giovedì 4 agosto 2011

Jason è morto... forse. Ma le mille bugie di Katia Reginella raccontano un'altra storia

Katia Reginella al momento dell'arresto
Non c'è pace per la procura di Ascoli e per Folignano, il paese dove vivevano Melania Rea e Salvatore Parolisi. A tre mesi dalla morte della moglie del caporalmaggiore un altro giallo, segnato con striature particolari, entra nelle case non chiuse per ferie ed attanaglia la mente degli italiani in una morsa che stringe anche il cuore. Jason, il terzo figlio di Katia Reginella (che ad oggi avrebbe tre mesi di vita), una ragazza di 24 anni che nessuno riesce a comprendere ed a cui gli assistenti sociali hanno tolto i primi due figli, è scomparso. Sembra un giallo da poco, un giallo già finito dato che la madre ha confessato di averlo ucciso, ma è davvero da poco? E le striature? Se a questo caso gli si stirano le pieghe e lo si paragona ad altri, sparati a mani basse sulle tavole imbandite dell'ultimo anno tanto che anche i bambini ormai conoscono Yara, Sarah e Melania, si scopre che è un labirinto ancora più intricato perché non vi è certezza di nulla. Non si sa se il neonato sia vivo o morto, non si sa dove sia sepolto o con chi viva, non si sa chi potrebbe averlo ucciso e neppure a chi possa essere stato affidato. Non si sa nulla e finora sono stati accumulati solo verbali pieni di bugie, un parallelo che pare accostarlo ad almeno due degli ultimi omicidi più seguiti dai media.

Anche in questa storia ci sono degli indagati, anche in questa storia ci sono mille versioni e nessuna prova, niente che confermi o smentisca la morte del piccolo. All'inizio i genitori erano uniti, due cuori ed un solo avvocato. La madre aveva detto che il bimbo era morto dopo una caduta e s'era presa la colpa affermando di aver preso in braccio il corpo senza vita e di averlo portato, a piedi, in una zona distante circa venti chilometri da casa. Il legale dal canto suo la sosteneva ed appoggiava l'estraneità dell'uomo in quanto nel momento della morte era al lavoro. Poi le cose si sono modificate. Il padre, Daniele Pruscino, dopo aver detto che per lui il bimbo era ancora vivo ed era in Svizzera, ha chiesto un nuovo difensore. La madre nel frattempo cambiava la prima versione e spostava gli orari della morte inserendoli in un momento in cui il marito era in casa e non al lavoro. A questo punto si è saputo di alcune intercettazioni ambientali. In una particolarmente inquietante lei diceva: "Ce ne siamo sbarazzati", in un'altra non da meno si compiaceva del loro modo di essere affermando: "Siamo due menti criminali perfette". Queste, unite ad una lettera scritta di comune accordo in cui Katia Reginella avrebbe dovuto far credere ad un suicidio, andando invece in Svizzera dove Daniele Pruscino l'avrebbe raggiunta in un secondo tempo, hanno cambiato le carte in tavola e ad oggi non ci si raccapezza più perché ogni giorno ci sono novità e cambi di versione e strategia. Lui martedì ha tentato il suicidio in carcere perché lei, o meglio l'avvocato di lei (quello che aveva affermato fosse estraneo ai fatti), l'ha praticamente accusato dell'omicidio accreditando una nuova ennesima versione della madre.

Insomma, a vederla così verrebbe voglia di torchiarli, forse di mettergli anche le mani addosso per sapere la verità. Ma, pur essendo davvero questa la cronaca dei fatti, c'è qualcosa che non sappiamo e che potrebbe rivoltare per l'ennesima volta il piatto? Per intanto non sappiamo che tipo di persone siano Daniele Pruscino e Katia Reginella e, per capirci qualcosa in più, dovremmo almeno imparare, anche in minima parte, a conoscerli. Gli inquirenti sono in mano a due ragazzi che la vita ha segnato e marchiato a fuoco, due ragazzi con problemi familiari pregressi, specialmente lei, che avrebbero avuto bisogno di un aiuto e che invece sono stati abbandonati e scartati dalla società nonostante lui lavori ogni santo giorno e non facciano uso di droghe. E se noi siamo partiti a raccontare dalla fine dobbiamo però capire che ogni storia ha una base di partenza. Com'è iniziata quella di Katia e Daniele? Tutto è partito quando si sono conosciuti ed è nato il loro primo figlio che, purtroppo, è caduto dal fasciatoio ed ha subito danni irreparabili che ora lo costringono, ed ha solo 5 anni, a vivere su una carrozzina. Katia era giovane e le è stato tolto perché si pensava ad un suo gesto premeditato. Ma non aveva mai cercato di nascondere quanto accaduto, anzi era stata lei a dire che la colpa era sua. Eppure, nonostante il Gip non l'abbia portata a processo in quanto il referto medico era lampante e scandiva la certezza di un incidente domestico, il piccolo è stato dato in affidamento e poi in adozione, grazie all'intervento dei Servizi Sociali, dal tribunale dei minori di Ascoli. Questo anche se la coppia, come richiestole, aveva partecipato a tutte le sedute psichiatriche programmate... ed era solo la prima goccia a cadere sul un vaso già pieno di una vita difficile che stavano cercando di aggiustare, perché a distanza di due anni tutto è ricominciato.

