domenica 23 gennaio 2011

Yara Gambirasio come Sarah Scazzi. Ancora otto giorni di ricerche poi sarà il destino a decidere se farcela ritrovare.

La Chiesa Parrocchiale di Brembate di Sopra era gremita ieri sera (sabato) per una veglia di preghiera in favore di Yara. Fra gli altri erano presenti il sindaco ed i volontari della protezione civile. Unici assenti, a mio modesto parere molto ingiustificati, i genitori della ragazza rapita il 26 Novembre. Ad ufficializzare l'importanza dell'evento Monsignor Davide Pelucchi, vicario generale della Diocesi bergamasca, ma la messa è stata officiata dal parroco, Don Corinno Scotti, che ha usato parole toccanti ed ha letto alcuni messaggi scritti dai fedeli nei quaderni messi a disposizione dalla chiesa per chiunque, rimanendo anonimo, voglia far sapere qualcosa sul rapimento.

Anche la comunità cattolica della città di Padova, mostrando una solidarietà fuori dal comune, ha voluto partecipare ed ha inviato il coro della Basilica di Sant'Antonio che ha intervallato le omelie coi canti liturgici. La serata di veglia, intitolata "Il canto si fa preghiera", ha toccato l'apice quando Don Corinno Scotti si è rivolto ai rapitori e con tono fermo ed intransigente da detto: "Se avete un minimo di coscienza abbiate pietà di Yara e della sua famiglia. E ricordate che chi può sottrarsi alla giustizia degli uomini nulla può contro la giustizia di Dio".

Questa la cronaca di quanto avvenuto; una cronaca scarna che non ha ottenuto nessun risalto nei telegiornali nazionali. Un evento che avrebbe potuto smuovere le coscienze di un intera nazione rimasto confinato in una comunità, senza alcun potere mediatico, ed in minuscoli trafiletti di giornale. Se poco era importante fare arrivare il messaggio di Don Corinno Scotti ai rapitori, molto lo era, al contrario, il farlo arrivare alle persone che accanto a quei delinquenti ci vivono e che forse briciole di coscienza ancora ne hanno. Se Yara fosse viva sarebbe stato importante toccare le corde della commozione e dell'emotività di chi sa e tace magari per paura. In subordine lo sarebbe stato anche se la ragazza fosse morta, se non altro per poterne recuperare il corpo.

Alla mancanza di telecamere si univa la mancanza dei genitori. Io non voglio entrare nel merito del motivo per cui hanno ritenuto giusto evitare di essere presenti ad una serata in onore di loro figlia, ma posso dire che a mio parere è un comportamento alquanto strano anche se dettato dalla sofferenza. L'ultima settimana ha dimostrato che effettivamente hanno commesso uno sbaglio quando, fidandosi del questore, hanno deciso di allontanare i mezzi televisivi. E ieri hanno ribadito di voler continuare a perseverare nell'errore e di voler restare su quella strada che non porta in sé né la voglia né il coraggio di lottare per Yara. Che si siano rassegnati?

Speriamo di no anche se le notizie che filtrano dalla questura, molto poche, ci fanno capire che pure fra chi indaga prevale lo scoramento e che la speranza, gettata a piene mani prima del silenzio stampa, non era dettata da niente di concreto. In effetti stavolta davvero siamo alle battute finali della cena, ancora un caffé e poi ognuno per la sua strada. Infatti fra tre giorni ci sarà quello che è stato definito l'ultimo incontro fra inquirenti e Protezione Civile. Ormai è deciso, a partire da Febbraio i volontari saranno esauterati dal cercare i segni di vita o di morte di Yara, al massimo verranno chiamati di giorno in giorno in base ad eventuali svolte nelle indagini.

Com'era desumibile la mancanza delle telecamere ha scemato l'interesse ed a poco a poco l'entusiasmo è diventato rassegnazione. La si legge nei volti delle persone ed anche nelle parole del parroco. Far calare il sipario dell'attenzione mediatica è stata la decisione più assurda da prendere. Yara non c'è quasi più, sta camminando a passi svelti nel tunnel del dimenticatoio. Solo suo padre e sua madre possono chiamarla e provare a farla tornare viva nella memoria della gente. Ancora non è tardi e basterebbe poco. Ma per fare quel poco occorre essere presenti, perché le assenze ingiustificate non portano da nessuna parte.


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