lunedì 27 giugno 2011

Giornalisti e pregiudizi. Dal 2000 ad oggi non è cambiato nulla e la storia si ripete sempre tale e quale


Francesca e Daniela
Oggi voglio tornare indietro nel tempo e scrivere di un fatto accaduto undici anni fa. Perché lo faccio? Per far ricordare ai giornalisti che è facile dimenticare, che i fatti nuovi surclassano quelli vecchi, ne prendono il posto e tutto ricomincia come se nulla fosse accaduto, anche e soprattutto il pregiudizio. La storia di Daniela Stuto è la storia di tanti altri; a volte sono storie conosciute anche a livello nazionale, altre solo a livello locale, ma sono storie fotocopia che, se ci si specchia, fanno capire quanto le persone non imparino dal passato. Tutto iniziò nel duemila quando la sua amica Francesca, che conosceva da più di quattro anni, morì dopo mesi di atroci sofferenze. Abitavano nello stesso appartamento di Roma, assieme ad altre due ragazze, entrambe studiavano ed avevano dei sogni, dei desideri da realizzare. Ma da tempo Francesca non stava bene fisicamente, tanto che la mattina della sua morte chiamò il dottore per farsi visitare. Lui la tranquillizzò ma lei continuava a stare troppo male, non riusciva a fare nulla, nemmeno a camminare, tanto che fu l'amica a prepararle una minestrina arricchita, si fa per dire, con un formaggino.

E lo sbaglio di Daniela fu dire alla Pm che l'aveva preparata lei quella minestrina. Così, una volta stabilito che era stata avvelenata, fu accusata di omicidio. E pensare che non c'era nessuno in casa quel giorno e che lei avrebbe potuto dire, fosse stata colpevole, di non aver preparato nulla, di essere rimasta in camera sua o, anche, di non essersi trovata nell'appartamento visto che sulle sedici era andata a far spese ed al ritorno aveva trovato l'ambulanza sotto casa chiamata da un'altra amica nel frattempo rientrata. Lei era salita nell'ambulanza con Francesca perché Francesca voleva lei accanto, erano davvero amiche, e lei le dava i pizzicotti per tenerla sveglia, per farla arrivare viva all'ospedale in modo che la potessero curare. Ma nonostante il suo attaccamento verso l'amica undici mesi dopo, nel gennaio del 2001, fu arrestata. E qui avvenne quanto ancora avviene oggi. I giornalisti si scatenarono appoggiando e condividendo in toto le scelte della procuratrice. I primi titoli furono all'incirca tutti uguali: "La morte undici mesi fa, si pensò ad un malore, svolta grazie ad una intercettazione telefonica. La madre dice: lo sapevo. Ragazza avvelenata: in cella l'amica del cuore. Roma. Il magistrato parla di gelosia lesbica. La vicina di casa: quel giorno venne a chiedermi un po' di zucchero, ora capisco il perché". Tutto fatto quindi, dato che lo zucchero preso in prestito serviva, lo spiega bene l'articolo, a togliere dalla minestra l'amaro del cianuro.

Ma questo fu il primo di una lunga serie di scempi. Il secondo, qualche giorno dopo, quando venne inserito il testo di una intercettazione. La ragazza parlando con una cugina si raccomandava di non dir niente ad una zia chiacchierona che avrebbe di certo informato tutto il paese, siciliano, dove i parenti vivevano. Le parole ritenute importanti furono: "chidda mi fa arrestari". Ma oltre all'intercettazione vi fu chi parlò di un interessamento per il fidanzato dell'amica, un nomade che al tempo della morte stava lasciando la moglie, ed i sei figli, per andare a vivere con Francesca. Così quando Daniela Stuto disse di non aver mai nutrito nessun interesse per il ragazzo lui ai giornalisti ed al giudice disse che nei mesi precedenti lei cercò un approccio. Ed i giornali a questo punto spararono ancora più in alto, entrarono nella sua vita privata e scrissero: "L'assassina voleva farsi curare. Due settimane prima dell'omicidio si era presentata al Cim di piazza Bologna, la diagnosi fu depressione nevrotica. La misero subito in cura data la gravità della malattia".

