venerdì 30 gennaio 2015

Salvatore Parolisi. Mentre l'avvocato di parte civile fa pubblicità, la perizia di Paolo Reale conferma la presenza di ignoti sulla scena del crimine...

Tracce al chiosco della Pineta (clicca sopra per ingrandire)
Il 10 febbraio 2015 Salvatore Parolisi andrà in Cassazione e rischierà di vedersi confermata la condanna a 30 anni di carcere nonostante la nullità fornita dalle indagini eseguite dai carabinieri di Ascoli, nonostante i tanti punti oscuri mai chiariti né dalle varie procure né dai vari giudici (che hanno condannato il militare inventandosi di volta in volta nuove ricostruzioni e nuovi moventi) e nonostante le tante incertezze che ancora oggi avvolgono la morte di Melania Rea: a partire dalla vera ora della morte per arrivare a ciò che non essendo spiegabile è stato definito un depistaggio eseguito ad arte al chiosco di Ripe. In un qualsiasi stato democratico servirebbero vere prove per condannare, ma in uno come il nostro da decenni non contano né le prove né la logica. Bastano e avanzano le induzioni che fanno vedere rossi gli indizi incolore. La voce delle procure è sugli schermi degli italiani ad ogni ora del giorno e della notte. Un momento di gloria non si nega a nessuno, per cui troveremo sempre l'opinionista che lancia l'input degli eventi di cui si dicono certi i procuratori, pur in assenza di prove. Questo è un vantaggio assai rilevante perché consente a chi accusa, grazie ai vari girovaghi che vagano per i video con l'incarico di sgranare il rosario del verbo accusatorio, di partire da una posizione di vantaggio. E dato che da sempre la pubblicità è l'anima del commercio, vedasi il caso Tortora e l'oltre 90% dell'opinione pubblica che fu convinta della sua colpevolezza dai media allattati dalla procura napoletana (poi promossa in massa), in assenza di giudici in grado di discernere l'indizio dalla bufala investigativa si può dire che il destino del caporalmaggiore è segnato.

Anche perché la parte civile, che nel caso in questione ha monopolizzato i media in maniera assurda sin dai giorni successivi al crimine, cerca di convincere la Cassazione che l'incredibile esiste ed è tra noi. L'avvocato Mauro Gionni, una sorta di co-conduttore del programma presentato dalla Sciarelli, anni fa, ed ora (forse anche grazie alla pubblicità) presidente degli avvocati penalisti di Ascoli, ha consegnato i motivi per cui l'assassino di Melania Rea è Salvatore Parolisi. Per lui è tutto chiaro, l'omicidio è maturato nell'ambiente familiare perché, scrive:

"Dall'analisi del reato, dell'aggressione, dell'arma utilizzata, del modus operandi e dell'attività di 'staging' operata sulla scena del crimine, l'omicidio di Melania può essere contestualizzato tra quelli che vengono definiti 'omicidi di prossimità', cioè che si consumano in un contesto di relazione e che stanno prendendo il sopravvento rispetto al numero totale degli omicidi commessi in Italia. Le vittime sono prevalentemente donne tra i 25 e i 35 anni, uccise in modo generalmente crudele ed efferato, dal proprio marito, convivente, fidanzato o ex, con una media impressionante. Il 'femminicidio' resta la prima causa di morte per le donne italiane, spesso preceduto da maltrattamenti fisici e morali che seguono, in letteratura, meccanismi ben precisi".

Tutto chiaro e credibile? Non proprio, perché il passaggio inserito da Mauro Gionni nelle sue motivazioni ha connotati solo pubblicitari, visto che si basa su un nulla generalizzato che non trova appigli da nessuna parte. D'altronde in questi anni lui della pubblicità ha fatto vario uso, tanto che ai telespettatori distratti anche le sue accuse infondate sono apparse vere. Ad esempio possiamo parlare dei trans con cui, secondo lui e il suo collegio difensivo, il caporalmaggiore avrebbe chattato spesso. Una sorta di movente acclarato che ha sbandierato e ancora sbandiera. Niente di più falso, vista la Perizia sul computer e soprattutto gli interrogatori fatti ai trans coinvolti che hanno escluso ogni tipo di contatto. Ma questo poco conta, dato che la Sciarelli ha mostrato al mondo intero le nudità del militare parlando di siti poco raccomandabili. E come si fece allora in schermo si fa anche oggi in tribunale. Parlando di femminicidio si dà ad intendere che, viste le statistiche su tali omicidi, la morte di Melania Rea rientra nel copione già visto. E questa, permettetemi, è una colossale bufala che si vuol far credere vera ai giudici romani.

