Di Gilberto Migliorini
In astronomia si credeva che
da un buco nero non potesse sfuggire più nulla, neppure la luce per via del suo
intenso campo gravitazionale. Nessuna informazione dall'orizzonte degli eventi raggiungerebbe
mai un osservatore esterno. Ma per alcuni cosmologi non è così…
Il caso Bossetti in effetti
assomiglia molto a un buco nero con tutti i reperti e le analisi che non
vengono consegnati alla difesa, i processi senza telecamere, le analisi che non si
possono rifare (e c'è qualcuno che dice perché non si vuole rischiare una clamorosa
smentita) perché non c’è più niente da analizzare: tutto esaurito.
Eppure permane quella strana
sensazione che al di là di un focoso contraddittorio - parole grosse,
contrapposizioni, dichiarazioni polemiche alla stampa, prese di posizione delle
parti in causa dettate da un irrigidimento sulle proprie posizioni in una inconciliabile
e irrisolvibile differenza di interpretazione e di valutazione di tutto il
contenzioso scientifico e del sistema probatorio - si tratti più che altro di
una recita a soggetto, forse perfino con una bella sceneggiatura con scene
numerate, col primo tempo, il secondo tempo e il finale del film.
Il Truman Show nel nostro caso
è però un tantino più complesso. Il pubblico in sala non lo sa ma anche lui fa
parte del copione, ne è un elemento indispensabile, è proprio dentro il film
anche se non avverte di essere inquadrato e di recitare a sua volta la parte
che gli è stata assegnata indirizzandolo opportunamente ad assumere il ruolo
che gli compete.
È pur vero che questo accade
sempre nel sistema delle società mediatiche dove tutto è un gigantesco
marketing e un palcoscenico di illusionismi. Nel nostro caso la sceneggiatura è
davvero scritta con maestria, cura del dettaglio e delle sfumature
psicologiche, grande attenzione ai dialoghi, ai format, allo storyboard. Un lavoro da professionisti, non improvvisato tanto che sembra davvero di trovarsi sul set di un film in lavorazione.
Qualcosa però trapela,
tradisce la vocazione teatrale dei personaggi - salvo ovviamente quelli che
loro malgrado pagano dolorosamente sulla propria pelle l’oneroso mestiere di
vivere nel Bel Paese - e rende la storia perfino più avvincente, indeterminata
ed incerta.
Eppure pare sul serio che tutto lasci intendere un finale già scritto, una fine nota... ovviamente
nel segno della colpevolezza.
Alcuni dettagli però lascerebbero intuire il
colpo di scena, quello che non ti aspetti, quello che in realtà era già nel
copione, anche se ben nascosto nei dialoghi e tra le righe.
Bossetti alla fine verrà
assolto, per quanto tutto sembri alludere al contrario, per quanto il pubblico
in sala sia ormai persuaso che il protagonista è ormai bell'e arrostito sulla
graticola, la sceneggiatura non riesce a impedire che si intraveda un finale
difforme con un colpo di scena.
Ero convinto che sarebbe avvenuto nel secondo
grado di giudizio, ero rimasto ai due tempi di un film, invece siamo in una pièce
teatrale dove c’è anche il terzo atto. The show must go on. Certo, il terzo tempo,
la Cassazione. Ovvio.
C’è chi grida allo scandalo e
chi si frega le mani, l’eterna lotta tra innocentisti e colpevolisti. Quasi
tutti dimenticano che il vero imputato non è Massimo Bossetti ma il sistema giudiziario, il povero carpentiere è solo una controfigura, al più lo sponsor di un DNA, lo slogan di
un marketing ideologico-consumistico, di un utente impigrito e condizionato
alle mirabolanti magie della società dello spettacolo e alle analisi genetiche
che ti scodellano il colpevole in quattro e quattr'otto.
I tribunali sono ormai
succursali di un supermarket con gli slogan pubblicitari, gli sconti, i plus, i
benefit e... naturalmente le carte fidality per una utenza che trova direttamente a
catalogo e può scegliere il capro espiatorio più vantaggioso, può trovare un
colpevole che le sia più congeniale. I format televisivi, i dépliant e le
brochure servono a orientare l’utenza nel panorama che mette capo a una
telenovela: ognuno può scegliere dagli scaffali, decidere come impiegare i
punti fedeltà e scegliere la testa d’asino e l’uomo di paglia da bruciare sul
rogo. La moderna storia della colonna
infame si può ormai trovare a prezzi di saldo, in promozione, perfino con
consegna a domicilio e ovviamente con il regalo...
Siamo ormai convinti che tutto sia alla luce del sole: ovvio che il buco nero non si vede o, al massimo, si intravede sullo
schermo cosmico...
Il caso Bossetti, come il caso
Avetrana o come il caso Stasi e tanti altri, può ingenerare il dubbio che
la giustizia italiana abbia caratteri organolettici sui generis, che possano
intervenire talvolta discrepanze, equivoci ed errori fisiologici come in
qualsiasi sistema complesso e in qualsivoglia realtà sottoposta a fattori
imponderabili e a forze che non sempre agiscono in sintonia, talora tra loro in
conflitto.
Per quanto si voglia analizzarne il sistema legislativo e l’assetto
costituzionale peculiare di un Paese, il nostro (attraverso le sue leggi e i
suoi ordinamenti), è in altre occorrenze che bisogna cercare le regole di funzionamento
del sistema Italia, le sue idiosincrasie e la forma mentis che
surrettiziamente ne regola le procedure. Cercare gli algoritmi e la logica nei
testi canonici - nelle normatività e negli statuti - è come pretendere di
comprendere il funzionamento di una macchina semplicemente leggendo le istruzioni
per l’uso.
Il sistema giustizia, non solo in Italia, ha
l’apparenza di un tutto coerente secondo una logica perfettamente
integrata. Se mai esiste davvero l’errore, ci
dicono, si tratta di quell'inevitabile refuso dovuto a un qualsiasi sistema imperfetto, un esito fisiologico e non
già patologico, marginale e non sostanziale.
Ma è un altro il fondamento,
un altro il modello e l’impronta genetica che caratterizza il funzionamento
delle istituzioni, altri sono i caratteri che ne illustrano fisiologia e
anatomia. Non è certo quell'icona alla quale piace riferirsi: una storia patria
ricostruita secondo il modello oleografico e convenzionale che i format
mediatici si incaricano di dipingere e divulgare a un italiano sempre più addestrato ai
modelli computazionali e alle app di ultima generazione. Una appendice dello smartphone appesa al congegno elettronico come un suo
prolungamento.
