martedì 30 agosto 2016

Il caso Bossetti e la Colonna Infame. La moderna inquisizione cerca nuovi untori da scannare...

Di Gilberto Migliorini


La mattina del 21 di giugno 1630, verso le quattro e mezzo, una donnicciola chiamata Caterina Rosa, trovandosi, per disgrazia, a una finestra d'un cavalcavia che allora c'era sul principio di via della Vetra de' Cittadini (…) vide venire un uomo con una cappa nera, e il cappello sugli occhi, e una carta in mano, sopra la quale, dice costei nella sua deposizione, metteua su le mani, che pareua che scrivesse. (…) All'hora, soggiunge, mi viene in pensiero se a caso fosse un poco uno de quelli che, a' giorni passati, andauano ongendo le muraglie. 
Alessandro Manzoni, Storia della Colonna Infame - capitolo I 

Un caso giudiziario che vede la condanna di innocenti non trova migliore rappresentazione di quella che ne ha dato il Manzoni nel suo saggio sul processo agli untori del 1630.

Anche il caso Bossetti ha qualcosa di molto particolare, rappresenta emblematicamente tutto quello che il Bel Paese da sempre ha rimosso dalla coscienza collettiva. Si tratta di quei meccanismi che hanno attinenza con le istituzioni, con le loro deformazioni congenite, con quella mancanza nell'utenza mediatica di un vero senso morale, e con una mentalità che ha fatto del compromesso, del qualunquismo, dell’indifferenza e del cinismo (in una parola del menefreghismo) il modello del tirare a campare (fin che la barca va lasciala andare…) 

Ascoltando le interviste sul web e leggendo i commenti di tanti lettori sui quotidiani c’è la sensazione che forse da quel lontano 1630 nulla sia cambiato nei meccanismi psico-sociali, nelle attitudini culturali e negli stereotipi di una nazione. Le epidemie che contagiano il mondo non sono solo quelle da addebitare a sostanze biologiche, sono anche quelle relative ai modi di pensare, alle idee, alle credenze e ai pregiudizi che si diffondono in una sorta di influenza e pestilenza collettiva. 

Gli untori, nella fantasia popolare, si riteneva propagassero la peste e altre pestilenze mediante artifici. Durante la peste di Milano, nel secolo XVII, chiunque poteva essere sospettato e accusato di diffondere l'epidemia ungendo muri e porte con sostanze infette. Nella Storia della Colonna Infame, Manzoni ricostruisce il processo addebitando il colossale errore giudiziario non tanto all'uso della tortura (come invece Pietro Verri aveva fatto nelle sue Osservazioni quasi un secolo prima). Per il Manzoni quei giudici che condannarono a una morte atroce non avevano attenuanti: né in riferimento al contesto storico e alla mentalità dell’epoca e neppure concedendo loro che l’uso della tortura – allora nella norma - potesse averli indotti in errore. L’azione di andar rasente a un muro (quel giorno pioveva) e di scrivere su un pezzo di carta innescarono una serie di illazioni che portarono rapidamente a immaginare degli scenari criminali. 

Qualsiasi azione è suscettibile di una interpretazione sospetta quando il contesto la rende in qualche modo integrabile in una conclusione a cui si è giunti preventivamente. La convinzione di colpevolezza a priori farà alla fine precipitare una serie di fatti irrilevanti come una cascata di elementi di prova alla luce di un qualsiasi teorema accusatorio. Nel famoso processo descritto dal Manzoni la sceneggiatura era nell'ambito della suggestione, dell’interpretazione di gesti banali che trovavano riscontri soltanto nel bisogno dei giudici di assecondare le fantasie popolari (e nell'esigenza di reperire un capro espiatorio). 

Da allora nulla è cambiato visto che negli anni duemila troppi arresti si sono eseguiti per soddisfare una sceneggiatura da inquisizione creata ad arte da chi può inquisire. 

Massimo Bossetti viene arrestato da una schiera di poliziotti sul piede di guerra come se un incensurato intento al suo duro lavoro, sfiancato dalla fatica sotto il sole, dovesse mettersi a sparare come un Rambo cinematografico. Una scena diventata da film quando qualcuno degli zelanti servitori dell’ordine gridò, con un tempismo da ciak si gira, ‘attenti che scappa per i tetti’. È la prima scena, l’incipit di una sceneggiatura che appare già delineata nell'idea, nel soggetto e nel trattamento. Il copione è impostato e già scritto con tutte le scene numerate. L’esito finale non solo è scontato, ma è anche già stampato a chiare lettere in un esordio che ha tutte le caratteristiche di un provino. 

Il figuro con la cappa nera e il cappello sugli occhi che scrive su un pezzo di carta nel processo agli untori del 1630, sembra avere una sua suggestione enigmatica – il povero Guglielmo Piazza per quella inquadratura, una sorta di freudiana scena primaria, verrà condannato come untore alla tortura e alla morte. Ci sono condanne inscritte in una sorta di iconografia, in un’immagine così suggestiva da dare forma e decodifica a qualunque fatto solo colorandone il significato e integrandolo in un teorema. Il campo visivo dell’osservatore è tutto inscritto in un’icona che si riassume in un fermo immagine, l’istantanea di una inquadratura in grado di comporre le scene in sequenza, tutto il montaggio con campi e controcampi con flashback e flashforward… Un po’ come quell'acronimo del DNA che nella fantasia collettiva (e nella pigrizia di un’audience che ripete a pappagallo quello che neppure comprende) è una sorta di formula magica... quella stessa che nel 1630 era la parola untore

L’immagine del carpentiere con i piedi nella malta intento a spianare una gettata di cemento, appare d’effetto a sorpresa per quello spettatore che al di là delle congratulazioni di un ministro sta vivendo una sceneggiatura che un solerte montaggio trasforma in film. La regia mette in campo l’intervento di una schiera di efficienti e fotogenici tutori dell’ordine, con l’immancabile ‘incaprettamento’ del presunto criminale (incensurato, buon lavoratore e padre di famiglia) per dare al pubblico l’idea di una pericolosità da serial killer. Con quell'incipit il personaggio ha tutte le credenziali del criminale incallito, pronto per la nomination. Le sirene spiegate con le gazzelle che sfrecciano verso la caserma dà alla diegesi narrativa la suggestione di una condanna che non ha bisogno di nient’altro che degli effetti scenici: è il prologo con la folla applaudente che grida insulti verso quello che senza neppure processi oramai è già l’assassino della povera Yara. Per far credere di vivere nella legalità, però, c’è bisogno di un processo e lo si fa... ma solo per dare una spinta allo spettacolo e al pubblico la suggestione di vivere un romanzo a puntate. L’imprinting costituisce prova certa più ancora di un indizio da valutare in tribunale: è il film dove la regia si sviluppa per scene in un piano sequenza. 

Tornando al 1630, l’altro elemento sul quale occorre por mente locale è la suggestione di una donna che in perfetta buona fede crede di ravvisare qualcosa di importante: “mi viene in pensiero se a caso fosse un poco uno de quelli che, a' giorni passati, andauano ongendo le muraglie”. 

Qui abbiamo un duplice elemento di riflessione. 

a) Il carattere soggettivo della testimonianza dove la percezione è già carica di interpretazioni sull'onda della suggestione. Ancora oggi, nonostante gli studi di psicologia della gestalt non a tutti appare chiaro che il testimone non è latore di una verità oggettiva, anche quando è in perfetta buona fede; egli vive le situazioni e interpreta i fatti soprattutto quando esiste un contesto di influenza sociale. 

b) L’elemento suggestivo in un contesto di stress (la peste) dove il testimone è anche parte lesa e dove l’influenza collettiva (le voci che corrono) rappresenta la pressione sociale sull'individuo che perviene a conclusioni in forza di un condizionamento. Il teste e i giurati sono variamente influenzati da quelle aspettative che riconoscono (più o meno consapevolmente) negli interlocutori. 

La neutralità è un processo di decantazione per il quale si riduce il fatto agli elementi veramente essenziali, spogliandoli da tutte quelle suggestioni e malie che inducono a formulare giudizi di pancia. Non si tratta solo delle eventuali dissonanze cognitive per le quali il testimone (e chi giudica) finisce per integrare i fatti all'interno di una sua visione organica (un contesto conoscitivo ed affettivo dove entrano in gioco valori e credenze), ma anche quelle pulsioni che nell'immediato lo condizionano e indirizzano emotivamente (pressioni sociali e culturali). La posizione manzoniana è radicale: i giudici condannarono degli innocenti non a causa della errata credenza nelle unzioni e neppure nonostante che la legislazione dell’epoca ammettesse la tortura. Lo fecero in perfetta malafede, ricorrendo ad espedienti iniqui e ispirati da passioni perverse[1]

Manzoni solleva la questione del tecnico del diritto. Il magistrato dovrebbe risultare impermeabile alle aspettative generali che vorrebbero venisse fatta giustizia al più presto, che un qualche colpevole venisse punito indipendentemente dalle sue responsabilità oggettive e in forza di quella suggestione che giudica soltanto su base emozionale e in forza di assunti a priori di colpevolezza. Insomma, un giudice non dovrebbe farsi prendere la mano dalle pressioni sociali, non dovrebbe assecondare l’aspettativa generale solo per dar soddisfazione a una moltitudine che verrebbe delusa nello scoprire degli innocenti. L’altro elemento al quale si rivolge l’ironia manzoniana è l’impazienza di quei magistrati di trovare un qualsivoglia oggetto indiziario sul quale appuntare l’indagine e che, per quanto falso, costituiva l’unico a disposizione. 

Il riferimento è all'etica di cui ogni ordinamento giuridico dovrebbe essere informato. Si tratta di una disanima lucida quanto impietosa che, pur nel contesto della pestilenza e della natura eccezionale di quegli anni, stigmatizza le menzogne e gli abusi di potere come risultato di arbitrio e perversione individuale di chi era chiamato a giudicare[2]

L’ironia manzoniana non si limita a colpire lo spirito dei tempi e la malafede. In riferimento a certa storiografia giustificazionista o negazionista usa il sarcasmo, rileva come l’analisi storica si caratterizza spesso come un cumulo di luoghi comuni, uno zibaldone dove tutti ripetono pedissequamente lo stesso concetto senza mai controllarlo… 

Oggetto di ironia più o meno larvata sono storici del calibro di Giuseppe Ripamonti (1573-1643), Battista Nani 1616-1678), Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), il giureconsulto Pietro Giannone ( 1676-1748) e in modo molto sfumato lo stesso Pietro Verri: 

“Nel nostro, c'è parso che potesse essere una cosa curiosa il vedere un seguito di scrittori andar l'uno dietro all'altro come le pecorelle di Dante, senza pensare a informarsi d'un fatto del quale credevano di dover parlare” (Alessandro Manzoni, Storia della Colonna Infame - Introduzione) 

Lo abbiamo sotto gli occhi, in modo impressionante. Le pecorelle di Dante, nel caso Bossetti è quel giornalismo che rincorre le voci, intellettuali e professionisti della carta carbone, una schiera di commentatori che vanno l’uno dietro l’altro senza conoscere i fatti se non per sentito dire. Esempi di giornalismo da decalcomania. Si parla di pedofilia, di sferette, di transiti col furgone, di celle telefoniche… come vox populi… Tutto scontato con quegli effetti Pigmalione o profezia che si autoadempie: video confezionati ad hoc a scopo mediatico, fibre del furgone del muratore che sono le stesse di centinaia di migliaia di veicoli, sferette che si riferiscono non a un carpentiere ma a un fabbro, ricerche pedopornografiche mai avvenute… (solo quella innocente pornografia, a confronto dell'altra, di tanti bacchettoni che predicano bene e razzolano male) e dulcis in fundo una paternità asserita (Guerinoni) senza mai una verifica processuale sul padre legale Giovanni (somigliantissimo a Massimo, due gocce d’acqua nelle immagini giovanili). Il confronto auspicato dal Gip sembra un tabù per la procura. Ci hanno raccontato che Massimo Bossetti è figlio di Guerinoni. e i media hanno ripetuto giornalmente il ritornello, al punto che ne siamo tutti persuasi senza che sia mai stata fatta una verifica da parte dell’accusa. 

In quel lontano 1630, alla finestra d'una casa della strada c’era un'altra spettatrice, Ottavia Bono. Interrogata anch'essa, depone d'averlo veduto fin dal momento ch'entrò nella strada: “Viddi, dice, che si fermò qui in fine della muraglia del giardino della casa delli Crivelli... et viddi che costui haueua una carta in mano, sopra la quale misse la mano dritta, che mi pareua che volesse scrivere; et poi viddi che, leuata la mano dalla carta, la fregò sopra la muraglia del detto giardino, dove era un poco di bianco. (Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I) 

Si può istruire un processo sulla base del niente? Sì, se alle azioni e ai fatti aggiungiamo delle interpretazioni non sulla base di un contesto oggettivo, ma semplicemente su delle assunzioni, delle illazioni e dei teoremi. L’esame obiettivo avrebbe offerto un contesto interpretativo del tutto normale: il Piazza si stava pulendo probabilmente le mani sporche di inchiostro e andava rasente al muro perché pioveva. Ma un teorema non si scoraggia certo per un fatto che dovrebbe screditarlo, è già pronta un’interpretazione ad hoc che faccia quadrare il cerchio: “E in quanto all'andar rasente al muro, se a una cosa simile ci fosse bisogno d'un perché, era perché pioveva, come accennò quella Caterina medesima, ma per cavarne una induzione di questa sorte: è ben una gran cosa: hieri, mentre costui faceva questi atti di ongere, pioueua, et bisogna mo che hauesse pigliato quel tempo piovoso, perché più persone potessero imbrattarsi li panni nell'andar in volta, per andar al coperto.” Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I 

Il fatto di piovere da giustificazione dell'andar rasente ai muri cambia forma e diventa la dimostrazione della perversa volontà di contaminare il maggior numero di persone. Naturalmente se ci fosse stato il sole si sarebbe detto che il Piazza non avrebbe avuto motivo di andar rasente il muro. E’ il tipico procedimento verificazionista, un asserto che non contempla nessun falsificatore potenziale. In tutte le condizioni l’assunto che si tratti di un untore risulta sempre confermato da qualche stratagemma interpretativo che dà ragione a priori a chi accusa. Il procedimento è tipico di un sistema inquisitorio, ma anche di un sistema accusatorio ubiquo nel quale si tengono aperte più strade... o meglio, si chiude qualsiasi via di fuga in quanto viene introdotta in ogni caso una giustificazione di colpevolezza, sia che piova sia che ci sia il sole. 

Il caso di Alberto Stasi è emblematico: si era ripulito le scarpe, altrimenti, ci dicono, se le sarebbe imbrattate sul pavimento. Se le avesse avute sporche? Sarebbe stato comunque l’assassino, bastava cambiar di segno il ragionamento dicendo che il sangue sul pavimento era già coagulato (dal momento che era una calda giornata d’estate) e dunque le scarpe se le era sporcate nel momento dell’omicidio. 