Per prima cosa, Melania Rea non ha mai subito maltrattamenti da Salvatore, né fisici né morali. Per seconda, il modus operandi è lontano anni luce da quello dei femminicidi. L'avvocato Gionni ai giudici di Cassazione dovrebbe fare qualche esempio e dir loro dove ha scovato omicidi di prossimità, passati in giudicato, in cui l'assassino si è fatto vedere quindici minuti dopo il crimine (quindici minuti scarsi, non ore) pulito e lindo come una rosa al mattino, senza una goccia di sangue addosso. Fra l'altro, chi uccide la moglie, la convivente, l'amante o la ex, di solito lo fa dopo quei maltrattamenti che nel caso in questione non esistono. Non per niente nella maggioranza dei casi si parla di "omicidi annunciati". Ma non solo questo dovrebbe dire ai giudici. Dovrebbe portar loro anche qualche caso di "staging" simile e spiegare il motivo per cui non c'è traccia del marito sulla scena del crimine, mentre vi sono più tracce di chi non si è neppure mai cercato. Parlo dell'impronta di scarpa sul ballatoio, dei dna trovati sotto le unghie, parlo di chi ha spostato il cellulare che dopo averlo trovato e aperto lo ha ripulito delle sue impronte, parlo anche dei piccoli segni di sangue consecutivi posti in orizzontale sulle gambe. Quei segni non controllati da nessun perito perché, in ipotesi, potevano venire dalla cerniera del giubbotto di Melania Rea. Anche se le cerniere dei giubbotti, tutti lo sanno, si trovano in posizione verticale. Anche se i giubbotti corti mai possono arrivare a segnare una gamba, non ci arrivano proprio alla gamba. E comunque, anche durante una colluttazione mai ci arriverebbero in orizzontale e mai lascerebbero strisce nitide e pulite.

Giubbotto Melania Rea
A lato è il giubbotto indossato da Melania Rea al momento dell'aggressione. Le arrivava alle anche. La cerniera è, come in tutti i giubbotti, posta in verticale. I piccoli segni di sangue sulle cosce sono sulla parte anteriore, sia di quella destra che di quella sinistra, a 20/25 centimetri dal giubbotto e in posizione perfettamente orizzontale. Quindi, la cerniera è verticale e i segni sono più in basso e orizzontali.  Anche ammesso che il giubbotto della Rea fosse aperto al momento dell'aggressione, come fa una cerniera rigida posta in verticale a lasciare segni orizzontali ben delineati sul davanti di una coscia? Non obliqui, non verticali, ma orizzontali? C'è qualche solerte perito che ha provato a verificare la possibilità di un simile evento? No, nessuno ha mai chiesto a un perito di verificare perché questo è stato da subito lo stile investigativo che ha portato Parolisi in carcere. In realtà non si è mai verificato nulla in termini difensivi andando avanti con le accuse e usando sempre e solo le deduzioni. L'anonimo telefonista era rintracciabile? Certo che sì, bastava analizzare le monete trovate all'interno della gettoniera (impronte e dna) e trovare la voce di uno dei possessori. Difficile? Forse sì, perché si è dedotto che l'anonimo non fosse coinvolto nell'omicidio, che fosse un conoscitore dei luoghi, forse un cercatore di funghi o un amante dei boschi. Ma come? E allora perché non si è presentato ai carabinieri? Perché ha usato la furbizia e telefonato da una cabina, non da casa propria, usando una moneta e non una scheda o il suo cellulare? Forse perché sapeva che se avesse chiamato da casa, dal cellulare o con una scheda, sarebbe stato rintracciato in poco tempo? E meno male che non c'entra nulla con l'omicidio.