Nella mentalità di un
popolo e nelle sue rimozioni, tutto quello che non appare perché latente e
invisibile, rappresenta il versante cieco dell’identità nazionale e la coazione
a ripetere i modelli culturali e funzionali, a riprodurre schemi di pensiero e
stereotipi.
Si cerca il fondamento della giustizia
nella nostra storia nel sistema che rimanda al diritto
romano, a Giustiniano e ai glossatori bolognesi. In realtà bisogna uscir fuori dalla logica
delle leggi (codici e pandette) per focalizzare quello che non compare nei
testi giuridici e nelle glosse. Occorre allontanarsi da quello che costituisce
la rappresentazione di una giurisprudenza convenzionale. Gli ectoplasmi e i
fantasmi ermeneutici non si vedono perché fanno parte integrante della cultura inconscia di un
popolo, della sua mentalità e dei suoi luoghi comuni. Si tratta di un buco
nero: abiti mentali, un sistema di norme implicite e non dichiarate che
agiscono surrettiziamente. Si tratta di una pedagogia che pur non essendo
codificata in un manifesto
programmatico, risulta essere l’ispiratrice di comportamenti, atteggiamenti e
‘valori’ che ormai costituiscono l’ossatura di tutto il sistema economico
produttivo con un’etica della situazione: Credere che la giustizia e la sua
istituzione sia un sistema che si pone al di sopra, come alata testa d’angelo,
significa credere alla favola costituzionale.
Il testo a fondamento ha la
souplesse e l’indeterminazione tipiche di una ermeneutica tanto creativa quanto
evanescente: una coperta che può agevolmente coprire le vergogne tirandola dove
occorre e rilasciandola dove conviene. Una costituzione può avere una duplice e
diversa utilità: essere un testo di garanzia per il cittadino o essere una
coperta sempre a disposizione per il potere per darsi giustificazioni e per
effettuare la classica quadratura del cerchio. In ogni caso la sacralità di uno
statuto assolve a una funzione strumentale in forza di regole interpretative
che ne fanno la cartina al tornasole di tutto un sistema di poteri e della loro
giustificazione.
Si sa che l’Italia è il paese
delle corporazioni che magari prendono nomi belli, altisonanti e con un
effetto estetico di riguardo. Anche le denunce e le filippiche, le tirate
ideali hanno spesso un carattere autoreferenziale: fanno riferimento, in modo
più o meno visibile e dichiarato, a un gruppo di appartenenza che tutela
prerogative e privilegi. La giustizia del Bel Paese non è da meno, rappresenta
un sistema di auto tutela, strumento non tanto di garanzie del corpo sociale
(salvo nella retorica estetizzante e nei discorsi programmatici), quanto
affermazione di un sé organico e autoreferenziale. L’immagine di imparzialità
e obiettività viene preservata attraverso accorgimenti di facciata, paludata
attraverso motivazioni che rimandano a
un corpo di leggi dove è sempre possibile reperire la formula di rito e il
modello esemplare.
Lo spot pubblicitario e lo slogan
propagandistico assumono nella formula giuridica, con tanto di commi e note a
piè di pagina, la sacralità del verbo in perfetta consonanza con i valori e i
principi solenni enunciati nel sacro testo costituzionale. Mediante gli automatismi del retaggio storico
il Verbo giuridico nel Bel Paese trova consonanza e riferimento in un sistema
di protezioni radicate nella mentalità e nel costume. Tutele e favori sono
allettati in una reciprocità (do ut des) che trova consonanza nel prestigio,
nella carica e nella consorteria di appartenenza.
Quello che erroneamente viene
definito come il sistema dei partiti, comprendendo anche quello delle
professioni, è in realtà qualcosa che affonda ben più in profondità, in senso
trasversale e longitudinale, in quella zona oscura e rimossa di un potere ‘super
partes’, in quanto tale riconosciuto e rispettato - condiviso e ripartito -
nell'ambito delle rispettive competenze e dei valori conclamati. La formula, al
di là del suo contenuto effettivo, risulta emblematica alla luce di ciò che è
inespresso, latente e invisibile. Il flatus vocis delle leggi - rumore di
locuzioni e concetti - è rappresentato dalla parola magica, interpretazione, che fa riferimento al
carattere - potenziale e virtuale - di una norma giuridica che giace nella
penombra in attesa dello sguardo fecondo dell’esegesi, della palingenesi dove
il cittadino assurge a protagonista in quanto oggetto di decodifica.
La caduta del fascismo con la
costituzione come nuova realtà giuridica, e prima ancora lo Statuto Albertino,
sono le pietre miliari di una metamorfosi che dimostra come al di là
dell’apparire si può cambiare tutto
senza cambiare niente. Nella sostanza il Bel paese rimane un sistema
feudale, sia pure organizzato secondo i canoni della modernità e imbellettato
con il maquillage di rito e il make up di ordinanza.
L’individuo isolato che si
voglia appellare alla oggettività del diritto nel Bel Paese, senza il riscontro
di un gruppo di riferimento organizzato, si illude di conoscere davvero il
senso delle leggi. L’interprete lo conduce per mano, sotto tutela, un infante
che crede ancora nelle favole e che si addormenta cullato dal suono di
rassicuranti ninna nanne.
Il potere in tutte le sue forme è organizzato in
consorteria, qualsiasi sia la modalità professionale o ideologica che lo
definisce come gruppo di autotutela. Se in gioco c’è l’assetto del potere, pesi
e contrappesi come a qualcuno piace esprimersi, allora entrano in gioco forze e
valori impliciti che sono ancor più di automatismi istituzionali, sono regole e
norme che non si trovano scritte ma che agiscono surrettiziamente,
rappresentano i correttivi e gli incentivi che danno alle leggi il ‘giusto’
peso e la ‘corretta’ interpretazione. Non si tratta necessariamente di un
esplicito riferimento a una consorteria o a una associazione, può essere anche
solo il legame ideologico e programmatico a un gruppo di potere, una eminenza
grigia che incombe, il mero accenno a una autorità o a una ipostasi di verità
conclamata (la religione, la scienza, la Vox populi... e perfino il si dice come sostanza aristotelica).
