Il disegno di Marco che raffigura l'aggressione |
Questo capitava in Italia e, pur se ora sappiamo chi era l'assassino, la storia non si è affatto conclusa perché all'appello mancano quei personaggi giuridico-mafiosi che hanno permesso che l'omicida di Elisa uccidesse ancora, quei personaggi che per connivenza e collusioni l'hanno lasciato girare libero per il mondo senza far nulla per curarne le debolezze, le malattie. E se in tutto il mondo si punta il dito contro il nostro paese, che permette alle persone influenti e ricche di interferire con la giustizia, a causa di questi personaggi ci tocca di tacere, ci tocca di abbassare gli occhi e dire: "Avete ragione, è vero, il nostro è uno Stato che da sempre ha a che fare con la grande criminalità, uno Stato che da sempre deve lottare per far sì che in certe città prevalga il senso civico e non l'omertà, uno Stato in cui, purtroppo, ci sono mostri da estirpare. Mostri che si nascondono nei laghi, nei boschi, fra la nebbia e nei vulcani, ed escono quando meno ce lo aspettiamo per far danni". D'altronde, si diceva un tempo, non siamo mica la Svizzera in cui se in autostrada c'è chi supera il limite di velocità viene arrestato. Vuoi mettere? Al di la delle Alpi vige la puntualità in ogni campo, vigono metodi che reprimono la delinquenza e c'è la "legalità prima di tutto.
Ma tutto cambia prima o poi. E se ora io vi dicessi che in terra elvetica si è fatto come nell'Italia mafiosa vi stupireste? Non stupitevi perché non c'è da stupirsene. L'incapacità è una piaga che tocca chiunque, e se è solo incapacità c'è da esserne contenti. Il caso di Livia ed Alessia Schepp ci ha mostrato la maniera trasandata ed iniqua di chi inizialmente prende in mano le indagini in quella nazione, ci ha mostrato che pur di non operare nel migliore dei modi, pur di non spendere e non spendersi, ci si adagia sulla soluzione più semplice da adottare smettendo di seguire piste... mi scuso, volevo dire rinunciando a seguire piste anche se piste da seguire ve ne sono. Ma se nel Canton Vaud pare proprio essere l'inefficienza la causa primaria che accompagna i Pm e la polizia locale, nel Cantone Vallese, confinante, non è l'inefficienza! Ad imperare, ora lo si può dire, è la malafede di chi probabilmente ha incassato i soliti trenta denari. E non si tratta di un solo "giuda" ma di tanti giuda, ad iniziare dagli inquirenti per finire con i giudici. Tutti personaggi ambigui e mentalmente poveri che non conoscono il rimorso, tutti personaggi disposti a mangiarsi l'anima pur di accontentare il padrone di turno, quello che gli ha lanciato l'osso ed ora adorano. E mentre scrivo di loro penso al "caso di Luca Mongelli", uno di quei casi che insegna quanto basti avere quattro soldi ed un paio di "Mercedes" per potersene fregare della Legge. Legge applicata dagli uomini quindi mai perfetta. E se faccio di tutta l'erba un fascio è perché nessuno di quelli onesti ha impedito lo scempio della giustizia, quando lo impedirà sarò il primo a chiedere scusa.
Ma anche in Italia nulla s'è fatto per aiutare chi aveva subito e nel dolore ha continuato ad essere bastonato da chi lo avrebbe dovuto aiutare. Come mai nel nostro paese, quando il fatto è accaduto, non c'è stata una sollevazione popolare a favore di un bimbo di sette anni e di una famiglia a cui fu tolta la gioia di vivere? Ve lo spiego io, è facile a capirsi. La tragedia di Luca, purtroppo per la famiglia Mongelli, iniziò il 7 Febbraio del 2002. Gli italiani non riuscirono ad appassionarsene perché in pochi ne parlarono, perché la stampa nazionale era intenta a seguire la vicenda tragica di Samuele Lorenzi, o sarebbe meglio dire "se ne fregarono di Samuele Lorenzi" e seguirono le puntate della fiction su sua madre, ed in contemporanea i telegiornali e la stampa avevano altre notizie più succulenti ed in grado di "vendere meglio" il loro prodotto, quali l'arresto di Vanna Marchi" ad esempio. Motivo per cui di Luca, che in quell'anno aveva sette anni, non se ne parlò. Poco importò che fosse in effetti un bimbo italiano, la vicenda capitò in Svizzera, fuori dai confini nazionali, e per i media questo era sufficiente a far loro credere che al popolo italico non sarebbe interessata.
