La clinica Mangiagalli di Milano ci fa sapere che il 20% delle partorienti lombarde barra con una croce la casella in cui andrebbe inserito il nome del padre. Quindi, in teoria, una donna su cinque decide di avere un figlio, la causa è sempre la voglia di maternità che a 35 anni supera qualsiasi altro desiderio femminile, e di tenerselo per sé senza coinvolgere l'uomo nella sua scelta.
Se questa teoria è vera significa che un bimbo su cinque viene costretto a crescere senza la figura maschile più importante. Una scelta egoista che obbliga un essere vivente a vivere come, forse, non vorrebbe.
Di ragazze madri ce ne sono tante in fondo, penserete voi... ma queste non sono vere ragazze madri, vi direi io. Anzi, non lo dico io, lo riporta la statistica che quella mega-clinica ha iniziato a fare nel 2005. Infatti ci dice che chi omette il nome maschile è la donna in carriera con una buona istruzione ed un buon lavoro, non una femmina maltrattata che vive nel degrado e che farebbe bene a non dare un padre violento a suo figlio. Nell'ultimo anno sono state 1298 quelle che hanno deciso di fare la scelta sopracitata, erano 260 nel 2005, incrementando in modo incredibile i dati del quinquennio.
Io vorrei arrivare a capire in che modo questi bimbi potranno metabolizzare il lutto, perché la mancanza di uno dei genitori verrà chiaramente percepita come un lutto, e come queste madri possano pensare di poterli allevare nel tempo senza fargli subire contraccolpi psicologici. Il lavoro le occuperà costringendole ad assumere una o più baby sitter; dade che gli prepareranno la colazione, la merenda, li porteranno a scuola, faranno assieme a loro i compiti e verranno amate, dai piccoli orfani, forse più della madre naturale. Ho scritto orfani perché non vi è altro termine per descrivere chi nasce senza padre.
Avrete capito che sono contrario a queste nascite, a mio parere monche ed ingiuste, e che mi sento quasi l'avvocato di quei bimbi. Il neonato, pur nella sua inconsapevolezza, è un essere vivente a cui viene plasmato il futuro con le scelte, giuste od ingiuste, dei suoi genitori. E' un essere umano in miniatura che nel tempo assorbe il tessuto familiare, scolastico, urbano, che lo circonda facendolo suo. L'asilo, la scuola, gli amici, altro non sono che un incessante invio di impulsi fotografici che trasmettono al cervello lo stereotipo di famiglia contrario al proprio vissuto giornaliero e che impone domande a cui dovranno seguire chiare risposte.
Se una madre si assume il diritto di modificare una vita sin dall'infanzia dovrà un giorno spiegare, all'uomo che da quella vita prenderà forma, il motivo della decisione. Siamo certi che lo capirà? Siamo certi che non la odierà per ciò che ha deciso di fare senza consultarlo? L'amore che queste donne doneranno, sempre che abbiano tempo per donarlo, basterà ad alleviare il dolore subito negli anni dal continuo sentirsi diversi?
2 commenti:
mi permetto di puntualizzare:
non sempre queste madri colte e benestanti "scelgono" di escludere il padre dalla vita del figlio:
ci sono anche casi -molti- dove il padre naturale non vuole saperne di partecipare come tale;
in passato, quando la pressione sociale su una madre single era insostenibile, si era costrette a eliminare il bambino, o abbandonarlo.
oggi le cose sono diverse, e proprio perchè sono donne -e non ragazzine sprovvedute- istruite ed economicamente autosufficienti, possono permettersi di scegliere.
Sono sicura che nei secoli passati, moltissime donne avrebbero cresciuto il loro figlio senza l'aiuto del padre, piuttosto che abbandonarlo per sempre (anche se ad una amorevole famiglia adottiva, nel migliore dei casi).
Seconda puntualizzazione:
un bambino che cresce solo con la madre, non è orfano di padre.
E' molto peggio: è Rifiutato dal padre.
Se un genitore è morto, il bambino (o la bambina) potrà idealizzare la figura genitoriale, immaginandola affettuosa quando era in vita, protettiva dall'aldilà, eroicae martire, e così via, costruendosi un'immagine -e una propria origine- "mitica", anche grazie ai racconti e alle foto mostrate dagli altri parenti.
Ma se un bambino cresce sapendo che il padre C'E', in vita, da qualche parte, ma non lo vuole vedere, non lo vuole incontrare...
questo è il massimo disprezzo per un essere vivente, e questa "colpa" (perchè ogni foglio rifiutato, ignorato, se ne farà una colpa incancellabile) segnerà tutta la sua vita.
Su questo problema fondamentale dovrebbero interrogarsi le madri single, le quali mi guardo bene dal giudicare anche lontanamente; non tanto sulle tate e babysitter (che vengono largamente usate anche da famiglie dove il padre è regolarmente convivente con il resto della famiglia.. per non parlare degli asili nido, ma questo è un altro discorso).
L'imperativo per queste madri dovrebbe essere non tacere con il figlio, non eludere l'argomento.
Soprattutto non parlare MAI male del padre, perchè macchierebbero inesorabilmente la genesi del figlio, che è fondamentale per una psiche sana.
Dovrebbero invece sottolineare fin da quando il bambino è piccolo, che il loro padre, anche se non è presente con loro, ama il proprio figlio, perchè ne ha amata la madre; perchè ha contribuito a donargli la vita, e metà del proprio DNA; e che quindi, una parte di lui è e sarà sempre presente nel corpo e nella mente del figlio.
Grazie per l'opportunità di cmmentare questo articolo.
Sara
Non potevi commentarlo in maniera migliore, voglio fare io i complimenti a te che credo, immagino, essere una delle poche mosche bianche in un mondo che corre troppo veloce per far sì che i genitori, purtroppo sto generalizzando e di questo sarò scusato, si sentano genitori. Ciao, Massimo
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