Quando la psicosi e la suggestione prende piede tra la gente si può perfino vedere quello che non c’è ed è possibile interpretare la sporcizia e il sudiciume presente da sempre come qualcosa che d’improvviso fa la sua inquietante apparizione[3]

Queste considerazioni ci riportano a quanto i testimoni (ma non solo) siano influenzabili nelle loro ricostruzioni per una sorta non solo di suggestione, ma anche di una attitudine a focalizzare quello che prima non veniva neppure notato. L’inversione figura-sfondo determina che il dettaglio venga notato e ingigantito fino ad apparire qualcosa di nuovo e rivelatore di una realtà oscura e nascosta. Quello che prima era solo qualcosa di trascurabile e inessenziale diviene sotto la lente di ingrandimento del sospetto una untuosità inquietante. Allora si nota nell'imputato uno sguardo torbido, comportamenti inquietanti, atteggiamenti equivoci… 

Nel caso Bossetti c’è la solita fotografia col cagnolino e il gatto nero, qualche istantanea che coglie uno sguardo di sbieco, il dettaglio dell’inquadratura ad hoc, una sua frase o un comportamento decontestualizzato che fanno dire al commentatore di turno che trattasi di personaggio inquietante. Il montaggio delle inquadrature e dei piani sequenza, con stacchi o dissolvenze può fare miracoli e trasformare perfino le quisquiglie e le pinzillacchere, le banalità e le curiosità di cui è costellata la vita di qualsiasi persona, in straordinarie e emblematiche rivelazioni, in profili caratteriali dove lo psichiatra e il grafologo fanno esercizio di inventio… 

Allo stesso modo un testimone in cui agisca una autosuggestione e pulsioni inconsce di natura aggressiva può interpretare retrospettivamente nel contesto di un delitto dei fatti banali e innocenti come rivelatori dell’azione criminosa di un imputato. A posteriori, alla luce di un semplice sospetto, qualunque cosa può acquistare dignità di indizio o addirittura assurgere a prova nel momento in cui la memoria sotto la spinta della suggestione riesce perfino a ricordare che lì su quei muri prima non c’erano mai state quelle ‘onte’ come nelle parole sarcastiche del Manzoni: I vicini, a cui lo spavento fece scoprire chi sa quante sudicerie che avevan probabilmente davanti agli occhi da sempre e a cui non avevano mai badato, si misero in fretta e in furia ad abbruciacchiarle con della paglia accesa. (Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I) 

Uno dei caratteri della suggestione collettiva è che si nutre come il fuoco di nuovo combustibile. Le voci che corrono determinano un proliferare di altre voci e ricordi che improvvisamente tornano alla memoria rivelando qualche terribile verità nascosta.[4]

L’andamento che sembra alludere a un mero fenomeno di psicologia delle masse non deve ingannare. Il magistrato che dovrebbe discernere tra i fatti acclarati e la suggestione popolare si lascia imbeccare dalla diceria popolare. Gli indizi più vaghi diventano certezze senza neppure conoscere il corpo del reato. Ma anche in questo caso il Manzoni diffida di considerazioni storiografiche basate sulla cultura o sulla mentalità riportando l’interpretazione non già all’elemento sociologico ma alla responsabilità individuale, spostando l’attenzione dalla psicologia delle masse (e dagli automatismi psico-sociali) alla coscienza individuale di chi a vario titolo deve investigare e giudicare. 

Un conto è il rumore nel quale siamo avvolti che spesso ci inclina a giudizi avventati e senza averne i mezzi (sollecitati dalla pressione al conformismo sociale), un conto è quando indossiamo la veste ufficiale dei giurati, quando ci viene richiesto di sgombrare la mente dal frastuono, dalle suggestioni, dai pregiudizi e dunque di giudicare sugli elementi obiettivi e non già su quel rimbombo là fuori, consapevoli dell’onere di giudicare altri uomini. Nella società attuale i media possono davvero costituire una sorta di ‘liquido amniotico’ dove tutti sono immersi, persone comuni, opinionisti, giurati, magistrati…

Dunque sulla semplice base della testimonianza confusa di due donne, una semplice suggestione ricavata dalla fantasia, Guglielmo Piazza commissario di sanità viene condotto in carcere. L’uomo non cerca di fuggire, non oppone resistenza. Viene frugata la sua casa “in omnibus arcis, capsis, scriniis, cancellis, sublectis” e non vien trovato nulla: “nihil penitus compertum fuit” 

Nel caso Bossetti viene trovato un DNA che stranamente sopravvive per mesi alle intemperie e, singolarità su singolarità, ha in sé la sola parte nucleare che notoriamente ha una sopravvivenza di molto inferiore alla parte mitocondriale. Come se l’acido desossiribonucleico dei muratori abbia per qualche sortilegio o delle caratteristiche sui generis. Da qui si può iniziare ad enumerare una grande quantità di incongruenze, proprio dalla traccia biologica diventata "prova regina". Traccia che per chi accusa e chi giudica sopravvive, oltre ogni riscontro scientifico, su degli slip intrisi di liquidi cadaverici... traccia che per mesi conserva un DNA leggibile... 

E a guardar bene, da un altro punto di vista, proprio l’esame del Dna in quanto tale, nella moderna biologia conserva proprio quella che è stata definita la diceria dell’untore. L’immagine della scienza che opera attraverso i rigorosi metodi quantitativi e che mediante osservazioni e confronti rappresenta, nel caso dell’individuazione dell’assassino tramite il Dna, una illusione carica di potenziali errori madornali (come dimostrato da tanti casi). Il metodo è quello induttivo messo alla berlina dall'epistemologia contemporanea (Popper). Non si mette in discussione l’uso del Dna come metodo investigativo, ma l’induzione che fa parte di quei procedimenti logici che possono indirizzare un’indagine (scientifica e/o criminologica). Poco ci vuole a capire che mediante l'induzione si può arrivare indiscutibilmente a una qualsivoglia verità. 

Anche i profani ormai sanno che se non si tratta di un litro di sangue e di umori sparsi sul luogo del delitto, i picogrammi di Dna sono trasportabili per errore, per contaminazione, con i vettori più impensabili, per mala volumptas, per incastrare qualcuno… ecc. ecc. Si tratta proprio della diceria dell’untore, in contrasto, solo apparente, col testo manzoniano. Perché anche se il povero Piazza era del tutto innocente, la contaminazione oltre che involontaria (come in qualsiasi epidemia) poteva seguire altri protocolli… alcuni untori esistevano veramente: pazzi, psicotici, criminali prezzolati. Il problema come al solito è quello di capire se fosse stata la suggestione popolare (o la malafede dei giudici) a dare nel caso di quel processo del 1630 una attribuzione fondata soltanto sulla suggestione collettiva. Allo stesso modo ci si può chiedere se al di là dell’attribuzione del Dna, con tutte le aporie e le contraddizioni che lo caratterizzano, esista altro... se si sia in presenza dei soli presunti indizi che fanno da corollario a un teorema costruito sulla suggestione di un DNA improbabile, bizzarro, dimidiato, contraddittorio e impossibile di una verifica con un’analisi di controllo. 

Piazza venne interrogato sulla sua professione, sulle sue operazioni abituali, sul giro che fece il giorno prima, sul vestito che indossava. Gli si domanda “se sa che siano stati trouati alcuni imbrattamenti nelle muraglie delle case di questa città, particolarmente in Porta Ticinese”. E lui risponde: “mi non lo so, perché non mi fermo niente in Porta Ticinese”. La replica dell'inquisitore è lapidaria: “non è verisimile”. 

Il concetto di verosimiglianza è uno dei più usati nelle formulazioni del diritto ed è un passe-partout universale, una forma pseudologica dove all'occorrenza si può dire tutto e il suo contrario. Verosimile o simile al vero è probabilmente di derivazione sofistica e intrattiene rapporti molto stretti con quel principio di induzione che è alla base di molti paralogismi. La base del principio di verosimiglianza è una sorta di luogo comune o di valore implicito, si riferisce alla concezione media di un sentire della quale chi giudica si fa interprete. Sul piano logico (ad eccezione di una logica fuzzy con valori intermedi tra 0 e 1) una cosa o è vera o è falsa, il verosimile (o simile al vero) è semplicemente un escamotage con il quale un asserto non viene messo in discussione in quanto indecidibile, ma viene bollato con una sorta di marchio di garanzia (verosimile) o con un marchio di infamia (inverosimile). L’inverosimiglianza è un termine carico di ambiguità, un valore indefinito che senza esporsi alla falsificazione logica può invalidare l’asserto di un testimone o di un imputato mediante una formula che suscita il sospetto e adombra la menzogna senza però l’onere di dimostrarlo. 

L’uso linguistico del concetto di verosimiglianza rimanda semplicemente a quell’universo di comportamenti o di azioni che colui che parla mostra di ritenere nella norma. Nella realtà il più delle volte ci troviamo di fronte a fatti che riteniamo inverosimili che però accadono. Il concetto di verosimile è un passe-partout che può aprire o chiudere qualsiasi porta e persino dimostrare che un testimone (o un imputato) sta mentendo. La domanda reiterata ha la funzione di sottolineare quella presunta inverosimiglianza che costituisce la premessa per dimostrare che colui al quale viene rivolto il quesito continua a mentire. Nel concetto di verosimiglianza è contenuto in nuce quello di induzione. Da alcuni casi particolari si passa a una generalizzazione fondandola semplicemente su una sorta di probabilità statistica o di rilievo empirico. 

L’induttivismo si appoggia sui dati probatori empirici, ma per quanto possano essere numerose le asserzioni singolari le teorie universali non sono mai deducibili da esse[5]

Il termine verosimiglianza è anche sinonimo di probabilità. L’esempio classico è: “se lancio una moneta e esce cento volte testa, qual è la verosimiglianza che quella moneta sia truccata?”. Direi nessuna, altrimenti la distribuzione statistica seguirebbe delle mere regolarità. La prova che quella moneta sia truccata (non una moneta ipotetica ed astratta) è data soltanto da una analisi non statistica ma reale sulla moneta in oggetto (se è calibrata e non presenti convessità sospette…). In altri termini una cosa è la statistica e una cosa sono i fatti reali. Se dovessimo basare i processi sulla statistica potremmo tranquillamente fare a meno delle prove, basterebbe fidarsi del calcolo delle probabilità con un margine di errore statisticamente nella norma... salvo per chi ci è andato di mezzo. Condanne e assoluzioni sarebbero davvero determinate dal lancio di una moneta [6]

La tortura come espediente per cavare la verità è prima ancora che una procedura una minaccia. La minaccia è qualcosa che fa capo alle fantasie del reo o del presunto reo. Ciascuno di noi ha un’immagine diversa di ciò che suscita orrore e paura, di ciò che ci terrorizza fino alla disperazione. Nel 1984 di Orwell ad esempio è la misteriosa stanza 101 dove il protagonista Winston Smith può liberamente immaginare quali orrende torture e supplizi si nascondano dietro quella porta. Nel caso Bossetti è la separazione dai suoi figli e dalla sua famiglia, guarda caso evento che viene suggerito alla stampa con un falso trasferimento. In un certo senso la semplice minaccia, la mera allusione a un trasferimento che lo porti lontano dalla sua famiglia, ha un potenziale distruttivo e di terrore molto più ampio. In pratica, è il deterrente più profondo e totalizzante perché lascia supporre alla fantasia del malcapitato tutto ciò che soggettivamente ha nella sua storia personale, nei suoi vissuti biografici, tutto ciò ha fatto parte delle sue ancestrali paure. Molte procedure sono di fatto metodi di tortura. Basta che adombrino qualcosa di misterioso, che lascino semplicemente intendere una punizione, anche alludendo a qualcosa di equivoco e indiscernibile. 

In realtà la tortura può intendersi non solo con l’uso di strumenti fisici. Tortura è anche un insieme di procedimenti atti a portare qualcuno in uno stato di profonda prostrazione e sconforto. All’uopo può bastare la deprivazione del sonno, il freddo, l’isolamento e ogni sorta di umiliazione che forse più ancora del dolore fisico predispone una persona a lasciarsi andare, a confessare anche quello che non ha mai commesso[7].

Chi entra in carcere viene rasato, rivestito e purgato. Tre atti simbolici che comportano non solo una umiliazione, ma anche il primo tentativo di spersonalizzazione. L’imputato diventa un oggetto da manipolare, viene reificato con una prima operazione sul suo corpo. Il taglio dei capelli simboleggia la prima spogliazione della forza (che è soprattutto quella interiore), la sostituzione dei vestiti costituisce l’annullamento della propria immagine, della propria identità. La purga infine è il primo intervento interno sul corpo attraverso il controllo delle funzioni intestinali, dei movimenti peristaltici che anticipano quegli spasmi muscolari al quale l’imputato verrà sottoposto. La tortura vera e propria è dunque preceduta da un cerimoniale che ha un duplice scopo: 

a) elevarla a una sorta di sacralità del diritto dandole formale dignità e legittimità. 
b) vestirla di un’aura di giustizia come una sorta di purificazione del reo. 

L’arbitraria modalità della tortura ha poi l’evidenza che chi diventa imputato non è più latore di alcun diritto né possessore di alcuna garanzia di salvaguardia. 

Non potendo piegare il Piazza con le torture lo blandirono con la falsa promessa di impunità se avesse fatto il nome dei complici. Il pentitismo, non come termine corrente ma come luogo ricorrente nella pratica inquisitoria, ha due risvolti. L’uno rimanda all'opportunismo di coinvolgere qualcun altro per alleviare la propria posizione (indipendentemente dal fatto che il coinvolgimento possa essere reale o inventato), l’altro possiamo dire sia l’onesta e fattuale testimonianza che coinvolge anche altri ma senza conseguirne vantaggi se non quello di liberarsi la coscienza. Il pentimento riferito al reo è un termine assolutamente fuori luogo che rimanda a un fatto interiore di cui né il giudice e neppure il confessore possono avere contezza. Il termine è fuorviante eppure abusato. Nel caso specifico del processo agli untori è la promessa di impunità (per giunta falsa) a fare da detonatore e a corrompere la coscienza di un innocente [8]

L’essere andato rasente a un muro in un giorno piovoso, diventa quindi indizio lampante di colpevolezza che fa al paio con quello di Massimo Bossetti che nel ritornare a casa transitava quasi giornalmente in quel di Brembate col suo camioncino (sempre che quello immortalato dalla videocamera del fabbricato sia davvero suo il torpedone). 

Per il Piazza si creò un indizio a colpa quando si scoprì che nella sua bottega di barbiere vi era un unguento contro le irritazioni del rasoio, fatto inquietante e oltremodo sospetto... e questo fa il paio con quello contestato al muratore che acquistò sabbia e la trasportò sul suo camioncino. 

Alle volte, mutatis mutandis, la storia si ripete. 

E’ da dire che Piazza e Mora non furono piegati tanto con la tortura quanto con la menzogna. In tutta la ricostruzione del Manzoni c’è un continuo rimando a una assoluta mancanza dei capi di imputazione, di prove, di elementi probatori. Le ricostruzioni degli inquirenti non sono solo approssimative, ma prive di qualsiasi logica a supporto (proprio come nel caso del muratore di Mapello). Le storie dei due protagonisti, Piazza e Mora, è uno zibaldone di invenzioni per sottrarsi all'infamia e al dolore, sono, nella accurata ricostruzione del Manzoni, un coacervo di invenzioni al limite del grottesco, una progressiva apposizione di fatti e di invenzioni create per accontentare i giudici che si accanivano con la tortura. 

