E come sempre piove sul popolo italiano ormai in mutande
La nebbia all'irto Colle
piovigginando sale,
mentre là al Nazareno
Giù per le vie più scure,
rumors sinistri e sghembri
riportano le strida
dei vecchi palazzacci.
Nel tetro parlamento
l'inciucio sta cuocendo
e il cacciator di voti
divide i seggi e le porzioni.
Sul popolo ignorato
si addensano le nubi,
non piace lo stufato,
bagnato, trito cotto e riscaldato.
Ma da domani,
come cinquanta,
quaranta, trenta, venti,
dieci anni fa... statene certi che pioverà.
Pioggia,
e tra i lampi
schede bianche
e fischi e saltimbanchi con padrone.
Pioggia,
acida che scende
rigando i fogli in pizzo
che volan lentamente fra gli scranni.
Pioggia,
vuota che pare,
di mente e di concetto
e finanche di intuito e d'intelletto.
Pioggia,
che amara sfiora
la tomba di Pertini...
lui muto la pipa stringe in pugno e si rigira.
Pioggia,
e non è favola
foriera d'emozioni,
ma l'incubo che angoscia di tristi percezioni.
Pioggia,
e altri debiti
da pagare all'erario,
per comprar gli ombrelli agli economi scialacquatori.
Pioggia,
che stridula irride
chi alle tre si alza
e va al lavoro perché i bimbi a casa han da mangiare.
Pioggia,
infame e ottusa
percuote lo spirito italiano
che ormai rimasto a corto d'alcool sta svanendo.
E ancora, come cinquant'anni fa, Piove...
Piove sui nuovi epistemi del primate a due piedi, sull'uomo indiato, sul cielo ominizzato, sul ceffo dei teologi in tuta o paludati, piove sul progresso della contestazione, piove sui work in regress, piove sui cipressi malati del cimitero, sgocciola sulla pubblica opinione.
E come sempre piove...
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