Una controversia tra persone
richiede che non entri mai in gioco qualche veste istituzionale o qualsivoglia
professionalità che configuri sullo sfondo un gruppo di ‘pressione’ organizzato
in consorteria, cosa che però accade quasi sempre in ragione del peso che le
controparti assumono e dei riferimenti interpretativi delle norme che
l’autorità e il rilievo dell’interlocutore comportano. L’oggettività del
diritto è una sorta di favola che affonda le sue radici in un corpo
legislativo, un flatus vocis, rumore in attesa di un interprete che può trasformare, con
lusinghe e allettamenti espressi con pregevole magniloquenza, anche l’asserto più arbitrario in un giudizio che gronda oggettività e
obiettività in tutte le sue occorrenze. Siamo in un Paese dove la retorica è
affilata con grande maestria.
Una macchina farraginosa può
comunque camminare, con molte spinte e controspinte, compromessi e mediazioni.
L’apparato più che inefficiente somiglia al marchingegno descritto da Kafka
nel celebre racconto In der Strafkolonie.
Le variabili sono tante e così complesse che quella che viene indicata come la
certezza del diritto fa capo a quel complesso sistema feudale dove la legge
alla fine è ricondotta alla libera convinzione e interpretazione di chi
possiede abbastanza potere da riuscire ad imporla.
Il fascismo è stato solo una
parentesi dove il potere è affiorato senza più bisogno di orpelli (se non
quelli di una scenografia teatrale) e di camuffamenti (se non quelli di una
retorica per il popolo bue). Lì l’arroganza del potere non aveva più avuto
bisogno di maschere. Chiusa la parentesi fascista, dopo la seconda guerra mondiale si è tornati a quella storia patria di un sistema
feudale surrettizio e variamente imbellettato e mascherato, l’anima della
mentalità di un popolo.
Però non bisogna essere
ingiusti e in sincerità dobbiamo dirlo che abbiamo la giustizia che ci meritiamo perché siamo un popolo senza cultura
(a parte lo sport e le veline) con una scuola fallimentare e un senso civico
pari a zero. Siamo il popolo di santi, di poeti e navigatori, ma, soprattutto, di zelanti opportunisti servitori della casta sacerdotale... un po’ con la toga e un po’ con l’immunità
parlamentare.
49 commenti:
@Gilberto, complimenti l'ho letto tutto di un fiato hai inserito tanti motivi per riflettere. Speriamo che possa leggerlo anche Bossetti prima che venga risucchiato completamente nel buco nero.
Oggettivamente non riesco a leggere Gilberto Migliorini: sarà sicuramente un mio limite ma dopo pochi passaggi riesce ad intorpidirmi, ad annoiarmi perchè cita sempre e comunque sempre le stesse metafore.
E' un peccato, perchè questo modo di scrivere cosi' autocelebrativo (magari faccenda del tutto involontaria ma perfettamente riuscita almeno a mio avviso) finisce col far perdere nei rivoli di uno scritto soporifero anche particolari che potrebbero invece essere molto interessanti.
Lo spazio eccessivo dato ai suoi saggi ed ai suoi scritti in genere mi hanno allontanato dal blog.
Non è, puntualizzo, che un mio giudizio personale e che come tale non pretende di essere da nessuno condiviso.
Scrivo queste righe perchè mi spiace ogni volta rientro in queste pagine leggo il "bentornata" il "non sparire ancora".
Non lo faccio per menefreghismo ma solo perchè davvero non riesco ad entusiasmarmi nel leggere e rispondere ad articoli come quello che sto commentando ora.
Rimane, e questo è un dato di fatto, che gli articoli di Massimo Prati scatenano di solito un bel confronto mentre gli articoli di Migliorini (non parliamo di quelli di Tumolo) finiscono col sembrare semplici esercizi di bella scrittura che non stimolano al confronto se non sporadicamente.
Stefania
Cara Stefania
Io quando un autore non mi piace lo salto a piè pari. Nessuno ti obbliga a leggermi, puoi tranquillamente ignorare tutto quello che scrivo. Per il futuro il mio consiglio è di obliterare i miei articoli, proprio come in un buco nero.
Gilberto, ci mancherebbe altro fossi obbligata a leggerti. Grazie comunque: mi conforta tu mi conceda questo diritto. ;-)
Rimane che il blog viene svilito nel suo complesso e questo ho voluto commentare.
Niente di piu' e niente di meno.
Stefania
Stafania
Questo significa che hai espresso il tuo giudizio senza neppure leggermi? Io mi astengo sempre da un giudizio quando non leggo, mi limito a dire che l'autore non mi interessa.
Bene
I miei articoli sviliscono il blog? Questo secondo Stefania che forse neppure li legge i miei articoli e che da tempo nemmeno frequenta il blog ed esprime opinioni. Chiedo a tutti i commentatori una conferma di tale giudizio stroncante. Nel caso non vorrò di certo imporre la mia presenza che Massimo Prati sembra invece apprezzare. L'utente-commentatore è senz'altro giudice del valore degli articoli dei lettori. Nel caso toglierò senz'altro e senza indugio il disturbo.
Ma no, Gilberto! Ti ho spiegato spero in modo chiaro che è un mio personalissimo limite! Non riesco a leggerti. Ho letto tanto dei tuoi scritti in passato ed anche oggi ho voluto leggere quello che hai scritto cercando di non avere preconcetto (mi annoi, è la verità).
Ma non devi prendere quel che ho scritto come volontà di scansarti.
Sicuramente tra i lettori ci sarà chi apprezza i tuoi scritti, cosi' come li apprezza Massimo.
Io non li disprezzo: solo non riesco a capirli perchè la noia finisce col condizionare il mio scarso livello di comprensione.
Stefania
Stefania sei in vena di complimenti eh? E non hai usato perifrasi o allegorie! Avresti potuto essere altrettanto chiara nei commenti di cui al precedente articolo, in quanto, forse per colpa mia, non ho capito un cazzo di quello che hai detto. Scusa per la parolaccia, ma di fronte a tanta e gratuita insensibilita', da sembrare villaneria, non ho saputo trattenermi. Ti prego non sparire di nuovo.
