giovedì 24 novembre 2011

Bruciano le auto del carabiniere De Cicco e del Gip Tommolini. Vere intimidazioni o solo piccole vendette locali?


Negli ultimi giorni s'è parlato dell'auto di Marina Tommolini che, come quella di Spartaco De Cicco, è andata in cenere dopo essere stata lavata di benzina ed incendiata. Chiaramente, s'è detto, un atto intimidatorio perpetrato da qualche personaggio a contatto coi due. Non si va a casa delle altrui persone, e soprattutto non si bruciano le loro auto, se non si pensa di avere un tornaconto nel farlo o se non si ha in animo una vendetta. Ora tutti accostano quanto accaduto, unito ad altri due episodi che hanno visto ombre scavalcare la recinzione ed entrare nel cortile del condominio dove il giudice abita, all'omicidio di Melania Rea senza considerare che ancora nessun atto è arrivato sulla scrivania della Tommolini e che i carabinieri non stanno pestando alcun piede, né militare né satanista. Ed allora per quale motivo bruciare quelle auto? Considerando l'intervallo di tempo intercorso fra il primo incendio ed il secondo, potrebbe trattarsi anche di una singola persona che iniziando l'opera dalla casa del carabiniere l'ha finita in quella del Gip, fra le due abitazioni vi sono una decina di minuti scarsi. Ma chiunque sia stato, un singolo a nome proprio o un paio di uomini a nome di un gruppo, deve aver lasciato un indizio o addirittura una firma. Come può pensare di poter essere individuato quale autore del gesto, solo in questo caso il Gip potrebbe agevolarlo (se davvero intimidito), se non lascia, in un modo o in un altro, una qualcosa che porti la dottoressa ad individuarlo fra i tanti che ha rinviato a giudizio e che ha fatto indagare?

Mettiamo quindi un punto e torniamo a capo cercando di verificare, in prima analisi, quale gruppo di persone può credere che una intimidazione possa sortire l'effetto voluto e, nello stesso tempo, far provare quella soddisfazione che solo la vendetta fa provare. Partiamo dal novembre 2009 quando al carcere di Castrogno vi fu un pestaggio in piena regola. Ma non furono i detenuti a picchiarsi fra loro, furono le guardie carcerarie ad accanirsi contro un detenuto, contro Mario Lombardi, oggi libero. In due anni il Pm David Mancini non è riuscito, causa l'omertà trovata all'interno della struttura penitenziaria, causa il silenzio di tutte le guardie, a giungere ad alcuna conclusione, tanto che un mese fa ha chiesto l'archiviazione della pratica. Ma la Gip Marina Tommolini ha respinto e invitato ad indagare in maniera migliore sull'ex comandante della polizia penitenziaria, Giuseppe Luzi, e su altre cinque guardie coinvolte perché presenti quel giorno al carcere. Si può credere che, vista la non archiviazione, questo gruppo indagato abbia voluto lanciare un segnale? A voi la risposta, ma tenete presente che contro le guardie penitenziarie, non essendosi trovato nulla in due anni, è probabile non si trovi nulla neppure nei prossimi tre mesi.

Quindi proseguiamo per capire se altri "gruppi" possono avere interesse a dar fuoco a due auto. Il Gip è anche chi ha fatto indagini, tramite i carabinieri, sulla morte di Emanuele Fadani, un uomo di 37 anni (con un figlio di 6) ucciso, mentre si recava al lavoro, da un piccolo gruppo di rom che di nomade, visto che sono stanziali ad Alba Adriatica da decenni, non hanno nulla. Certo ricorderete la rivolta della popolazione locale, non era il primo omicidio avvenuto a causa dei rom in quanto tre mesi prima a Martinsicuro un diciannovenne di Castel di Lama, Antonio De Meo, era stato ucciso a pugni, in quanto gli albensi, ripresi dalle telecamere, andarono in branco nel quartiere dove la comunità rom abitava e non guardò in faccia a nessuno, buono o cattivo non aveva importanza, lanciando sassi e rompendo i vetri di porte e finestre. Ora i processi di primo grado si sono svolti, e per la morte di Fadani solo uno dei rom è stato condannato a dieci anni, gli altri non avevano colpito l'uomo, seppure presenti alla lite ed all'aggressione. Possono essere stati i rom a bruciare le auto? Oppure possono essere stati i parenti del Fadani, non contenti del verdetto e già minacciosi al momento della prima vendetta quando tirarono i sassi? La Tommolini in questo caso c'entra poco, se si esclude la libertà concessa nel 2009 ad uno dei tre, al tempo carcerati, perché a parer suo non aveva partecipato attivamente all'aggressione. Quindi si possono escludere sia i rom che gli albensi.

