Ora io credo non si debba partire dal gennaio 2010 per scoprire chi ha ucciso Melania Rea nell'aprile 2011. E credo che ipotizzare quale movente il possibile ritrovamento di un cellulare "dedicato" (tutto da dimostrare), ed eventualmente la scoperta della continuazione di quella relazione extraconiugale, comunque sporadica e frammezzata da lunghi intervalli, sia alquanto pretenzioso dato il comportamento mite tenuto dal marito la volta precedente. Perché invece che partire dall'inizio del 2010 non si parte dal mese precedente, dalla festa di San Valentino del 2011 che, come abbiamo visto, portava a pensare ad una felicità di coppia superiore alla media? Perché ci si ostina a voler vedere nel filmato del supermercato, per fare un altro esempio, una sorta di freddezza fra i due quando lo stesso comportamento lo si evince in un filmato in cui la coppia era a passeggio per le vie di Ascoli? E si era anche in quel caso a ridosso della festa di San Valentino che ha fatto intendere, come scritto, ben altro.
Ma i giornali ed i media televisivi in un periodo di vacche magre quanto l'attuale, data la partenza per le vacanze e la possibilità di passeggiate rinfrescate dalla brezza serale, devono cercare un toccasana che li aiuti a non scivolare nell'oblio. E' sempre capitato e sempre capiterà. L'intervista all'amica Valentina, e ripeto che non ho capito il motivo per cui solo dopo 70 giorni ci abbia raccontato le sue verità già vecchie, è comunque servita a nascondere la smentita, arrivata proprio ieri dal Colonnello Alessandro Patrizio, alla notizia strillata ai quattro venti due settimane fa da quel buontempone di Nino Cirillo, grande personaggio che a volte ci delizia come e meglio di quelli del settimanale "Oggi" (se mai è possibile), quando pensando le allieve o il Parolisi stesso una nuova specie militare chiamata "Rambo del Piceno" sparse al mondo la sicurezza, data dal dottor Tagliabracci (anche questo smentito), che per uccidere Melania fosse stata utilizzata una doppia tecnica militare, "l'assalto alla sentinella" e "la calata delle braghe".
Ed il Colonnello, dopo aver evidenziato che usando tali tecniche il coltello sarebbe risultato inutile, insinua con le sue parole lo stesso dubbio avanzato da me nell'articolo del 4 luglio. Infatti dice: "Tutto questo tempo per avere dei risultati fa certamente pensare. E’ evidente che la perizia sarà molto utile soprattutto nel caso ci informi con un certa sicurezza sulle modalità della morte della donna e sul luogo in cui il delitto è stato commesso". Ed ha ragione perché se il patologo avesse ritrovato sul corpo della povera Melania solo parte delle sicurezze dimostrate dai giornalisti a quest'ora starebbe in spiaggia e si crogiolerebbe al sole di San Benedetto o di Silvì Marina e non resterebbe sotto l'aria condizionata, priva di luce solare, di un laboratorio. Il problema è sempre il solito, poche indiscrezioni equivalgono a pochi pregiudizi. E la stampa abbisogna di pregiudizi. Per cui se nulla esce qualcosa si deve far uscire.
Quindi ancora una volta dobbiamo constatare quanto ritornino in auge le vecchie notizie, esattamente come accaduto col caso della piccola Yara Gambirasio, e quanto la carta stampata fatichi ad inserire sui suoi fogli le smentite che si susseguono continuamente. Che il Parolisi non sia un "santo beato apostolo" è stato fin troppo facile da capire, ma che i giornalisti proseguano, incuranti anche del recente passato, nel loro lavoro fatto di incrinature continue e di rivisitazioni è altrettanto indiscutibile.
Un capitolo a parte meritano sempre il duo di avvocati che lo difendono in quanto ultimamente hanno sposato la mia causa e combattono quello stesso male da loro contribuito a far crescere e prosperare nei mesi in cui il caso pugliese riempiva i media di improbabili verità ed altrettanto improbabili soluzioni. Ora anche loro, dopo aver scavalcato la barricata ed essersi attestati in una posizione in cui il tiro incrociato della stampa arriva da molto vicino, si dannano l'anima e additano a male parole i giornalisti televisivi e chi si fa intervistare dopo mesi chiamandoli: "Testimoni a scoppio ritardato, lanciatori di pietre, lapidatori sapientemente imbeccati e senza vergogna che senza rispetto per la vittima si avventurano in racconti farneticanti e diffamatori". E questo è strano se solo si pensa che tanti testimoni a scoppio ritardato, tanti lanciatori di pietre e lapidatori senza vergogna e sapientemente imbeccati, a loro non fanno assolutamente schifo in altre parti d'Italia.
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2 commenti:
Questa è la faccia bronzea degli avvocati che per guadagnarsi la pagnotta difendono una volta gli innocenti e un’altra i colpevoli, però se è vero quanto riportato virgolettato da www.blitzquotidiano.it oggi e in particolare questa frase: « ''Ieri sera – affermano gli avv. Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, difensori del caporalmaggiore – la folla dei lanciatori di pietre si e' arricchita di una nuova esibizionista: persone che, sapientemente imboccate, pur di apparire, si avventurano senza vergogna e rispetto per Melania, in racconti farneticanti e diffamatori''. Tale, secondo i due avvocati, e' il racconto ''a scoppio ritardato dell'amica o pseudo amica Valentina'' » qua le prime querele per diffamazione dovrebbero partire immediatamente sia da parte di Valentina sia da parte di Chi l’ha visto … ovviamente contro i due legali.
Mimosa
Gli avvocati fanno il loro mestiere, basato, per la maggior parte delle volte, sull'opportunismo che viene offerto loro, da casi contrapposti, invertendo anche la posizione del loro ruolo, a volte pro ed altre contro le relative Procure inquirenti.
Strano, invece, e il modo in cui sono apparsi nei due casi: Scazzi e Rea. Chi li ha richiesti? Si sà?
Non è che abbiano emulato la strategia Russo-Velletri, per accaparrarsi il "cliente"?
La mia è una domanda che non vuole ledere nessuno, ciononostante gradirei averedei chiarimenti.
Ciao a tutti, Mercutio
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