Nel 2008 a Katia è nata una femminuccia; non le è caduta mai, non ha mai preso sberle ed era amata dato che, povera piccola, non crescendo di peso e deperendo a vista d'occhio, i suoi genitori hanno girato tutti i pediatri della zona per scoprirne il motivo. Motivo che capì un medico di Ancona, la bimba aveva una malattia congenita chiamata "stenosi ipertrofica". Fu operata ed accanto a lei in quel momento vi erano sua madre e suo padre, non le assistenti sociali, ma dopo l'intervento una visita specialistica le diagnosticò alcuni problemi agli occhi. Visto con quanto amore era stata seguita dai suoi genitori nel calvario di quei mesi, visto quanta perizia avessero usato entrambi nel cercare di capire perché deperiva, chi poteva pensare che il disturbo agli occhi potesse venire dai cosiddetti "baby shock", quegli scrollamenti troppo forti che possono anche far morire un neonato? Ma è chiaro, l'input fu nuovamente dettato dai Servizi Sociali di Ascoli. Perciò partì un'altra inchiesta e, nonostante un'ennesima archiviazione in quanto la Tac rivelò senza ombra di dubbio che nessuno l'aveva mai scrollata, vi fu un altro affidamento seguito da un'altra adozione.

Bravi davvero quelli dei Servizi, bravi perché sono riusciti, e per ben due volte con la stessa famiglia, a fare in pochi mesi quanto in diversi loro siti internet dichiarano si faccia in modo professionale ed in tempi anche lunghi. Leggiamo cosa scrive il Dottor Antonio Bellicoso in un blog. 

"'Gli assistenti sociali portano via i bambini' è un tormentone che da anni ci perseguita (a noi assistenti sociali ovviamente). Questa affermazione è frutto di un pregiudizio figlio dei mass media. E' nostro dovere informare i mass media e gli utenti dei mass media che gli assistenti sociali non portano via i bambini, ma anzi, al contrario, si prendono cura di loro e spendono molta parte del loro tempo per aiutare la famiglia a far sì che i bambini restino all'interno del proprio nucleo familiare. Prima che un minore venga allontanato dai propri genitori un pool di operatori di servizi ed istituzioni diverse allestiscono delle indagini psico-sociali, effettuano delle perizie, sentono i diretti interessati e soltanto al termine di questi, a volte lunghi procedimenti, emettono un orientamento che si tradurrà successivamente in un provvedimento a cura del Tribunale per i Minorenni".

Di certo il dottore in questione sarà uno dei migliaia di assistenti sociali con un cuore caldo in petto, peccato che il tormentone di cui parla sia nato a causa di altri assistenti, fossero pure pochi e sicuramente diversi da lui, e non è stato inventato da qualche "ancor man" per spaventare i genitori con poche possibilità o vite pregresse difficili. Genitori che la società dovrebbe aiutare e non emarginare. Ma lasciando perdere polemiche e tormentoni, e tornando al piccolo scomparso, dobbiamo sapere altro per capire meglio la situazione. Per prima cosa Jason non è, come invece erano i due dati in adozione, figlio di Daniele Pruscino. Una crisi di coppia, forse dettata anche dalle ingiustizie, ed un'avventura è diventata vita. Nonostante questo lui gli ha dato il suo cognome ed il 20 giugno ha sposato sua madre (possiamo chiamarlo amore?), prima convivevano. Per seconda dobbiamo annotare che la paura di vederselo portare via in Katia Reginella era tanta, che per questo non è andata a partorire all'ospedale di Ascoli ma in quello di Teramo. 

Ed ora, avendo in mente un quadro che seppure incompleto è più chiaro, ognuno di noi può farsi alcune domande e darsi proprie risposte. Ad esempio c'è da chiedersi perché almeno uno dei due genitori menta in continuazione, perché il bimbo non era dove la madre aveva detto di averlo abbandonato dopo la morte, perché tre persone, che nessuno dei vicini aveva mai visto e ancora non identificate, il 2 luglio siano entrate ed uscite dall'abitazione della famiglia, fatto mai accaduto prima, e perché il Comandante dei carabinieri di Ascoli solo pochi giorni fa abbia detto che per l'Arma il bambino è ancora vivo. 

Una storia difficile non può diventare, senza un vero aiuto, una storia felice, può solo accartocciarsi su sé stessa, scomparire nel buio di una mente finita e creare un dramma. Dramma che forse si poteva evitare o forse no, chi può saperlo? Jason, se vivo, non sa di trovarsi al centro di un intrigo che non è solo giudiziario e, non venisse fuori la verità, non lo saprà mai. Speriamo abbia una vita serena, che il dramma vissuto dalla sua famiglia non l'abbia inghiottito ed accartocciato dentro sé.

5 commenti:

filippo ha detto...

Dopo un figlio ridotto in sedia a rotelle, uno acciecato e uno morto, per questa strega ci vuole solo una cosa: la pena di morte.

Anonimo ha detto...

dopo aver letto il commento di filippo direi di spegnere l'informazione perché a certa gente fa male ascoltarla.speriamo tu sia vivo Jason,lisa

filippo ha detto...

certo lisa, donne che compiono simili atrocità sono da recuperare. brava, se questo paese va a rotoli è soprattutto per gente che la pensa come te.

Anonimo ha detto...

Non ritengo i ragazzi degli assassini, nonostante le frasi intercettate.
Forse hanno avuto la possibilità di darlo in adozione, magari a pagamento, e non vogliono affermarlo.
E pur sempre una mentalità giovanile ed immatura.
Se fosse diverso, anche il resto sarebbe stato diverso.
Mercutio

mabruk ha detto...

una storia molto triste ... spero che il bambino sia vivo e dato in adozione a persone che lo amano e lo trattano bene