Ora io potrei farvi piangere raccontandovi la storia, potrei scavare nelle vostre emozioni e farvi avere scariche di adrenalina miste ad orgoglio nazionale. Ma non farò nulla di tutto questo, sarò crudo e scarno perché lo pretende la durezza e la malafede usata dagli inquirenti elvetici, dai giudici elvetici. Il tutto iniziò prima del 2002, iniziò quando il padre di Luca si trasferì dalla Puglia al Cantone Vallese e lì aprì un bar-ristorante. Tutto funzionò e la famiglia Mongelli visse per anni quasi in una favola. Ma l'incantesimo si ruppe quando Luca, aveva sette anni in quel periodo e frequentava la seconda elementare, assieme al fratello Marco, di quattro anni, ed a Rocky, il loro cane (un cucciolone di pastore tedesco di sei mesi), non fecero rientro dopo essere usciti per andare a giocare a poche centinaia di metri da casa. La madre li chiamò, poi li cercò e trovò Rocky che la guidò fino al giubbotto del figlio, poi fino ai panni ed infine ai bambini. Luca non dava segni di vita, era nudo, semisepolto dalla la neve ed aveva una sorta di pomata verde spalmata sulle natiche, Marco era in piedi davanti a lui, vestito, e non sapeva che fare (a quattro anni cosa può fare un bimbo?). La madre avvolse il figlio, cercando di scaldarlo col suo ventre, ma il bimbo era freddo, e si gettò a valle scivolando sulla schiena seguita dal figlio piccolo e dal cane. Riuscì in questo modo a dare l'allarme abbastanza velocemente. Luca arrivò in ospedale assiderato, aveva la temperatura a 28°, ed in coma... ma ancora vivo.
Mentre i medici cercavano di salvargli la vita la procura di Sion iniziò le indagini, però nessuno recintò il luogo in cui il piccolo venne trovato, quindi i curiosi, e gli stessi poliziotti, camminando sulla neve fecero scempio degli indizi e di ogni cosa potesse servire a ricostruire l'accaduto. Il fratello piccolo non sapeva, non parlava ed era sotto choc, poi disse che lui si era nascosto fra gli alberi per la paura, ma disse anche che Rocky mordeva tutto quel giorno. Era chiaro che parlava di un cane giocherellone (chi ha cani di sei mesi sa come si comportano ed i guai che combinano prima di arrivare all'anno, età in cui possono essere addestrati), non di un cane violento, ed era chiaro che il pastore tedesco poco c'entrava con l'aggressione dato che sul piccolo Luca non vi erano morsi ed una perizia, a cui ne seguirono un numero industriale, dimostrava che le ferite sul suo corpo non erano da riferirsi ai morsi o alle unghie dell'animale. Ma nessuno ascoltò la famiglia Mongelli e nemmeno il perito che certificò l'esclusione di Rocky dalla scena dell'aggressione, perito a cui un giudice nelle motivazioni modificò la perizia (ci fu una causa persa dal giudice per questo), e gli inquirenti chiusero il caso dando la colpa al cane. E se il bimbo fosse morto, come i medici si aspettavano accadesse visto che già avevano ottenuto le firme per l'espianto degli organi e stavano per staccare la spina che faceva respirare Luca, tutto sarebbe rimasto fermo a quella conclusione. Ma uno strano gioco del destino ha voluto che lo stesso giorno in cui i Pm chiusero le indagini, lo stesso giorno programmato per la sua morte, il bimbo si risvegliasse dal coma.