La sentenza, già scritta, comporta una morte atroce, qualcosa che riporta non solo alla tortura ma al supplizio come teatro sociale, alla gogna e al palcoscenico in cui la massa trova finalmente il capro espiatorio sul quale dirigere frustrazioni e paure... e godere come spettatore: 

Quell'infernale sentenza portava che, messi su un carro, fossero condotti al luogo del supplizio; tanagliati con ferro rovente, per la strada; tagliata loro la mano destra, davanti alla bottega del Mora; spezzate l'ossa con la rota, e in quella intrecciati vivi, e alzati da terra; dopo sei ore, scannati; bruciati i cadaveri, e le ceneri buttate nel fiume; demolita la casa del Mora; sullo spazio di quella, eretta una colonna che si chiamasse infame; proibito in perpetuo di rifabbricare in quel luogo. […] Così, con la loro impunità, e con la loro tortura, riuscivan que' giudici, non solo a fare atrocemente morir degl'innocenti, ma, per quanto dipendeva da loro, a farli morir colpevoli. (Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap V 

La colonna infame che fu eretta a ricordo dell’infamia dei presunti untori fu atterrata nel 1778

nel 1803, fu sullo spazio rifabbricata una casa; e in quell'occasione, fu anche demolito il cavalcavia, di dove Caterina Rosa, L'infernal dea che alla eletta stava, intonò il grido della carnificina: sicché non c'è più nulla che rammenti, né lo spaventoso effetto, né la miserabile causa. Allo sbocco di via della Vetra sul corso di porta Ticinese, la casa che fa cantonata, a sinistra di chi guarda dal corso medesimo, occupa lo spazio dov'era quella del povero Mora.” (Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap VI 

La colonna infame però non riguarda solo le scelte di chi ha giudicato colpevoli degli innocenti, riguarda un sistema di potere integrato, costruito sulla collusione, sul consenso e sull’indottrinamento di una platea mediatica abituata all’opportunismo e al compromesso, su un’audience da tanto tempo priva di ideali e di moralità. 

[1] Dio solo ha potuto distinguere qual più, qual meno tra queste abbia dominato nel cuor di que' giudici, e soggiogate le loro volontà: se la rabbia contro pericoli oscuri, che, impaziente di trovare un oggetto, afferrava quello che le veniva messo davanti; (…) o il timor di mancare a un'aspettativa generale, altrettanto sicura quanto avventata, di parer meno abili se scoprivano degl'innocenti, di voltar contro di sé le grida della moltitudine, col non ascoltarle; il timore fors'anche di gravi pubblici mali che ne potessero avvenire: timore di men turpe apparenza, ma ugualmente perverso, e non men miserabile, quando sottentra al timore, veramente nobile e veramente sapiente, di commetter l'ingiustizia. Alessandro Manzoni, Storia della Colonna Infame - Introduzione 


[2] “Ma quando, nel guardar più attentamente a que' fatti, ci si scopre un'ingiustizia che poteva esser veduta da quelli stessi che la commettevano, un trasgredir le regole ammesse anche da loro, dell'azioni opposte ai lumi che non solo c'erano al loro tempo, ma che essi medesimi, in circostanze simili, mostraron d'avere, è un sollievo il pensare che, se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell'ignoranza che l'uomo assume e perde a suo piacere..”. Alessandro Manzoni, Storia della Colonna Infame – Introduzione 


[3] Subito puoi si diuulgò questo negotio, cioè fu essa, almeno principalmente, che lo divolgò, et uscirno dalle porte, et si vidde imbrattate le muraglie d'un certo ontume che pare grasso et che tira al giallo; et in particolare quelli del Tradate dissero che haueuano trovato tutto imbrattato li muri dell'andito della loro porta. L'altra donna depone il medesimo. Interrogata, se sa a che effetto questo tale fregasse di quella mano sopra il muro, risponde: dopo fu trouato onte le muraglie, particolarmente nella porta del Tradate. Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I 


[4] La notizia si sparse via via negli altri quartieri (...). Uno di questi discorsi fu riferito al senato, che ordinò al capitano di giustizia, d'andar subito a prendere informazioni, e di procedere secondo il caso. È stato significato al Senato che hieri mattina furno onte con ontioni mortifere le mura et porte delle case della Vedra de' Cittadini, disse il capitano di giustizia al notaio criminale che prese con sé in quella spedizione. E con queste parole, già piene d'una deplorabile certezza, e passate senza correzione dalla bocca del popolo in quella de' magistrati, s'apre il processo. Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I 


[5] Tra i fatti della giornata antecedente, de' quali aveva parlato il Piazza, c'era d'essersi trovato coi deputati d'una parrocchia. (Eran gentiluomini eletti in ciascheduna di queste dal tribunale della Sanità, per invigilare, girando per la città, sull'esecuzion de' suoi ordini.) Gli fu domandato chi eran quelli con cui s'era trovato; rispose: che li conosceva solamente di vista e non di nome. E anche qui gli fu detto: non è verisimile. Terribile parola… Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap I 


[6] Occorre però dire che la moneta o il dado ideali non esistono e il modo di lanciarli dipende dalle caratteristiche individuali. Il calcolo delle probabilità è insomma valido solo nell’universo degli enti ideali… 


[7] Riferito l'esame in senato, il giorno 23, dal presidente della Sanità, che n'era membro, e dal capitano di giustizia, che ci sedeva quando fosse chiamato, quel tribunale supremo decretò che: "il Piazza, dopo essere stato raso, rivestito con gli abiti della curia, e purgato, fosse sottoposto alla tortura grave, con la legatura del canapo", atrocissima aggiunta, per la quale, oltre le braccia, si slogavano anche le mani; "a riprese, e ad arbitrio de' due magistrati suddetti; e ciò sopra alcune delle menzogne e inverisimiglianze risultanti dal processo". Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame - cap III 


[8] Il barbiere Giangiacomo Mora componeva e spacciava un unguento contro la peste (…) Pochi giorni prima d'essere arrestato, il Piazza aveva chiesto di quell'unguento al barbiere; questo aveva promesso di preparargliene […] la mattina stessa del giorno che seguì l'arresto, gli aveva detto che il vasetto era pronto, e venisse a prenderlo. Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame -cap III

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1.100 commenti:

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Gilberto ha detto...

Vorrei però notare che qui nel blog proprio le polemiche hanno consentito a molti di precisare meglio il loro pensiero, in qualche occasione le provocazioni hanno fatto da pungolo, soprattutto quando la discussione languiva e una dose eccessiva di conformismo frenava la creatività. In certi casi la provocazione è in grado di scuotere il gruppo dall’apatia anche attraverso la polemica e qualche volta lo scontro Naturalmente è una questione di modi, di tempi e di dosi. Un provocatore intelligente (non mi riferisco a nessuno in particolare)sa sempre quando occorre fermarsi ed è consapevole che il suo è un ruolo strumentale nella dinamica di gruppo. Non so come la vede Massimo ma talvolta un po' di polemica (non troppa) e di spirito critico (intelligente anche se provocatorio) costringono l'interlocutore a rivedere certi assiomi, a produrre nuove idee e in modo più circostanziato, a precisare meglio le sue osservazioni... e talvolta perfino a modificare le sue conclusioni. Insomma perfino qualche troll alla fin fine fa comodo per animare il dibattito e rispondere in modo più preciso ed articolato alle critiche. Le polemiche nel nostro caso hanno davvero prodotto osservazioni interessanti e stimolato ad approfondire molti aspetti del caso che erano stati dati per scontati.

Vanna ha detto...

Gilberto, s' condivido la tua lettura:
"Insomma perfino qualche troll alla fin fine fa comodo per animare il dibattito e rispondere in modo più preciso ed articolato alle critiche. Le polemiche nel nostro caso hanno davvero prodotto osservazioni interessanti e stimolato ad approfondire molti aspetti del caso che erano stati dati per scontati."
E' vero che sia accaduto questo, ma non solo questo.
I rimandi continui alle provocazioni hanno sì attivato lo "spirito critico" ma hanno anche esposto apertamente il fastidio verso le nostre posizioni.
Il fastidio è palpabile e si può comprendere quanto questo caso sia pieno di misteri ancora da scoprire se disturbano tanto le nostre analitiche ricerche.
Quelli che tu chiami troll stanno lì a garantire i fatti e a vigilare su quello che si dice e a ripetere che non è così.
Alla lunga è stancante, ogni nuovo postato viene smantellato con le certezze granitiche che invece sono molli come sabbia e la sabbia a sua volta viene rilanciata per disturbare ed oscurare. Mi sembra che non ci siano riusciti.

Chiara ha detto...

Non si diano più giudizi sugli utenti che non si conformano alla propria linea, gettandoli in calderoni non solo gratuitamente ingenerosi ma palesemente falsi, così intendendo stroncarne in nuce la credibilità da parte di chi potrebbe essere interessato al confronto di idee differenti e NON PREGIUDIZIALI (nè in un senso nè nell'altro), spacciandole disonestamente per tali, e nessuno tirerà fuori la spada per rimettere a posto le cose.
Perchè la pazienza HA un limite e quello stesso limite pone alla violenza morale; se serve anche con le male parole, giacchè quelle non male non sono riuscite a fermare l'abuso.
Può apparire eccessivo l'ardore ma non lo è solo che si pensi che si parla di ME e di VOI e non di pinchi pallini qualunque che non sanno niente l'uno dell'altro e si ritrovano per la prima volta in uno spazio comune, fingendo di non essere andati a braccetto fin l'altro ieri, quando si parlava di altri casi!
Vorrei vedere voi a trovarvi dieci contro uno - di cui sette non vi conoscono, tre sì e anzichè sottrarsi ci mettono pure il carico (!) - a vedervi etichettati come ciò che non siete (E LO SAPETE PERFETTAMENTE CHE NON SONO UNA BACIABANCHI GIUDIZIARI E NEPPURE UNA BOCCALONA ACRITICA) e perciò sistematicamente fraintesi, sfottuti e compagnia cantando. In altri contesti me ne sbatterei allegramente, ma QUI lo trovo mortalmente offensivo.
A me la slealtà irrita più d'ogni altra cosa e se già mi aspetterei - ma non posso pretenderlo - un richiamo, da parte vostra, al rispetto quando mi si para davanti a sfottere e ingiuriare il primo parvenue bossettiano che fin l'altro ieri manco sapeva dove stavano di casa imputati e processi, al contrario nostro che qui battagliamo da anni, figuratevi come posso restarci quando PROPRIO voi, vi ci mettete in prima persona a dare man forte.
Perchè potete raccontarla a chi volete, ma che io non sia quello che credono quei parvenue, VOI lo sapete perfettamente e prestarvi al giochino di "dagli-all'untore" sol perchè nella contingenza fa tacere una voce PER UNA VOLTA stonata rispetto alla vostra, sinceramente credo faccia maggior torto a voi di quanto ne faccia a me.
Chiudo qui la questione, me ne torno sulle mie fino a nuova voglia di tornare, ma vi pregherei di sprecare un minuto a riflettere sulle mie parole.
Un sincero buon fine settimana a tutti.

Anonimo ha detto...

sono colpevolista ma chiara mi è sempre stata sulle palle

Bruno ha detto...

Rifletto molto sulle parole di Chiara ed apprezzo il suo coraggio. In ogni caso e comunque occorre rispettare il suo pensiero.

Anonimo ha detto...

Il rispetto deve essere reciproco

Guglielma Vaccaro ha detto...

Anonimo, propendo per la colpevolezza di Bossetti e proprio per questo non comprendo il nesso con l'antipatia per l'utente Chiara; mi pare che quella insultata ultimamente sia lei...le parole rivolte a Vanna sono il frutto di una pazienza scoppiata dopo essere stata messa a dura prova per lungo tempo.

Detto in parole schiette: Vanna pur di difendere il suo punto di vista scrive emerite sciocchezze come Gilberto, purtroppo è così; ho cercato di dire a qualche utente che a scrivere certe ridicolaggini mancano di rispetto in primis a loro stessi e poi al Bossetti che pretenderebbero di difendere ma mi pare che i miei appelli siano caduti nel vuoto.

Di conseguenza ad un certo punto alcuni giudizi severi sono consequenziali.

PINO ha detto...

Il ruolo del paciere non mi è mai piaciuto, perchè non in sintonia col mio carattere incline all'insofferenza di ogni tipo.
Ciò nonostante, in diverse occasioni, e malgrado la mia indole che va oltre una falsa goliardia, con la quale ho mascherato la mia foga battagliera, mi sono prestato, a fare il buon "nonno del villaggio" (non so se agli altri sia piaciuto) solo per la stima che nutro per alcuni operatori qui ospitati.
Ora, però, ad evitare che lo stesso scivoli, in modo totale, verso una sorta di deboscia del dialogo civile sempre sostenuto in questa sede,prego vivamente il gestore Massimo Prati, di intervenire energicamente, perchè risani, in modo definitivo, la configurazione di questo spazio.
Preciso che non vesto gli abiti del predicatore o del retore, ma quelli dell'indignazione!

Ivana ha detto...

Gugly,
personalmente ho vari dubbi (già espressi) sull’eventuale colpevolezza di Bossetti; ritengo che la “scienza” sia tre cose al tempo stesso: è un’attività di ricerca, è un corpo di conoscenze relative alla struttura del mondo naturale ed è un repertorio di strumenti che possono servire per raggiungere scopi pratici. Elogio l’importanza delle applicazioni della scienza senza dimenticare la dimensione culturale e l’aspetto storico della scienza stessa.
Riguardo a Chiara, so che è molto affezionata a questo blog (di cui è una “veterana” e STIMATA utente).
Al di là delle momentanee polemiche dai toni accesi, credo che tutti gli utenti di questo blog continuino a stimarla; talvolta sembra che gli scontri siano insanabili, ma considerata l’intelligenza di ogni partecipante (al di là delle eventuali estemporanee provocazioni e degli eventuali attacchi ad personam) confido che non sarà un rancore (inutile e rivelatore di un probabile sentimento di inferiorità) a impedire di essere razionali e di comprendere che i momentanei dissidi, le momentanee incomprensioni, le momentanee reazioni scomposte, si superano con facilità a vantaggio di un confronto costruttivo tra stili cognitivi diversi e opinioni varie, soprattutto tra persone che ritengo continuino, comunque, a nutrire stima reciproca.

Ivana ha detto...

Dimenticanza

Leggasi:
Al di là delle momentanee polemiche dai toni accesi, credo che tutti gli utenti di questo blog continuino a stimarla; talvolta sembra che gli scontri siano insanabili, ma considerata l’intelligenza di ogni partecipante (al di là delle eventuali estemporanee provocazioni e degli eventuali attacchi ad personam) confido che non sarà un rancore (inutile e rivelatore di un probabile sentimento di inferiorità) a impedire di essere razionali e di comprendere che i momentanei dissidi, le momentanee incomprensioni, le momentanee reazioni scomposte, si superano con facilità a vantaggio di un confronto costruttivo tra stili cognitivi diversi, tra sensibilità differenti e opinioni varie, soprattutto tra persone che ritengo continuino, comunque, a nutrire stima reciproca.

Gilberto ha detto...

Ho postato un commento ma continua a scomparire. Troppo lungo?

Ivana ha detto...

Sì, Gilberto, era già capitato anche a me; credo sia necessario effettuare più invii, contenenti ognuno una parte del tuo commento.

Gilberto ha detto...

All’anonimo delle 23:20:00
Se è solo per quello anch’io sto sulle palle ad alcuni (vedi certi commenti al vetriolo). È il bello del Blog. Il comportamento in rete è un prolungamento dell’interazione sociale, ma con caratteristiche sui generis. Nel cono d’ombra dell’anonimato le relazioni internettiane acquistano un carattere fantasmatico, si ricostruisce l’identità dell’interlocutore attraverso i concetti che esprime, il lessico che usa e gli indizi che lascia trapelare.

Nel diario in rete l’elemento tematico spesso diventa secondario. Si può paragonare il blog a una situazione analitica dove insieme alle idee si sviluppano dinamiche interpersonali, proiezioni fantasmatiche, conflitti emozionali. Anche senza il lettino dell’analista il paziente è virtualmente adagiato tra i contenuti multimediali con le parole chiave, i post con i topic, i commenti dei partecipanti, una fitta rete di dialoghi più o meno socratici. È l’intelaiatura di uno script collettivo, socioanalisi su foglio elettronico, un transfert linkato nel cyberspazio.

La situazione all’interno di un blog non è però quella freudiana dell’analista che ‘invita i fantasmi del paziente ad uscire dalla stanza’. Il principio di realtà nell’ipertesto internettiano assume caratteri sui generis, forme libidiche e tratti comportamentali nuovi per i peculiari modelli di interazione dove il corpo fisico è sostituito da un profilo caratteriale. Nella blogsfera la discussione libera energie creative, talvolta è un parto podalico, altre volte sono gravidanze isteriche.

continua

Gilberto ha detto...