Grazie Stefania per la considerazione (il mio cognome, comunque ha due "m", non una sola). Da secoli o da millenni, la maggioranza ama leggere cose scontate in modo scontato, per cui polemizzare e approvare siano atti molto facili che non richiedano meditazione o approfondimento. Si vorrebbe che certi critici dessero esempio di grandi capacità scrittorie, visto che criticano quelle degli altri, non dimenticando però che una cosa è scrivere novelle, romanzi e poesie, altra saggi di natura storica, filosofica, politica o scientifica.
Sull'argomento generale e particolare ho già detto, e non desidero ripetermi. Spero che, nel frattempo, il nostro Massimo Prati possa pubblicare la mia proposta di riforma di un sistema che ritengo, come Gilberto, arcaico, primitivo e formalistico, che non mira alla verità dei fatti, ma a trovare capri espiatori per soddisfare le esigenze sanguinarie della pubblica opinione.
Un dato sulla legislazione fascista, per Gilberto: questa era molto più chiara rispetto all'attuale (il che non è poco), anche perché l'impostazione ideologica era una sola: oggi, non c'è impostazione ideologica, ma solo una serie scoordinata di egoismi affaristici alla base di tutto (vedi jus soli), di cui un certo Tito Boeri dà magnifica prova in questi giorni estivi, dando prova di alto senso delle proporzioni: l'1% varrebbe più del 99 %, e un settimo/ottavo della popolazione occupante la penisola darebbe ben l'1% del PIL, mentre, se lavorasse, dovrebbe dare almeno il 7 - 8%. Viva la matematica, illustre economista Boeri...
Forse al solito, siete delle ottime penne ma pessimi lettori: ho spiegato che è un mio limite e non mi sembra di aver offeso nessuno al contrario di quello che tu hai appena fatto pur giocando con le parole.
A me piace approfondire e quindi non ho abitudine di leggere cose scontate in modo scontato.
Il problema è che quando un discorso non mi risulta fruibile per le continue citazioni verso personaggi che non conosco oppure per un linguaggio troppo forbito per la mia umile intelligenza, finisco con l'annoiarmi. Accade perchè perdo il bandolo della matassa.
In ogni caso, sono felice ci siano un sacco di persone contente di leggervi e stimolate dai vostri articoli.
I commenti si sprecano ed il confronto anche, o no?
Stefania
Ciao Manlio
Leggerò con grande interesse la tua proposta di riforma del sistema. Però sarà difficile che l'attuale organigramma sia disposto a cambiare.
Stefania
Non sentirti in colpa, non mi sono offeso. Credo però che la tua presa di posizione potrebbe essere stata dettata dalla tua irritazione per la mia insistenza sul tema della paternità(che comunque non è in questo articolo). Tira il fiato che non è successo niente, hai esercito il tuo diritto sacrosanto di critica. Ciao
@Gilberto, con quanto hai scritto più sopra, rivolto a Stefania ed a tutti, e che solo adesso leggo, ti dico ma vuoi scherzare, non sarebbe neanche il caso di scrivertelo, ma tu Gilberto scrivi pure quanto e quello che vuoi, mi ha fatto sempre piacere leggere i tuoi articoli peraltro originali che arricchiscono la mia piccola cultura. Ti ringrazio e scusa ma non dirlo più neanche per scherzo.
Concordo con Stefania. Sarò anche io "limitato", ma i testi di Gilberto sono, a mio avviso, solo per pochi. Non è un difetto: è solo questione di stile.
Non sono affatto irritata per il tuo convincimento circa la paternità di Massimo Bossetti. Trattasi di punti di vista: non sono mai stata talebana e sicuramente non ho motivo per divenirlo da oggi. Non è questo il punto e penso tu ben lo sappia.
Rimane non riesco a leggerti e questo è il motivo per cui intervengo solo sporadicamente. Idem per TuMMolo. Nulla di personale.
Ho convinzione che scrivere e pubblicare un proprio pensiero abbia come primo scopo l'interagire. Non altro perchè altrimenti avrebbe poco senso. Parlarmi addosso non mi piace ma soprattutto non avrebbe senso. Mi faccio le domande e mi do le risposte? E' da egocentrici ed io non lo sono. Se scrivo è perchè mi interessa interagire. Ecco perchè non intervengo a calce di determinati articoli: non mi interessa fare complimenti sterili a chi ha scritto l'articolo se non mi stimola riflessioni. Sarei ipocrita e non lo sono.
In un blog un articolo diventa interessante se stimola il dialogo. Se riceve solo complimenti ma nessuna richiesta di spiegazioni, di un dettaglio oppure una confutazione oppure uno spunto per andare oltre ha fallito il suo scopo.
Ma è una personalissima e umile opinione che serve a spiegare perchè intervengo poco. Null'altro che questo.
Spero che ora questo tuo scritto riceva tanti commenti, che la discussione si animi. Come è giusto che sia per un articolo adatto ad un blog.
Mi ritiro in buon ordine in attesa di leggere le considerazioni (che non si limitino a complimenti sterili) di chi sa capire la tua penna.
Stefania
Nella "polemica" sul nuovo articolo di Gilberto, scelgo il commento di un anonimo:
"Concordo con Stefania. Sarò anche io "limitato", ma i testi di Gilberto sono, a mio avviso, solo per pochi. Non è un difetto: è solo questione di stile."
Non condivido:
1° i testi non sono per pochi perché esprimono quello che normalmente si sente ovunque vai.
Estrapolo:
"...Per quanto si voglia analizzarne il sistema legislativo e l’assetto costituzionale peculiare di un Paese, il nostro (attraverso le sue leggi e i suoi ordinamenti), è in altre occorrenze che bisogna cercare le regole di funzionamento del sistema Italia, le sue idiosincrasie e la forma mentis che surrettiziamente ne regola le procedure. Cercare gli algoritmi e la logica nei testi canonici - nelle normatività e negli statuti - è come pretendere di comprendere il funzionamento di una macchina semplicemente leggendo le istruzioni per l’uso..."
Provate ad aspettare un bus, a Roma, sotto il sole che picchia e che tarda ben 50 minuti, sentirete tante chiacchiere,lamentele, insulti poco eleganti sul " sistema Italia", che tanto ...c'incula (sorry) ogni momento e stiamo zitti e paghiamo e nun se campa più!
Nulla si fa se non lamentarci.
Che i motivi siano storici è un dato di fatto.
Che i motivi siano geografici pure.