Ricordava tutto Luca, parlò facendo i nomi dei ragazzi che lo avevano pestato a sangue e seppellito sotto la neve, uno di 16 anni, uno di 14, uno di 11 ed uno di 9, ma quel gruppo misto di ragazzi e bambini aveva famiglie solide e potenti alle spalle. Alcuni erano a scuola, dissero gli inquirenti, ma il registro presenze alla data 7 febbraio si scoprì essere stato contraffatto. Nonostante tutto dopo la sua testimonianza le indagini si riaprirono, ma solo per far scrivere agli inquirenti che un bambino uscito dal coma non è affidabile come testimone e che la colpa di quanto accadutogli era di Rocky. Per questo il cane fu affidato ad un'altra famiglia e poi, dopo due anni e senza motivo, soppresso. Luca non era più in coma, è vero, ma non era neppure più normale. Era, ed è ancora oggi, cieco, e le sue facoltà al momento non superano il dieci per cento di quelle abituali negli uomini. Può usare solo un indice e vive su una carrozzina per disabili. Le cure costano soldi, tanti soldi, e fortuna che grazie a "Fondation Luca", ma anche alcuni artisti e la squadra della Juventus hanno fatto qualcosa per lui, la famiglia riesce, con tanti sacrifici, a tenere aperta la speranza di piccoli miglioramenti. Miglioramenti che non gli permetteranno mai di diventare normale ma che gli servono come il pane, ora che ha 17 anni, per coltivare la sua voglia di vita.
Ciò che chiede alla Giustizia elvetica non è una punizione esemplare dei suoi aggressori, lui vorrebbe solo essere creduto e non risultare un manichino senza cervello, perché di cervello ne ha. Fra l'altro dal 2005 ha un testimone che dimostra come andarono i fatti, come avvenne l'aggressione da lui raccontata. E' suo fratello Marco che a sette anni fece un disegno, il tema dato dalla maestra era "la paura", in cui raffigurava quanto accadutogli tre anni prima. Lui stesso nascosto dietro agli alberi, Rocky colpito da una bastone e steso a terra, ed altri che picchiavano suo fratello (è il disegno a capo articolo). Quindi il cane non aveva attaccato il bimbo ma probabilmente aveva cercato di difenderlo. Nel disegno Marco descrive anche a parole le sue paure. L'insegnante, quando capì cosa raffigurava, lo diede in mano alla famiglia e tutto ripartì. Uno psichiatra infantile certificò che una scena del genere un bimbo la può disegnare solo se l'ha vista, e quindi quel disegno equivaleva ad una testimonianza visiva. Ma ancora una volta si insabbiò il tutto e si chiusero le indagini senza indagare. Ancora una volta la colpa fu del cane... steso a terra. Si ripeté così la tiritera già ascoltata, la prima buffonata, il bimbo non è credibile perché chi va in coma non ha ricordi affidabili.
Ricordava tutto Luca, parlò facendo i nomi dei ragazzi che lo avevano pestato a sangue e seppellito sotto la neve, uno di 16 anni, uno di 14, uno di 11 ed uno di 9, ma quel gruppo misto di ragazzi e bambini aveva famiglie solide e potenti alle spalle. Alcuni erano a scuola, dissero gli inquirenti, ma il registro presenze alla data 7 febbraio si scoprì essere stato contraffatto. Nonostante tutto dopo la sua testimonianza le indagini si riaprirono, ma solo per far scrivere agli inquirenti che un bambino uscito dal coma non è affidabile come testimone e che la colpa di quanto accadutogli era di Rocky. Per questo il cane fu affidato ad un'altra famiglia e poi, dopo due anni e senza motivo, soppresso. Luca non era più in coma, è vero, ma non era neppure più normale. Era, ed è ancora oggi, cieco, e le sue facoltà al momento non superano il dieci per cento di quelle abituali negli uomini. Può usare solo un indice e vive su una carrozzina per disabili. Le cure costano soldi, tanti soldi, e fortuna che grazie a "Fondation Luca", ma anche alcuni artisti e la squadra della Juventus hanno fatto qualcosa per lui, la famiglia riesce, con tanti sacrifici, a tenere aperta la speranza di piccoli miglioramenti. Miglioramenti che non gli permetteranno mai di diventare normale ma che gli servono come il pane, ora che ha 17 anni, per coltivare la sua voglia di vita.
