Di Gilberto Migliorini
Potrebbe essere il titolo di
un film, un cold case sulle persone
scomparse. Ancora non si sa se è fuggito, se si è nascosto o se purtroppo è già
cadavere, ucciso da qualche lestofante o magari suicida con i barbiturici.
Niente paura, è solo in pausa di riflessione, cerca di capire che aria tira, o
meglio da che parte gira il vento, solitamente ci prende... giusto per
sopravvivere. È pur vero che sembra andare a sinistra, il vento. A proposito… da
che parte è la sinistra? Da bambini si sapeva qual era la destra perché ci
indicavano la mano con la quale si mangia. Ma c’erano anche i mancini… La
sinistra è dove sta il cuore. Ma non stava al centro il muscolo cardiaco?
Comunque sia batte sempre a sinistra, salvo ‘rare’ eccezioni con qualche estrasistole. Beh, comunque quando
gioca la nazionale il lupus in fabula, l’homo
italicus, fa la sua ricomparsa: sventola la bandiera e tifa Bel Paese. Però
fateci caso… di italiani in giro se ne vedono sempre di meno, come in certi
quadri di Magritte sembrano piovere dal cielo strani personaggi, tutti
provenire da qualche remota regione del globo, forse da un altro pianeta.
È in
atto una lenta e inarrestabile metamorfosi. Si vocifera che quelli nuovi siano ormai dappertutto.
Extracomunitari? No, robot con pelle sintetica, dotati di software di ultima
generazione, così perfetti che neppure con quel test… potresti scoprire che dietro a una velina c’è un automa con seno e labbra al silicone e chassy
ultraleggero in grafene, eroticamente compulsivo. I politici li fanno ancora in
vetroresina rinforzata con sistema operativo testato col bunga bunga e aggiornato con Patto
al Nazareno. Gli androidi si confondono con gli umani in carne ed ossa e
sono così realistici che ormai convolano a giuste nozze con gli italiani veri, proprio quelli della canzone. Non
vorrei sembrare razzista nei confronti dei robot, però c’è ancora un elemento
che li fa diversi, qualcosa che ne distingue alcuni e che li rende non
perfettamente assimilabili. Il colore della pelle? No, ne hanno fatti di tutti
i colori per non operare distinzioni e discriminazioni razziali. Magari non
sanno tenere bene in mano la forchetta e non si soffiano il naso con
nonchalance? No! Sono perfettamente educati al bon
ton, testati con il Galateo di
Monsignor della Casa. Forse sono privi di idonea religiosità? Macché! Fedeli ai sacri
principi e timorati di Dio… come si conviene.
C’è solo un problemino,
qualcosa che non li fa ancora perfettamente assimilabili all'italica gente di
ancestrale memoria. Un dettaglio praticamente insignificante, potremmo dire un
semplice inestetismo che sarà presto corretto con adeguato aggiornamento. Allora
finalmente saremo tutti perfettamente integrati. Di quale défaillance parlo? Presto
detto. Alcuni connazionali hanno ancora inspiegabilmente inculcata
quell'attitudine, non si vorrebbe dire difetto per non offendere chicchessia,
ad essere onesti e corretti. Si tratta di un retaggio che ancora persiste in
qualche vecchio sistema operativo obsoleto che da un pezzo dovrebbe essere
stato rottamato e che purtroppo risulta tuttora in circolazione... È però
davvero irritante che alcuni italiani si ostinino a fare della lealtà e della
rettitudine perfino una bandiera. Si tratta di quei nostalgici che ancora
credono nelle favole, quelle con tanto di morale e lieto fine. Oggi occorre
quel sano realismo, un machiavellismo disinvolto e spregiudicato, una politica
del fare senza tanti cavilli e che vivaddio faccia ripartire il sistema
economico, senza se e senza ma,
magari rottamando un po’ di quei robot diventati obsoleti o riconvertendo e aggiornandone
il software.
La riprogrammazione dei circuiti cerebrali dovrebbe lasciare posto
solo ai modelli di ultima generazione, quelli con interfaccia massmediatica
direttamente in diretta streaming,
senza inutili orpelli catodici e superando anche l’obsolescenza degli schermi
piatti: solo prese dirette sui circuiti cerebrali e playstation miniaturizzate
sul tronco encefalico e un’etica modulare secondo le opportunità del momento. Insomma, occorre una moralità a geometria variabile e una logica adattabile a criteri di
flessibilità modulare. Il nuovo che avanza impone finalmente che i nuovi
italiani up to date sgombrino la
mente da quei vecchi retaggi che fondavano la convivenza civile sul bene
comune, sul senso di comunità, sulle libertà civili e sulla solidarietà sociale
e soprattutto su quel buon senso che è diventato un cavillo in grado di
inceppare i delicati automatismi di un sistema economico implementato
direttamente sugli stili di consumo e sulle pratiche di culto massmediatico.