2° Gilberto ripete il già detto perché ripropone il vissuto nel quotidiano che non va.
La penna o la tastiera possono essere un'arma per colpire qualcosa o qualcuno sul quale le parole rimbalzano e tornano indietro, la colpa non è di Gilberto, che ha il suo stile ripetitivo per qualcuno o meno per qualcun altro, la colpa è dello stato comatoso in cui si trova la penisola.
Ognuno occupa uno spazio, se quello spazio non piace non si legge o lo si critica, ognuno è libero di esprimersi.
Questo è quel che conta!
Stefania, era mia intenzione scriverti subito, ma sono dovuta uscire.
A me dispiace se non partecipi, sei tornata e hai postato con competenza e chiarezza, c'è bisogno di voci equilibrate.
Spesso pensavo i primi tempi che Nautilina eri tu con altro nome, anche lei è saggia e pacata.
Sei tornata e sparisci di nuovo?
Dai rimani fa piacere a tutti.
Stefania!
dopo aver letto il penultimo articolo di Gilberto ho dichiarato seccamente di non averlo capito.
Lui, in qualche rigo, mi ha fornito, anche se a malincuore, la chiave interpretativa, che mi ha illuminato e fatto apprezzare il breve saggio.
@Stefania, se ogni volta che non siamo d'accordo con le altrui opinioni dobbiamo uscire dal blog credo che ne perda la democrazia ed il nostro stesso pensiero. Dunque Stefania, per favore prosegui a leggere ed a scrivere, ovviamente quel che ritieni più opportuno. Leggo sempre con interesse le tue considerazioni.
Caro Gilberto,
alle critiche sai rispondere come un grande. Sei un vero signore d'altri tempi, grazie di esistere! Questo blog è onorato dalla tua presenza e Massimo Prati lo sa, come tutti noi che leggiamo e commentiamo spesso.
Peraltro è vero che i tuoi articoli non sono sempre di facile lettura, soprattutto per le persone dotate di scarsa pazienza e sprovviste di una formazione universitaria o liceale classica.
Stefania dal punto di vista culturale sembrerebbe ben attrezzata, ma forse non ha abbastanza pazienza.
Comunque, per tornare alla tua teoria sulla paternità di Bossetti, sai che non la condivido in pieno e ho molti dubbi.
Obiettivamente però ci sono tanti punti poco chiari.
Ad esempio, la famiglia di Bossetti sembra aver accettato la cosa con troppa facilità e rapidità.
A Torino non potevano confrontare direttamente il DNA di Massimo con quello di Guerinoni, non avendo né l'uno né l'altro, ma probabilmente avranno confrontato il DNA della gemella Laura con quello del padre Giovanni, scoprendo che non erano compatibili.
Come sia avvenuto esattamente questo confronto non lo sappiamo.
In teoria, volendo, la difesa poteva anche far riferimento ai dati cartacei, sempre se la procura glielo consentiva: ovvero confrontare le analisi eseguite prima e dopo l'arresto di Massimo con il DNA del padre legale.
Certo però che in mancanza di una controperizia bisogna solo fidarsi, e se ci fosse stato qualche errore involontario come lo si potrebbe dimostrare?
Apparentemente la difesa sembra poco interessata alla questione della paternità.
O sono convinti che il vero padre sia Guerinoni, e avranno i loro buoni motivi, oppure è valida la tua teoria, Gilberto.
A meno che non esista una terza via.
Da quanto ho sentito dire ai membri del pool difensivo, loro prospettano degli errori nelle analisi del nucleare materno e in second'ordine, perché no, anche di quello paterno.
Se non danno per scontato che Massimo sia Ignoto 1, non danno neppure per scontato che Guerinoni sia certamente il vero padre. Potrebbe esserlo ma anche no.
Si potrebbero prospettare due casi favorevoli a Bossetti, che Ignoto 1 sia davvero figlio di Guerinoni ma di una madre diversa (per pochi alleli) da Ester Arzuffi, oppure che non sia figlio di quei due genitori perché entrambi i DNA sono diversi per uno o due marcatori/alleli.
Ecco perché una perizia sarebbe molto più utile e chiarificante della semplice ricerca di paternità che potrebbe sia confermare sia escludere GG quale padre naturale di Massimo.
Se dovesse cofermarlo, buonanotte ai suonatori.
Se dovesse escluderlo, l'accusa potrebbe arrivare a dire: sì va be', abbiamo sbagliato, Bossetti non è figlio di GG ma di un altro uomo, però il DNA trovato sui vestiti di Yara appartiene a lui, ergo è sempre lui il colpevole.
Per tirarlo fuori bisogna invece provare oltre ogni dubbio che Bossetti e Ignoto 1 sono due persone diverse.
Oppure dimostrare che c'è stata una contaminazione con il DNA di Bossetti, ma questo è quasi impossibile provarlo.
Nautilina
Non nascondiamoci dietro un dito. Se Massimo risultasse figlio di Giovanni sarebbe uno scandalo per la Giustizia italiana e il condannato dovrebbe immediatamente essere scarcerato. Questo è il vero motivo. Quella analisi non sa da fare né ora e né mai (per usare le parole manzoniane), da questo si stanno difendendo. Sarebbe il ridicolo per la Giustizia italiana che ha sbandierato una indagine costata milioni di euro come una delle più brillanti operazioni giudiziarie della sua storia. Vorrebbe dire che una colossale spesa per il contribuente ha partorito… una chimera, un ircocervo, (un uomo con due padri) la bufala più incredibile che si ricordi a memoria d’uomo. Ci sarebbe il legittimo sospetto che la giustizia italiana si stia difendendo dal ridicolo e troverebbe spiegazione il rifiuto di procedere ad analisi di verifica.
Complimenti davvero. JF
@Gilberto, secondo te fino a quando potrebbe durare il rifiuto per una nuova analisi. E' possibile, legalmente, (ma speriamo di no) che anche la cassazione si lavi le mani?
Sarà possibile il rifiuto fin quando nell'opinione pubblica non monti una vera protesta con la stessa grancassa che è risuonata per far sembrare colpevole il muratore, o fin quando la difesa non si decida a rifare, magari in Svizzera che è vicina a Bergamo, un nuovo test di paternità. Se risultasse, come io credo, che Massimo è figlio biologico di Giovanni Bossetti, nessuno potrebbe più lavarsene le mani...
