martedì 26 ottobre 2010

Il sangue cinese cola sulle multinazionali globalizzate

Vladimir Putin e Wen Jiabao
Nei nuovi paesi emergenti, nuovi per sentito dire, quelli in cui vige un governo semi-dittatoriale, ma i semi di solito si buttano mentre i dittatori comandano, ad oggi maggiori esportatori mondiali, si continuano a seguire le orme tracciate nei secoli da altri Stati senza cercare il benessere di tutti ma solo quello di pochi (e pensare che Confucio era cinese).


Quindi troveremo sempre più «Nuovi Straricchi» in giro per il mondo intenti ad acquistare aziende e squadre di calcio, anche a prezzi superiori al valore di mercato; tutto viene fatto al solo scopo di ripulire e rendere lucido e splendente il loro nome ed i loro soldi dalla stagnante «fama-semi-malavitosa». Russia, Cina e India, stanno occupando i primi posti nella «Hit Parade» mondiale dei rotocalchi specializzati in «Business-man» lasciando ai «Paesi Capitalizzati» solo i ricordi.
Perché avviene questo? Per saperlo basterebbe capire in che modo vengono assegnati gli «appalti governativi» ed in che condizioni lavorano i «dipendenti» di quelle nazioni. A noi interessa la Cina ed i suoi lavoratori, o sarebbe meglio dire i suoi schiavi, che si adattano a tutto pur di far avere un futuro e qualcosa da mangiare ai loro figli, così come accadeva in occidente mezzo secolo fa. Ci dobbiamo far carico di loro cercando di migliorarne la qualità di vita... o ci conviene soprassedere e pensare a noi stessi? La risposta giusta è: «Aiutiamoli per essere aiutati». Solo se quei «dipendenti» si troveranno a lavorare in ambienti sicuri, solo se avranno paghe adeguate, solo se scopriranno cos’è il vero benessere, costringeranno i loro «datori di lavoro» a spendere parte di quanto ricavano in sicurezza e sanità. In questo modo le aziende saranno obbligate, per causa di forza maggiore, ad alzare quei prezzi che ora possono essere battuti solo dalla «qualità» delle nostre produzioni.
Bisognerà combattere anche contro quel particolare governo che sta seguendo le orme già tracciate un secolo fa dai nostri, forse le sue più che orme sono vere e proprie pedate, e non sarà facile. Ci attende una guerra, non una battaglia. Come raggiungere l’obiettivo? Se le grandi multinazionali remassero verso riva il problema sarebbe minore; basterebbe annullassero tutti gli ordini già in programma per le industrie di quel paese e costringessero il governo e le fabbriche ad adeguarsi agli «standard» ed alle «norme» vigenti nelle nazioni civilizzate. Basterebbe che adeguassero i salari dei dipendenti cinesi delle loro enormi sedi asiatiche e spendessero parte dei lauti guadagni in impianti di sicurezza aziendali ed ambientali. 
 
Nelle fabbriche di mattoni lavorano i bambini
Ma come chiedere tanto a chi sa di guadagnare tantissimo lasciando tutto com’è? Se anche accettassero di adeguare quelle strutture alle norme internazionali ci vorrebbero comunque anni ed anni. Certo, se così fosse, nel lungo periodo i lavoratori asiatici ci guadagnerebbero. L’impresa è ardua, forse impossibile, proprio perché le multinazionali mondiali hanno da tempo creato basi molto produttive a costi irrisori. Nessuno mai le convincerà che è ingiusto guadagnare sulla pelle dell’uomo, forse perché secondo loro l’uomo non ha bisogno di pelle per lavorare... basta una tuta da lavoro in misto cotone ed un paio di guanti in plastica.
Ed allora come fare a combattere una battaglia se le armi sono spuntate o prive di efficacia? Occorrerà usare il metodo dei servizi segreti ed infiltrarsi nella «base» operaia di quella grande nazione per creare caos e sovversione? Basterà per ottenere i sospirati e sacrosanti diritti umani? Probabilmente no perché i carri armati scorrazzano spesso e volentieri sul selciato della «Piazza Rossa». Ed allora, forse, si potrebbero cambiare i governi tramite rivoluzioni sanguinose. Sarà davvero questa l'unica soluzione per fare in modo di creare una vera «Democrazia»?
Sembrano sciocchezze generate dalla mia mente ormai malata e stanca, ma non è così. Forse sono pazzo, e forse è vero, ma ogni popolo ha ottenuto ciò che voleva ottenere solo scendendo in piazza a protestare, solo facendosi uccidere per regalare agli altri, ai propri figli ma anche agli sconosciuti, un paese libero.
 
