martedì 7 ottobre 2014

E' morto Nando Orfei: Addio uomo dei sogni...


Perché in questo articolo ho inserito "Amarcord" e spero che usiate due ore del vostro tempo per gustare (o rigustare) il mitico film di Federico Fellini? Perché nella sua maestosità geniale, condita da quei colloqui che ho sempre ascoltato nella mia Romagna (tali e quali) e che hanno accompagnato gli anni della mia infanzia, era il film di un sogno reale e genuino come la bellezza mentale che Nando Orfei, uomo vero, sprigionava da ogni poro. Nando è morto oggi, martedì 7 ottobre, all'età di 80 anni. Ma in effetti, per come lo sento, Nando non morirà mai... perlomeno non nel mio cuore e non nei miei sogni. Ero un ragazzino quando per la prima volta lo vidi parlare con le sue tigri. Inizialmente misi una mano sugli occhi, poi allargai le dita per vedere e infine, convinto dal suo coraggio, lo elessi a mio idolo. Mi sarebbe piaciuto essere come lui. Nei primi anni '70 per noi ragazzini il circo era, assieme al cinema, il "posto delle favole", il luogo dove dar sfogo ai sogni prima di cercarne la realizzazione. Purtroppo i tempi sono cambiati troppo velocemente, la droga alla fine di quel decennio ha iniziato ad uccidere i nostri amici e la tecnologia ha modificato, nei decenni successivi, tutte le nostre buone abitudini cercando di crescerci a sua immagine e somiglianza.

Non tutti siamo saltati sull'altra sponda, non tutti abbiamo accettato che altri segnassero il nostro destino di adulti e molti di noi sono rimasti giovani dentro continuando a inseguire i propri sogni. Nando era uno di noi, l'eroe da imitare, l'uomo giovane dentro che per rincorrere il suo sogno rifiutò l'agiatezza per continuare a girare fra la gente comune coi suoi spettacoli mai banali. Nando era anche colui che in un corpo a corpo, per difendere i duemila bambini napoletani presenti durante lo spettacolo mattutino, quello per le scuole (che un tempo mandavano volentieri i loro bimbi al circo ed oggi lo sconsigliano), uccise un leone a coltellate e poi pianse sul suo cadavere per quanto era stato costretto a fare. Nando era l'uomo vero che non le mandava a dire, che diceva ciò che pensava senza usare né tatto né ipocrisia. Era chi attaccava senza mezzi termini "gli animalisti", quelle organizzazioni che fanno di ogni erba un fascio e a poco a poco spengono "il circo di una volta" costringendo anche i migliori uomini, quelli che amano i propri animali, quelli che li hanno visti nascere e crescere, quelli che hanno mandato i propri figli a giocare coi cuccioli di tigre e di leone, a staccarsi dal loro affetto.

Nando era uno di quelli che per lavorare aveva dovuto rinunciare alle sue tigri e ai suoi elefanti. Una perdita che lo bruciava dentro, come lo bruciava di dolore vedere le sue tribune vuote e l'accorgersi che la gente, grazie anche a campagne mediatiche che coinvolgono il 30% dei sindaci che per corrente di partito rifiutano di affittare parte del loro territorio a chi fa spettacoli con animali, si stava disinnamorando del circo... quindi dei sogni. Nando era l'uomo dei sogni, chi un anno fa, dopo uno spettacolo a cui i romagnoli di Cattolica non erano andati, senza ipocrisia ai 50 spettatori presenti disse: "Non si umilia così un artista. Non si butta via in questo modo lo spettacolo più antico del mondo! Ma come? Metti assieme gli artisti circensi più bravi del mondo, fai uno spettacolo che davvero fa sognare e vedi le poltrone e i palchi vuoti. Pensi ai cantanti che chiedono 100 euro più 5 di prevendita per i loro concerti, e fanno il pieno, poi vedi che la tua cassa è vuota, con biglietti che vanno dai 10 ai 30 euro. Signore e signori, io sono un artista e artisti sono tutti quelli che sono entrati in pista. Le sedie vuote sono un'umiliazione che ci fa troppo male"

Nando aveva ragione, non si svilisce chi da due secoli (gli Orfei) gira il mondo per divertire e stupire sia i grandi che i piccini, chi da due secoli emoziona e distribuisce sogni. La sua morte dai comuni mortali dell'era tecnologica, quelli obbligati a non sognare perché sempre impegnati a correre e a risparmiare in nome del progresso (che porterà guadagno ad altri), verrà presto dimenticata: e questo è un peccato mediatico che si ripercuoterà su un mondo, quello del circo, che sempre più spesso in Italia viene emarginato e considerato un mondo di serie bi. Eppure il circense è l'artista per eccellenza che da sempre vive a contatto con gli uomini, anche quelli dei piccoli paesini, perché da secoli porta su tutte le piazze la sua arte. Nando Orfei, l'artista che amava i suoi sogni, lo ha dimostrato più volte e più volte lo ha ricordato. Come quando disse:
  
"Con Fellini ho fatto Amarcord, che ha vinto l'Oscar. Ero il patacca romagnolo, lo zio di Titta che pensa solo alle donne e non lavora nemmeno un giorno. Fellini pensava ad Alberto Sordi poi ha scelto me non perché più bravo, ci mancherebbe, ma perché vero romagnolo. Federico mi aveva proposto altri due o tre film, ma io volevo il circo. Avessi continuato come attore sarei ricco e invece a quasi 80 anni sono ancora un girovago. Due anni fa ho venduto a un amico le mie due ultime elefantesse, Gully di 82 anni e Lanka di 64. Ora vado da loro. Gully, 40 quintali di tenerezza, mi faceva dondolare quando ero bambino, sulla proboscide. Quando mi vede barrisce, agita le orecchie, mi tocca. Mi fa una grande festa e io torno bambino. Solo così posso pensare che il sogno del circo non possa finire mai". 

Addio Nando, addio uomo dei sogni... io non ti dimenticherò.

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2 commenti:

Gilberto ha detto...

Massimo
Anche se non condivido l’idea del circo con gli animali che fanno spettacolo, devo riconoscere che il tuo articolo esprime il mistero della vita proprio attraverso una delle forme d’arte più antiche, anche se ormai anacronistiche. Leggendo mi sono commosso pensando a quel legame tra gli animali in cattività che divengono anche compagni e sodali in quella avventura strana e enigmatica che è la vita. Loro (gli animali) e noi umani in fondo siamo molto più simili di quanto crediamo e partecipiamo alla stessa rappresentazione che ci vede protagonisti sulla scena fino all’atto finale.

Gilberto ha detto...

Ho rivisto con piacere Amarcord con lo stupore di un film che appare ancora più fresco e attuale, senza tempo. Niente di nostalgico, personaggi che sembrano immuni dalla consunzione, che ci raccontano qualcosa che rimane per sempre.