@ Stefania
Diceva De Sanctis "tal contenuto tal forma": non ti annoi solo tu con certi articoli, che hanno comunque il merito di aprire uno spazio per discussioni che vanno sempre ben al di là dell'argomento degli articoli stessi! C'è un "astuzia della ragione" anche in questo, solo che non è la ragione dell'articolista o di ognuno dei commentatori ma dell'interazione tra le parti, come in una sorta di mercato (in senso strettamente economico): alla fine viene fuori un prezzo per ogni merce prodotta e scambiata ed è per forza quello giusto. E il prezzo in questo caso è leggersi Migliorini per poi leggere i commenti e trarre da essi un po' di grano dal tanto loglio: mi riferisco naturalmente alle discussioni sul caso Yara/Bossetti su cui mi sto scervellando ormai da oltre 2 anni (con alti e bassi d'affezione), leggendo questi commenti più altri forum e vario materiale in rete.
Il mio gusto preferiva di gran lungo i vecchi articoli di Prati, più diretti perché di taglio più giornalistico e per questo anche più informativi: pur se spesso non condividevo le opinioni espresse. E mi piacerebbe rileggere qualche nuovo commento di Annika a ciò che è successo.
...ma avete notato la faccia colpevole della Rugg eri nel documentario mandato in onda ieri sulla Otto quando cercava di giustificare il filmato dei furgoni? E la bugia, subito dopo smentita dal carabiniere, del computer pieno di materiale pedopornografico? E dire che fino a poco prima aveva dato buona impressione di magistrato equilibrato, motivato e di indubbia esperienza...
Chiedo ai biologi del blog
Non sono un esperto, ovviamente, però mi risulta, correggetemi se sbaglio, che è possibile calcolare la compatibilità del gruppo sanguigno di un soggetto con quello dei genitori.
Mediante degli schemi è possibile stabilire il possibile gruppo sanguigno di un figlio conoscendo il gruppo sanguigno della madre e del presunto padre. A riguardo esisterebbero delle tabelle sinottiche.
Faccio un esempio:
se il gruppo sanguigno del padre è 0 e quello della madre è B il figlio avrà gruppo sanguigno B o 0
Tale metodica, se non sto dicendo una corbelleria, sarebbe interessante per stabilire eventuali criteri di inclusione o esclusione GG e GB?
Aggiungo che se è vero quello che dico, l'eventuale inclusione significherebbe ben poco, a differenza della possibile esclusione che risulterebbe decisiva nel caso non fosse né della madre né del presunto padre.
http://www.stamptoscana.it/articolo/toscana-cronaca/lavvocato-di-bossetti-ce-stata-una-lesione-del-diritto-di-difesa
NON E' il gruppo sanguigno nè il fattore, a poter stabilire la sicura appartenenza di due o più individui.
Migliaia di persone posso avere gruppo e fatture identici, pur senza avere rapporti di parentela.
I tuoi, restano sempre solo sogni.
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Vedo che non hai capito quello che intendevo dire. Facile interpretare come si vuole. L'ho appunto detto che l'inclusione significherebbe ben poco. Ma è inutile che aggiunga altro... Aspetto un chiarimento da Dudù riguardo alla possibilità che il gruppo sanguigno possa rappresentare elemento eventuale di esclusione (e ovviamente questo, nel caso, varrebbe tanto per GG quanto per GB). Ma naturalmente tu non hai inteso che il mio è appunto un interrogativo e una richiesta di chiarimenti.
Il mio commento dettagliato è nell'articolo di Prati
A me piace un sacco come espone Gilberto e con cosa.
Spesso mi ritrovo sorridere, non é da tutti saper dare un calcio sugli stinchi con geniale e spontaneo savoir faire.
Gilberto,
Posto anche qui tua domanda, mia risposta.
«Ciao Gilberto,
Ho letto ieri tardi il post:
" La mia era una richiesta di chiarimenti riguardo al carattere ereditario dei gruppi sanguigni rivolta ai biologi. In particolare se possano esistere criteri di esclusione. Poi come al solito anche un semplice interrogativo (una domanda) è occasione per qualcuno di far polemica. Non mi riferisco a te Ivana ma nei commenti dell'altro mio articolo. Comunque mi aspetto una risposta magari da Dudù che potrà chiarire i miei dubbi."
Molte controversie nei tribunali hanno avuto origine dalla incompatibilità del gruppo sanguigno del figlio.
É noto che il gruppo 0+ condiviso da madre e padre non può generare un gruppo sanguigno A,B,o AB ma sono riscontrate alcune eccezzioni (casi in cui da due 0+ si é avverato un 0A inspiegabilmente, da coppia certa.).
Nel momento in cui viene generato un essere, il suo corredo nel cromosoma 6 sarà di due coppie alleliche dominanti, oppure una dominante e una recessiva o ancora, due recessive. Anche il fattore Rhesius (Rh) determina la condizione.
Altro esempio:
Da padre AB e madre BB (l'allele dominante é indicato dalla lettera Maiuscola, il recessivo da lettera minuscola) non é possibile nasca un figlio AA oppure 00.
Non sò se da questo ultimo esempio ci sia qualche sporadico caso di predominanza in A.
Essendo quattro i gruppi esistenti di base , largamente condivisi non può essere in linea di principio, il gruppo sanguigno , indicatore di una paternità ma,
per risponderti,
qualora si verificasse una condizione come da risultati impossili sopra esposti,sorgerebbe una impossibile paternità, salvo rari casi remoti inspiegabili.
(Credo essermi persa le polemiche.). »
Ok, recuperato..
Lo stile di Prati e di Gilberto secondo me non possono essere posti sul medesimo piano. Pur convergenti, utilizzano strumenti espositivi diversi.
Attenzione:
Il calcio sugli stinchi non significa che riguarda noi utenti in particolar modo.
Esempio :
Gilberto ha scritto:
«..Il Truman Show nel nostro caso è però un tantino più complesso. Il pubblico in sala non lo sa ma anche lui fa parte del copione, ne è un elemento indispensabile, è proprio dentro il film anche se non avverte di essere inquadrato e di recitare a sua volta la parte che gli è stata assegnata indirizzandolo opportunamente ad assumere il ruolo che gli compete.»