Lasciamo l'anonimo e andiamo oltre. Quelli a lato sono i segni presenti sulla gamba destra di Melania Rea. Come detto sono perfettamente orizzontali, non obliqui o verticali, ma sono, anche e soprattutto, nitidi. Tanto per iniziare a parlarne, dobbiamo chiederci il motivo per cui siano nitidi e ben distanziati tra loro. La parte della cerniera che per la procura è compatibile coi segni, all'interno è imbrattata di sangue. Anche la pelle della coscia è imbrattata ovunque... tranne che nei punti in cui si trovano le strisciate. Eppure si parla di due strisciate partite strette da un lato e allargatesi dall'altro. Che qualcosa non quadri è chiaro, come è chiaro che ai procuratori non importasse di far quadrare gli indizi perché avrebbero dovuto modificare le loro convinzioni. Per cui è stato il collegio difensivo di Parolisi a cercare, dopo due processi e altrettante condanne, le giuste risposte. Le ha trovate grazie all'ingegner Paolo Reale che, con tecniche particolari, ha misurato le sequenze (il passo fra segno e segno), sia della cerniera del giubbotto che dei segni sulla gamba. Grazie a lui ora sappiamo che il passo della strisciata presente sulle gambe è di 1.99 millimetri, mentre il passo dei denti della cerniera è sui 2,40 millimetri. E questo dato dimostra l'impossibilità che i segni siano da attribuire, per deduzione come ha fatto l'accusa, alla cerniera del giubbotto.

Bracciali da uomo e da donna creati con cerniere
Ed allora cosa pensare? Se non derivano dalla cerniera del giubbotto, da dove vengono quei segni nitidi presenti sulle cosce? Questa è la domanda che per professionalità avrebbero dovuto porsi gli investigatori se privi di pregiudizi. Se la fossero posta probabilmente si sarebbero risposto che i segni non derivavano dalla manica di un giubbotto, come crede la difesa, ma che apparendo comunque dentellati e più stretti appartenessero a una cerniera più fine: ad esempio a quelle che si usano per i braccialetti, sia da donna che da uomo. In pratica, avendo l'impronta di una scarpa da donna e il segno di uno o più braccialetti in cerniera (e lasciamo perdere le perline trovate nelle scarpe), si sarebbe potuto pensare che almeno una donna fosse presente e attiva sulla scena del crimine. Un soggetto ignoto posizionato esattamente di fronte alla vittima che dopo aver inferto diverse coltellate ha sporcato i denti del bracciale e nella concitazione ha sfiorato di striscio le gambe di Melania Rea mentre lei scivolava. Oppure le era inginocchiata sopra le caviglie mentre lei era a terra. Visto che la cerniera del giubbotto non corrisponde coi segni, che fra l'altro è in verticale, e viste le due strisciate orizzontali sulle cosce, la spiegazione appare logica.

Però nessuno ha fatto perizie adeguate e ora ci troviamo di fronte a sentenze a 30 anni di carcere nonostante ci siano più certezze che portano a dichiarare sicura, non solo probabile, la presenza di persone diverse da Salvatore Parolisi sulla scena del crimine. E queste persone erano con Melania, visto il sangue sull'impronta e sulle strisciate nelle cosce, al momento dell'omicidio. E con queste certezze il quadro difensivo è completo. Il militare non può aver lasciato né le strisciate né l'orma (piccola per i suoi piedi). Non aveva alcuna goccia del sangue di Melania Rea addosso e non ve n'erano neppure nella sua auto. E questi riscontri basterebbero a tutti i giudici scevri da pregiudizio per rimandare gli atti in procura e chiedere indagini serie e complete. Saranno quindi scevri da pregiudizio i giudici di Cassazione? O anche loro ascolteranno le divagazioni pubblicitarie dell'avvocato Mauro Gionni? Una cosa è certa, a Roma non sarà presente il faro illuminante della parte civile. Il professor Introna che tanto ha fatto in appello per screditare i periti di corte e che ancora deve rispondere alle domande che gli ho posto oltre un anno fa. Se davvero è convinto che Parolisi sia un assassino e vuole farlo oggi, non è mai troppo tardi, basta che clicchi qui, che le legga e mi mandi una mail.