Chi resta ancora? Nel giugno del 2010 il Gip Marina Tommolini convalidò l'arresto di Ottavio Papilj, un poliziotto teramano in servizio ad Ancona che aveva creato, assieme alla sua convivente e ad un calciatore di Giulianova, anche lui di origine rom, che gli forniva la droga in grande quantità grazie agli intrecci malavitosi di alcune famiglie della sua etnia, un'associazione a delinquere in cui lui era sia il capo che chi spacciava la cocaina alle "persone bene" di Teramo. Erano anni che la sua attività funzionava a meraviglia, ed erano anni che veniva controllato dai carabinieri informati da chi, a forza di acquistare droga, era finito in rovina. Proprio in questi giorni si è concluso il processo alla convivente, il poliziotto aveva in precedenza subito una condanna a sette anni, che è stata condannata a poco più di due anni, ma i Pm si erano accaniti e volevano ne facesse sei. Che nasca da questa sentenza il rogo che ha bruciato le auto? Pare inverosimile dato che il Gip ormai è fuori dai giochi, non è lei a dover giudicare e non è con lei che se la può prendere chi si sente trattato in maniera impari. Ma se neppure questi c'entrano chi resta da verificare se le guardie carcerarie, i rom, i parenti del Fadani e la popolazione di Alba Adriatica in generale, paiono estranei ad un simile attentato?

Gli albanesi? Quelli che da tempo in Abruzzo hanno avviato una proficua rete per lo spaccio dell'eroina? O sono davvero i satanisti, con cui però il Gip non ha mai avuto a che fare, o alcuni complici di Salvatore Parolisi a volerle far capire che una volta preso in mano il fascicolo dovrà starci attenta? Oppure, al contrario, sono quelli che hanno fatto ricadere la colpa dell'omicidio di Melania Rea sul marito a non volere che nulla cambi, a volere che il quadro resti com'è? Il tutto pare ancora una volta inverosimile. Ed a meno che la Tommolini non si stia occupando, assieme al De Cicco, di una indagine veramente losca che più losca non si può, gli "attentati" a tutti gli effetti non paiono attentati ma ritorsioni, vendette messe in atto da chi dai due si sente perseguitato. Ma chi potrebbe mai sentirsi perseguitato? Forse un semplice ladruncolo che ogni volta non riesce a completare il furto perché preso in fragranza di reato? Esistono uno o più personaggi del genere e, soprattutto, hanno avuto a che fare sia con il carabiniere che con il Gip?

Sì, a spulciare bene se ne trovano proprio dei personaggi simili. Alcuni di questi, non gli unici, sono siciliani che "lavorano" insieme ed ultimamente i carabinieri hanno arrestato continuamente non appena consumati i furti. Ce ne sono due, ad esempio (uno si chiama Antonino e l'altro Fabio) che sono proprio ladri sfigati che più sfigati non si può. Ma non ci sono solo questi due nella lista dei criminali comuni. Di siciliani, loro amici, ce ne sono diversi e non si industriano solo in Abruzzo ma agiscono anche in Campania, dove hanno buone amicizie. C'è da dire, inoltre, che per Antonino il 10 di ottobre Marina Tommolini ha firmato un ordine di carcerazione, ma non è detto che in un mese il suo avvocato non sia riuscito a fargli ottenere i domiciliari, è quasi normale con questo tipo di reati non attendere il processo in galera. Insomma, non si può dire che a dar fuoco alle auto siano stati loro per vendicarsi del De Cicco, che ultimamente li interrogava spesso e volentieri, e della Tommolini, che faceva altrettanto e li mandava in carcere in attesa del processo, ma si può essere quasi certi che non c'entra nulla il caso di Melania Rea. Ciò che i roghi danno ad intendere, non essendoci stata nessuna "firma", è che non appaiono quali intimidazioni, come si è detto e scritto da più parti cavalcando l'onda "Parolisi", ma ricalcano lo schema tipico della vendetta messa in atto dalla piccola malavita locale.

I magistrati si intimidiscono mandando nei loro uffici buste contenenti proiettili, questo ci insegna la storia. Bruciare la loro auto non è un segnale, è il modo di fare che usa chi si sente di voler "pareggiare i conti". E solo la piccola criminalità ragiona col detto "occhio per occhio dente per dente".


19 commenti:

LucaP ha detto...

Massimo

Tra tutti i casi da te esposti forse ne hai dimenticato uno e cioé quello recente di Luca Michelucci.

Non sappiamo (perlomeno dai giornali) chi sia stato il GIP a convalidare l'arresto. Per competenza territoriale potrebbe essere stata anche la dott.sa Tommolini.

La notizia della convalida dell'arresto è stata data dai quotidiani online il 17/11/2011 e non penso siano state ancora emesse le motivazioni della sentenza del GIP.

Gli attentati sono stati commessi nella notte tra il 18 ed il 19.

Potrebbe anche starci. Vosa ne pensi?

LucaP ha detto...

Mi sono sbagliato.

Il GIP del caso Michelucci è Giovanni de Rensis.

Ciao

Unknown ha detto...

In che categoria inseriresti il Michelucci? Io penso sia da inserire nel satanismo. Guardando la sua pagina e spulciando si trovano tracce inequivocabili (e non solo in quanto già scritto nei commenti del blog). Tu fossi parte di un clan del genere bruceresti un paio d'auto? Io spedirei una bella testa di capra sanguinante all'indirizzo del Gip, altrimenti come fa a capire?