Il nuovo software
psico-sociale con debugging e testing correttivo è in avanzata fase di
collaudo. La nuova carta fidaty è
quella che va sotto il nome di processo educativo. Si educa alla pace, alla
tolleranza, allo spirito critico, alla solidarietà… assegnando valori e forme mentis come fossero cose da
aggiungere al carrello della spesa. Tutti i sistemi automatici dove la semantica
è quel flessibile organigramma di
ideologie formattate per le bisogna, di pensieri e concetti già pronti all’uso,
incelofanati e impacchettati, sotto
vuoto spinto e precotti, pronti da mettere in padella o nel microonde. Ormai
l’italiano parla la lingua che gli è stata impiantata senza neppure bisogno di
una sintassi, si tratta di meri meccanismi s-r
con salivazione pavloviana allorquando risuonano timbri suggestivi e si
stagliano immagini subliminali. La comunità che un tempo era rappresentata da
una identità culturale è ora un’audience in grado di rispondere all'unisono
attraverso automatismi che una lunga e paziente programmazione televisiva ha
affinato nel corso degli anni. Suddiviso in target e fasce orarie l’italiano è
oggi così ben accordato che pigiando un tasto qualsiasi del suo repertorio psico-linguistico
si può ottenere tutta una serie di risposte convenzionali.
Le variazioni sul
tema prevedono più opzioni di risposta e illudono l’utente finale di poter scegliere
davvero, non secondo stereotipi. La monocultura dominante in un processo di autoritarismi
(mascherati da opzioni egualitarie) esercita un controllo non solo sugli
apparati di potere mediante la corruzione e l’arbitrio (come in qualsiasi
società totalitaria che si rispetti), ma più direttamente sulle coscienze ridotte
a sistemi di condizionamento operante skinneriano. La progressiva riduzione
degli utenti - più ancora che sudditi - a sistemi programmati, non viene più
realizzata mediante propaganda ideologica. Si aggirano le barriere consapevoli
operando direttamente sugli automatismi inconsci e sul consenso indotto
attraverso un addestramento ai luoghi comuni e alle verità predigerite. La
scuola da anni è diventata palestra di addestramento alla conformità e agli
stili eterodiretti confezionati con retoriche suggestive e modelli demoscopici.
Il potere dei media ormai è in
grado di creare comunità virtuali dai confini indeterminati, mobili e
indefiniti, masse di manovra che possono in qualunque momento essere orientate
nella direzione che il potere ritiene utile semplicemente predisponendo gli
stimoli convenzionali mascherandoli da informazione neutrale. Proprio il target
più ‘informato’ è anche quello
maggiormente suscettibile di manipolazione. Il confine tra informazione e
condizionamento è sempre più sfumato e aleatorio. Chi detiene
le leve del potere è in grado di operare con una sorta di ingegneria sociale
per predisporre il terreno più adatto nel quale operare in modo disinvolto e spregiudicato.
L’apparente negoziazione dei poteri spesso non è altro che un escamotage che
nasconde un sistema monolitico che illude di un pluralismo di forze in gioco
antagoniste. L’audience rimane in definitiva una moltitudine di soggetti
isolati che si affidano a suggestioni che il più delle volte sono soltanto illusionismi.
La realtà multimediale accentua la dipendenza dell’audience da forme di
controllo capillare aumentando le suggestioni dei media che rendono lo spettatore sempre più piccolo e indifeso di
fronte allo strapotere delle tecnologie mediologiche.
Il libro cartaceo (dove
apparentemente non ci sono link perché
sono ovunque nella mente del lettore) può rappresentare come nel film Fahrenheit 451 (quella temperatura di
accensione della carta che promuove la diffusione delle idee più ancora di un
incendio) un elemento di presa di coscienza contro la digitalizzazione delle
coscienze. La verità che andiamo cercando non è lo spettacolo che si svolge nel
mondo ipogeo della caverna platonica (il giornaliero showbiz dell’informazione addomesticata). Occorre il coraggio di
rompere le catene della suggestione e dell’illusione attraverso percorsi
conoscitivi originali e indipendenti, non quelli di una televisione di regime e
di un sistema scolastico al servizio dell’industria
culturale.
Pollicino può ritrovare la via del ritorno? Forse sì. Può farlo usando semplici
sassolini, quelle masse consistenti e tangibili (i volumi cartacei) che lo riportino alla concretezza di quel mondo vero, fuori dalla spelonca degli inganni
e delle illusioni.
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