É eclatante, in due righe esemplifica come la procura coinvolgendo i media e dando in pasto info surrettizie o abbondantemente distorte, abbia leso il formarsi nell'utente finale, il diritto, di trarre dal dato (definitivamente contaminato e falsato) una sua personale ipotesi o ragionamento logico, inducendo far credere che, nella concretezza, era ovvia la colpevolezza, basti come esempio : sabbia ( manco Fellini ci sarebbe riuscito), passaggi furgoni (vedi autocarro), puttane ovunque senza testimoni (non uno abbia detto sono stato con la Ester).
L'utente finale, ben istruito, é diventato l'accusatore principe, credendo di essere nel giusto, perché mai un pubblico ministero racconterebbe balle.
Stessa cosa per reagenti scaduti con latitudini interpretative.
Com'é possibile credere il Ris usasse materiale scaduto?
Nessuno é disposto crederlo anche davanti il fatto emerso dal controesame e da essi ammesso.
Ma se un laboratorio di Stato si comportò cosí é un fatto abnorme. Mette angoscia, mina le fondamenta, é deplorevole e a mio giudizio condannabile: il piccolo chimico stà giocando con la pelle altrui. Non é nemmeno giustificabile perché gli sono stati imposti dei protocolli da quella comunità scientifica internazionale che spende tempo e denari in sempre piú maggiore certezza delle risultanti ai fini giuridici e non solo.
Carissima Stefania,
intervengo a salti per ragioni che ho già spiegato. Riguardo a ciò che scrivo, contentuo e forma, posso dire con perfetta coscienza che è scritto appunto per interagire col prossimo che, però lo evita tranquillamente, e non parlo solo di Lei o dei partecipanti a questo blog. Infatti, in tutte le altre sedi, quando scrivo, si preferisce evitare un confronto col sottoscritto. Una prova la trovate a livello universitario nel mio filmato allegato a questo blog: a parte un'insignificante obiezione della mia relatrice, nulla ebbi di significativo per approfondire un tema ben attuale: il rapporto tra Forza e Diritto. Qualche ragione ci sarà: un tempo si chiamava "congiura del silenzio". Di fronte a modi non comuni di affrontare un qualunque tema, si preferisce evitare la discussione, oppure si scade nell'insulto. Ma qui non è il caso. D'altronde, né Gilberto, né io, abbiamo mai evitato di dare spiegazioni dove il nostro testo sia apparso poco chiaro. Basta chiederlo. Naturalmente, se la cosa non interessa, non dipende da noi. Credo che più che la chiarezza, manchi in me quella voglia di compromessi, di tentati accordi, di viuzze di mezzo, per non dare torto agli altri e farli comunque contenti. Il più delle volte si ama l'esposizione "normale", comunemente accettata, giornalistica appunto, e sui giornalisti molto sarebbe da dire, ma tralascio...
Buongiorno Manlio,
bellissimo e dignitoso ciò che scrivi!
Hai ragione in tutto: si evita il confronto o si scade nell'insulto.
Il problema principale, secondo me, è dato da una non approfondita preparazione intorno ai temi che portate tu e Gilberto.
In particolare a te,al quale mi rivolgo, "il rapporto tra Forza e Diritto", argomento che hai trattato anche con ricostruzioni storiche e letterarie di indubbio valore etico e culturale che sono poco conosciute.
I tuoi saggi sono eccellenti necessitano di una lettura adeguata per capirli fino in fondo.
Diviene pertanto impegnativo il confronto tra chi sa e chi non sa se si vuole replicare.
A volte succede che invece si prendano distanze anche da articoli più semplici, tipo quello che ho scritto io, la cui lettura è di fruizione diretta, comprensibilissima, magari anche non condivisibile perché personale, ma non diviene oggetto di attenzione.
E' altro da quelli che tu proponi eppure si salta a pié pari.
Anzi, si ignora talmente, che si ricomincia il girotondo del dna, del mitocondriale, della sicurezza che gli avvocati sanno le verità paterne e per questo non hanno chiesto...eccetera.
E sempre si inseriscono i troll o "gli addetti ai lavori" pronti a virare la barca verso le direzioni che vogliono e a ripartire "accusando" chi scrive e alterando ciò che si scrive.
Magari non si ha tempo né per leggere né per replicare, io lavoro al computer molte ore, quindi mi diviene facile inserirmi e aggiornarmi ogni tanto, per altri questo non è possibile.
Guarda, non è un problema per chi scrive, è un problema per chi legge o non legge
Ti ringrazio perché mi hai dato l'opportunità di scrivere ciò che pensavo e non l'avrei fatto senza il tuo intervento.
Un caro saluto
Vanna
http://www.tarantobuonasera.it/news/cronaca/512674/massimo-bossetti-la-fisica-quantistica-e-l'impossibile-difesa
Ciao Dudù condivido in pieno i tuoi ultimi due post.
Vanna
Ciao Vanna,
Io condivido in toto il tuo per Manlio Tummolo.
Lo ringrazio per i suoi interventi,lo apprezzo sempre molto.
Manlio Tummolo :
".. Infatti, in tutte le altre sedi, quando scrivo, si preferisce evitare un confronto col sottoscritto. "
Per parte mia, trovo talmemte molto obiettivo ed equilibrato il postato oppure gli articoli ( compreso il tuo ultimo) che non trovo nulla da eccepire, al massimo mi verrebbe di lagnarmi per la realtà che ci circonda. Siamo un popolo di contorsionisti, cerchiamo sempre la via di fuga,siamo incapaci sottostare a regole e disciplina.
Chi ci governa é il primo nel disattenderle ma se rubi un cavolo sei un indegno e loro prendono la medaglia invece di una indagine disciplinare.
Abbiamo un sistema che dice che il popolo può esprimersi attraverso i referendum. Dopo non sò quante mila firme del jobs act potevamo dire la nostra il 05 05 '17.
Ebbene,hanno tolto loro i vaucher e quant'altro. La cassazione ha annullato il referendum non piú necessario, saltato il referendum hanno reintrodotto praticamente tutto.
Di tutto ciò ho letto un solo articolo indignato, di Tommaso Montanari!!
Scusate il fuori programma.
Per tornare a noi e al caso,com'é possibile dei ge netisti non intervengano dire pubblicamente : non si possono usare materiali scaduti?
É indegno! Tutti tutti zitti zitti!