La figura del troll è emblematica della deriva emozionale: talvolta un’affermazione narcisistica. C’è il troll che interpreta vari personaggi in un gioco di specchi, una galleria di anonimi, pseudonimi e nickname, come un attore della commedia dell’arte. Ma la schizoidia nella rete è anche segno di sperimentalismo, di una ricerca di ruoli e di uno status ancora indeterminato. Il troll può fungere da pungolo e da animatore. Le dinamiche possono risultare più o meno ‘cruente’, portare rapidamente al collasso con accuse, recriminazioni, diffide... Nello spazio virtuale si possono improvvisamente sviluppare dispute ‘all’ultimo sangue’.

Fortunatamente nel blog è impossibile venire alle mani, l’etere rappresenta un limite ma anche una garanzia di incolumità, anche facendo la voce grossa col grassetto e il maiuscolo, la capacità di intimidazione si limita agli inserti e alle promiscuità dell’elaboratore di testi con tutte le varianti linguistiche, le articolazioni grafiche e i ‘correttori ortografici’. La punteggiatura trasforma perfino i punti e le virgole in proiettili e coltelli, gli apici e i pedici in corazze ed elmetti, le convenzioni grafiche e le faccine in ermeneutiche a supporto.

La vicinanza fisica comunque è solo virtuale, gli interlocutori possono sputarsi in faccia garbatamente, seguendo le indicazioni di Monsignor Della Casa, utilizzando gli spazi di interpunzione per dare schiaffi e offrire carezze, affibbiare pedate e lisciare il pelo. La netiquette è un galateo che nasconde allusioni e circonvoluzioni, dove l’eufemismo la fa da padrone. Il carattere virtuale della relazione telematica trasforma le contese virulente in uno scambio di epiteti nella forma velata e ammiccante dei puntini di sospensione e dei corsivi virgolettati. Passare dalle parole alle vie di fatto comporta sempre e comunque l’uso creativo dei caratteri, degli stacchi, degli allineamenti...

L’esperienza del Blog è comunque un’esperienza creativa che ci fa crescere e trovare nuove modalità di comunicazione e nuovi modi, talvolta conflittuali, di rapportarci al nostro interlocutore.

PINO ha detto...


Le considerazioni, prima quella di Gilberto, seguita da quella di Ivana, molto significative nel merito, oltre che sedative, per il clima che incombe sul blog, spero siano assimilate, da tutti noi, proprio nel "senso" indicato.
Se ciò si verificasse, non solo in via provvisoria, non assisteremmo più a quelle forme di violenti aggressioni verbali nei confronti di chi non condivida le proprie opinioni.
Do esplicitamente atto ai pregevoli interventi di Chiara, lucidissimi sul piano professionale, e chiari nelle deduzioni sul caso in discussione, così come apprezzo la precisione di Ivana nell'esporre le sue idee, che con Vanna, il grande Gilberto, Mimosa, Tummolo ed alcuni pochi altri veterani "a riposo":-), formano l'invidiabile èlite di questo blog.
Cerchiamo di non sciupare tutto questo, dando retta ai trolls calati come gli Unni in questi ultimi mesi.
Saluti a tutti

Gilberto ha detto...

Era solo un tentativo per sdrammatizzare. Almeno fino al prossimo scontro apocalittico...

Bruno ha detto...

Per adesso aggiungo anche altri molto preparati: TommyS, Luca Cheli, Biologo, Wolf

Anonimo ha detto...

Bruno, certamente preparati ma "NUOVI" nel blog.
Non confondere!

Vanna ha detto...

Pino, oggi alle ore 12,33 hai scritto: “ Le considerazioni, prima quella di Gilberto, seguita da quella di Ivana, molto significative nel merito, oltre che sedative, per il clima che incombe sul blog, spero siano assimilate, da tutti noi, proprio nel "senso" indicato.
Se ciò si verificasse, non solo in via provvisoria, non assisteremmo più a quelle forme di violenti aggressioni verbali nei confronti di chi non condivida le proprie opinioni.
Do esplicitamente atto ai pregevoli interventi di Chiara, lucidissimi sul piano professionale, e chiari nelle deduzioni sul caso in discussione, così come apprezzo la precisione di Ivana nell'esporre le sue idee, che con Vanna, il grande Gilberto, Mimosa, Tummolo ed alcuni pochi altri veterani "a riposo":-), formano l'invidiabile èlite di questo blog.
Cerchiamo di non sciupare tutto questo, dando retta ai trolls calati come gli Unni in questi ultimi mesi.”
Per quanto mi riguarda non ho mai aggredito nessuno, ho replicato e rimandato al mittente.
Puoi fare riferimento a quando io ho aggredito? Non ricordo di averlo fatto.
Ho espresso il mio parere terra terra, semplice semplice.
Probabilmente ricordo male, non sono lucida e neanche precisa, probabilmente appartengo alla famiglia dei troll, magari sono un troll talmente poco troll da non capire tutti i giochi che stanno dietro all' uso stile bizantino delle parole.

PINO ha detto...

Mia cara VANNA,
amica di tante battaglie dialettiche, io ho precisato che NOI, il che significa me incluso, dovremmo evitare di farci imbrigliare nella rete dei malintesi, non attribuibili ad alcuno in particolar modo, ma a tutti, nella misura e nella qualità del coinvolgimento psicologico che agisce su di noi, in un determinato momento.
Il generale stato caotico che si genera, per tali premesse, porta inevitabilmente all'incomprensione fra interlocutori, scatenando minuscole "rongisvalle", dalle quali se ne esce tutti mutilati nell'amor proprio.
Le polemiche nascono da sole, in un sodalizio sia pure solo virtuale, come precisa Gilberto: e sta alla nostra forza di volontà ed al nostro raziocinio, determinarne i limiti.
Ti abbraccio, Pino

Nautilina ha detto...

Vanna,
dai, non fraintendere il complimento di Pino. Era rivolto anche a te. In pratica, solo quelli da lui nominati (e ci sei dentro anche tu sebbene al secondo posto), in virtù della loro lunga appartenenza all'élite di questo nobile blog, hanno il diritto di pestarsi sadomasochisticamente i calli a vicenda. ;)
Potrete dirvi qualunque cosa - anche la più impensabile e opinabile - senza ricevere in cambio altro che mielosi complimenti. E' tutto un bentornato di qua, grazie del prezioso contributo di là, anche se poi, a ben vedere, non si capisce il motivo di tanta contentezza: qualcuno velatamente insinua che Bossetti potrebbe essere stato presente al crimine, un altro, senza veli, vi accusa di toppare da cocciuti sulla paternità del condannato e/o di capire poco di legge, un'altro ancora fa lunghi giri di parole per poi giustificare sempre l'operato della Corte.
Ma voi potete farvi questo ed altro, siete gli Unti...

Tutti noi altri? Va bene, abbiamo capito da un pezzo di essere soltanto novellini, strumenti inconsapevoli dei troll più scafati, i terribili Anonimi, quelli sì veri demoni al soldo del potere costituito.
Comunque sia, ben vengano anche i disturbatori (se stanno al gioco), perché servono a 'vivacizzare' un ambiente che a volte stufa voi per primi, a forza di ripetere gli stessi concetti all'infinito e di rinnovarvi la stima reciproca.
Ogni tanto serve un nemico per stringere i ranghi.
E' una bella dinamica, di sicuro divertente per voi, forse un po' meno per chi da queste pagine si aspetterebbe una discussione approfondita sul caso in questione.
Sulle motivazioni, per esempio, non avete più niente da dire?
L'ultima osservazione di Ivana sull'opportunità o meno d'impugnare l'assoluzione per calunnia è caduta nel nulla?
Sullo scandalo dei nuovi (fantomatici) consulenti assunti dai Bossetti, silenzio tombale?
Eppure sarebbe interessante conoscere il vostro parere, insomma gli argomenti di confronto non mancano.

Vanna ha detto...

Nautilina ciao, mi fa piacere rileggerti.
Metti sul piatto parecchie pietanze, ho ben capito quello che vuoi dire e dici il vero, solo in un punto mi trovi d'accordo a metà : "Potrete dirvi qualunque cosa - anche la più impensabile e opinabile - senza ricevere in cambio altro che mielosi complimenti." No i complimenti si possono ricevere da quelli che la pensano come te non certo da chi è dall'altra parte della barricata.
Non sono necessari i complimenti ma la solidarietà a portare avanti un'ipotesi di innocenza e non ad accettare toni perentori, accade così che, a chi punta il dito e dà giudizi senza senso o ribadisce come disco rotto la solita solfa, si offre il miele per la sua preparazione e utilità della stessa alla qualità del blog...bla-bla, al contempo chi replica e argomenta e cerca di far abbassare il dito inquisitorio, il meno che può sentirsi dire è che non ha capito e quindi " si è fatto imbrigliare dai malintesi" come dice Pino.
Almeno 500 di questi 1000 post sono di polemica e bene hanno fatto tutti gli altri a sparire senza perdere tempo a difendere l'indifendibile per sentirsi dire che non ha capito, non ha letto bene, ha pure malinteso.
Io il gioco l'ho capito benissimo per questo non l'ho accettato ed ho replicato con il risultato di essere messa alla pari nella polemica.
I disturbatori non vivacizzano Nautilina il loro ruolo è quello di ribadire il ben operato e non è che fanno complimenti eppure li ricevono vedi bene e, nella polemica che viene fuori, chi cerca di ragionare sul mal fatto con il giusto tatto, viene messo al pari di chi invece il tatto ce l'ha sotto i tacchi... oddio come sono aggressiva mi si dirà e la colpa sarà la mia...
A mettere il nuovo si è provato eccome, ma non è veramente decollato perché c'era sempre un rimando continuo con le stesse note, ma non è dipeso da Biologo, da TommyS, da Luca Cheli.
La faccenda dell' assoluzione della calunnia per me non esiste, è una trappola, l'ho spiegato alcuni post fa, ma potrei sbagliare. Il campo è libero, la Vanna prende qualche giorno di ferie così il blog potrà trattare con lucida preparazione l'innocenza del colpevole senza polemiche e malintesi.
Ciao Nautilina, alla prossima.

Anonimo ha detto...

adesso sono 501

Anonimo ha detto...

"i complimenti si possono ricevere da quelli che la pensano come te non certo da chi è dall'altra parte della barricata" è spettacolare (eufemismo).

Allora questa discussione riprende o no?
(Sperando non sia necessario "portare avanti un'ipotesi d'innocenza" per avere diritto di scrivere)

Ivana ha detto...

Nautilina,
mi sembra che tu non abbia espresso il tuo punto di vista (e mi piacerebbe conoscerlo!) riguardo alla mia “osservazione” sulla non contraddizione interna a quanto argomentato dalla Corte.
Naturalmente NON ho sostenuto (e non potrei sostenere, senza neanche aver letto il contenuto del ricorso della Difesa!) che le spiegazioni della Corte siano fondate, aut che non siano fondate.
Mi sono soltanto limitata a verificare se la Corte fosse stata, o no, coerente con sé stessa in tutta la sua argomentazione espressa nelle motivazioni e ho constatato che sussiste la coerenza interna che l’ha condotta a determinate conclusioni (conclusioni coerenti con l’impostazione scelta dalla Corte nelle sue motivazioni).
Sulla fondatezza, o non fondatezza, dell’impostazione data dalla Corte, non ho gli elementi sufficienti per esprimere il mio parere.

Ivana ha detto...

Chiara e Vanna, (vi cito in ordine esclusivamente alfabetico)
chiedo scusa, a priori, per questo mio intervento che potrebbe apparirvi inopportuno e invadente, ma avendo avvertito, soprattutto nei vostri ultimi interventi, un’intensa amarezza, la mia sensibilità mi induce a non tacere. Confido che l’amarezza e la delusione (da me percepite nelle parole di ognuna di voi) vengano superate quanto prima, perché credo che, comunque, persista la stima inter vos. Penso che, se tale stima fosse venuta meno, ognuna di voi avrebbe semplicemente ignorato, con indifferenza, i contributi dell’altra, continuando a portare avanti, senza alcuna amarezza, il proprio punto di vista.
Già mancano i contributi di ognuna di voi, come mancano quelli di tutti coloro che,a quanto pare, hanno sospeso la loro costante partecipazione.
Confido nell'apporto di tutti/e per un confronto capace di superare eventuali momentanei risentimenti, che possono nascere quando la discussione diventa accesa e quando Ognuno si sente dalla parte della ragione.
Posso inviarvi un abbraccio?
Ivana

antrag ha detto...

La corte è coerente con le impostazioni ...

Analisi inutile e servile! perché è il minimo che si possa richiedere ad un organismo istituzionale che ha il potere di privare un individuo della sua libertà.

Chiara ha detto...

e niente, antrag l'invito ad evitare aggettivi offensivi/antipatici non lo recepisce; almeno contribuisse con qualche osservazione propria, invece si limita a vomitare epiteti agli altri; saranno UTILI queste tue uscite, antrag, a differenza di quelle altrui, sicuramente!

Chiara ha detto...

oltre ovviamente a non esserti accorto/a che il discorso di Ivana era del tutto differente da una lusinga per la corte, ma è evidente che contribuire alle riflessioni non è il tuo intento.

Nautilina ha detto...

Ivana,
la tua osservazione interessante cui accennavo prima non riguardava la coerenza della Corte nella sentenza. Su quella, no comment da parte mia.
Mi riferivo ai tuoi dubbi sull'opportunità o meno, da parte della Procura, d'impugnare l'assoluzione per l'accusa di calunnia.
Ci ho riflettuto e credo che non siano dubbi fondati.

La legge probabilmente dirà tutto il contrario e gli avvocati qui presenti balzeranno sulla sedia, ma io non credo sia giusto condannare un uomo per aver fornito suggerimenti e spunti richiesti dagli stessi inquirenti...intendo dire, Bossetti di sua spontanea volontà non ha accusato nessuno.
Non ha inviato lettere anonime prima dell'arresto allo scopo di fuorviare le indagini (il che sarebbe stato pure indicativo della sua colpevolezza).
Non ha detto di aver visto Yara salire sul mezzo del suo collega, neppure ha citato in mala fede gravi particolari che potessero incriminarlo: si è limitato ad esprimere sospetti, suggestioni personali. Un po' pesantucce, magari...ma non le ha mai spacciate per prove certe contro il collega. E dalla sua Bossetti ha che si trovava in collo una terribile accusa, stravolto e disperato per non saper spiegare come mai il suo DNA si trovasse sulla vittima.

Fra l'altro alcune cose da lui dette potevano anche risultare vere, tant'è che la Procura si è accertata subito che Maggioni avesse un alibi; diversamente si sarebbe fatta quattro risate sulle assurde fantasie del Favola e non avrebbe controllato niente.

Grottesca e inverosimile, anche secondo me, è invece l'idea della pezza insanguinata che poteva essere usata per incastrarlo, soprattutto pensando alla motivazione addotta (invidia di un single per la sua bella famigliola). Già questo sembra una roba dell'altro mondo.

Ma in sé la contaminazione, dolosa o involontaria, è possibile. Lo dice la stessa scienza.
Quindi non credo che Bossetti sia stato assolto dall'imputazione di calunnia perché
è assurdo e inverosimile che qualcuno (o qualcosa) abbia potuto contaminare gli abiti di Yara con il suo sangue. Credo che invece fosse troppo inverosimile la contaminazione da lui immaginata.