E così ai lettori fu servita un'assassina su un piatto d'argento. A questo punto perché fermarsi, ormai si era partiti ed i giornalisti avevano trovato la strada giusta, quella che serviva a far vendere i quotidiani, quindi calcarono la mano scrivendo: "Lo zio e il fidanzato dell'assassina sapevano che l'aveva uccisa col cianuro. Dopo ore di interrogatorio i due ammettono davanti alla Pm di aver mentito e di sapere dell'omicidio col veleno nella minestra". E la gente si accanì. Bingo! Era chiaro che non poteva essere stata che lei. Ma non si fermarono i giornalisti, anche se per l'opinione pubblica ormai la ragazza andava solo che condannata volevano affossarla definitivamente ed allora scrissero: "I periti confermano che il grafico emozionale condanna la Stuto. Al telefono il tono si altera, è lei l'assassina. La procuratrice parla del movente. Il suo era un amore lesbico ed aveva delle gelosie in quanto l'amica aveva avuto tutto dalla vita e lei nulla". Ed Il Messaggero, già allora quotidiano votato al pettegolezzo fasullo, andò fin dal parroco di Pesaro e scrisse che lui sapeva che Daniela e Francesca si amavano.

Nei mesi, mentre i giornali impazzirono ancora di più sulla notizia, entrarono in scena i giudici. Il tribunale del riesame non scarcerò Daniela Stuto e motivò con queste parole: "L'avvelenatrice ha una psiche disturbata. Il quadro indiziario è granitico, tutti elementi gravissimi e tutti orientati verso l'indagata, è per questo motivo che non tornerà in libertà. Ad esempio è chiaro che il motivo per cui la ragazza quel pomeriggio si è allontanata di casa per fare la spesa, proprio mentre l'amica necessitava di lei, va ricercato nel bisogno di sbarazzarsi del veleno per allontanare da sé ogni sospetto. Non solo. Dopo la morte dell'amica disse ad un agente di non essere riuscita a non farla suicidare, poi negò di avere fatto quelle affermazioni ma non vi è ragionevole dubbio per cui lui dovesse mentire o mal ricordare. Per quanto riguarda il movente non si può procedere con la logica comune perché la psiche della Stuto appare quantomeno disturbata e si tratta di una persona che all'epoca dei fatti era in cura al Centro di igiene mentale. Quindi non può tornare in libertà perché deve essere ritenuta pericolosa, tenendo conto del fatto che l'omicidio e le modalità di esecuzione sono da ritenersi atroci e aberranti e appaiono indici di una personalità proclive al compimento di atti di efferata violenza". Quindi una assassina acclarata ed indifendibile per i giudici del riesame. Però qualcosa poi cambiò perché si scoprì che il cianuro sciolto nella minestra avrebbe avuto un effetto diverso sul corpo di Francesca.


A questo punto lei si rivolge al Gip per essere rimessa in libertà. Ma lui, pressato dalla procura, cambia "l'arma del delitto" e scrive nelle motivazioni che è stata uccisa con una bibita color canarino, bibita che la Stuto abitualmente preparava. Nel frattempo la stampa va ha trovare tutte le amiche, anche le più improbabili, che improvvisamente dicono di essersi accorte delle strane tendenze di Daniela, del suo scherzare che al momento non dava adito a pensieri ma che ora, dato che è in arresto... insomma, qualcosa deve aver fatto perché in caso contrario non avrebbe senso indagarla. Così escono tante persone che indirettamente, ed anche direttamente, la accusano. Si arriva a fine anno, le indagini si concludono e viene fissata una data per il processo. Nel frattempo tutto si ferma, tutto tace, ormai non interessa più a nessuno la storia di Francesca e Daniela. L'assassina è agli arresti domiciliari e presto sarà condannata. 