Lavoratori cinesi arrestati
Questo non sempre e non ovunque è possibile; in Cina, ad esempio, le libertà di espressione, di associazione e di religione, sono regolarmente violate attraverso detenzioni arbitrarie, processi iniqui, torture e pena di morte. In questo clima anche i diritti dei lavoratori non subiscono un trattamento migliore ed infatti la legge sui diritti del lavoro, del 1995, resta largamente inapplicata. Il diritto sancito dalla stessa di poter essere liberi di creare associazioni aperte a tutti è costantemente negato ed i sindacati indipendenti sono considerati illegali. In alcune compagnie industriali sono stati eletti i rappresentanti dei lavoratori; ma gli stessi sono stati dapprima perseguitati e poi arrestati con l’accusa di corruzione ed interferenza amministrativa. Gli unici sindacati consentiti sono quelli collegati al Partito Comunista. 
Negli ultimi anni la Cina ha assistito ad una repentina crescita economica grazie alla liberalizzazione del mercato ed all’entrata, nel 2002, nella World Trade Organization. Chi ha voluto questo se non le grandi multinazionali che avevano capito come creare «Business» sulla pelle dei cinesi?


Per capire qualcosa in più leggete questo comunicato stampa di Barbara Shailor, direttrice di affari internazionali della AFL-CIO, la più grande federazione americana del lavoro, è stato scritto nel 2004:
- La Cina, secondo i dati dell’Ufficio Nazionale Americano di Statistica, è oggi il più grande esportatore di prodotti tessili e di abbigliamento e nel 2003 ha visto crescere il prodotto interno lordo del 9,1 per cento. La più grande federazione di lavoratori americana, la AFL-CIO, il 16 marzo 2003 ha reso pubblica una petizione contro la Cina accusandola di trarre vantaggio economico attraverso la sistematica violazione dei diritti dei lavoratori. Il documento rivela che gli Stati Uniti hanno perso circa 700.000 posti di lavoro a causa della concorrenza sleale della Cina (ad oggi molti di più). La repressione dei diritti dei lavoratori si traduce in un vantaggio medio del 43% sui costi, questo le consente di vendere a prezzi molto bassi. Non solo gli americani e gli stati europei vengono danneggiati da questo comportamento schiavista, ma anche gli altri paesi in via di sviluppo suoi concorrenti commerciali. Tutti i lavoratori americani ed europei stanno soffrendo, molti stanno perdendo il loro lavoro, altrettanti stanno perdendo speranza. Ma questo non significa che i lavoratori cinesi stiano meglio, al contrario soffrono sotto condizioni repressive e vedono negati i loro fondamentali diritti.-


Il sindacato americano denunciava già nel 2004, sei anni fa, quanto di scorretto avveniva nella nazione più rossa ed inquinata del pianeta. Ad oggi cosa è cambiato? Praticamente niente. Certo, nelle grandi metropoli cinesi si trovano gli stessi megastore delle metropoli americane ed europee; certo, i giovani stanno tentando a poco a poco di occidentalizzarsi. Ma in loro è stato inserito un virus multimediale... o è una strategia industriale ben organizzata? Perché i grandi network ci trasmettono programmi in cui è facile dedurre che la Cina si sta avviando ad essere una giusta democrazia? Perché non parlano di quanto sia "sporco" il loro mondo del lavoro? E' vero, quasi giornalmente veniamo informati di una cinquantina di cinesi morti e sepolti all'interno di una miniera crollata. Ma è un piccolo trafiletto senza seguito, una notizia trita e ritrita a cui non si da ormai più valore. I politici delle nazioni più evolute, se così li vogliamo chiamare, hanno imparato il gioco delle tre scimmiette e lo applicano alla perfezione andando quotidianamente nel Nuovo Impero a far visite di cortesia e cercando, e riuscendo, di guadagnare qualcosa non parlando, non vedendo, non ascoltando. In Italia sono già tante le aziende con "capitali gialli", presto altri se ne aggiungeranno dati gli accordi raggiunti tra Berlusconi e Wen Jiabao. Chissà che non siano gli operai italiani a modificarsi diventando come i loro simili dagli occhi a mandorla! Occorre trovare una soluzione per far vivere meglio oltre un miliardo di cinesi e di conseguenza altri miliardi di persone al mondo. Chi ha idee a tal proposito? Basterà attendere il fisiologico mutamento che certamente, visti i milioni di dissidenti presenti in quel territorio, nel tempo avverrà? Ma in quanti anni è quantificabile questo mutamento? Resisteremo o soccomberemo? Quante domande dovremo ancora porci prima di saperlo?


