bertrand Russell -

A quanto pare le inferenze induttive peccano di ottimismo. E per inciso: non è un obbligo pensare a un tacchino da sgozzare a Natale, perché non si può sapere, oggi, cosa finirà sul piatto degli italiani domani: soprattutto di questi tempi (mala tempora currunt) nei quali anche nelle feste comandate si ripiega su piatti un po’ meno pregiati (almeno per quanto riguarda quella metà che tirano la cinghia e per i quali perfino il pollo vale come aspirazione statistica).

Il fatto certo è che anche chi si ritiene furbo - come nella favola di Pinocchio con il Gatto e la Volpe (La Volpe che era zoppa camminava appoggiandosi al Gatto e il Gatto che era cieco si lasciava guidare dalla Volpe - Collodi) - molto spesso finisce per scoprire che certi accordi saltano per quelle imprevedibili e rocambolesche circostanze per le quali chi va con lo zoppo impara a zoppicare… soprattutto quando c’è di mezzo un ginocchio malandato.

Ma qui il realismo critico popperiano c’entra poco. L’idea di una scienza basata sul principio di falsificazione (congetture e confutazioni) rimanda più che altro all’abilità del prestigiatore (stratagemmi convenzionalistici) capace di far scomparire il Senato elettivo e farlo riapparire come Senato nominativo (nominato dalla partitocratica realpolitik). Capace di rottamare le vecchie autoblu e farle ricomparire sotto le mentite spoglie di auto nuove di pacca. E che dire di un porcellum che - abracadabra - diventa una maialata?

L’inferenza induttiva applicata al governo in carica, ad oggi pare suonare più o meno così: Un Gatto vuole formarsi una visione del mondo fondata scientificamente.

Per questo prende accordi con la Volpe così da elaborare una comune strategia che li aiuti a catturare le galline del pollaio. Fin da subito i due constatano che si può andare d’accordo, proprio come il Gatto e la Volpe di Pinocchio (uno appoggiandosi all’altro come due bravi compari), ma... ma c'è un ma: il Gatto, essendo induttivista, vuole avere la conferma che gli accordi possano dirsi verificati. Ebbene sì, la scienza pare dirgli che, di foro e di straforo, per fischi e per fiaschi, di riserva e di conserva, di patto e di intrallazzola verifica è univoca, congruente e convergente. Ed ecco che il pensiero lo può portare a credere che la scienza sia esatta, che il connubio gioioso per i pollastri (furbi come il gatto e la volpe) possa durare fino a Pasqua o finanche al Natale e al Capodanno di uno dei tanti anni a venire. 

Ma il Tacchino di Russell insegna che ogni concezione in apparenza scientifica, in un qualsiasi momento può rivelarsi fallace (per cambiarla basta anche un solo ginocchio davvero malandato). 

In ogni caso l'Italia non è l'America e il tacchino ripieno (di aria?, di boria?), almeno virtualmente non dovrebbe mancare sulla tavola degli italiani: e non c'è legge che impone di sgozzare i tacchini solo a Natale o a Pasqua: si può fare anche a maggio... per dire.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Devo pensare che a qualcuno il tacchino non piace. Pazienza vorrà dire che ripiegheranno sul pollo. In fondo si tratta pur sempre di pennuti.