Poi quell'interrogatorio doveva restare riservato, non finire sui giornali e in TV, data la delicatezza degli argomenti trattati. Insomma diciamolo, è stato vergognoso.
Per cui se il sig. Maggioni è assurto agli onori della cronaca suo malgrado, facendosi conoscere da milioni d'italiani, un po' di colpa se la deve assumere anche la Procura che non è riuscita a zittire le sue gole profonde.
Quindi, imho, bene ha fatto la Corte ad assolverlo e male farebbe a impugnare la sentenza.

Gilberto ha detto...

Nautilina
Osservazioni piene di buon senso.

Ivana ha detto...

Antrag, che cosa c'entra il servilismo?
Come ribadisco, una cosa è la coerenza (o la non coerenza) interna a una impostazione scelta, altra cosa è la fondatezza, (o la non fondatezza!), delle spiegazioni fornite, cioè la fondatezza (o non fondatezza!)di tutta l’ impostazione data dalla Corte.
Nelle motivazioni della Corte c'è coerenza nell'assolvere Bossetti dall'accusa di calunnia, MA non posso sapere se le spiegazioni fornite dalla Corte (in particolare riguardo a quel determinato profilo genetico) siano fondate, o no!
La mia "analisi" serve solamente a far riflettere sul fatto che il ricorso della Procura contro l'assoluzione dall'accusa di calunnia è ancora in dubbio.

Nautilina ha detto...

Grazie, Gilberto.
La mia visione di ciò che è normale e giusto è spesso diversa dalla legge italiana e dalle conclusioni di alcune Corti, quindi immagino che un avvocato non sarebbe d'accordo.

Ivana ha detto...

Nautilina,
il tuo ragionamento è, a mio avviso, ottimo, ma il mio cerca di essere aderente a tutto quello che risulta scritto nelle motivazioni, perché credo che proprio a quello dovrà far riferimento la Procura se deciderà di far ricorso.
Hai letto le pagine 149 e 150?
Come potrebbe, la Procura, giustificare la verosimiglianza del racconto di Bossetti contro Maggioni? Se considerasse verosimile il racconto di Bossetti, dovrebbe ammettere la possibilità, per quella determinata traccia, di una contaminazione fraudolenta, quindi
CADREBBE quella premessa sostenuta (sostenuta dalla Corte e dall’accusa stessa, NON da me e NON dalla Difesa!) di “prova granitica”.
Verrebbe a cadere tutta l’impostazione data dalla Corte che ha ritenuto il racconto di Bossetti inverosimile, assurdo e grottesco, perché, per quel determinato DNA, non c’è possibilità di contaminazioni; infatti la corte ha scritto:
a) è la collocazione stessa a consentire “di ricondurre la traccia e il profilo genetico all’azione omicidiaria al di là di ogni ragionevole dubbio” (La Corte, dunque, esclude la contaminazione fraudolenta)
b) “il rischio di una contaminazione dei campioni nel caso in esame è inesistente” (Leggere a pagina 88, da cui si evince che la Corte esclude un’eventuale contaminazione durante le analisi)
Come ribadisco, se la Procura dovesse far ricorso contro l'assoluzione dall'accusa di calunnia, cadrebbe in condraddizione, perché dovrebbe ammettere che il racconto di Bossetti è verosimile e, quindi, che esiste la possibilità di una contaminazione fraudolenta.
A pagina 148 si legge, inoltre, che "la manifesta inverosimiglianza delle allegazioni accusatorie nei confronti di Maggioni escludeva anche in astratto la possibilità di un inizio di procedimento penale a carico di quest'ultimo, che, infatti, mai è stato indagato". Per me è significativo che la Corte abbia escluso, anche in astratto, la possibilità di una contaminazione fraudolenta per quella determinata traccia.


Chiara ha detto...

"io non credo sia giusto condannare un uomo per aver fornito suggerimenti e spunti richiesti dagli stessi inquirenti"

sarò anche avvocato ma anzichè balzare sulla sedia (come probabilmente dovrei) ogni volta dico anch'io questa cosa....anche perchè un conto è chiedere en passant se hai sospetti su qualcuno - chè allora se subito ti butti a capofitto a sparar bombe contro qualcuno, la condanna te la meriti pure - ma data l'insistenza con cui di solito si sente che cavano fuori queste accuse agli interrogati, tramite un gioco psicologico di pressione aut-aut (o mi dai qualcun altro da guardare o non ti levo i canini dal polpaccio neanche se mi porti un alibi) allora per me l'interrogante si prende la sua buona parte di colpa e niente incriminazione per il "calunniatore-obtorto-collo".

Chiara ha detto...

p.s. per la cronaca nel caso di specie ho percepito una convinzione nell'accusare Maggioni, direi quasi "un gusto", con le cose pesantissime che ha detto su di lui, che non la calunnia, ma la diffamazione gliela avrei data sinceramente.

Ivana ha detto...

Dimenticanza

Naturalmente, Nautilina, anch'io, come te, sentirei volentieri il parere di un avvocato (Chiara ci sei?) e, personalmente, sono pronta a ogni critica costruttiva.

Chiara ha detto...

Ivana, mi permetto di dirti lascia stare...hanno paura di sbilanciarsi per il timore di dire qualcosa che possa apparire vagamente benigno verso la Corte...che poi appunto non lo è, non c'entra nulla, e lo hai spiegato bene nel tuo messaggio delle 20 ad antrag; e secondo me lo hanno anche capito, ma preferiscono "non rischiare" ;)

Chiara ha detto...

Ivana
fermo quanto ho già detto nei due commenti 20.36 e 20.38 sull'argomento, nel momento in cui condanni uno come responsabile del delitto, è giocoforza che aver tentato d'appuntare l'attenzione degli inquirenti su qualcun altro, ha in termini oggettivi il crisma della calunnia: perchè "LO SAPEVI INNOCENTE" (dato che il responsabile sei tu) e questo è appunto il requisito sostanziale di questo reato.
io ne faccio una questione diciamo di "provocazione" (e il tema dello "agente provocatore" è niente affatto pacifico tra gli operatori del diritto infatti) nel senso che secondo me tanto maggiore sia stata la spinta esogena a commettere il reato di calunnia, tanto meno peso deve essere dato all'atto volitivo del calunniante; ed essendo un delitto necessariamente doloso, lo scemare dell'elemento soggettivo (in maniera inversamente proporzionale alla istigazione a compiere il reato) può giungere anche fino a considerarlo prossimo a zero, a seconda delle specifiche circostanze oggettive ed anche soggettive.

Ivana ha detto...

OK, Chiara, grazie; per evitare possibili equivoci, eviterò ulteriori interventi in merito all'assoluzione dall'accusa di calunnia, a meno che non mi vengano richieste delucidazioni specifiche su quanto già da me espresso.

Chiara ha detto...

(per fare un esempio: l'agente provocatore è molto usato nelle operazioni antidroga. Allora, se tu provocatore ti limiti ad andare a chiedere una dose di stupefacente, ricevendolo, è un conto, perchè non hai fatto altro che dare l'occasione ad un atto di volizione già esistente nel soggetto; ma se ad esempio devi insistere e vincere le resistenze del soggetto, magari con la leva psicologica del parente che soffre come un cane per i dolori e solo una dose di stupefacente lo può alleviare, beh allora l'insorgere dell'atto volitivo l'hai determinato tu e il reo non va punito. Opinioni personali eh.)

antrag ha detto...

Esposizione chiara, molto chiara, didatticamente produttiva.
Grazie!

Nautilina ha detto...

Ringrazio anch'io Chiara per la spiegazione comprensibile anche a chi non si occupa di legge. E per il video di QG relativo alla campionatura delle tracce, molto interessante (non l'avevo mai visto).

@Ivana
Sul punto:
"Verrebbe a cadere tutta l’impostazione data dalla Corte che ha ritenuto il racconto di Bossetti inverosimile, assurdo e grottesco, perché, per quel determinato DNA, non c’è possibilità di contaminazioni; infatti la corte ha scritto:
a) è la collocazione stessa a consentire “di ricondurre la traccia e il profilo genetico all’azione omicidiaria al di là di ogni ragionevole dubbio” (La Corte, dunque, esclude la contaminazione fraudolenta)"


Qui c'è molto da riflettere, secondo me.
L'accusa di calunnia si basava su quanto fosse realistico e attendibile il racconto di Bossetti, a partire dal sospetto di pedofilia per arrivare al tanfo di gallina morta nel furgone e alla possibilità che il collega aveva di prelevare una pezzuola inzuppata del suo sangue dal bidone dei rifiuti, oppure sul fatto che lui abbia fornito informazioni false alle autorità allo scopo di sviare le indagini e far ricadere la colpa su un altro uomo?
Io credo, così a spanna, che la seconda motivazione dovrebbe pesare molto più della prima.
Bossetti però ha fornito solo dei sospetti, se vogliamo delle fantasie o interpretazioni distorte di situazioni reali. Distorte per la particolare situazione in cui si trovava, pressato dagli inquirenti. A mente serena e senza essere arrestato non l'avrebbe fatto, lo ha ammesso anche lui scusandosi.
Certo è un'opinione personale, non so quanto possa contare.

Poi discuterei anche sull'affermazione:

"a) è la collocazione stessa a consentire “di ricondurre la traccia e il profilo genetico all’azione omicidiaria al di là di ogni ragionevole dubbio” (La Corte, dunque, esclude la contaminazione fraudolenta)"

E' la collocazione stessa a consentirlo? Questo sì, può darsi, ma non mi pare che sia stata provata la contemporaneità di quelle tracce. Nelle motivazioni non lo leggo, forse sarà specificato nei documenti allegati.
In altre parole, si può dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che il probabile sangue di Bossetti sia stato versato solo da lui e proprio mentre feriva Yara?
Quella della Corte è l'ipotesi più semplice, ma prima di escludere con sicurezza una contaminazione fraudolenta bisogna dimostrare questo. A maggior ragione quando non c'è niente di niente che colleghi l'omicida alla vittima, nessuna frequentazione, nessun movente per ucciderla in quel modo crudele, nessun disturbo mentale e nessun precedente di violenza.
A voler usare sempre il rasoio di Occam si può anche sbagliare.

TommyS. ha detto...

Bruno ha scritto (15 ottobre 2016 13:20:00 CEST)

Per adesso aggiungo anche altri molto preparati: TommyS, Luca Cheli, Biologo, Wolf

e Anonimo (15 ottobre 2016 13:32:00 CEST) ha risposto

Bruno, certamente preparati ma "NUOVI" nel blog.
Non confondere!


Beh, Anonimo, questo mi fa capire che sei molto più NUOVO di me nel blog.

Saluti

TommyS. ha detto...

Chiara

Alcuni giorni fa hai sottolineato come nelle motivazioni venissero citati due DVD agli atti contenenti dei filmati del sopralluogo in via Bedeschi, dei quali uno girato da terra con un progressivo avvicinamento al punto di rinvenimento del cadavere ed il secondo con viste dall'alto del campo. E su questo hai fatto leva, come d'altronde il giudice estensore, per criticare e smentire chi sostiene ancor oggi che perlomeno Rovedatti dovesse avvistare, durante i sorvoli dell'area con il suo elicottero, il cadavere, ammesso si trovasse nello stesso punto sin dalla sera del 26.11.2010.

Ebbene, proprio a pag.29 delle motivazioni è testualmente scritto:

"Il secondo DVD contiene delle riprese dall'alto, utili per rendersi conto anche visivamente delle vaste dimensioni del campo e che chiariscono, aldilà delle citate testimonianze, perché né le squadre della protezione civile, né gli elicotteristi che, per quanto riferito dal dott. Bonafini, avevano sorvolato il campo nei tre mesi intercorsi tra la sparizione e il rinvenimento abbiano trovato il cadavere: semplicemente perché non era visibile."

Sulla visibilità del cadavere da parte di chi percorse la via Bedeschi nel tratto sterrato (da via Gioacchino Rossini era davvero impossibile considerato il dislivello), concordo con le osservazioni. Impossibile vedere un corpo sdraiato a terra a circa 89 m di distanza (questa la distanza riportata nelle motivazioni) in quel campo e con quella sterpaglia.

Ma sulle viste "dall'alto" mi permetto di dissentire. E bada bene che il giudice estensore ha scritto proprio "dall'alto" e non "aeree", eventualmente riprese da un elicottero come quello di Rovedatti o come quello utilizzato dal giornalista RAI qualche giorno dopo.

Difatti, per quanto ne so io, quelle viste dall'alto sono state riprese dalla Polizia il giorno 27.01.2011 utilizzando un'autoscala dei VV.F. Qui l'articolo dell'ECO che ne parla:

http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/188642_polizia_e_vigili_del_fuoco_sullautoscala_la_zona_del_ritrovamento_fotografa_dallalto/

Ricordo inoltre che una di quelle fotografie venne pubblicata online. Era chiaramente percepibile che l'angolo di visuale non fosse quello di uno che sorvolava l'area ma sensibilmente più basso e inclinato. Mentre le fotografie scattate dal giornalista RAI qualche giorno dopo (durante un sorvolo in elicottero dell'area) e pubblicate da Bergamonews sembrano portare a conclusioni differenti.

continua

Chiara ha detto...

ignoravo o non ricordavo il fatto dell'autoscala; non sono in grado, come voi, di entrare nel merito tecnico (soprattutto perché non abbiamo i DVD) ma certamente è interessante.
Mi domando: se è così importante in ottica difensiva, perché non è stato fatto un esperimento ad hoc? Si lascia un dato facilissimo da accertare alle diatribiche chiacchiere sì no boh tra elicotteristi, poliziotti, forumisti? Perplessa.

Anonimo ha detto...

Il problema non è solo l’autoscala. Quella è una zona moto frequentata, oltre a prostitute e clienti anche cacciatori che addestrano il cane, gente che fa footing, raccoglitori di erbe e via dicendo, nessuno ha mai visto niente. Quando il corpo è stato trovato era lì da pochissimo. In zona molti lo sanno che lì prima non c’era…

MAGICA ha detto...

asiste il razzismo in questo blog?
perchè alcune persone INTELLIGENTONE sono considerate utili a conversare sui casi mediatici .. poi ci sono quelli che non fanno parte di quell'elite, studiosa che sa chiaccherare.. i casi sbandierati nel web e nelle tv ., son capiti alla grande , basta saper leggere scrivere e ragionare logicamente .
beh io per esempio non mi considero assolutissiamamnte inferiore a nessuno . anzi potrei essere anch'io del tipo citato sopra

antrag ha detto...

Se un omaccione energumeno tentasse di intimidire e minacciare un bambino - che si è di fatto comportato in maniera poco educata nei suoi riguardi - a chi dei due andreste a dare una mano?



antrag ha detto...

ANALOGIA:

OMACCIONE = FORZE DI POLIZIA + MAGISTRATURA INQUIRENTE + MAGISTRATURA GIUDICANTE (Potenti mezzi finanziari, Contiguità culturali ...)

BAMBINO = INDIVIDUO INQUISITO E IMPUTATO + COLLEGIO DI DIFESA

Ivana ha detto...

Per Nautilina
Sul punto:
L'accusa di calunnia si basava su quanto fosse realistico e attendibile il racconto di Bossetti, a partire dal sospetto di pedofilia per arrivare al tanfo di gallina morta nel furgone e alla possibilità che il collega aveva di prelevare una pezzuola inzuppata del suo sangue dal bidone dei rifiuti, oppure sul fatto che lui abbia fornito informazioni false alle autorità allo scopo di sviare le indagini e far ricadere la colpa su un altro uomo?
Io credo, così a spanna, che la seconda motivazione dovrebbe pesare molto più della prima.
Bossetti però ha fornito solo dei sospetti, se vogliamo delle fantasie o interpretazioni distorte di situazioni reali. Distorte per la particolare situazione in cui si trovava, pressato dagli inquirenti. A mente serena e senza essere arrestato non l'avrebbe fatto, lo ha ammesso anche lui scusandosi.
Certo è un'opinione personale, non so quanto possa contare.