Fabbrica Nokia in Vietnam
Forse poche perché il governo cinese, costretto anche dalle promesse fatte per poter ospitare le olimpiadi del 2008, ha varato una nuova ondata di leggi che restringono il margine di guadagno delle multinazionali. Le stesse, che dal canto loro, sono di certo peggiori dei dittatori rossi; non si sono scoraggiate ed hanno varato un comunicato, che sa tanto di ricatto, in cui si dichiarano pronte a trasferire tutta la produzione in Vietnam. Questo per far capire al governo cinese che non tollereranno altre leggi similari o altri aumenti di tasse. Vedrete che presto troveremo molti più prodotti con la scritta made in Vietnam.
E pensare che gli abitanti del mondo potrebbero influenzare il futuro di quelle arroganti multinazionali lasciando marcire sui banchi dei negozi ciò che hanno creato sfruttando una nazione ormai diventata un mostro a due teste, una comunista e l’altra capitalista. Un mostro che imperversa sul popolo sputando fuoco dalla prima e sparlando di un falso benessere economico con la seconda. La vergogna dell’Impero d’Oriente e delle Multinazionali mondiali si erge viva e possente di fronte a noi che preferiamo non vederla! I «media» ci influenzano e non prendiamo alcuna medicina per curare «il male». 
Vi faccio un piccolo esempio. Sapete quanto costa alle suddette multinazionali fabbricare una scarpa in Cina? Un ragazzo cinese di quattordici anni, ma molte sono anche le ragazze, prende dai 40 ai 90 centesimi di euro per produrne un paio. Non sto parlando di materiale scadente ed economico, parlo di scarpe che dopo una propaganda televisiva mirata i giovani occidentali pagheranno, nei vari negozi alla moda, dai 150 ai 250 euro. 


Ragazzi cinesi che cuciono scarpe di marca
Timberand, Nike, Reebok, Puma, ed altre aziende famose, hanno fabbriche in Cina, in Vietnam ed in Indonesia. I ragazzi e le ragazze cinesi fanno turni di 16 ore al giorno e dormono in azienda tra le violenze, anche sessuali, e le malattie caratteristiche delle fabbriche-lager. Per capire meglio leggete l'articolo di Repubblica, www.repubblica.it/2005/e/sezioni/economia/nostrolusso/nostrolusso/nostrolusso.html è del 2005 ed è firmato da Federico Rampini. Vi sembrerà allucinante ma capirete che è quella la realtà che si vive nelle fabbriche cinesi.
Il fenomeno appare ancora più stridente se si considera che «Fortune» nel 2004 ha conferito il premio «Migliore azienda dell'anno per le relazioni umane» proprio alla Timberland che sfruttava la manodopera giovanile cinese. Non è ridicolo? Sentite cosa affermava il direttore delle relazioni esterne di tale azienda:
- Siamo consapevoli che quella fabbrica ha avuto dei problemi relativi alle condizioni di lavoro, e siamo attualmente impegnati ad aiutare i proprietari a migliorarle; tuttavia nei rapporti delle ispezioni semestrali, fatte dall'azienda nelle sue fabbriche in Cina, non risulta nulla di quello sfruttamento punibile anche dalla legislazione cinese.
Cosa poteva dire di diverso da ciò che ha detto senza essere incriminato per sfruttamento minorile dalla legge americana? Le ispezioni erano reali o tramite «web-camera»?
Ora parliamo di alcune multinazionali che conosciamo bene ed operano in Cina da diversi anni; quali sono?