Ed ecco che quattro mesi dopo arriva il processo. La richiesta dell'Accusa è 25 anni di galera. Il verdetto dei Giudici è questo: "Daniela Stuto è innocente. L'unica ipotesi plausibile è quella del suicidio, l'unica anche perchè fattibile. E' comprensibile il sentimento di frustrazione del Pm che cerca a ogni costo un colpevole per non far rientrare anche questo caso nel gran numero degli omicidi irrisolti ma, ipotesi per ipotesi, nulla vieta che sia stata una qualsiasi delle altre amiche che vivevano in quella casa a somministrare il cianuro, o che sia stata la stessa Moretti a prenderlo o che sia stato l'Halilovic (il fidanzato con sei figli ed una moglie da cui poi è tornato) a farglielo ingerire". 

Questa la sentenza che in Appello, ma già in primo grado fu la stessa, assolse per non aver commesso il fatto Daniela Stuto. All'uscita dal tribunale la ragazza, segnata da un arresto e da sedici mesi di domiciliari, disse: "Questo è il momento che aspettavo da due anni, adesso basta, è finita. Non è facile aprire un giornale e leggere, 'quella ragazza è un'assassina', è una ferita che non si rimargina, ne resterò segnata per sempre. Spero che il mio processo metta in evidenza la superficialità con cui, a volte, si fanno le indagini".

Questa, riassunta, la storia che se guardiamo negli specchi di oggi ritroviamo attuale nella forma e nei pregiudizi. I giornalisti ci marciarono convicendo i lettori del fatto, dato per certo in tutti i quotidiani con un enorme quantitativo di prove indiziarie, che Daniela Stuto fosse colpevole. E non sto a dirvi cosa le persone colpevoliste scrivevano sui forum dei giornali, ancora i blog erano pochi, vi dico solo che dopo l'assoluzione della Stuto tutti gli articoli vennero cancellati dai siti internet ed ora si trovano solo negli archivi delle testate più importanti. 

C'è da chiedersi il perché... qualcuno aveva la coda di paglia?




2 commenti:

nico ha detto...

Caro Massimo. Che non ci permetti di dimenticare, che cerchi di riabilitare l'immagine di una ragazza normale stritolata dagli ingranaggi di una giustizia ingiusta e spietata. E' passato del tempo ma ricordo bene l'accaduto, che come dici tu é fotocopia di tanti altri casi nei quali un inspiegabile accanimento mediatico e giudiziario ha segnato la vita di innocenti. Perché sostenere che una persona ha ucciso, sbatterla sui giornali, fare dichiarazione che non ammettono il dubbio, e tutto questo in assenza di una sola prova decente, é un atto criminale. Nel caso di Francesca e Daniela, come in tanti altri, fa rabbia sentire gli inquirenti e gli esperti criminologi e cosiddetti psichiatri che sottoscrivono la condanna su basi ridicole e irrispettose. Se é mai successo che una donna abbia fatto uso di calmanti o si sia rivolta a un centro abilitato al sostegno psicologico - che so magari dopo un periodo difficile - allora é depressa, pericolosa, inattendibile. Ma ci fossero andati loro! Chissa', magari avrebbero fatto pace con se stessi e non si sarebbero accaniti su una ventenne.
Quanta superficialita', e quanto sadismo possono venire da chi dovrebbe tutelarci. Che tristezza queste storie; l'uomo sbaglia, e la giustizia pone rimedio. Ma quando é la giustizia a sbagliare, l'uomo é solo e perduto. Ciao e grazie come tante altre volte

Anonimo ha detto...

Comprendo il disagio di Daniela, lo comprendo nelle pieghe nascoste della vita quotidiana, quella vita che improvvisamente ti cambia sotto gli occhi e non puoi fare niente.
Credo che l'italiano in generale sia un superficiale, i giornali scrivono di tutto e di più e l'85 % di quello che scrivono sono menzogne e falsità, ma è quello che vogliono gli italiani. Siamo un popolo di mediocri da sempre, basti guardare la politica e quello che l'informazione fa nei confronti del M5S. Il problema vero è che l'italiano è povero dentro.