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15 commenti:

Anonimo ha detto...

Massimo, come interpreti l'assenza di Introna al processo della Cassazione?
Marilia

PINO ha detto...

Spero proprio che non si ripeta la degradante storia che ha segnato i precedenti processi.
Confido, non già nel collegio difensivo del Parolisi, quanto nell'equità dei giudici di Cassazione.

Unknown ha detto...

Ciao Marilia

La cassazione non entra nel merito delle perizie, entra nel merito dei processi già fatti per vedere se tutto è stato fatto al meglio o se i giudici hanno commesso errori di valutazione... ad esempio: serviva fare una perizia sui segni nelle gambe oppure era ininfluente?

Massimo

Anonimo ha detto...

Massimo, una domanda: quei segni sono l'impronta di un oggetto insanguinato che lasciano un segno superficiale o sono il risultato di qualcosa che ha penetrato/ inciso la pelle?
Per quanto riguarda la mancanza di tracce di sangue sul P, ricordo la teoria che lo stesso avrebbe nascosto gli abiti insanguinati in un luogo che nemmeno i cani hanno trovato.
Il militare addestrato invece di nascondere il corpo, o perlomeno farlo ritrovare in un punto diverso dal suo luogo di lavoro, pensa ad occultare i vestiti, oltretutto mai ritrovati. Vestiti che dovevano comprendere delle scarpe, dei guanti e un abbigliamento con cappuccio...un bel fagotto da nascondere insomma.
Kiba

Unknown ha detto...

Kiba, la prima è giusta, sono segni superficiali, da contatto, lasciati da un qualcosa sporcatosi col sangue di Melania Rea.

Per quanto riguarda la teoria sugli abiti, è assodato che Parolisi sia uscito da casa in maniche e calzoncini corti, quindi oltre alla perdita di tempo per nascondere il fagotto consistente, ne andrebbe aggiunta una ulteriore, quella persa a vestirsi da palombaro...

Ciao, Massimo

Anonimo ha detto...

Massimo Prati
In questa storia non ho mai capito (o forse sì!) perché si sia dato più valore al mancato alibi sul Pianoro (Ranelli permettendo) piuttosto che alla completa assenza di indizi della presenza di Parolisi sul luogo del delitto. Eppure, come hai illustrato tu, molti erano gli indizi che invece evidenziavano la presenza di altri, soprattutto donne. Ad avvalorare questa tesi, aggiungerei anche la modalità dei colpi inferti che, si disse, per la scarsa penetrazione, erano riconducibili ad una mano femminile. Ricordo inoltre che ci fu la testimonianza di alcuni cittadini riguardo la presenza di una soldatessa fortemente agitata in compagnia di altri due commilitoni, non lontano dal luogo del delitto. Nell'immediato si disse che era in crisi per la rottura del suo fidanzamento, ma fu mai accertato? Inoltre, non so se mi è sfuggito, ma si è mai fatta una perizia seria sulla foto che ritraeva la sagoma di un'auto compatibile con quella di Parolisi sul pianoro, che tu stesso scopristi? Mi sembra troppo semplice averla subito liquidata senza il beneficio del dubbio.
Ti ringrazio se potrai rispondermi.
Sarahkey

Unknown ha detto...

Ciao Sarahkey

il luogo in cui si è trovata Melania è molto frequentato dai militari che vanno al poligono poco distante, infatti in quei giorni (18-19) c'erano i militari di Teramo. La procura non ha fatto analizzare tante cose proprio perché si disse che potevano non c'entrare nulla col delitto. Eppure, proprio sapendo chi era stato nelle settimane precedenti al poligono (nomi e cognomi), e quindi potenzialmente anche al chiosco di ripe, analizzandole poteva capire cosa era già presente sulla scena e cosa no.

Invece ha preferito dare degli inetti ai militari di guardia, quelli appostati sul ciglio della strada (fra gli alberi) affinché non facessero entrare auto civili, e far credere che non avessero visto l'auto del Parolisi salire verso Ripe (e poi scendere verso il Pianoro) perché ogni tanto facevano una telefonata e si distraevano. Personalmente credo che sia ridicolo pensare che si siano distratti per tanto tempo a causa di una telefonata o di chissà che.

