lunedì 2 giugno 2014

Vi spiego perché i cacciatori di farfalle (di elettori) ci considerino cavie da inserire nel percorso naturale di un labirinto organizzato a caravanserraglio

Di Gilberto Migliorini


Le analisi circa gli errori di campagna elettorale si sprecano. Le performance di un movimento o di un partito politico vengono squadernate sempre col senno di poi. Prima si sta sulle generali, poi tutto appare chiaro e posto in stretta relazione, il determinismo sociologico regna sovrano. I risultati alla luce del voto appaiono evidenti: io l’avevo detto, non poteva che finire così: si è trattato di una strategia suicida vs un’ottima campagna elettorale… Tutti gli strateghi del mondo politico considerano l’elettorato una variabile dipendente, quell’attore prevedibile che sulla base di analisi vettoriali risulta simile a un universo entropico in cui la misura del disordine è regolato da precise misurazioni statistiche. Non si tratta di  sociologia,  si tratta della termodinamica di Boltzmann. Sembra quasi che certi opinionisti abbiano la sfera di cristallo, ma nel modello flashback i comportamenti dell’elettorato sono considerati del tutto prevedibili, organizzati alla luce di precisi input e di strategie circostanziate. In fondo siamo considerati solo come topini da ammaestrare opportunamente incanalati: vuoi con qualche scossa elettrica (rinforzi negativi), vuoi con qualche bocconcino prelibato (rinforzi positivi), noi elettori seguiamo il naturale percorso nel labirinto organizzato come un caravanserraglio.

La fisica sociale è la nuova frontiera che con l’utilizzo di gigantesche memorie computerizzate possono trattare miliardi di dati e in base ad algoritmi (più o meno sofisticati) ricavare i comportamenti elettorali. Ma non si tratta, si badi bene, soltanto di compiere previsioni neutrali osservando i topini nel loro ambiente naturale o le formichine come fa l’entomologo. I cacciatori di farfalle (i voti, statisticamente rilevati attraverso il peso di una quantità di variabili rappresentative) non si limitano a fotografare i comportamenti sociali, ma forniscono opportuni rinforzi per orientare l’opinione pubblica (condizionamento operante skinneriano). Insomma, si tratta di ingegneria sociale, di persuasori più o meno occulti, di quegli incoraggiamenti per spostare qualche migliaio o milione di voti sul cavallo che si vuole vincente. Fin qui le teorie dei persuasori occulti, dei condizionamenti e delle teorie delle comunicazioni di massa che hanno un senso nelle nostre società cosiddette democratiche dove esistono complessi sistemi di rilevazione (basti pensare alle carte di credito, ai bancomat, alle carte fidaty, ai rilevamenti elettronici in rete… perfino la navigazione con Google Maps può suggerire dove l’elettore potrebbe andare a parare…). 

In quest'ottica i comportamenti elettorali sarebbero non solo statisticamente prevedibili, ma anche variamente influenzabili attraverso opportuni input e strategie di comunicazione. A questo però bisogna anche aggiungere la possibilità di taroccare i risultati elettorali, che in qualche caso possono spostare il baricentro quel tanto che basta. Ultima notazione è il carattere casuale di eventi, soprattutto nell’immediatezza del voto, che possono traslocare quegli indecisi verso un partito piuttosto che un altro. Ma anche in questa evenienza il caso può non essere del tutto casuale…

Fin qui tutto darebbe ragione ai fisici del sistema elettorale trattato come le molecole disperse in una stanza all’apertura di una boccetta di profumo (entropia statistica). L’unico appunto agli ingegneri dei risultati elettorali è che se davvero vogliono fare i profeti (su base algebrica) sarebbe opportuno farlo prima del voto, dopo è fin troppo facile fare analisi che dimostrino che il successo o l’insuccesso erano del tutto prevedibili sulla base della strategia comunicativa dei partiti, considerata radicalmente sbagliata o perfettamente coerente con l’ottimo risultato perseguito. L’analisi dei flussi di voti ha sempre qualcosa che ricorda le ricette dei cuochi, c’è sempre la possibilità di personalizzare l’analisi con l’aggiunta di qualche ingrediente... e alla fine non sai mai bene cosa ti hanno messo nel piatto.