Unico : Biologo! Nei suoi limiti ha teso una mano.
Ma quanti genetisti abbiamo in Italia?
Dudù la tua conclusione:
"É indegno! Tutti tutti zitti zitti!
Unico : Biologo! Nei suoi limiti ha teso una mano.
Ma quanti genetisti abbiamo in Italia?"
Non sono stati tutti zitti Dudù, qualcuno ha parlato e tuonato.
Ricordi quel convegno tenutosi a Napoli nella primavera del 2016 con la presenza di un giudice coraggioso e di un biologo che lavora all'estero ( E. D'Orio?) che spiegarono come aveva funzionato la macchina giuridica e quella " scientifica" smontando completamente le tesi dell'accusa?
Qui se ne parlò e apparve Biologo che spiegò per molto tempo.
Ora è scomparso e non entra nel merito della questione perché la condanna segue il copione di un sistema giuridico rigido al quale fa comodo incoronare il dna come simbolo del potere di condannare, senza ragionevole dubbio.
Ci vogliono giudici coraggiosi,i giudici sono uomini con i loro pregi,i loro difetti, le loro toghe inanellateche ancora portano i parrucchini dei loro liberi convincimenti inseriti nel sistema Italia,terra che traballa sotto tutti i punti di vista.
Ci vorrebbe una "giornata day Bossetti". Se i direttori di varie testate nella stessa giornata pubblicassero un titolo in "nome della giustizia" per Bossetti ed in fin dei conti per tutti, forse una parte degli italiani saprebbero di più. Pubblicare in modo sporadico non avrebbe lo stesso effetto. Avranno il coraggio di farlo in nome della giustizia. Che Bossetti abbia la possibilità di difendersi.
ciao BRUNO secondo me i giochi son quasi fatti, se venisse istituita una girnata DAY BOSSETTI avrebbe pochissimi consensi (sa quello che ho sentito fra amici e paesani cittadini ,, sono tutti comvinti di colpevole della colpevolezza di massimo
con tutti i programmi tv . messi in onda per denigrare BOSSETTI una sorta di infinocchiaggio per il popolo .
mi sovviene , il giorno nel quale fu datA a BOSSETTI ,la condanna dell'ergastolo .
una giornalista svergognata elenco' tutti i misfatti dell'imputato.. il quale poveretto per quel giorno ne aveva avuto abbastanza .. tiro' in ballo . l'edicola e le sferette i furgone . e l'abbonzatura?. quella girnalista sapeva di parlare alla egnte per cui stava continuando l'opera della procura
forse piu' intrigante sarebbe stata la gogna in piazza .
secondo me se bossetti fosse scagionato e reso libero .. avara' sempre la nomea di pedoilo asassino . le vite continuano i figli crescono , avranno amicizie forse poco sincere , morosi e morose sul chi va la' .. hanno rovinato famiglie intere . .
la fretta a volte ci inganna ok?
Carissimi,
grazie per gli elogi, forse non del tutto meritati: potrei dire come Dante "Quel ch' el cor mi ditta, vo' significando". Non trattandosi di poesie, non solo il cuore ma pure la mente, che ha cercato, nei suoi ormai 69 anni di vita, di affinarsi, qualche volta incattivendosi. Ora, a parte qualcuno che ogni tanto appare col metodo di cui sopra dissi, qui la maggioranza esprime convintamente le proprie opinioni e le argomenta nei modi migliori possibili. Ciò si deve innanzitutto a Massimo Prati il cui modo di condurre il blog è stato quello di conciliare la più ampia libertà di critica con la migliore correttezza di forme.
Possiamo quindi, senza troppo modestia, tutti congratularci fra noi per il livello acuto e profondo di dibattito sui vari argomenti .
I più vivi saluti a voi tutti, Manlio
Sono d’accordo Manlio, Massimo Prati dà la sua impronta al blog anche quando non sembra esserci, è sempre lui il regista che coordina e che orchestra. Pur essendo interpreti però ci sentiamo liberi di esprimerci e di far parte di un gruppo di lavoro operoso e costruttivo.
Magica, quella giornalista mi fece rizzare i capelli.
E la pure pagano per dire falsità.
Gilberto e Manlio,
è vero ciò che scrivete.
La regia di Massimo è aperta e attenta, dà voce a tutti.
Ho dato un'occhiata fugace su altri luoghi e non mi sono piaciuti, alcuni sono sguaiati ed altri, anche se sembrano abitati da personaggi paludati, sono spesso privi di spessore umano.
Qui c'è mescolanza di pareri abbastanza proficua.
Riguardo ai giornalisti (o almeno ad un certo tipo di giornalisti, oggi prevalente, ma che risale almeno al '700), il nostro Vittorio Alfieri scrisse un celebre epigramma, la cui attualità è veramente impressionante :
"Dare e tor ciò che non s'ha,
è la grande novità.
Chi dà fama ?
i giornalisti.
Chi diffama?
I giornalisti.
Chi s'infama ?
I giornalisti.
Ma chi sfama i giornalisti ?
Gli oziosi, ignoranti,
invidi e tristi".
Si era ancora nel XVIII secolo, ma chi può negare che valga forse anche di più per il XXI corrente (inizi III Millennio...)?
Resta pure celebre del 1815 il celebre aneddoto del Moniteur di Parigi, per la marcia di Napoleone da Tolone a marsiglia, all'inizio dei celebrei 100 giorni (sarà per quello che i nostri sgovernanti d'oggi, celebrano i propri primi 100 giorni !).
Vostro, Manlio
Errata Corrige
"Marsiglia" va con la maiuscola. Cfr. anche "celebri 100 giorni". La "s" di sgovernanti è, invece, voluta. Mi scuso, e completo il discorso ricordando che a Tolone, Napoleone era un "Orco", poi man mano che si avvicinava, giorno per giorno migliorava i suoi titoli. Entrando a Parigi, il Moniteur lo qualifica: "Sua Maestà, Napoleone, Imperatore dei Francesi, è entrato in Parigi acclamato dalla folla festante". Avrebbero potuto anche aggiungere: "Noi, giornalisti, gazzettieri, cronisti, ci inchiniamo devotamente a Sua Maestà l'Imperatore, il Vittorioso, il Supremo, ecc. ecc., come a tutti coloro che sono forti e vincono. Siamo contrari sempre a chi perde o non è forte. Amen".
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