Non abbiamo il documento specifico per sapere come fosse esattamente impostata, da parte della Procura, l’accusa di calunnia.
Di certo, sappiamo che la Corte ha ritenuto “inverosimile, assurdo e grottesco” il racconto (nella sua interezza) di Bossetti ; ritengo che la possibile contaminazione fraudolenta rappresenti la parte sostanziale del racconto e in pratica è stata esclusa dalla Corte, infatti per la Corte quel particolare profilo genetico è, per la Corte, “prova granitica” che, da sola, sarebbe stata sufficiente per dimostrare “il coinvolgimento nell’azione omicidiaria” (pag 128).

Sono proprio curiosa di vedere, nel caso la Procura facesse ricorso, in quale modo potrebbe riuscire a richiedere la condanna di Bossetti (per calunnia) senza cadere in contraddizione.

(continua)

antrag ha detto...

CONCLUSIONI:
Mentre è naturale che un gruppo di cittadini si batta a favore di un imputato, risulta quasi incomprensibile che un altro gruppo di cittadini dia una mano a comprovare le accuse, dati gli sterminati mezzi che Polizia, Magistratura Inquirente e Giudicante hanno a disposizione.

Ivana ha detto...

Sul punto:
E' la collocazione stessa a consentirlo? Questo sì, può darsi, ma non mi pare che sia stata provata la contemporaneità di quelle tracce. Nelle motivazioni non lo leggo, forse sarà specificato nei documenti allegati.
In altre parole, si può dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che il probabile sangue di Bossetti sia stato versato solo da lui e proprio mentre feriva Yara?
Quella della Corte è l'ipotesi più semplice, ma prima di escludere con sicurezza una contaminazione fraudolenta bisogna dimostrare questo. A maggior ragione quando non c'è niente di niente che colleghi l'omicida alla vittima, nessuna frequentazione, nessun movente per ucciderla in quel modo crudele, nessun disturbo mentale e nessun precedente di violenza.


Per la Corte è la collocazione stessa della traccia (indumento intimo e in prossimità di un taglio) a essere “prova”, cioè a dimostrare il coinvolgimento dell’imputato nell’omicidio.
Sarà la Difesa a trattare la questione della “non fondatezza” dell’impostazione data dalla Corte che è giunta a ritenere “prova granitica” quel determinato profilo genetico che, invece, per la Difesa non rappresenta una prova.
Penso che il ricorso (da parte della Difesa) contro la sentenza di condanna per omicidio prenderà in considerazione la non fondatezza di determinate “dimostrazioni” fornite dalla Corte: la Difesa potrebbe sostenere la non affidabilità di quel determinato profilo genetico, considerando possibili eventuali contaminazioni: casuale (es. mosca?) e contaminazione per errore involontario nelle analisi (errori che dovrà evidenziare e ben argomentare).
Non so se potrebbe richiedere(con successo) il test di metilazione, perché temo che tale test non sia previsto nei protocolli di genetica forense.
Penso che alla Difesa POTREBBE non essere conveniente toccare il tasto della “contaminazione fraudolenta”, altrimenti potrebbe ottenere il risultato, nel secondo grado di giudizio, di far assolvere Bossetti dall’accusa di omicidio, ma di farlo condannare per calunnia, se dovesse essere tenuta in seria considerazione, dall'organo giudicante, la possibilità di contaminazione per depistaggio e, quindi, risulterebbe non più inverosimile il racconto di Bossetti.


Ivana ha detto...

Dimenticanza

Leggasi: "Penso che alla Difesa POTREBBE non essere conveniente toccare il tasto della “contaminazione fraudolenta per depistaggio”

Nautilina ha detto...

@Ivana
Ho riletto il punto della sentenza (pag.152-154), mi sembra molto chiaro. Bossetti è stato assolto perché le sue accuse verso Maggioni erano inverosimili, assurde e in contrasto con il comune buon senso. Inoltre l'incolpato non è stato neppure inquisito e per questi due motivi il fatto non sussiste, in base a pronunce della Cassazione Penale.
Mi sembra però una valutazione globale di tutto quanto Bossetti ha dichiarato e non un giudizio riferito alla sola contaminazione fraudolenta.
Secondo me sono due cose indipendenti.
Mi spiego meglio, in sé l'idea che qualcuno provi a incolpare un altro usando il suo DNA non sarebbe poi tanto inverosimile e aliena. Lo diventa se cominci a dire che un tuo collega potrebbe aver ammazzato apposta una bambina per incastrare te, in quanto è geloso della tua famiglia e del tuo rapporto idilliaco con il vostro datore di lavoro; e per fare questo avrebbe potuto prelevare in cantiere un fazzoletto intriso del tuo sangue giorni prima dell'omicidio, il che non ha neppure una base scientifica.
E' un sospetto che non si regge proprio in piedi, quindi la calunnia non sussiste.
Dubito che si possa affermare il contrario.

Penso poi che l'imputazione cadrebbe se lui non fosse colpevole; una volta superata l'assurdità delle accuse (ma non vedo come), rimane solo un presupposto per la condanna, che Bossetti abbia mentito agli inquirenti sapendo di accusare un innocente. Quindi, in teoria, fino al verdetto definitivo della Cassazione non avrebbe senso condannarlo per calunnia...o no?

Considera inoltre che la pena per una condanna per calunnia non è certo paragonabile a un ergastolo...quindi, anche se la Procura dovesse impugnare l'assoluzione e vincere, ci sarebbe un aggravio di pena non drammatico, di fronte alla speranza di fare assolvere Bossetti dall'accusa più grave.
In fondo penso che alla difesa di Bossetti converrebbe rischiare anche la carta della contaminazione dolosa.
Del resto non so che altro potrebbe fare. Negare che quel DNA sia di Bossetti?
O che lui sia figlio di Guerinoni? Ma se anche la dott.ssa Gino ha dovuto convenire che lo sia...sta scritto a pag.67. O l'errore, o il dolo.

Chiara ha detto...

Beh ma scusa Ivana, riguardo alla chiusura del tuo: "Penso che alla Difesa POTREBBE non essere conveniente toccare il tasto della “contaminazione fraudolenta”, altrimenti potrebbe ottenere il risultato, nel secondo grado di giudizio, di far assolvere Bossetti dall’accusa di omicidio, ma di farlo condannare per calunnia, se dovesse essere tenuta in seria considerazione, dall'organo giudicante, la possibilità di contaminazione per depistaggio e, quindi, risulterebbe non più inverosimile il racconto di Bossetti".
A parte che "far cambio" tra una condanna per omicidio e una per calunnia ci metteremmo firma tutti (!) ;) nel momento in cui Bossetti fosse ritenuto non responsabile del delitto, la strada per dimostrare che egli "sapesse Maggioni innocente" (che ricordo è l'elemento costitutivo principe del reato di calunnia) diventerebbe una scalata all'Everest: se lo dichiari colpevole va da sè che egli sappia innocente ogni altro; se lo dichiari innocente come puoi dimostrare che egli sapesse che tizio piuttosto che caio lo fossero altrettanto? è ben ardua la prova!

Ivana ha detto...

Per Nautilina
Ho riletto il punto della sentenza (pag.152-154), mi sembra molto chiaro. Bossetti è stato assolto perché le sue accuse verso Maggioni erano inverosimili, assurde e in contrasto con il comune buon senso. Inoltre l'incolpato non è stato neppure inquisito e per questi due motivi il fatto non sussiste, in base a pronunce della Cassazione Penale.

Appunto, se tutto il racconto viene considerato "inverosimile, assurdo e grottesco" lo è nella sua globalità e lo è in ogni sua parte, altrimenti sarebbe stata precisata la parte in cui avrebbe potuto essere considerato "verosimile", quindi è inverosimile ANCHE nella parte riguardante la contaminazione fraudolenta per depistare.
Essendo, dunque, considerata inverosimile la contaminazione fraudolenta, allora regge la “prova granitica” , altrimenti, se si ammettesse la possibilità di una contaminazione fraudolenta per quel determinato profilo genetico, allora, coerentemente, sarebbe da considerarsi verosimile il racconto di Bossetti, almeno nella parte riguardante l'eventualità di una contaminazione fraudolenta.

Penso poi che l'imputazione cadrebbe se lui non fosse colpevole; una volta superata l'assurdità delle accuse (ma non vedo come), rimane solo un presupposto per la condanna, che Bossetti abbia mentito agli inquirenti sapendo di accusare un innocente.

Allora potrebbero venire scelte altre pronunce della Cass. Pen. e quali?

Considera inoltre che la pena per una condanna per calunnia non è certo paragonabile a un ergastolo...quindi, anche se la Procura dovesse impugnare l'assoluzione e vincere, ci sarebbe un aggravio di pena non drammatico, di fronte alla speranza di fare assolvere Bossetti dall'accusa più grave.

Sì, su questo sono d’accordo sia con te sia con Chiara, anche se credo che l’obiettivo primario della Difesa sia quello di un’assoluzione “piena” .


Per Chiara
se lo dichiari innocente come puoi dimostrare che egli sapesse che tizio piuttosto che caio lo fossero altrettanto? è ben ardua la prova!

OK, però se lo dichiari innocente, quindi viene considerato tale, puoi ritenere leciti i sospetti di Bossetti verso un'altra persona, o no?

Luca Cheli ha detto...

Sono stato un po' occupato in questi giorni a scrivere la mia analisi della motivazione.

Per chi è interessato:

https://bossettiade.wordpress.com/2016/10/17/motivando-la-sentenza/

Anonimo ha detto...

KUCA CHELI

Correggi gli estremi del link che hai trasmesso, perchè non produce nulla!

Luca Cheli ha detto...

Se lo copi giusto funziona.


Chiara ha detto...

Ivana, ricostruisco:
Chiara dice
se lo dichiari innocente come puoi dimostrare che egli sapesse che tizio piuttosto che caio lo fossero altrettanto? è ben ardua la prova!

Ivana risponde
OK, però se lo dichiari innocente, quindi viene considerato tale, puoi ritenere leciti i sospetti di Bossetti verso un'altra persona, o no?


sì ma il punto è che tutto partiva dal tuo: "Penso che alla Difesa POTREBBE non essere conveniente toccare il tasto della “contaminazione fraudolenta”, altrimenti potrebbe ottenere il risultato, nel secondo grado di giudizio, di far assolvere Bossetti dall’accusa di omicidio, ma di farlo condannare per calunnia" al che io ti dico: a) chissenefrega a quel punto, viene assolto dall'omicidio e gli sta benissimo così! b) comunque non lo condannano per calunnia, perchè dovrebbero dimostrare che SAPEVA che l'omicida (e contaminatore) non era Maggioni!

sono riuscita a farmi capire?

Chiara ha detto...

insomma ti ho contestato che è scorretta l'equazione "assolto dall'omicidio = condannato per la calunnia", solo questo.

Nautilina ha detto...

Ma poi Ivana sta' pure tranquilla che non vincerebbero il ricorso.
Non possono improvvisamente dire: "ah, scusate, abbiamo cambiato idea, le accuse di Bossetti sono logiche, ci siamo sbagliati!"...o peggio ancora, "sono tutte verosimili tranne quella di contaminazione volontaria"... Con quale credibilità?
E' verosimile che Maggioni vada a cercare apposta una bambina da ammazzare, seviziandola all'arma bianca, solo per poi spalmarci sopra il sangue del tanto odiato Massi, raccolto giorni prima del delitto (quindi ormai coagulato)? Perché questi sono i sospetti espressi da Bossetti. La SUA ipotesi di contaminazione è grottesca, non tutte le ipotesi in assoluto. Almeno, così la penso io.
Però certamente alla Procura e all'accusa conviene far passare qualsiasi ipotesi di contaminazione volontaria per una baggianata bossettiana. La difesa dovrà essere molto attenta e documentarsi con cura, se intende avvalersi di questa opportunità.

Ivana ha detto...

Per Chiara
insomma ti ho contestato che è scorretta l'equazione "assolto dall'omicidio = condannato per la calunnia", solo questo.

Non ho espresso tale uguaglianza e infatti ho usato, in stampatello maiuscolo, il condizionale.


Per Nautilina
Ma poi Ivana sta' pure tranquilla che non vincerebbero il ricorso.

Non possono improvvisamente dire: "ah, scusate, abbiamo cambiato idea, le accuse di Bossetti sono logiche, ci siamo sbagliati!"...o peggio ancora, "sono tutte verosimili tranne quella di contaminazione volontaria"... Con quale credibilità?

Perché dovrei stare tranquilla? Ho sempre espresso i miei dubbi sulla colpevolezza di Bossetti!
Un errore può SEMPRE essere trovato e, se verrà effettivamente trovato, verrà riconosciuto come tale (è già successo nel caso Kercher).
E’ l’idea stessa di contaminazione fraudolenta, comunque espressa da Bossetti, a essere stata considerata “inverosimile” dal momento che la Corte ha considerato “prova granitica” quel determinato profilo genetico! Vedrai che la Difesa attaccherà certamente la fondatezza delle spiegazioni fornite dalla Corte!

Ivana ha detto...

Per Luca
Ho letto molto velocemente la tua "analisi" e, almeno per ora, mi soffermo su quanto da te scritto riguardo all'accusa di calunnia e alla richiesta di test di metilazione.

Alcuni forse saranno rimasti sorpresi che Massimo Bossetti sia stato assolto dall’accusa di aver calunniato Massimo Maggioni, accusandolo di aver assassinato Yara Gambirasio, al contempo usando (pag. 149) “uno straccio o un guanto intriso del suo [di Bossetti] sangue” per incastrarlo.
Un po’ sorprende perché, essendo stato Bossetti condannato per l’omicidio, evidentemente non poteva non sapere che Maggioni era innocente.
Tuttavia l’assoluzione si rivela meno sorprendente quando si legge la ragione di tale decisione: perché le accuse sono “inverosimili” e “grottesche”, ovvero assolutamente incredibili.
E poiché quello delineato da Bossetti è uno scenario di contaminazione volontaria, non è forse un caso che lo si voglia far passare per impensabile e grottesco, ben al di là dello specifico coinvolgimento del certamente innocente Maggioni.


Appunto, proprio come continuo a sottolineare: la Corte voleva essere COERENTE con la sua scelta di “prova granitica” (cioè priva di qualsiasi contaminazione), E' proprio quel profilo genetico che le interessa considerare "prova granitica", quindi, coerentemente, ha assolto Bossetti dall'accusa di calunnia!

Bisogna provare che quel DNA è sintetico e ciò può essere fatto solo mediante un test di metilazione richiesto in sede di appello come prova contraria di prova decisiva.

Sono sempre stata d’accordo, ma, come ribadisco, TEMO che tale richiesta possa non essere accolta, in quanto penso non sia contemplata nei protocolli internazionali. (SPERO di sbagliarmi a temere che non possa essere richiesta con successo).


TommyS. ha detto...

Luca Cheli

Ho letto il tuo post. Sintetico ma esaustivo su quelli che sono gli elementi fondamentali di questa sentenza e delle sue motivazioni. Condivido le conclusioni ma temo che verrà messa in atto qualsiasi contromisura per impedire che quanto rimane di quelle tracce (per me le hanno esaurite tutte pur di non correre questi rischi) venga sottoposto ad ulteriori analisi in contraddittorio e soprattutto a test di metilazione rischiosissimi (e secondo te a Staiti e Gentile non sarà venuto in mente di provare a farli?). Potrebbe comunque valere la pena per la difesa percorrere quella strada perlomeno per arrivare a dimostrare che del materiale originario non è rimasto più niente e quindi le analisi svolte, affidate con delega di indagine al RIS, a tutti gli effetti pratici per il processo nei confronti di Bossetti si sono dimostrate accertamenti irripetibili svolti senza la presenza di consulenti di parte.

