Di Gilberto Migliorini
Le analisi circa gli errori di
campagna elettorale si sprecano. Le performance di un movimento o di un partito
politico vengono squadernate sempre col senno di poi. Prima si sta sulle
generali, poi tutto appare chiaro e posto in stretta relazione, il determinismo
sociologico regna sovrano. I risultati alla luce del voto appaiono evidenti: io
l’avevo detto, non poteva che finire così: si
è trattato di una strategia suicida vs
un’ottima campagna elettorale… Tutti gli strateghi del mondo politico
considerano l’elettorato una variabile dipendente, quell’attore prevedibile che
sulla base di analisi vettoriali risulta simile a un universo entropico in cui
la misura del disordine è regolato da precise misurazioni statistiche. Non si
tratta di sociologia, si tratta della termodinamica di Boltzmann.
Sembra quasi che certi opinionisti abbiano la sfera di cristallo, ma nel modello
flashback i comportamenti dell’elettorato sono considerati del tutto
prevedibili, organizzati alla luce di precisi input e di strategie
circostanziate. In fondo siamo considerati solo come topini da ammaestrare opportunamente
incanalati: vuoi con qualche scossa elettrica (rinforzi negativi), vuoi con
qualche bocconcino prelibato (rinforzi positivi), noi elettori seguiamo il naturale
percorso nel labirinto organizzato come un caravanserraglio.
La fisica sociale
è la nuova frontiera che con l’utilizzo di gigantesche memorie computerizzate possono trattare miliardi di dati e in base ad algoritmi (più o meno
sofisticati) ricavare i comportamenti elettorali. Ma non si tratta, si badi bene, soltanto di compiere previsioni neutrali osservando i topini nel loro ambiente
naturale o le formichine come fa l’entomologo. I cacciatori di farfalle (i
voti, statisticamente rilevati attraverso il peso di una quantità di variabili
rappresentative) non si limitano a fotografare i comportamenti sociali, ma
forniscono opportuni rinforzi per
orientare l’opinione pubblica (condizionamento operante skinneriano). Insomma, si tratta di ingegneria sociale, di
persuasori più o meno occulti, di quegli incoraggiamenti
per spostare qualche migliaio o milione di voti sul cavallo che si vuole
vincente. Fin qui le teorie dei persuasori occulti, dei condizionamenti e delle
teorie delle comunicazioni di massa che hanno un senso nelle nostre società
cosiddette democratiche dove esistono complessi sistemi di rilevazione (basti
pensare alle carte di credito, ai bancomat, alle carte fidaty, ai rilevamenti
elettronici in rete… perfino la navigazione con Google Maps può suggerire dove
l’elettore potrebbe andare a parare…).
In quest'ottica i comportamenti
elettorali sarebbero non solo statisticamente prevedibili, ma anche variamente
influenzabili attraverso opportuni input e strategie di comunicazione. A questo
però bisogna anche aggiungere la possibilità di taroccare i risultati elettorali, che in qualche caso possono spostare il baricentro quel tanto che basta. Ultima
notazione è il carattere casuale di eventi, soprattutto nell’immediatezza del
voto, che possono traslocare quegli indecisi verso un partito piuttosto che un
altro. Ma anche in questa evenienza il caso può non essere del tutto casuale…
Fin qui tutto darebbe ragione ai
fisici del sistema elettorale trattato come le molecole disperse in una stanza
all’apertura di una boccetta di profumo (entropia statistica). L’unico appunto
agli ingegneri dei risultati elettorali è che se davvero vogliono fare i
profeti (su base algebrica) sarebbe opportuno farlo prima del voto, dopo è fin
troppo facile fare analisi che dimostrino che il successo o l’insuccesso erano
del tutto prevedibili sulla base della strategia comunicativa dei partiti, considerata radicalmente sbagliata o perfettamente coerente con l’ottimo
risultato perseguito. L’analisi dei flussi di voti ha sempre qualcosa che
ricorda le ricette dei cuochi, c’è sempre la possibilità di personalizzare
l’analisi con l’aggiunta di qualche ingrediente... e alla fine non sai mai bene
cosa ti hanno messo nel piatto.
Purtroppo in realtà le cose
sono un bel po’ più complicate. Senza tirare in ballo la meccanica quantistica
e il principio di indeterminazione, occorre osservare due o tre cosette che
rendono la fisica sociale un tantino velleitaria. La psicologia sociale si
serve di teorie che sono soltanto approssimazioni, sono filosofie del come se, cioè gusci vuoti che non hanno
la pretesa di cogliere la realtà sociale com’è, ma solo di costruire un modello
per rendere afferrabili e intellegibili (per quanto possibile) i comportamenti
sociali. La fisica invece - nonostante l’epistemologia contemporanea e il
convenzionalismo abbiano mostrato i limiti del realismo nella scienza (ma in
genere i fisici teorici non si occupano di epistemologia perché sono troppo
impegnati nelle loro misurazioni e a costruire teorie del tutto) - permane
nella convinzione di una realtà oggettiva indipendente dal soggetto che la
conosce. Nonostante qualche dubbio sollevato dal principio di indeterminazione,
la scienza contemporanea si mantiene coerente all’assunto che i suoi strumenti
concettuali e materiali rilevino la realtà là fuori così com’è, magari servendosi
di acceleratori di particelle, di laser, di radiotelescopi e dell’immancabile teoria
dell’inflazione (che adesso pare dubbia) che presto ci dirà come diavolo siamo
qua a discorrere non solo del tutto,
ma anche dei sistemi elettorali e delle strategie politiche.