Rappresentante wolkswagen firma un accordo di cooperazione
 1) La Volkswagen (China) S.r.l. con gli investimenti della casa madre, tedesca di Germania, ha creato due joint-ventures per la fabbricazione di auto ed alcune imprese di componenti a Shanghai e Changchun, creando anche più di 100 centri di fornitura. Attualmente la Volkswagen di Shanghai, con investimenti totali superiori a 1,89 miliardi di Yuan, moneta cinese, produce decine di tipi di auto, ossia Santana, Santana 2000, Passat, Polo e Golf, mentre la Volkswagen di Changchun, con più di 1,11 miliardi di Yuan di investimenti, ha creato 2 marche e 5 serie, ossia Audi A6, Audi A4, Bora, Jetta e Golf.
E voi siete ancora convinti di comprare un'auto tedesca?
Leggete cosa scrivono i giornali specializzati:
- Grazie al suo stile innovativo, ed al servizio in continuo migliormento, la Volkswagen è ormai diventata la maggiore joint-venture automobilistica della Cina con un gran numero di consumatori cinesi. Attualmente la Cina è ormai diventata il secondo mercato mondiale del gruppo Volkswagen. In 5 anni, a partire dal 2004, la Volkswagen continuerà a investire più di 5 miliardi di euro nel mercato cinese. -
Quanti operai europei avrebbero avuto bisogno di veder investire quei soldi nel proprio paese? E si continua a comprare una Golf ed a credere sia speciale, lo dice la televisione. Das auto... che automobile!

2) La storia della cooperazione di amicizia fra la Cina e la Società Boeing è cominciata nel 1972. La Boeing ha attivato in Cina la formazione nei settori dell’aviazione, manutenzione e amministrazione per fornire garanzie al funzionamento dei propri aerei. Nel frattempo ha anche creato negli aeroporti un sistema di servizi di rappresentanza, supporto logistico e tecnologico, aiutando anche la CAAC ad elevare il suo livello di amministrazione del traffico aereo e della sicurezza. Inoltre la Boeing ha anche sviluppato un’ampia cooperazione nella produzione con l’industria manifatturiera cinese fondando nuove imprese per la fabbricazione di materiali sintetici, per la trasformazione e la manutenzione degli aerei ed il servizio di fornitura di componenti e pezzi di ricambio. Attualmente i maggiori componenti e parti assemblate di 3300 aerei Boeing in servizio nel mondo sono prodotti in Cina. (E gli americani non riescono a pagarsi il mutuo!)

Tra un turno e l'atro le operaie si riposano
3) Sin dagli anni ‘50 del secolo scorso la Nokia ha allacciato rapporti commerciali con l'allora governo cinese. Nel 1985 la Nokia ha aperto il suo primo ufficio a Pechino, iniziando così il suo primo e reale processo di sviluppo iniziale in Cina. Verso la metà degli anni ‘90 ha realizzato la localizzazione della produzione, attraverso la fondazione in Cina di imprese in joint-venture, trasformandole nella sua principale base di produzione mondiale. Con l’ingresso nel nuovo secolo la Nokia ha partecipato allo sviluppo dell’industria dell’informazione cinese con il rafforzamento della cooperazione nel settore delle tecnologie più avanzate, impegnandosi nel fare della Cina la sua base mondiale di personale specializzato. La Nokia ha poi creato due centri di ricerca di livello globale con uffici  diffusi in tutto il paese e 4500 dipendenti. Tutti i principali prodotti della Nokia sono già prodotti in Cina, ivi compresi i cellulari dell’ultima generazione, stazioni di base, apparecchiature di controllo delle stazioni di base, MSC, impianti di connessione e di scambio digitale e prodotti terminali digitali multimedia. (Saranno contenti i giapponesi... telefoneranno ancora con un Nokia?)

4) La Microsoft è arrivata in Cina nel 1992 investendo enormi somme nella costruzione del suo Centro cinese di ricerca e sviluppo, del suo Istituto asiatico di ricerca e del suo Centro tecnologico mondiale. Queste tre strutture hanno reso la Microsoft-Cina la filiale più multifunzionale della Microsoft all’esterno degli Stati Uniti. Finora ha investito in 2 joint-ventures di software in Cina:  19 milioni di Yuan sono serviti per creare la S.r.l. di software Zhongguangcun,  con il Gruppo Stone, e la S.r.l. Gruppo per lo sviluppo scientifico Zhongguancun, mentre la Shanghai Wicresoft Software Company Ltd ha come partner la Shanghai Alliance Investment. Inoltre ha fondato, sempre in joint-venture, l’Istituto Microsoft all’Università delle comunicazioni di Shanghai, la S.r.l di servizi tecnologici per il software, alla stessa Università, insieme alla Shanghai Alliance Investment e alla S.r.l del Parco del software Pudong. La Microsoft ha investito complessivamente 4 milioni di Yuan,  pari al 10% del totale. La Microsoft ha trasferito in Cina la produzione dell’Xbox, molto di moda in tutto il mondo. Inoltre produce mouse nella provincia cinese del Guangdong, pur imballandoli all’estero, con un valore annuale pari a 100 milioni di dollari. (Hai capito la Microsoft... e gli americani della «vallata al silicone» come l’hanno presa?)