Purtroppo in realtà le cose sono un bel po’ più complicate. Senza tirare in ballo la meccanica quantistica e il principio di indeterminazione, occorre osservare due o tre cosette che rendono la fisica sociale un tantino velleitaria. La psicologia sociale si serve di teorie che sono soltanto approssimazioni, sono filosofie del come se, cioè gusci vuoti che non hanno la pretesa di cogliere la realtà sociale com’è, ma solo di costruire un modello per rendere afferrabili e intellegibili (per quanto possibile) i comportamenti sociali. La fisica invece - nonostante l’epistemologia contemporanea e il convenzionalismo abbiano mostrato i limiti del realismo nella scienza (ma in genere i fisici teorici non si occupano di epistemologia perché sono troppo impegnati nelle loro misurazioni e a costruire teorie del tutto) - permane nella convinzione di una realtà oggettiva indipendente dal soggetto che la conosce. Nonostante qualche dubbio sollevato dal principio di indeterminazione, la scienza contemporanea si mantiene coerente all’assunto che i suoi strumenti concettuali e materiali rilevino la realtà là fuori così com’è, magari servendosi di acceleratori di particelle, di laser, di radiotelescopi e dell’immancabile teoria dell’inflazione (che adesso pare dubbia) che presto ci dirà come diavolo siamo qua a discorrere non solo del tutto, ma anche dei sistemi elettorali e delle strategie politiche. 

Nel secolo del cervello poi si troverà finalmente la quadra e ci diranno deterministicamente perché votiamo chi… salvo quel margine di incertezza del collasso della funzione d’onda...

Tornando a bomba, alle strategie politiche e ai processi di influenza sociale, occorre dire che il determinismo ottocentesco è davvero una malattia mortale che ormai riguarda ogni ambito dello scientismo contemporaneo. Tutte le teorie ottocentesche in realtà sono state affossate, ma il vecchio determinismo è più che mai in auge e nonostante l’indeterminazione dei quanti si cerca di darne interpretazioni ad hoc per riportarlo in auge (il determinismo). Con la genetica si era creduto che finalmente l’homo sapiens fosse stato decodificato (un determinismo all’ennesima potenza in grado addirittura di rilevare punto su punto quello che siamo e perché facciamo quello che facciamo, salvo poi scoprire che quel dna spazzatura non è poi così da buttare…). In ambito criminologico si è rinnovata la vecchia frenologia e fisiognomica, ma andando più a fondo in modo viscerale e con il microscopio a scansione elettronica. Nel caso dei comportamenti collettivi le teorie in psicologia sociale sono in genere un po’ più accorte nel pretendere di fornire previsioni sui comportamenti sociali. 

La complessità dell’attore sociale è nota. Le varie teorie del comportamento in pubblico e delle comunicazioni di massa forniscono solo indicazioni e suggeriscono schemi orientativi e non già realtà predittive. Per quanto con l’avvento dei computer si possano trattare moli di dati davvero considerevoli e per quanto si possano delineare profilazioni attraverso gigantesche banche dati (in qualche caso con informazioni carpite senza l’assenso dell’attore sociale), la possibilità di rilevare previsioni ad esempio in ordine ai risultati elettorali rimane piuttosto teorica e con un’ampia latitudine interpretativa (vedi le recenti elezioni). Il fatto è che non solo gli individui cambiano, ma anche la realtà sociale nel suo complesso si modifica impercettibilmente modificando i pesi che vanno a comporne i criteri di misurazione. Inoltre gli algoritmi interpretativi sono pur sempre ricavati induttivamente e rappresentano approssimazioni talvolta del tutto opinabili. Senza togliere nulla alla statistica, rimane il fatto che spesso non si sa bene cosa si sta misurando: se un mondo convenzionale di numeri sotto forma di profezia che si autoadempie, o semplicemente delle oscillazioni numeriche, frattali belli e insignificanti. Quando storicamente avvengono dei grandi sconvolgimenti sembriamo tutti impreparati e presi alla sprovvista, segno che esistono forze sconosciute e sotterranee che all’improvviso affiorano ed esplodono inaspettatamente. 

La statistica nel campo della fisica è in grado di prevedere (almeno su base locale) che l’entropia (la misura del disordine) è più probabile e che una folla lasciata a se stessa si disperderà in modo disordinato (non già come soldatini ben allineati), ma per definizione non sarà mai in grado di prevedere l’evoluzione del tutto trovandosi all’interno del sistema. A maggior ragione non può esistere una teoria sociale in grado di prevedere i comportamenti collettivi senza margine di errore significativo e senza mettere in conto l’effetto catastrofe. Per quanti sforzi il potere faccia per tenere sotto controllo la società è assolutamente impossibile prevedere come possa cambiare talora repentinamente il quadro sociale di riferimento, sia che si tratti di risultati elettorali, sia che si tratti di previsioni politiche. Un conto è l’analisi fattoriale (come mera realtà numerica e convenzionale) e un conto il processo di imputazione storico-sociale (con tutto il margine di indeterminazione in ragione di un’infinità di fattori sconosciuti e forse non suscettibili di un trattamento numerico). 

La realtà (non solo quella sociale) sembra davvero sempre più complessa di quanto riusciamo a immaginare. La scienza - sia che si tratti della cosmologia, sia che si tratti della sociologia - rimane più vicina all’arte culinaria piuttosto che alla teodicea…


P.S. Agli aficionados che nel sito mi votano sempre contro, dico che il loro dissenso è importante in quanto dimostra se non altro che esistono regolarità nella disposizione di voto.


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