Ma qui voglio sottolineare solamente alcuni punti importanti:

- sul profilo genetico di Pierpaolo Guerinoni sai come la penso. Sto ulteriormente ragionandoci su e, spero a breve, ti scriverò in merito. Ma quello che mi ha davvero sorpreso dalla lettura delle motivazioni è il fatto che l'asserito profilo di Ignoto1 differiva da quello di Pierpaolo per il profilo genetico del solo marcatore TH01 (sappiamo che per Ignoto1 era 6 9 con una frequenza genotipica calcolata, ed anche qui avrei molte perplessità sul come, di 0.105, quindi non rara). Prima delle motivazioni pensavo si trattasse invece di SE33, ma così non era. Ma allora, il famoso allele 26 di SE33, asseritamente rarissimo nella popolazione italiana, era condiviso perlomeno da tre individui tra quelli della zona della Valseriana di cui hanno analizzato il DNA: Ester Arzuffi e sua sorella, ma anche Laura Poli o Giuseppe Guerinoni. E questo è davvero soprendente ed all stesso tempo molto significativo di una diffusa condivisione del patrimonio genetico nella ristretta popolazione di quella valle. Con conseguenze da analizzare anche in relazione al tema tanto caro a Gilberto e cioé quello sul rapporto di filiazione tra Massimo Bossetti e Giuseppe Guerinoni.

continua

TommyS. ha detto...

continua

- il giudice estensore delle motivazioni a me ricorda tanto il nostro ex Primo Ministro, soprattutto nelle caricature che se ne facevano. In pratica un poliedrico tuttologo ed esperto dei più svariati rami scientifici. E' vero che il Giudice è Peritus Peritorum, ma qui diventa davvero l'esperto che tutte e corti di giustizia del mondo si sognerebbero: botanico, geologo, chimico merceologico, genetista, anatomopatologo e così via. In grado di valutare autonomamente qualsiasi prova scientifica gli sia stata sottoposta, anche se purtroppo tutte le volte in modo allineato con i consulenti della pubblica accusa. Mi sarei aspettato forse qualche citazione di giurisprudenza in più.

- in ogni caso le motivazioni sono scritte in modo molto sapiente tanto da indurre il lettore a concordare pienamente con le conclusioni scartando come fantasiose, prive di fondamento, non giustificate da analisi, perizie e spessore scientifico in genere, tutte le osservazioni e contestazioni avanzate dalla difesa e dai propri consulenti. Questi ultimi, per di più, sono sin troppe volte citati nelle uniche considerazioni che avallano il lavoro dei consulenti del PM. Quelle contrastanti al massimo sono riportate in nota o en passant, se non omesse del tutto.

- sull'assenza del mtDNA di Ignoto1 alias Massimo Bossetti, la spiegazione fornita nelle motivazioni è suggestiva e accattivante. In sintesi il mtDNA di Bossetti sarebbe stato coperto da quello contaminante di Yara dovuto al continuo apporto della decomposizione dei tessuti. E non lo si può contestare più di tanto in base all'assenza del DNA nucleare nella 31G20 in quanto proprio nei tessuti "morti" contaminanti potrebbe essersi deteriorato troppo ed a tal livello da non essere più rilevato. Peccato però che l'aplogruppo mitocondriale di Yara fosse I4 e nella 31G20 Lago ed i suoi consulenti abbiano certificato di aver individuato sufficiente mtDNA di un altro e solo aplogruppo, R0a, assolutamente non riconducibile a Bossetti. E questo smonta completamente la spiegazione perché non solamente in teoria il mtDNA contaminante di Yara avrebbe dovuto coprire abbondantemente anche quello. Ma spiega anche perché Previderè si sia premurato di scrivere in perizia che lui non sarebbe stato in grado di leggerlo. E' il vulnus principale di tutto l'indizio genetico. Bisogna analizzare nuovamente le tracce o perlomeno quanto ne rimane. Non è più possibile in quanto tutte esaurite? L'indizio non è valido.

continua

Guglielma Vaccaro ha detto...

TommyS, ti do una notizia: le sentenze si scrivono così e i processi si avvalgono dell'ausilio di specialisti in singole materie...perchè qualcuno vuol fare a tutti costi l'esperto in materie che non conosce con l'unico risultato di rendersi ridicolo??

"Mi sarei aspettato qualche citazione di giurisprudenza in più"...su cosa? Sulle perizie rigettate? Sul comportamento processuale delle parti? Sulle istanze istruttorie? Sulla formazione della prova? A me sarebbe piaciuto tanto che venissero citate le sentenze che hanno condannato Paolo Stroppiana e Luigi Chiatti, il primo perchè è stato condannato per omicidio con indizi molto ma molto più labili di quelli contestati a Bossetti, il secondo perchè ha sentito il bisogno di uccidere due persone a distanza di un anno l'una dall'altra (così smontiamo anche l'assioma "Bossetti non ha ucciso nè prima nè dopo, quindi è innocente").

TommyS. ha detto...

continua

- nella foga di sminuire l'apporto dei consulenti della difesa, il giudice estensore, a mio modestissimo parere, ad un certo punto fa troppa confusione quando parla dei suggerimenti della Gino in merito agli ulteriori approfondimenti. Purtroppo, avendo in pratica la Bertoja secretato i verbali delle udienze (ed ancora vorrei capire grazie a quale giustificazioni in punta di diritto), non possiamo noi sapere cosa abbiano veramente detto in aula i consulenti della difesa. Ma se Sarah Gino ha parlato di mRNA e considerato che uno degli aspetti più oscuri di questa indagine genetica è stata l'impossibilità di una diagnosi confermativa della provenienza, mi sembra molto strano non abbia parlato di approfondire lo studio del mRNA per stabilire da quale tessuto provenisse il DNA di Ignoto1 (analizzando soprattutto la 31G20 dove il nDNA di Yara non era leggibile). E' vero che vi sono studi sulla possibilità di datare una traccia mediante l'analisi della decay ratio del mRNA, ma l'uso prevalente in campo forense è proprio quello della diagnosi di provenienza. Uso già abbondantemente noto nel 2011 tanto da far storcere il naso pensando al fatto che, apparentemente, al RIS non abbiano pensato di farvi ricorso. Senza poi parlare della Next Generation Sequencing (NGS) per l'analisi del mtDNA da tracce miste sulla quale vi è abbondante letteratura. Tecnica utilizzata anche da Casari a Milano per provare a sequenziare il genoma, nucleare, di Ignoto1. Tentativo fallito per l'elevato degrado del DNA nucleare (ma allora come hanno fatto a tipizzare SE33 o, e questo è davvero un altro lato oscuro della vicenda, i fenotipi relativi al colore degli occhi?). Stessa tecnica ma applicata su due aspetti differenti. E se mediante il sequenziamento di Sanger erano riusciti a tipizzare gli aplogruppi mitocondriali, sicuramente con la NGS sarebbero riusciti ad escludere definitivamente che il mtDNA di Bossetti fosse presente nelle tracce.

- e la stessa mancata pubblicità dei verbali di udienza mi fa dubitare fortemente che la Ranalletta abbia concordato, nei termini riportati in motivazione, sulla permanenza del cadavere nel campo di Chignolo per almeno due mesi. Se si legge bene, la Ranalletta afferma che le indagini esperite permettono unicamente di affermare che la permanenza in quel campo sia durata dai due ai tre mesi senza pervenire ad una maggiore certezza. Ma che la Ranalletta concordi sul fatto che il cadavere sia rimasto effettivamente in quel preciso campo per due o tre mesi non c'è scritto. E dalle testimonianze rilasciate fuori dall'aula sembra proprio che non condividesse questa ipotesi. Per cui l'impressione che ne ho ricavato è che quanto dichiarato dai consulenti della difesa sia sempre stato citato in modo tale da far sembrare che non vi fossero sostanziali divergenze con quanto sostenuto dai consulenti dell'accusa e soprattutto che gli scarsi contrasti fossero poi solamente lana caprina.

continua

Guglielma Vaccaro ha detto...

Ma quale secretazione di verbali, ma bastaaaaaaaaaaaaa

Chiedeteli alla difesa, loro ce li hanno per forza e li possono diffondere senza sanzioni.

Basta con questa MENZOGNA.

Guglielma Vaccaro ha detto...

Quando Sturlese Tosi ai tempi ha chiesto di vedere i verbali la Bertoja ha risposto picche per due motivi, perchè essendo il processo già molto mediatico era sconsigliabile che gli stessi andassero in giro in modo scriteriato, ma soprattutto perchè il giornalista NON ERA PARTE DEL PROCESSO,quindi non aveva nessun titolo per fare la richiesta che aveva fatto se non un generico diritto "la ggente deve sapere"(ma allora lo voglio per tutti i processi che si celebrano ogni giorno in Italia, civili e penali).

I verbali e in generale tutto quello che è contenuto nel fascicolo del processo sono in DISPONIBILITA' ESCLUSIVA DELLE PARTI perchè c'è una legge sulla privacy; tuttavia le parti possono diffondere elementi contenuti nel fascicolo del dibattimeno...chi ha presenziato a Quarto Grado senza battere ciglio quando è stato reso pubblico il filmato integrale dell'arresto?
Attendo risposta.

PINO ha detto...

TOMMY/S
Ho letto attentamente le tue deduzioni inerenti al tanto discusso dna accusatore (secondo le motivazioni), che ritengo, a modesto mio parere di semplice osservatore, logiche e lineari.
E pertanto, mi sorge una pungente domanda: perchè nonostante "Previderè si sia premurato di scrivere in perizia che lui non sarebbe stato in grado di leggerlo.", (l'ROa), si sia proceduto alla definitiva autenticazione di tale reperto?
Ce ne sarà una ragione, oltre che il fantomatico "complotto"?

Guglielma Vaccaro ha detto...

Adesso il trucco è ignorare i commenti che non piacciono...complimenti, proprio un modo corretto di dibattere.
Ho espresso concetti di cui sono più che sicura, se qualcuno dissente porti gli elementi che ritiene validamente contrari, diversamente devo pensare che ho ragione e nessuno riesce a trovare motivi per invalidare quanto da me espresso.

Guglielma Vaccaro ha detto...

Complotto? Pensato da chi e perchè? A quale scopo?
Perchè incastrare il sig. Massimo Giuseppe Bossetti, piccolo imprenditore della bergamasca sconosciuto all'Italia sino ai momenti precedenti l'arresto avvenuto il 16 giugno 2014?
E' molto divertente parlare di complotti ma nessuno che spiega mai i dettagli di questo piano DIABOLICO per....?

TommyS. ha detto...

gugly,

grazie per la consulenza pro bono che mi hai offerto, ma, imperterrito, proseguo.

________________________________________________________________

continua

- parlando delle indagini sui tabulati, le motivazioni, nuovamente con estrema sapienza, sorvolano su tanti aspetti. Conosco molto bene la materia anche se non mi posso vantare di essere uno dei padri del GSM. Ed allora quando nelle motivazioni leggo che il cellulare di Bossetti aggancia quella sera per ultimo il settore 3 dell'impianto Vodafone di Mapello, via Natta, guardando anche come è fatto quell'impianto, capisco subito che il dato tecnico è compatibile con il rientro a casa di Bossetti e non con la zona della palestra di Brembate di Sopra. E capisco anche molto bene perché il PM in udienza sia andata in escandescenza quando ha visto tracciati i settori di antenna dell'impianto in questione: sapeva bene che parlare di settore 1 e di settore 3 (entrambi GSM) di quell'impianto significava parlare di due aree geografiche decisamente differenti e non compatibili. Ma al GIP aveva venduto il dato fornito dai tabulati come significativo del fatto che Bossetti si trovasse nella stessa zona di Yara.
E capisco anche bene che il fatto che l'ultima cella presso la quale si era registrato il cellulare di Yara (per poi non essere più cambiata rimanendo cristallizzata nel VLR), cioè quella settore 8 (DCS) dell'impianto di via Ruggeri a Brembate di Sopra, non è compatibile con la presenza di Yara lungo la via di ritorno a casa o nella zona della palestra o lungo la strada, qualunque, per via Bedeschi a Chignolo d'Isola.
Ma anziché cercare di dare una spiegazione plausibile ai riscontri forniti dai tabulati di Yara e Bossetti, sforzandosi di inventare perlomeno un percorso successivo all'autostop di Yara (visto che il sequestro non è stato contestato), delle motivazioni (perché Bossetti avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornato a Brembate?), una timeline credibile, si lascia passare tutto con un alone di mistero insondabile perché intanto c'è il DNA che continua ad inchiodare Bossetti.

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gugly, dimenticavo

TommyS, ti do una notizia: le sentenze si scrivono così e i processi si avvalgono dell'ausilio di specialisti in singole materie...

Specialisti nominati dalla Corte non mi sembra proprio che ve ne siano stati in questo grado di giudizio. Come mi sembra che gli aspetti scientifici trattati nelle motivazioni siano esposti con sin troppa sicurezza e logica da parte di laureati in giurisprudenza, per quanto scrupolosi e bravi essi siano (ma forse tra i giudici non togati vi erano per pura fortuna un entomologo, un botanico, un anatomopatologo e, per non farci mancare nulla, due o tre genetisti forensi).

Poi, credimi, oramai di sentenze e motivazioni ne ho lette tante. Ed ogni volta ho sentito troppi brividi percorrermi la schiena.

Guglielma Vaccaro ha detto...

"Specialisti nominati dalla Corte non mi sembra proprio che ve ne siano stati in questo grado di giudizio..."

Infatti sei tu che confondi! La Corte ha fatto proprie le conclusioni dei consulenti della Procura perchè è stata convinta dalle loro argomentazioni, se avesse avuto dei dubbi si sarebbe proceduto in maniera diversa.

Forse non hai letto bene la sentenza nei punti in cui la Corte afferma che "la difesa ha concordato con l'accusa/la difesa ha espresso ipotesi non plausibili/la difesa alla luce di quanto espresso dal proprio consulente ha cambiato ipotesi..."

Esempio del ridicolo voltafaccia di cui all'ultimo punto le celle telefoniche

La difesa: la vittima non è mai uscita dalla palestra!
Il consulente della DIFESA: le celle telefoniche collocano la vittima fuori dalla palestra
Allora la difesa: la vittima è uscita in direzione opposta a quella solita!

Pagine 111-112 della sentenza...

TommyS. ha detto...

gugly

Ma quale secretazione di verbali, ma bastaaaaaaaaaaaaa

Chiedeteli alla difesa, loro ce li hanno per forza e li possono diffondere senza sanzioni.

Basta con questa MENZOGNA.


Così ha scritto Luigi Nicotera, consulente della difesa, sul suo sito in un posto condiviso da Salvagni (che non l'ha smentito in nessuna parte):

Un’altra cosa importante da ricordare per il pubblico che non ha seguito il processo dal vivo, ma solo tramite media -che nel tempo si son schierati-, gli atti ed i verbali di udienza -ovvero tutto ciò di cui si è detto al microfono difronte la Corte- non sono disponibili al pubblico, e sono stati segretati -per volere della Presidente della Corte- sino al terzo grado di giudizio, ovvero la Cassazione… pertanto nessun altro soggetto oltre alla Procura, i Giudici, le parti civili e la difesa ha a disposizione verbali e documentazione tecnica ed investigativa, su cui poter criticare strategie, metodologie e risultanze.