A parte questo son convinto davvero siano stati due balordi (se non uno solo) ad aver bruciato le auto.

Ciao, Luca, Massimo

LucaP ha detto...

Massimo

Probabilmente hai ragione tu.

In ogni caso le due piccole province di Ascoli e Teramo mi sembrano un po' troppo ricche di omicidi e misteri.

O forse sono io che non conosco la realtà della provincia italiana.

Ciao

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio Massimo, per avere fatto ancora una volta chiarezza. In effetti, qualche sospetto su un origine "Melania Rea", in concomitanza col ritrovamento di un dna maschile estraneo al marito, l'avevo avuto, ma il collegamento che avrei fatto, effettivamente, sarebbe fumoso.

Tabula

Anonimo ha detto...

Massimo, ma tu sai qualcosa in più relativamente al DNA maschile trovato in un unghia di Melania perchè ciò che ho letto io è molto generico. Ma è una recente scoperta o è stata resa nota solo adesso?
Grazie
Marilia

Anonimo ha detto...

Buonasera a tutti.
Il ritrovamento del dna maschile, trovato addosso a M, che non è di Parolisi, è stato pubblicato dalla stampa una decina di giorni fa.
Dopo, non se ne è più parlato.
Ne sai qualcosa tu, Massimo?
Saluti, PINO

Anonimo ha detto...

p.s.
Mi scuso per la...forma.Pino

Anonimo ha detto...

Buona serata a tutti.

Del dna estraneo a Parolisi risulta che ne abbia scritto Tagliabracci nella perizia medico legale, che non è stata resa nota.

Wide

Anonimo ha detto...

quindi quella del dna maschile non riferibile a Parolisi, sarebbe una delle solite notizie vecchie, "ripescate"?

Tabula

Anonimo ha detto...

Ciao Tabula...
Eh si credo proprio di si.
Buona serata. Devo scappare...

Wide

Mimosa ha detto...

Tenderei anch'io ad escludere un collegamento tra gli incendi delle auto e il caso Melania Rea.
Però l'episodio (che io suppongo abbia uno stesso autore) potrebbe dimostrare come vengano stressati e pressati certi inquirenti (gli investigatori credo ci siano preparati), ragion per cui si premurano di firmare mandati di arresto e/o confermare i fermi sulla base di puri indizi, così, "per far prima e presto" ... tanto si sa che fa anche punteggio nella carriera ...

Non mi riferisco a questa signora magistrato che confido abbia fatto quanto di suo dovere, ma sicuramente a innumerevoli altri suoi colleghi in ogni angolo d'Italia!

Mimosa

PS - Colgo l'occasione per ribadire, anche se non è argomento pertinente qui, la necessità della separazione delle carriere tra Giudici e PM.

filippo ha detto...

brava mimosa

PINO ha detto...

CIAO A TUTTI
A me pare (se i ricordi non mi tradiscono) che Tagliabbracci rese noto solo la presenza di sostanze biologiche, sotto l'unghia dell'anulare sinistro di M, appartenente ad un uomo ed una donna, senza specificare altro.
Sono stati i RIS a rivelare che il dna maschile esiste, ma non appartiene a P, mentre hanno iniziavato ad analizzare quei 30 dna femminili, prelevati di recente, compreso quello di Ludovica Perrone.
Questo è quanto riportato dalla stampa, come ho detto, circa 10 giorni fa.
PINO

Manlio Tummolo ha detto...

Visto il caso Busco in appello, sarebbe opportuno che i DNA venissero analizzati contestualmente al gruppo sanguigno e ad ogni altro elemento caratteristico, di natura chimica, che possa caratterizzare le tracce di sangue o di che altro materiale si tratti. Il concentrarsi sul solo DNA, come unica panacea per le indagini, sta rivelando la sua totale insufficienza dopo i casi di Perugia e quello di Via Poma.

Anonimo ha detto...

Certo! Corredare la prova dna con altri supporti chimici ed investigativi sarebbe ideale. Ma non avviene quasi mai
PINO

Anonimo ha detto...

perchè si stanno analizzando solo ed esclusivamente i dna femminili, nel numero di 30 verifiche totali, dato che sul corpo sono stati trovati anche dna maschili sconosciuti?

Non avrebbe avuto più senso analizzare anche un certo numero di dna maschili, dato che sul cadavere ce ne sono quattro o cinque diversi?

Come si fa a pensare che sul corpo di una donna sia irrilevante il fatto che si trovino tracce biologiche di quattro cinque uomini diversi?

Il dna di Michelucci, ad esempio, sarà stato comparato con le tracce trovate sul corpo?

Tabula

Anonimo ha detto...

TABULA, noi possiamo essere paragonati a quegli innamorati che, con ardore, intonano le note di uns serenata, sotto la finestra della propria bella, ma...le imposte restano chiuse. Quindi la serenata va...a nessuno!
Le belle note restano, però nell'etere, a disposizione di chi volesse captarle.
Ciao PINO

Anonimo ha detto...

ma è.. terribile! Siamo dei poveri suonatori sonati!
:-)

Tabula