Nel secolo del cervello poi si troverà
finalmente la quadra e ci diranno deterministicamente perché votiamo chi… salvo quel margine di incertezza del collasso
della funzione d’onda...
Tornando a bomba, alle
strategie politiche e ai processi di influenza sociale, occorre dire che il
determinismo ottocentesco è davvero una malattia mortale che ormai riguarda
ogni ambito dello scientismo contemporaneo. Tutte le teorie ottocentesche in
realtà sono state affossate, ma il vecchio determinismo è più che mai in auge e
nonostante l’indeterminazione dei quanti si cerca di darne interpretazioni
ad hoc per riportarlo in auge (il determinismo). Con la genetica si era creduto
che finalmente l’homo sapiens fosse stato decodificato (un determinismo all’ennesima
potenza in grado addirittura di rilevare punto su punto quello che siamo e
perché facciamo quello che facciamo, salvo poi scoprire che quel dna spazzatura non è poi così da buttare…).
In ambito criminologico si è rinnovata la vecchia frenologia e fisiognomica, ma
andando più a fondo in modo viscerale e con il microscopio a scansione
elettronica. Nel caso dei comportamenti collettivi le teorie in psicologia
sociale sono in genere un po’ più accorte nel pretendere di fornire previsioni
sui comportamenti sociali.
La complessità dell’attore sociale è nota. Le varie
teorie del comportamento in pubblico e delle comunicazioni di massa forniscono
solo indicazioni e suggeriscono schemi orientativi e non già realtà predittive.
Per quanto con l’avvento dei computer si possano trattare moli di dati davvero
considerevoli e per quanto si possano delineare profilazioni attraverso gigantesche banche dati (in qualche caso
con informazioni carpite senza l’assenso dell’attore sociale), la possibilità
di rilevare previsioni ad esempio in ordine ai risultati elettorali rimane
piuttosto teorica e con un’ampia latitudine interpretativa (vedi le recenti
elezioni). Il fatto è che non solo gli individui cambiano, ma anche la realtà
sociale nel suo complesso si modifica impercettibilmente modificando i pesi che
vanno a comporne i criteri di misurazione. Inoltre gli algoritmi interpretativi
sono pur sempre ricavati induttivamente e rappresentano approssimazioni
talvolta del tutto opinabili. Senza togliere nulla alla statistica, rimane il
fatto che spesso non si sa bene cosa si sta misurando: se un mondo
convenzionale di numeri sotto forma di profezia
che si autoadempie, o semplicemente delle oscillazioni numeriche, frattali
belli e insignificanti. Quando storicamente avvengono dei grandi sconvolgimenti sembriamo tutti impreparati e presi alla sprovvista, segno che esistono forze
sconosciute e sotterranee che all’improvviso affiorano ed esplodono
inaspettatamente.
La statistica nel campo della fisica è in grado di prevedere
(almeno su base locale) che l’entropia (la misura del disordine) è più
probabile e che una folla lasciata a se stessa si disperderà in modo
disordinato (non già come soldatini ben allineati), ma per definizione non sarà
mai in grado di prevedere l’evoluzione del
tutto trovandosi all’interno del sistema. A maggior ragione non può
esistere una teoria sociale in grado di prevedere i comportamenti collettivi
senza margine di errore significativo e senza mettere in conto l’effetto catastrofe. Per quanti sforzi il
potere faccia per tenere sotto controllo la società è assolutamente impossibile
prevedere come possa cambiare talora repentinamente il quadro sociale di
riferimento, sia che si tratti di risultati elettorali, sia che si tratti di previsioni
politiche. Un conto è l’analisi fattoriale (come mera realtà numerica e
convenzionale) e un conto il processo di imputazione storico-sociale (con tutto
il margine di indeterminazione in ragione di un’infinità di fattori sconosciuti
e forse non suscettibili di un trattamento numerico).
La realtà (non solo
quella sociale) sembra davvero sempre più complessa di quanto riusciamo a
immaginare. La scienza - sia che si tratti della cosmologia, sia che si tratti
della sociologia - rimane più vicina all’arte culinaria piuttosto che alla
teodicea…
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che nel sito mi votano sempre contro, dico che il loro dissenso è importante in
quanto dimostra se non altro che esistono regolarità nella disposizione di
voto.
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