Il mancato alibi sul pianoro è l'optimus raggiunto dopo aver eliminato le testimonianze di chi non aveva visto l'auto salire e scendere da Ripe. Tutte le testimonianze, all'infuri di quella del Ranelli - che a poco a poco è diventato persona non credibile perché insisteva di aver visto la coppi con la bambina mentre nessun altro l'aveva vista - sono state verbalizzate a mesi di distanza... e sfido chiunque sia stato oltre un mese fa in un parco della sua città a passeggiare o a giocare a calcio, a far l'elenco oggi di chi c'era oltre a lui.

E' chiaro che se ci fosse stato un omicidio o una scomparsa si potrebbe fare mente locale già dal giorno dopo (se si viene a sapere dai media) e cercare subito di ricordare chi c'era. Ma questo non significa che al parco non c'erano altri perché questa persona riesce a ricordare solo qualche viso. Ed allora, visto che i ragazzini che giocavano a calcio ricordavano solo Ranelli, una bimba e una nonna, tutte le altre persone non c'erano al pianoro?

La foto che ha fatto prova, quella che ha immortalato l'area altalene vuota alle 15.13 - in cui ho trovato l'auto (parcheggiata o in movimento non si sa) nella foto inserita agli atti in cui era scritto che non si vedeva alcuna auto (e il non vederla da parte di carabinieri e procuratori e giudice dimostra il pregiudizio colpevolista con cui ci si è approcciati al caso e con cui si è poi lavorato) non è stata presa in originale perché nel frattempo al ragazzo si era rotto il cellulare e l'aveva cambiato o chissà che. E' stata presa dalla sua pagina facebook e per l'orario ci si è fidati del ragazzo che ha detto di non aver mai avuto problemi col cellulare (e meno male, visto che poi si è rotto). Eppure cinque minuti in più avrebbero fatto la differenza...

Insomma, Parolisi cercava in ogni modo di nascondere la sua relazione clandestina con Ludovica in primis ai familiari di Melania, e già questo fa capire come poco gli convenisse di uccidere la moglie. Per farlo mentiva spudoratamente e credeva che i suoi colleghi l'avrebbero coperto. Ed ecco che le menzogne l'hanno fregato perché chi mente durante le indagini da sempre diventa il primo sospettato. E quando sei sotto la lente, ogni indizio a tuo favore (vedi militari che non l'hanno visto salire o scendere - vedi Ranelli che lo aveva visto con la moglie e altro: come il ragazzo che passando in scooter ha visto qualcuno sulle altalene - ma di sfuggita perché impegnato a impennare) diventa confutabile ed eliminabile.

Ciao, Massimo

Anonimo ha detto...

Massimo Prati
Sono pienamente d'accordo con le tue osservazioni circa le testimonianze differite delle persone che erano sul Pianoro. Ricordo però che il giudice di primo grado riabilito' la testimonianza di Ranelli proprio perché rilasciata nell'immediato, quindi qualche elemento di dubbio sulle testimonianze deve essere emerso ad un certo punto. La decisione dei PM di non effettuare tante analisi che invece sarebbero potute essere dirimenti dovrebbe anch'essa dare adito a dei dubbi sulla gestione delle indagini, senza contare poi le numerose incongruenze emerse tra quanto contestato dai periti di corte e quanto affermato dai periti dell'accusa. Trovo poi scandaloso aver screditato le testimonianze delle sentinelle di guardia a Ripe, dal momento che stavano lì non per fare una qualunque scampagnata spensierata ma proprio per tenere sotto controllo il traffico lungo la strada di accesso al chiosco. Veramente avrei anche dato maggior credito al fiuto dei cani, dal momento che il percorso da questi fiutato era coerente con quanto dichiarato da P e con l'aggancio della cella telefonica (l'unico punto in cui era possibile l'aggancio era proprio al monumento). Tutte queste incongruenze devono saltare all'occhio dei giudici di cassazione! Per quel che riguarda la famosa foto, avevo sperato che fosse stato possibile effettuare delle perizie approfondite che potessero avvalersi delle più moderne tecniche al fine di accertare se quella fosse veramente l'auto di Parolisi, a prescindere dall'orario riportato dal cellulare, che poteva anche essere sballato. Del resto non mi sembra che sia mai stato individuato un altro automobilista con auto compatibile che sia transitato di lì quel giorno a quell'ora. Infine, credo anch'io che purtroppo Parolisi sia stato il peggior nemico di sé stesso con le sue bugie, nonostante sia anch'io convinta che l'unico fine fosse quello di nascondere la sua relazione.
Sarahkey

Anonimo ha detto...