Queste sono solo quattro delle multinazionali che hanno negato lavoro ai dipendenti dei loro paesi in nome del guadagno e della globalizzazione. E’ sicuro che se sono emigrate verso altri lidi la colpa è anche di incapaci governanti intenti più a sconfiggere il «nemico islamico» che a salvaguardare il lavoro dei loro concittadini.

Anche le giuste norme sanitarie hanno contribuito a salassare le tasche delle aziende occidentali; ma se queste regole sono ancora oggi insufficienti a contrastare l’inquinamento ambientale, tanto che tutte le organizzazioni sanitarie mondiali richiedono sforzi e sacrifici per fare in modo che la Terra torni il paradiso di un tempo, come faremo a rendere l’ambiente più sano se dall’Asia si sprigionano nubi che tolgono il sole ai suoi abitanti?


I fumi e gli scarichi tossici sono una costante in Cina
Forse che i gas tossici asiatici non salgono nello stesso cielo di cui tutti siamo comproprietari?
Chi è che inquina la Cina e di conseguenza la Terra? Occorre tener presente che l'inquinamento in quel paese era praticamente inesistente pochi anni fa. Ultimamente c’è stato chi ha incolpato di questo le «multinazionali»; perché non deve essere vero visto che operano in quel paese ed addirittura alcune hanno spostato tutta la loro produzione nelle varie regioni cinesi tagliando posti di lavoro a dipendenti americani ed europei?
Ma le multinazionali non vogliono si avvalli questa versione e tramite i loro «scagnozzi», che chissà per quale motivo (soldi?) scrivono su illustri giornali, insinuano il dubbio che ciò non sia vero o sia vero solo in parte; leggete un loro articolo:
- Se è senz'altro vero che le aziende occidentali operanti in Cina agiscono senza il rispetto di tutte quelle precauzioni ambientali, in genere per loro obbligatorie in Europa e Stati Uniti, è altre sì evidente che lo possono fare perché il regime di Pechino, pur di attirarle in Cina, ha concesso loro una totale libertà d'azione. Il Ministero della salute cinese ha dovuto riconoscere che ogni anno in Cina si contano in centinaia di migliaia le morti dovute direttamente all'inquinamento. Non potendo riconoscere le proprie responsabilità non restava che prendersela con le aziende straniere.-

Il climatologo cinese Ren Yong ha dichiarato alla stampa estera:
- Normalmente i Paesi industrializzati devono affrontare i problemi ambientali quando diventano ricchi. Noi li abbiamo di fronte già adesso... e siamo ancora un Paese povero.-

Quindi, alla fine della fiera, le multinazionali ammettono di essere la causa dell'inquinamento ma ci si giustificano dicendo che non sono loro i veri responsabili ma quelli del governo perché glielo lasciano fare. Strano modo di portare le proprie ragioni. Sembra che le problematiche ambientali non siano anche cosa loro ed è incredibile pensare che per poter inquinare e produrre a basso costo si siano spostati in altri paesi, liberi di uccidere i loro dipendenti o i dipendenti delle aziende satelliti locali.


Queste «super-aziende» hanno mostrato e mostrano a tutti il loro vero volto. I loro manager, assieme ai vari politicanti corrotti e conniventi, hanno sepolto gli scrupoli sotto metri di cemento fregandosene dell'essere umano e del pianeta in cui egli vive. Nel tempo si sperava che le menti dei «Padroni» si sarebbero modificate in meglio, invece sono partiti usando le catene e sono arrivati alla moderna tecnologia sempre e solo con l’unico obiettivo di incamerare più soldi possibili, senza mai ragionare sul fatto accertato che la morte gli ruberà tutto ciò per cui hanno tanto lottato, il loro maledetto denaro.
Ed intanto il lavoro uccide, da noi come in Cina. Andando avanti di questo passo si morirà ancora di più. E, credetemi, non solo in Asia si morirà poveri.


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