In ogni caso la presidente Bertoja di suo pugno scrisse così in risposta a Sturlese Tosi:

Visto si rigetta la richiesta; la pubblicità dell'udienza ed il diritto di cronaca sono garantiti dalla presenza dei giornalisti in aula, mentre è compito della Corte impedire un possibile uso improprio dei verbali di udienza

Sul rigetto della richiesta sino al terzo grado di giudizio vi è solamente la parola di Tosi, ma visto il tono della risposta scritta non ho modo di dubitarlo.

Quello che è stato imposto alle parti non posso saperlo, ma se sinora non è stato reso pubblico alcun verbale, posso anche pensare vi sia un atto formale di divieto o di accordo (imposto).

Guglielma Vaccaro ha detto...

Anche Nicotera ha detto una sciocchezza, molto semplice; hai riportato le parole della Bertoja che è quanto ho detto io.

Le parti possono diffondere i verbali, non c'è nessuna sanzione; abbiamo visto il filmato dell'arresto a Quarto Grado con in studio Salvagni, anche quello faceva parte del fascicolo del dibattimento...secondo te chi lo ha dato alla trasmissione?

Guglielma Vaccaro ha detto...

P.s. preciso: Nicotera ha scritto quello che ho detto io mi pare, riporto testualmente

" pertanto nessun altro soggetto oltre alla Procura, i Giudici, le parti civili e la difesa ha a disposizione verbali e documentazione tecnica ed investigativa, su cui poter criticare strategie, metodologie e risultanze."

Non è quello che ho scritto io? Certo, se ci si ferma solo alla parola secretati è facile gridare al complotto, leggiamo le cose per intero!

TommyS. ha detto...

gugly

L'ultima risposta, anche se devo fare altro.

La difesa: Yara non è mai uscita viva dalla palestra.

E' una delle ipotesi della difesa, visto che non vi sono testimoni che la collocano fuori della palestra dopo le 18.45 circa (ve ne sarebbe stato uno in realtà, ma non è stato ammesso dalla Corte)

L'aggancio del settore 1 di via Natta alle 18.44 con l'SMS a Martina è indizio del fatto che in quel mentre Yara si trovava fuori dalla palestra, molto probabilmente sul lato di via Caduti (un'uscita di sicurezza, quelle dove forse i cani hanno fiutato con insistenza il suo odore, permette di uscire proprio su quel lato). Secondo gli orari ricostruiti dalla difesa Yara deve essere rientrata in palestra , dove è stata vista da Francese in orario successivo. Secondo gli orari dell'accusa è alle 18.45 che Francese la vede, senza però avere la certezza che sia uscita subito dopo. Ma in ogni caso la vede dentro l'edificio, mentre secondo la difesa il non essere uscita dalla palestra potrebbe essere interpretato anche in senso lato intendendosi il complesso sportivo.

La registrazione sulla cella del settore 8 di via Ruggeri alle 18.55 non prova che il cellulare e Yara si trovassero assieme. Ma in ogni caso io non faccio parte del collegio difensivo e mi posso permettere anche di arrivare a conclusioni differenti.

Comunque se hai conoscenze tecniche di reti cellulari, ed in particolare della rete Vodafone di quella zona, sei anche tu liberissima di trarre autonome conclusioni.

TommyS. ha detto...

gugly

L'ultima.

Visto che sei apertamente schierata su posizioni differenti dalle mie e da quelle del collegio difensivo, per fugare qualsiasi dubbio sulle considerazioni che ho fatto in precedenza e smentirmi pubblicamente, perché non chiedi i verbali delle udienze alla Parte Civile. Penso che sarebbero felici di mettere la parola fine su qualsiasi ipotesi complottista che potrebbe ledere all'immagine ed onore della famiglia.

Guglielma Vaccaro ha detto...

Perchè devo chiedere io i verbali alla parte civile? Non ho alcun collegamento....a me basta la sentenza e quello che ho visto alle tre udienze a cui ho partecipato;è a gente come te che sostiene l'innocenza di Bossetti che non basta quanto prodotto...chiedete i verbali alla difesa, è sempre stata molto disponibile con chi vuole aiutare il loro assistito.
Sulle celle telefoniche leggo tutta un'interpretazione che in sentenza non mi pare ci sia....

antrag ha detto...

REPETITA IUVANT per gugly

antrag ha detto...
CONCLUSIONI:
Mentre è naturale che un gruppo di cittadini si batta a favore di un imputato, risulta quasi incomprensibile che un altro gruppo di cittadini dia una mano a comprovare le accuse, dati gli sterminati mezzi che Polizia, Magistratura Inquirente e Giudicante hanno a disposizione.
17 ottobre 2016 16:12:00 CEST

Guglielma Vaccaro ha detto...

Eh???

Bruno ha detto...

@Luca Cheli, ho letto con attenzione le tue osservazioni, Complimenti per l'impegno. La tua analisi mi ha permesso di capire i tanti punti oscuri e confusi del caso Bossetti. Grazie.

Paolo A ha detto...

TommyS

"L'aggancio del settore 1 di via Natta alle 18.44 con l'SMS a Martina è indizio del fatto che in quel mentre Yara si trovava fuori dalla palestra, molto probabilmente sul lato di via Caduti..."

Oppure Yara si trovava in via Sala, dove nessuno l'ha vista perché chiusa per lavori dalla parte di via Morlotti.

Riflettici Tommy, via Sala?!??!!

Biologo ha detto...

@TommyS., @antrag ed altri

Ancora date corda all'ipertroll gugly?

Vi rinfresco un po' la memoria sui meccanismi che sono alla base del suo funzionamento praticamente meccanico. Si perderà un po' di tempo adesso, ma se ne risparmierà in futuro conoscendo già cosa ci attende...

- Esponete una tesi diversa dalla sua -> Ridicolizza parlando di "gomblotto"

- Fate notare un fatto scientifico a sostegno della vostra tesi -> Glissa spostando sul procedurale

- Fate notare che la procedura è in contrasto con un fatto scientifico -> Dice che gli esperti della Procura non hanno avuto dubbi

- Criticate le affermazioni degli esperti della Procura -> Vi dice che la Corte non ha avuto dubbi sugli esperti della Procura

- Criticate la Corte -> Vi dice che gli esperti della Procura concordano con la Corte

- Evidenziate un dubbio -> Vi risponde che non ha senso perché la Corte non ha avuto dubbi

- Sostenete che si poteva comunque approfondire su qualche dubbio -> Risponde che non si è fatto perché la difesa non ha seguito la procedura

- La difesa non ha potuto far approfondire qualcosa per via della "procedura" -> Risponde lasciando intendere che la difesa ha volontariamente evitato di approfondire per evitare che venisse confermata la colpevolezza dell'imputato

- Non le rispondete su cose già spiegate in decine di altri commenti -> Vi accusa di non avere argomenti per invalidare le sue affermazioni

- Le rispondete -> Glissa nuovamente tornando alla procedura, alle decisioni della Corte, agli esperti della Procura, ecc.


E così via in un botta e risposta infinito pur di distogliere l'attenzione da fatti innegabili e dubbi irrisolti...


Qualche anno fa fu pubblicato uno studio interessante le cui conclusioni sembrano ritrovarsi perfettamente nello stile e nel contenuto dei commenti dell'utente gugly:

http://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/09/grafico.jpg

antrag ha detto...

Biologo, accolgo il tuo saggio suggerimento e vado subito a un tema
molto dibattuto, qui e altrove, quello delle celle telefoniche.

Risulta importante schematizzare su una cartina geografica, segnata con le zone d'influenza delle antenne coinvolte, i possibili movimenti, estrapolati da tabulati e testimonianze, della vittima e del presunto aggressore, a guisa di un plastico alla Vespa.

Lo sforzo di razionalizzazione e di rappresentazione plastica dei percorsi realizzabili verrebbe ripagato dal fatto di poter fornire addirittura un alibi all'attuale condannato, oltre che valutare le motivazioni della Corte su questo punto specifico.

Se questo è già tutto chiaro, che non si tenga conto di quanto ho scritto.

Vanna ha detto...

Complimenti Biologo!
Condivido.
Eccellente riassunto e superba ricerca.
Ho avuto modo di verificare passo dopo passo...

Biologo ha detto...

@antrag

In passato nelle discussioni sulla copertura delle celle telefoniche si era giunti a concludere che essendo piuttosto irregolare l'area di copertura dei settori e non esattamente corrispondente agli spostamenti il meccanismo di aggancio da una cella all'altra con coperture sovrapposte, l'unica informazione precisa che poteva trarsi dalle celle era la presenza di un cellulare in un'area piuttosto ampia.

Anche in sentenza ad esempio, laddove si parla dell'aggancio senza traffico del cellulare della piccola Yara ad un'altra cella nel momento di uscire dalla palestra, gli esperti hanno concluso che si tratta di una conclusione del tutto ipotetica.
Se ne deduce che poteva essere ancora all'interno.

L'aspetto significativo è che il cellulare di Massimo Bossetti dopo aver agganciato un settore compatibile anche con la sua abitazione non sembra produrre alcuna traccia nei tabulati nè cambiare cella a partire dall'ultimo dato prima delle 18 e fino alla mattina successiva.
Siccome una nota Vodafone asseriva che ciò non vuol dire che il telefono fosse stato spento, è possibile anche che semplicemente il telefono sia rimasto nello stesso luogo fino al mattino successivo.

Inoltre a quanto pare non c'è traccia del telefono di Massimo Bossetti nelle celle che coprono l'area di Chignolo d'Isola.

In definitiva, non solo l'ultimo dato ci dice che il telefono aggancia una cella che copre anche casa sua, ma non ci sono nemmeno dati che lo collocano in un'area diversa e lontana come quella del ritrovamento del corpo.

Nautilina ha detto...

A proposito delle celle, anch'io trovo molto importante lo switch registrato dal cellulare di Yara alle 18:55. Sia per capire dove si trovava lei in quel momento, supponendo che sia uscita dal recinto del centro sportivo non prima delle 18:50, come pensa Ezio Denti, sia per stabilire se ci sia stato un rapimento programmato con tanto di agguato.
O Yara è stata prelevata con la forza quasi davanti all'uscita (ma qiale) e allora è stato un rapimento con molta probabilità premeditato, o è stata rapita dopo cinque minuti di percorso, ma dove si poteva trovare? Lo switch di cella delle 18:55 fa pensare che fosse già stata rapita e condotta verso nord.
Perché una cosa mi sembra chiara ed ovvia, chi le ha preso il telefono a cinque minuti dall'uscita e l'ha messo fuori uso non stava pensando a un incontro romantico.
Cadrebbe l'ipotesi di Bossetti che reagisce male alle avance respinte nel campo di Chignolo. Anche per mancanza di tempo.

Tra l'altro, è vero che il telefono di Bossetti quella sera non agganciò mai la cella di Chignolo, quindi non può essere andato in quella direzione alle 19 e neanche durante la notte.
Ma se fosse stato veramente scarico, come lui stesso ha detto in un'occasione alla moglie?
Cosa succede quando un telefono è scarico, comunica lo stesso con le celle telefoniche? Scusate la domanda scema, non uso quasi mai il cellulare. (Sì, sono un'italiana atipica)

Bruno ha detto...

@Nautilina, non è per niente una domanda scema. Anzi, tutt'altro.

Luca Cheli ha detto...

@Bruno

Sono contento che tu abbia apprezzato. :-)

Luca Cheli ha detto...

@gugly

In tema di complotti io mi sono esercitato un poco:

https://bossettiade.wordpress.com/2016/05/14/ipotesi-di-complotto/



Gilberto ha detto...

@Luca Cheli
Grande lavoro, molto vasto, ricco di spunti per ulteriori approfondimenti. Piaciuta molto la parte sulle ipotesi di complotto, offre suggerimenti non banali, anche se in veste ipotetica.

Luca Cheli ha detto...

@Gilberto

Beh chiaramente sono ipotesi ... :)

Nautilina ha detto...

Luca Cheli,
molto interessante la tua analisi sulle ipotesi di complotto. Diciamo che sono abbastanza d'accordo con le tue preferenze...non mi ha mai convinto l'idea che il colpevole sia stato creato in laboratorio con la complicità delle istituzioni, perché poi sarebbe stato assurdo far passare tre anni prima di arrivare a Bossetti.
Una volta appurato che Ignoto 1 apparteneva alla stirpe dei Guerinoni, bastava una breve ricerca (non araldica) per rintracciare tutti i parenti maschi in vita e residenti nel circondario; poi sarebbe saltata fuori per puro caso la spiata su Ester Arzuffi e via, diritto al figlio Massimo. Se qualcuno voleva fare bella figura, gli bastavano sei mesi, al massimo un anno.
Che bisogno avevano di prolungare a dismisura le indagini?
Senza contare l'aspetto morale, deontologico di un sospetto del genere. No, mi rifiuto proprio di crederci.

Invece sullo spostamento di Yara ho diversi dubbi. La perizia della dott.ssa Cattaneo dice che il terreno sotto il suo corpo recava i segni di una permanenza di almeno 25-30 giorni. Non mi sembra che questo punto sia stato confutato dalla controparte, o sbaglio? Se il corpo fosse stato messo lì pochi giorni prima del 26 febbraio non avrebbe lasciato impronte, o quasi.
Comunque nulla prova con certezza che Yara sia rimasta in quel campo dalle ore 19 del 26 novembre, nemmeno la fogliolina mai vista né fotografata.
Potrebbe essere stata portata a Chignolo ai primi di febbraio.
D'altra parte, come spiegare che nessuno l'abbia vista dall'elicottero? A meno che i voli non fossero stati sospesi alla fine di gennaio...
Chissà.

Vanna ha detto...

Nautilina, riporto il tuo del 18 ottobre 2016, ore 19,51.
"Tra l'altro, è vero che il telefono di Bossetti quella sera non agganciò mai la cella di Chignolo, quindi non può essere andato in quella direzione alle 19 e neanche durante la notte.
Ma se fosse stato veramente scarico, come lui stesso ha detto in un'occasione alla moglie?
Cosa succede quando un telefono è scarico, comunica lo stesso con le celle telefoniche? Scusate la domanda scema, non uso quasi mai il cellulare. (Sì, sono un'italiana atipica)"

La ricerca telefonica non ha dato risultati significativi, mi sembra che dal primo controllo tel. dei primi momenti, il telefono stesse lontano da Bremate e Chignolo, non si sa perché non ne hanno tenuto conto.
Io credo che la ragazza non sia stata prelevata per strada, potrebbe essere rimasta sequestrata in palestra prima di essere prelevata, magari nella notte, per portarla al cantiere.
A meno che quanto affermato da Tironi nei primi momenti fosse avvenuto. Ma egli ritrattò...
( per quanto riguarda l'uso del cellulare sono atipica pure io).

Luca Cheli ha detto...

@Nautilina

Luca Cheli,
molto interessante la tua analisi sulle ipotesi di complotto. Diciamo che sono abbastanza d'accordo con le tue preferenze...non mi ha mai convinto l'idea che il colpevole sia stato creato in laboratorio con la complicità delle istituzioni, perché poi sarebbe stato assurdo far passare tre anni prima di arrivare a Bossetti.


Io non sostengo l'idea del complotto istituzionale in merito alla fabbricazione del DNA, mi limito a riportare quella che è un'ipotesi che circola su Internet e che spiega il ritardo nell'individuazione di Bossetti con una lotta di fazioni all'interno delle istituzioni stesse.

La tesi che favorisco, come ho scritto, è un'altra, ovvero quello di un delitto pianificato per mandare un messaggio, probabilmente proprio alle forze dell'ordine.

Delitto in cui, per di più Bossetti, così come la Brena, non doveva probabilmente nemmeno fungere da capro espiatorio, quanto da "elemento di confusione".

Anonimo ha detto...

PERCHé NON CI SPOSTIAMO A SCRIVERE SOTTO L?ALTRO ARTICOLO DI GILBERTO?

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