Ciò che chiede alla Giustizia elvetica non è una punizione esemplare dei suoi aggressori, lui vorrebbe solo essere creduto e non risultare un manichino senza cervello, perché di cervello ne ha. Fra l'altro dal 2005 ha un testimone che dimostra come andarono i fatti, come avvenne l'aggressione da lui raccontata. E' suo fratello Marco che a sette anni fece un disegno, il tema dato dalla maestra era "la paura", in cui raffigurava quanto accadutogli tre anni prima. Lui stesso nascosto dietro agli alberi, Rocky colpito da una bastone e steso a terra, ed altri che picchiavano suo fratello (è il disegno a capo articolo). Quindi il cane non aveva attaccato il bimbo ma probabilmente aveva cercato di difenderlo. Nel disegno Marco descrive anche a parole le sue paure. L'insegnante, quando capì cosa raffigurava, lo diede in mano alla famiglia e tutto ripartì. Uno psichiatra infantile certificò che una scena del genere un bimbo la può disegnare solo se l'ha vista, e quindi quel disegno equivaleva ad una testimonianza visiva. Ma ancora una volta si insabbiò il tutto e si chiusero le indagini senza indagare. Ancora una volta la colpa fu del cane... steso a terra. Si ripeté così la tiritera già ascoltata, la prima buffonata, il bimbo non è credibile perché chi va in coma non ha ricordi affidabili.
Strano ci sia stato chi ha detto questo, perché a un mio amico una sera rubarono la sella dalla "Vespa". Lui, incavolato nero, mise in moto ugualmente e si avviò per strada seduto sul serbatoio, ma nell'andare a casa fece un frontale con un'auto. Un urto tremendo che lo fece restare in coma per due settimane. Quando si riprese, ed anche qui non è che avessero dato molte speranze, le sue prime parole furono: "Chi mi ha rubato la sella me la dia subito indietro". Oddio, a dire il vero a corollario di questa frase c'erano anche imprecazioni non riportabili in pubblico. Quindi che chi esce dal coma non ricordi nulla è smentito dai fatti, e se a qualcuno serve il nome del mio amico me lo chieda e sarò felice di darglielo e di dirgli in quale ospedale era ricoverato. Certo è che se in Svizzera non si vuol credere un motivo ci deve essere, ed io credo sia a carattere economico ed a vantaggio di chi ha in mano il potere decisionale. Ma lo ha creduto anche la famiglia di Luca che per poter scoprire qualcosa in più ha assunto un detective privato, un ex poliziotto di nome Fred Reichenbach, che è giunto alla conclusione già conosciuta da tutti, per primi dai procuratori, le famiglie dei ragazzi coinvolti stanno facendo pressioni affinché le indagini si chiudano al più presto con un nulla di fatto... e ci stanno riuscendo.
Nel 2010 Nicola Mongelli, padre di Luca, ricevette la solidarietà degli svizzeri onesti e con cuore, ce ne sono milioni e ne riceve tutt'ora, e per chiedere la riapertura del caso si recò a Sion con in mano una petizione firmata da 9343 persone. Ma ad oggi nulla è cambiato e tutto è rimasto com'era. Quasi a far capire una volta in più che l'uomo comune non ha armi per difendersi da chi usa il potere a suo piacimento. E questo può solo voler dire che la Svizzera, terra ospitale formata da persone per bene, è mafiosa quanto l'Italia nel suo lato più importante, la Legge. Se nessuno si è mai davvero attivato per Livia ed Alessia, se si è fatto di tutto e di più per incolpare un cucciolone di sei mesi di un tentato omicidio così efferato, significa solo che anche in terra elvetica è ora di cambiare chi ha in mano il potere giuridico ed è coperto dallo Stato. Uno Stato menefreghista che lascia fare chi, a suo piacimento o a pagamento (e chissà quali sono ad oggi le tariffe in vigore nel Cantone Vallese per acquistare un giudice e qualche Pm), può decidere di prendere in giro la propria comunità come dove e quando vuole senza che nessuno faccia nulla per rimettere ordine in un sistema giustizia che tutto ha dimostrato tranne che di fare Giustizia.
E continuando così presto riusciranno a convincere il popolo svizzero che nei laghi di Ginevra e di Lugano si nascondono mostri ad otto zampe, a due bocche sei occhi e quattro ali, che scorrazzano per le vallate, anche in alta montagna, e fanno sparire, uccidono o seppelliscono sotto la neve, i bambini elvetici. Mostri invincibili contro cui nulla si può e di fronte ai quali bisogna rassegnarsi, chiudere gli occhi, mettersi a 90° e restare in attesa. Quindi, cari amici svizzeri, o fate qualcosa ora, per evitare che questa bestia si materializzi, o vi toccherà di tacere per sempre, anche quando il dolore entrerà nella vostra casa e capirete cosa significhi fregarsene degli altri e lasciare che si parli di un cane assassino capace di spogliare, togliere il respiro, bastonare e seppellire sotto la neve un bambino di sette anni.
