giovedì 29 gennaio 2015

Ho denunciato la scomparsa del mio Dna. Non sia mai che un domani lo si trovi sul manico di un coltello...

Di Gilberto Migliorini


A chi mi voglia ascoltare mi rivolgo per un consiglio. Mi trovo in una situazione diciamo un po’ delicata, che coinvolge la mia privacy, in senso intimo, del tutto esoterico, come un distillato, un’essenza, un umore, un liqueur… Se non fosse per dei caratteri organolettici davvero evanescenti e sottilissimi, si direbbe perfino che trattasi di quelle molecole al chiaro di luna, fragranza impalpabile e aroma impercettibile, eppure senza dubbio consistenti come l’abboccato di un Barolo o un effluvio da olfattorio. Per farla breve e per non menar il can per l’aia, dirò che ho smarrito il Dna. Come sia successo non so dire con certezza, posso solo immaginare. Era quel maledetto fazzoletto che come monsignor Della Casa nel suo Galateo ovvero de’ costumi ha ammonito “Non si vuole anco, soffiato che tu ti sarai il naso, aprire il moccichino e guatarvi dentro, come se perle o rubini ti dovessero essere discesi dal celabro”. Puff, i preziosi nucleotidi caduti via… Ebbene sì, non solo ho tossito e sputato farfalloni, ma ahimè ho smarrito insieme al moccichino quell'acido che oggidì ti fa andare diritto a goder del fresco, ospite gradito di patrie galere anco solo pirosequenziando il genoma. E se non bastasse, proprio come il Monsignor ha ammonito di non fare, ho messo “il naso in sul bicchier del vino che altri ha da bere” e maledetto me, non contento di seminare il prezioso nettare, l’ho messo, proprio il becco, anco “su la vivanda che altri dee mangiare, per cagion di fiutarla… poscia che dal naso posson cader di quelle cose…”.


Bei tempi quando si poteva sputare e soffiare il naso senza ritegno e paura che smarrito il moccichino qualcuno ti potesse ammonire, non già di sputar per terra, ma dell’umore sopraffino, effluvio finito magari… chissà dove… Qualcuno a chiederti, com'è che il tuo fazzoletto è finito colà…? No, non il fazzoletto, di grazia, troppo facile, come aver messo le impronte digitali. Ma nemmeno per il muco e le sue stille… sarebbe davvero troppo semplice, come aver perso le chiavi di casa. Com'è che il tuo…, si insomma quella cosa che mi dicono trovasi negli umori, e che perfino lo Spallanzani con il suo occhio armato non avrebbe neppure notato in quella forma sopraffina… Come può essere che il polimero è finito… costì o colà a seconda del caso?

Por mente locale per il fazzoletto può ancora risultare plausibile. Perfino la saliva sbavando per qualche leccornia, o una lacrima scivolata dalla guancia sul polsino dell’innamorato infelice: sospiri e flatulenze ricche di humus, magari per un emblematico caso di tradimento o per un semplice sospiro d’amore. Ma se uno ti dice di punto in bianco: com'è che il tuo Dna si trova costì o com'è che stava proprio colà? Cosa puoi rispondere? Intanto devi por mente locale e se non sei proprio del mestiere, cercar di capire cosa contenga l’acronimo, quale oscuro e misterioso elemento si trovi lì, che non sia solo quella suggestione per la quale qualcuno a denti stretti e a muso duro ti dica che il tuo acido nucleico si trova trascritto proprio là, magari sul luogo di un delitto. Più facile sarebbe se avessero trovato che so… una cambiale o una banconota falsa… perfino un fazzoletto intriso di sudore dal caratteristico odore… e con le proprie iniziali ricamate a dovere, e ammettere senza arrossire: sì l’è proprio il fazzoletto del mio corredino. Ma smarrire il Dna è decisamente più facile che smarrire le chiavi di casa, puoi perfino perderlo senza avvertire che non ce l’hai più in tasca, scivolato fuori da un buchino, che dico, un ugello dal quale non passerebbe neppure uno spillo.... Talmente leggero che non ne avverti il peso, uno starnuto ed è cosa fatta, ti trovi a dover render conto di averne perso la sostanza pregiata, magari annaffiando lo stinco nel piatto del tuo commensale.

Spieghi vossignoria com’è che il suo Dna si trova nel mio piatto, mi può chiedere un funzionario ligio e con aria severa che non ammette reticenze di sorta. Cosa posso balbettare a excusatio? Per isbaglio? Per intercessione? Per aequivoca intentio? Qualcuno l’ha raccolto con la mano e spalmato sulla fetta di pane? Lo confesso, se mi si chiede come ci sia finito dentro la minestra di vossignoria potrei pensare che l’ingrediente sia come un dado vegetale (anche se non ne conosco davvero la ricetta), ma purtroppo per quanto mi ingegni, di grazia, non so neppure come sia fatto quel maledetto che s’è proposto a sfuggirmi dal naso (o non so da quale altro orifizio s’è ingegnato a scappare) e sia finito proprio là sul consommé del mio commensale. Qualcuno azzarda un touch Dna, quelle maledette ghiandole sebacee… come giocare coi birilli e veicolare il prezioso indizio con la mano (Vedi lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale di Medicina Forense, Forensic Science International: Genetics. DNA fingerprinting secondary transfer from different skin areas: morphological and genetic studies.)

