lunedì 15 agosto 2011

Ricordi di un Ferragosto davvero speciale. Buon Ferragosto a tutti.

Massimo Prati 
Nelle sere di luna dalle persiane della mia camera filtrava l'esterno, filtravano le ombre, filtrava la paura. In apparenza si potrebbe credere che da quei giorni siano passati quarantacinque anni, in realtà se chiudo gli occhi è accaduto ieri ed il ricordo lo vivo ancora oggi con le identiche emozioni che mi trasmisero i sette anni e poco più che avevo allora. Una notte in particolare è impressa a fuoco nella mia mente, quella che portava al Ferragosto del '66 quando per la prima volta presi una sedia e salendovi sopra aprii le persiane, lo feci per esorcizzare il vento ed i rami dell'albero dei cachi che viveva a due metri dalla mia finestra. L'aria fresca mi colpì all'improvviso raffreddando le lacrime che ogni notte, da settimane, scendevano sulle mie guance. Muoveva lei i rami e le foglie che la flebile luce lunare, insinuandosi in spiragli invisibili, trasformava in ombre mostruose, ombre proiettate sulla parete appena imbiancata che vedevo ogni qualvolta nel buio aprivo gli occhi. E quei mostri in movimento annullavano il coraggio che ogni sera accumulavo prima di andare a dormire. Ma quella notte no, quella notte mi ero armato della vecchia zanetta di mio nonno ed avevo deciso che era giunto il momento di farmi rispettare. Già da tre settimane quella era camera mia ed io non ero ancora riuscito a dormire tranquillo.

Fino a ventun giorni prima il mio letto non si trovava in quella stanza, era a tiro del russare di mio padre ed io, col suo grasso respiro nelle orecchie, dormivo beatamente e al sicuro; in quella camera dormiva mio nonno Palin, il piccolo Paolo, che già da un paio d'anni era parte integrante del materasso marrone su cui stava perennemente sdraiato, almeno nei periodi in cui mia madre non era in casa. Io vivevo spesso con lui, ci servivamo a vicenda ed in quella camera non avevo mai avuto paura di nulla. Purtroppo qualche mese prima di quella notte la sua malattia lo portò alla morte. Ricordo ancora la sera in cui tornado da scuola sentii la campana del paese battere a morto, ricordo che il mio primo pensiero fu triste e che alcune lacrime le prese il vento, ricordo la bara di legno chiaro in cui era adagiato. Non vidi mio padre piangere per suo padre. E a dire la sincera verità non ricordo di averlo visto in quei giorni. Nessuno comunque fermò il mio andare e tornare dalla camera colma di toni bassi e rosari. Così la stanza che fino al giorno prima era piena solo della mia voce improvvisamente divenne lugubre per me che avevo da sei mesi passato i sei anni. 

Ricordo che quando la gente si alzò e mio nonno rimase solo mi avvicinai alla bara per chiedergli di aprire gli occhi, ero certo che, pur non parlando, mi avrebbe almeno guardato. Quando non si girò ci rimasi male e mi sedetti sul coperchio della bara; in una placca metallica era inciso il suo nome ed io vi sfregai sopra le dita per cercare di cancellarlo, per provare di annullare quella che ai miei occhi era una ingiustizia. Ma la vita fece il suo corso e dopo aver lasciato passare qualche mese mio padre ripulì ed imbiancò la camera per me. Un letto, un comodino, un armadio, una scrivania, uno scaffale con incollato alla fiancata un foglio in cui nel marzo precedente, nel bel mezzo di una sfogazione di morbillo, avevo disegnato ciò che la mia mente s'era immaginata di vedere dentro il mobiletto della macchina per cucire. Una birba di bimba con una enormità di boccoli.

Mia madre da ragazza
Ed io in quella camera, anche se distante dai miei genitori, di giorno ci vivevo sereno, era la notte che mi fregava. Ma quel 14 agosto, a cena, mia madre mi disse di riposare bene perché l'indomani, giorno di Ferragosto, saremmo andati alla fiera della Madonna del Monte ed io, pur non sapendo cosa fosse, a quella fiera con mia madre sarei andato riposato a tutti i costi. Sapevo che aveva bisogno di me, che la pancia ormai al sesto mese non le permetteva di stancarsi troppo e che le sarei dovuto rimanere vicino. Per questo volevo far sparire i mostri dalla parete, per questo avevo portato nel mio letto la zanetta di Palin. E con me non avevo solo il bastone ma anche il pensiero che continuamente chiedeva a mio nonno di aiutarmi perché, inutile nasconderlo, avevo paura di morire. E mentre me ne stavo seduto sul davanzale col mio pigiama vistoso a righe bianche e blu, mio padre mi aveva detto che i nemici si sconfiggono solo se non si indietreggia di fronte a loro, guardavo la luna ormai persa sullo sfondo dell'orizzonte.

Mio padre da ragazzo
Non so quanti minuti passarono prima che il vento smettesse di muovere le foglie, so che provai una forte soddisfazione quando mi accorsi che tutto all'esterno pareva immobile, il farsi vedere irremovibile aveva, per quanto potesse capirne un bimbo di sette anni, sortito l'effetto sperato. Ero felice di aver mostrato al mondo il mio coraggio e decisi di tornare a letto. Ma non potei farlo perché vidi nel cielo qualcosa che velocemente stava scendendo verso la mia finestra. Era una zattera nera con una vela nera. Sopra, munito di un solo lungo remo, un diavolo dal viso spaventoso che mostrava il giallo dei denti. Dio quanta voglia di scappare ebbi in quel momento, quanta voglia di chiudere la finestra e tornare a piangere nel mio letto. Eppure, a fronte della mia paura, invece di andarmene mi ritrovai in piedi sul davanzale, a gambe larghe e con la zanetta in mano pronta a colpire. Se mio padre aveva detto che non si doveva indietreggiare io non sarei indietreggiato neppure di fronte a Satana.