Speciale sull'omicidio di Samuele Lorenzi - Annamaria Franzoni
E continuando così presto riusciranno a convincere il popolo svizzero che nei laghi di Ginevra e di Lugano si nascondono mostri ad otto zampe, a due bocche sei occhi e quattro ali, che scorrazzano per le vallate, anche in alta montagna, e fanno sparire, uccidono o seppelliscono sotto la neve, i bambini elvetici. Mostri invincibili contro cui nulla si può e di fronte ai quali bisogna rassegnarsi, chiudere gli occhi, mettersi a 90° e restare in attesa. Quindi, cari amici svizzeri, o fate qualcosa ora, per evitare che questa bestia si materializzi, o vi toccherà di tacere per sempre, anche quando il dolore entrerà nella vostra casa e capirete cosa significhi fregarsene degli altri e lasciare che si parli di un cane assassino capace di spogliare, togliere il respiro, bastonare e seppellire sotto la neve un bambino di sette anni.
Speciale sull'omicidio di Samuele Lorenzi - Annamaria Franzoni
Leggi gli ultimi articoli sui casi di:
Ylenia Carrisi (due giorni prima di dicembre, video)
12 commenti:
A PROPOSITO DI RIGORE GIUDIZIARIO SVIZZERO, DOVE TUTTO FUNZIONA COME UN OROLOGIO SVIZZERO.
Proprio stasera mio cognato mi ha raccontato di un curioso fatto avvenuto ad un bambino italiano che però vive con la famiglia, non so se costantemente, in Svizzera. Semplifico al minimo il fatto. Un bel giorno viene trovato seminudo nella neve (qualcosa di simile a caso Gambirasio), ma ancora in coma. I suoi vestitini vengono trovati ripiegati ordinatamente nella neve. Esce dal coma dopo che, staccata la "spina", stanno per espiantargli gli organi. Nel frattempo un rigoroso giudice svizzero fa "arrestare" il cagnolino, poco più che cucciolo, della famiglia, accusandolo di aver ridotto il bambino in quelle condizioni, e lo fa "condannare a morte" (robe da Medioevo barbarico !!). Il ragazzino risvegliatosi dal coma asserisce di essere stato aggredito da tre compagni di scuola, ma il giudice crede che questo dipenda dalla lesione cerebrale che il bambino aveva subìto. Sorvòla, il perfetto giudice svizzero, sul fatto che, se i cagnolini come quello del celebre manifesto Coppertone possano tirar giù le mutandine, sicuramente non mettono la biancheria piegata in ordine a fianco del fanciullo. E' già questo fatto indicativo che è caduto nelle zampe di un manìaco, che vuol mettere "a posto " la scena come se il bambino si fosse spogliato da sé nella neve (!!!). Il giudice, sempre lo stesso, a cui i genitori fanno ricorso, conferma la precedente sentenza, e non si corregge (e la "verginità" del giudice ?).
Non ho ancora verificato, ma secondo mio cognato, la storia è stata pubblicata anche su "Il Corriere della Sera".
Ebbene, caro Massimo, togliamoci l'illusione che solo in Italia i giudici ragionino male e facciano i cavoli loro. La letteratura mondiale, salvo i gialli per ovvie ragioni, ha sempre sostenuto che il giurista, e il giudice in modo particolare, non ha cognizione della realtà, ma agisce o per diretto interesse ("Caso Mauritius" oppure "Il Conte di Montecristo", ecc.), o in base ai suoi malesseri ("Resurrezione" di Tolstoi), oppure sulla linea di arcaiche concezioni, malgrado l'Illuminismo giuridico da Montesquieu in qua.
Manlio, il caso è proprio questo. Puoi rivedere su Rai Replay la Vita in Diretta a metà trasmissione circa. Testimoniano sia il bimbo che i genitori.
http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=1&day=2011-12-12&v=98372&vd=2011-12-12&vc=1
http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#ch=1&day=2011-12-15&v=99073&vd=2011-12-15&vc=1
r.
Cara Rita, ha perfettamente ragione, ma la televisione non la guardo più causa il sistema difgitale e non avendo l'ADSL non riesco a seguire su INTERNET nessun filmato. La Lega antipredazione (contro i trapianti a cuor battente) mi ha mandato nel frattempo l'articolo del "Corriere della Sera", così ho potuto verificare il fatto. Il cognome Mongelli (tra l'altro di un mio commilitone a Trento) mi aveva confuso le idee, ma poi ho fatto "mente locale", come si usa dire, capendo che si trattava del medesimo episodio, seppure descritto per ragioni diverse.