Ma non è davvero questo il punto che preoccupa, è che stanotte potrebbe venirmi a far visita un lestofante e magari piantarmi un coltello nella schiena. Niente di che… per carità, cose che succedono, fa parte dei casi della vita, non se ne può far niente. Il fatto è che mi son figurato che qualche porello potrebbe inavvertitamente aver lasciato qualche suo umore proprio nel mio appartamento, e davvero spiacerebbe che venisse incolpato un innocente per la mia dipartita. Dite che si tratta di cosa improbabile? Beh, per quanto poco ne sappia di acido desossiribonucleico, già il nome mi mette in soggezione e agitazione molecolare, ho calcolato che tra una cosa e l’altra in casa mia si potrebbero trovare almeno una diecina di Dna smarriti e magari senza che i legittimi proprietari avessero fatto regolare denuncia all'autorità competente. Non vorrei davvero che magari sul mio pigiama ci fosse la firma di un innocente che da vero incosciente ha smarrito i suoi nucleotidi. Passo velocemente in rassegna la casistica di alcuni amici e conoscenti.

Intanto c’è la signora Cesira alla quale avevo prestato il coltellaccio per affettare il salame, proprio quello che poi mi son trovato piantato nella schiena. C’era un profilo misto, ho sentito che dicevano mentre ero più di là che di qua (in coma farmacologico mi dicono). Convinti che la povera Cesira avesse un complice, non riguardo al salame ovvio, ma riguardo alla mia (quasi) dipartita. Anche se ero in coma ho sentito chiaramente che il dilemma era tra il nucleare e quell'altro, come si chiama, sì quello mitocondriale (e non crediate che sia più in grado di distinguerli quanto lo sono tra un topo e un sorcio, da vero incompetente il dilemma non mi sfiora né punto e né poco). La povera Cesira in un modo o nell'altro era inguaiata. Quanto mai le ho prestato il coltello col quale il lestofante mi ha (quasi accoppato)! Ma non è finita qui, no davvero. Sul mio pigiama hanno trovato un umore (della cui natura ho sentito disquisire in lungo e in largo con parole che confesso non ho ben compreso). La signorina Amanda che vive in mansarda mi aveva fatto il piacere di stirarmi mutande pigiama e camicia (le offrivo il caffè e le davo cinque euri). La poverina soffriva pene d’amore per un bellimbusto senza arte né parte. Una lacrima o chissà un po’ di saliva, sbavando per il cialtrone, dev'esserle caduta sul pigiama e la poverina così d’emblée ha ricevuto un avviso di garanzia. 

La sfilza potrebbe continuare a iosa, ma per farla breve alla fine i sospetti sono caduti sull'Oreste, disoccupato cronico, e con quel retroterra il movente era già pronto e imbastito come un abito su misura. La mia piccola cassaforte dove tenevo i gioielli di famiglia risultava aperta e il Dna del mio compianerottolaio era lì che luccicava (si fa per dire) sulla serratura. Come ci sia finito non so proprio, sospetto del giorno prima quando ho perso il mazzo con le chiavi e quel sant'uomo dell’Oreste che le ha trovate me le ha portate tutto trafelato. Sono arrivati a quel povero disoccupato seguendo l’estro di bolli, francobolli e quant'altro, una trafila da fantascienza con tanto di albero genealogico che risaliva ad un trisavolo un po’ scavezzacollo che saltava la cavallina. Quando sono uscito dal coma ho gridato ai quattro venti che l’Oreste proprio non c’entrava, che il tapino era innocente come mamma l’aveva fatto. Mi hanno detto che il Dna non mente e che ero ancora strabaltato, non del tutto lucidamente presente e cosciente.

Per questo mi son deciso a denunciare lo smarrimento del mio Dna, non si può mai sapere che domani qualcuno mi chieda in modo perentorio: signore vuole lei spiegare com'è che il suo nucleotide si trova a gomito, anzi a culo e camicia con la mia minestra? Acciocché potrei rispondere con il Della Casa: “… a guisa di porci col grifo nella broda tutti abbandonati… non mangiare, ma trangugiare… imbrattandosi le mani poco meno che fino al gomito…”

L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare direbbe il solito bastian contrario. La verità è che per dirla papale papale, come ebbe ad argomentare un filosofo del V secolo, quello delle omeomerie, tutto è in tutto. Un po’ come quel tipo (il caso è vero e documentato) che nonostante molti testimoni a discarico è finito in galera per via del suo Dna che lo collocava sul luogo del delitto. La scienza non sbaglia, ovvio. Fortuna ha voluto che nuovi esami sul Dna dessero ragione ai testimoni, altrimenti... La morale è inequivocabile, fare una bella denuncia di smarrimento dell’acido desossiribonucleico nella speranza che il codice non sia per caso già finito agli atti e protocollato con tanto di profilo genetico…

P.S.

Ho ricevuto un avviso di garanzia per simulazione di reato. Sembra che il manico del coltello piantato nella mia schiena da una più attenta analisi contenesse solo il mio di Dna. A sto punto credo sia del tutto inutile far denuncia di smarrimento…









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