Qualche aggiornamento sull'udienza di domani in cassazione di Parolisi.
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/salvatore_parolisi_melania_rea_cassazione/notizie/1169098.shtml

Anonimo ha detto...

Mi stupisce qesto silenzio per questo fatto di cronaca che ha fatto scrivere innumerevoli pagine!
Mi meraviglia ulteriormente anche la mancanza di notizie aggiornate sulla giornata di oggi. No9n si sa nulla?
Marilia

Anonimo ha detto...

http://www.gazzettadiparma.it/news/italia-mondo/250334/Omicidio-Melania-Rea-Cassazione-rivedere-al-ribasso-condanna-Salvatore-Parolisi.html

RIMANDATO IL PROCESSO DI APPELLO ALLA CORTE D'APPELLO DI PERUGUA

Mimosa ha detto...

c'è da esaltare, perché si farà un nuovo processo limitatamente all’annullamento della circostanza aggravante.
La Cassazione ha confermata la responsabilità per aver ucciso la moglie Melania Rea
dunque non se ne potrà riparlare al processo di Perugia
ma almeno daranno anche a lui i 24 anni che tutti gli assassini difesi dal duo si portano a casa ;-)

Mimosa

Anonimo ha detto...

Non ho capito in che termini i difensori di Parolisi si ritengano soddisfatti! Mah
Marilia

Mimosa ha detto...

Perché si è volatizzilizzato questo mio post delle 21:40?
Censura? Che c'era scritto di male? Lo riposto.

@ Marilia,
perché otterranno una riduzione della pena ... loro, gli avvocati, si ritengono sempre "soddisfatti" anche se la spuntano di un pelo persino su una cosa marginale
è come la battuta sui chirurghi "l'operazione è perfettamente riuscita, peccato che il paziente sia morto". Mimosa

Mimosa ha detto...

Certo ormai è troppo tardi, però una considerazione a margine dell’inchiesta e della difesa mi viene da esternare, dopo aver visto il comportamento del giovane avvocatino difensore del frate congolese nel caso della scomparsa di Guerrina Piscaglia.
Il sacerdote, in una ‘audizione’, ha parlato senza reticenze, ha raccontato tantissimo, e che fa per prima cosa il giovane legale appena assunto l'incarico?
Fa istanza presso la Procura di inutilizzo delle dichiarazioni dell’uomo, convocato come “informato sui fatti” ma con evidente mala fede, perché subito dopo gli è stata notificato d’essere “indagato”,
pertanto tutte le dichiarazioni rese in quella sede in assenza di un’assistenza legale devono essere stracciate, non possono essere utilizzate, (roba che finora si è visto solo nei telefilm giudiziari anglosassoni …, in Italia non ne ho mai sentito!)

Vedendo ciò, mi sono sovvenuti tutte le “audizioni” di Salvatore senza la presenza di alcun legale, specie qualla in cui ha dovuto lasciare le scarpe agli inquirenti,uscendo scalzo, e mi passava davanti agli occhi quel filmato (di cui spezzoni mille volte sono stati mandati in onde su tutte le reti) registrato alle Casermette, poi utilizzato per la palese bugia sulle sue frequentazioni con allieve ed ex allieve, rigiratasi contro di lui.
Parolisi a quel tempo riteneva di non aver bisogno di un’assistenza legale (proprio come Michele Boninconti), fidando della Giustizia.
Perché il duo già noto alle cronache B&G, quando si è accaparrato il cliente, per prima cosa non ha fatto come oggi il giovane collega del Foro di Arezzo?
Forse a quest'ora leggeremmo un’altra storia. La storia di una bimba felice tra le braccia del suo papà e non sballottata tra nonni e zii.

Mimosa