Si, ne parlava anche il Corriere della Sera di oggi.
Hanno discusso di Luca Mongelli oggi pomeriggio a La vita in diretta: il caso è riaperto.
Se ne occupano il gen. Garofano e l'avv. Marazzita, oltre al Ministero della Giustizia e l'Ambasciata italiata in Svizzera.
Mimosa
Prima di cominciare a criticare la svizzera e il suo sistema giudiziario e le persone che ci vivono, guardate in casa vostra l'Italia, a confronto della svizzera il vostro sistema giudiziario non esiste proprio, tutti hanno delle pecche ma insultare così gli altri paesi invece di guardare a casa propria, non é un gesto molto bello.
Mi dispiace per quel ragazzo e neanche io credo alla storia del cane ma certe cose mi fanno incazzare.
Altolà anonimo. Io sono uno dei pochi a criticare L'Italia ed il suo sistema giustizia, e nell'articolo non critico affatto i cittadini svizzeri che, anzi, elogio per quanto hanno fatto firmando la petizione, ed esorto a ribellarsi (chiaramente quando ci saranno nuove elezioni).
Inoltre non è che inizio adesso a criticare i poteri svizzeri, è da un anno che non le mando a dire ai Pm elvetici, proprio come faccio con gli italiani, mettendoci in rete i loro nomi e la mia faccia.
Ma ora mi sorge un dubbio, visto che pare tu abbia la coda di paglia, è probabile che tu stesso faccia parte di qualche istituzione d'oltralpe? Così il tutto si spiegherebbe perché solo in questo caso ti saresti sentito chiamato in causa.
E che sia così lo dimostra il coraggio che hai fatto vedere al mondo inserendo il nome... anonimo. Bravo davvero, hai tirato i sassi ma hai nascosto le mani e la faccia... come sempre. Non mi aspettavo nulla di più.
Massimo
Massimo, hai proprio ragione, speriamo che le indagini per Alessia e Livia portino a qualcosa io spero sempre che il silenzio copra chissa` quali indagini delicate, ma quando poi parlano dicono che attendono nuovi elementi per procedere ... questo mi suona di indagini ferme o quasi, che reagiscono solo a qualche novita`, fa male sapere questo quando sono coinvolte due bimbe innocenti, vorrei che smuovessero le montagne davvero. Anche per Luca, non conosco bene i dettagli ma spero che in tribunale facciano finalmente luce se ci sono dei colpevoli, sarebbe ingiusto che non venissero puniti.
Massimo leggo sempre i tuoi articoli complimenti per quanto scrivi con la sincerità senza guardare in faccia a nessuno e specialmente mettendo in evidenza errori che altrimenti il semplice cittadino nn verrebbe a conoscenza. All`anonimo che scrive vorrei dire solo poche parole...la Svizzera nn è meglio che l`Italia. E faccio presente che io sono nata in Svizzera e ingiustizie in 65 anni ne ho vista tanta anche in Svizzera!!!!!!!!
"...non fecero rientro dopo essere usciti per andare a giocare a poche centinaia di metri da casa. La madre li chiamò, poi li cercò e trovò Rocky che la guidò fino al giubbotto del figlio, poi fino ai panni ed infine ai bambini."
Attenzione, la madre di Luca quel pomeriggio non era a casa, era uscita. I due bambini sono rimasti soli per un bel po' di tempo. Quando poi lei è rientrtata a casa non riusciva a trovarli. Il cane l'ha prima accompagnata a rintracciare il più piccolo che era rimasto nascosto dietro un'albero, poi l'ha portata da Luca.
La fonte di questa informazione è tra l'altro certa, poichè è stato la stesso Luca a raccontare come erano andate le cose quel pomeriggio ad una mia amica, la quale per motivi di lavoro è entrata in stretto contatto con lui.
Adesso io non voglio fare del moralismo gratuito, ma francamente, almeno io, mi guarderei bene dal lasciare le mie figlie giocare in giardino da sole a quell'età, pensando di poter andar via adddirittura da casa. Mah!...
23 giugno 2012 23:03:00 CEST
Chiedo scusa per l'omisssione della firma..
Elettra
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