Mio padre negli anni '60
Ed il mio coraggio trovò forza quando la zattera si fermò in aria a pochi metri da me, quando la bestia che impugnava il remo smise di fissarmi e muovendo il busto cambiò direzione andandosene. Io la seguii con lo sguardo fino a quando scomparve. In quel momento ero una statua, non riuscivo a muovermi e passarono altri minuti prima che il mio corpo potesse piegarsi e tornare in camera. La paura non era del tutto passata ma la soddisfazione per quanto ero riuscito a fare mi stava a poco a poco tranquillizzando. Lasciai la finestra aperta e guardando il cielo, ormai buio, mi addormentai. Quando mia madre mi svegliò ero davvero riposato, tanto che mi alzai e l'abbracciai dandole mille baci. Lei mi sorrise ma quando andammo in cucina se la prese con mio fratello, di dieci anni più grande, e con mio padre in quanto, a suo dire, nessuno dei due la sera precedente aveva chiuso la mia finestra. Provai a spiegarle che l'avevo aperta io perché c'era un diavolo da cacciare, ma non mi credette e continuò ad accusarli. In tutti i modi quando uscimmo ero felice perché non capitava quasi mai che uscissimo insieme e che mio padre mi facesse salire sulla Lambretta 150 davanti a lui.

Mia madre negli anni '60
Di quel Ferragosto non ricordo nulla di materiale, solo i volti dei miei genitori che mi sorridevano ed il fazzoletto di raso che mia madre teneva in testa. Ricordo una gioia mai provata prima, gioia che si moltiplicò quando mio padre mi chiese di aiutare mia mamma a salire sulla Lambretta. Lei non accavallava le gambe alla sella, se ne stava seduta di lato come fosse su una qualsiasi sedia. Ricordo le sue parole al ritorno, dopo avermi fatto mangiare dei dolci mi disse di pensare un attimo a quelle persone che mentre noi ci divertivamo erano all'ospedale e stavano male, a quelle persone che i dolci non li potevano mangiare perché non ne avevano le possibilità. Non credo di aver capito subito cosa intendesse dire, so che mi vide serio e si affrettò ad abbracciarmi per farmi cambiare umore. Quando arrivò la notte mi addormentai senza alcuna paura pensando a quella splendida giornata, e l'armonia che avevo nel cuore continuò ancora per qualche mese... poi nacque mia sorella, una birba di bambina con una enormità di boccoli in testa che aveva sempre bisogno della sua mamma. 

E' con questa storia vera che voglio augurare a chi ha problemi di salute, a chi è dovuto restare in casa a causa del momento economicamente difficile, a chi in questo momento soffre per amore e crede, a torto ed io lo so, che il futuro sarà uno schifo, di passare un Ferragosto come quello che ho passato io nel '66. Sconfiggere le proprie paure e ritrovare la gioia si può, basta non indietreggiare di fronte a ciò che si crede sia un brutto e sicuro destino e godere di quanto d'importante abbiamo accanto o dentro di noi. 

Buon Ferragosto a chi mi legge.


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10 commenti:

Rita ha detto...

Bravo. Sei riuscito a far sentire proprie le tue emozioni.
Buon Ferragosto anche a te.
Rita

Mercutio ha detto...

MASSIMO, accarezzali con amore i tuoi ricordi: sono la parte più bella di te stesso.
Un abbraccio e buon ferragosto.
Mercutio

Marika ha detto...

Buon Ferragosto Massimo e Buon Ferragosto a tutti "gli amici del blog".
Marika

Anonimo ha detto...

Buon Ferragosto atutti gli amici del blog ma un buon Ferragosto speciale a Massimo, che con i suoi articoli mi tiene compagnia oltre che suscitare in me profonde emozioni e riflessioni.Un pensiero particolare a tutti coloro che a torto si trovano in situazioni di disagio e questo blog non ce li fa certo dimenticare.
Bea.

Sira Fonzi ha detto...

E' sempre un piacere leggerti e constatare che quel bambino coraggioso di sette anni è vivo più che mai dentro te.

Ora quei mostri li combatti davvero, e cerchi di farli apparire per come sono, a più persone possibili, con la stessa purezza e sensibilità.

Anche se in ritardo, un buon ferragosto a te e la tua famiglia.

Sira

alessandra ha detto...

Grazie, la tua storia è un regalo e un augurio prezioso.
Ne farò tesoro. A te e a tutti buon ferragosto e tanta serenità.
alessandra

Giacomo ha detto...

Mi unisco agli altri per augurare un buon ferragosto a tutti!

Giacomo

Anonimo ha detto...

.. ma l'hai visto davvero quel demone? cioè, ne hai il ricordo vero e concreto? @_@

Unknown ha detto...

Se chiudo gli occhi lo rivedo ancora. Certo non era un diavolo per come viene dipinto, con le corna o la coda. Chi ho visto io era basso, aveva la testa larga senza capelli e le braccia, come le dita che impugnavano il remo, molto lunghe, non ho visto orecchie e la pelle non so dire di preciso che colore aveva, sembrava scura e grinzosa e pareva bruciata a chiazze, i piedi non li ho visti ma il corpo era tozzo, si potrebbe dire deforme.

Questo è il ricordo che mi è rimasto, e per quanto mi risulta è reale.

Ciao, Massimo

Anonimo ha detto...

ho capito. e non stupirti se ti dico che ti credo. @_@