domenica 12 giugno 2016

Caso Bossetti: Il verdetto

Di Gilberto Migliorini

Leggendo molta stampa, i commenti dei lettori, ascoltando i notiziari sul caso Bossetti, rimane netta la sensazione che davvero molti non abbiano capito quale sia la posta in gioco, quali possano essere le implicazioni non solo per l’imputato, ma anche per tutti noi che potremmo un giorno trovarci inopinatamente dall'altra parte della barricata...

La verità? Parola troppo importante, inflazionata, perfino irrituale e ingannevole. Ai prestigiatori del diritto piace la formula ‘verità giudiziaria’: come dire che una volta espletati i formalismi canonici e gli stilemi giuridici, fatta salva la procedura mediante l’ermeneutica più accattivante e le convenzioni rituali, ci si può assolvere di qualunque errore, di qualsivoglia omissione, e dormire i sonni del giusto.

Di sicuro il caso del muratore rappresenta per tanti motivi un punto cruciale, un rito di passaggio, uno di quei momenti storici di cui si può cogliere tutta l’importanza solo a posteriori, retrospettivamente, quando lo storico e il sociologo appuntano la loro attenzione sui fenomeni sociali come ‘fatti di costume’. Il verdetto sarà un segnale importante di cosa il paese sia o potrà diventare, di quale sarà il nostro futuro: gli italiani sono, o saranno, cittadini o sudditi? Talvolta nelle vicende di un paese esistono dei punti di svolta, ma senza vedere che la scelta comporta conseguenze a cascata, effetti perversi e incontrollabili. È stato così molte volte nella nostra storia, dove molte situazioni e accadimenti dall'apparenza marginale hanno dato l’input a processi politici e innescato un concatenarsi di eventi che hanno portato a cambiamenti epocali, talvolta drammaticamente nefasti.

Perché la sentenza di un caso giudiziario, oggettivamente di nessun rilievo nella vita politica di una nazione, dovrebbe rappresentare qualcosa che determina la direzione, l’orientamento e gli equilibri di un paese con tutte le connesse conseguenze sul piano sociale? 

Risulta interessante la reazione dell’opinione pubblica, quella che un tempo era la plebe che si accalcava intorno al patibolo dove il boia esercitava le sue funzioni. Oggi il target deve accontentarsi di quella forca metaforica rappresentata dai tanti format mediatici e dai resoconti giornalistici di maniera. La ricerca spasmodica di un capro espiatorio continua a piacere soprattutto nei periodi di crisi e di disorientamento, quando occorre scaricare le tensioni sociali e trovare appagamenti sostitutivi.

Il problema però è più complesso rispetto ai periodi di congiuntura quando si instaurano meccanismi di compensazione nella ricerca di surrogati rispetto ai traumi sociali e alle difficoltà economiche. In gioco c’è qualcosa di molto più profondo e in un certo senso intangibile. Si tratta della cultura di un Paese espressa nella mentalità e nei meccanismi reattivi, quelle modalità di risposta fatte di automatismi inconsci e di stereotipi caratteriali.

Ci sono fatti che sono come reazioni chimiche: mettono in risalto quello che non è palese e portano a galla i contenuti latenti di un Paese ignaro delle sue pulsioni profonde. Si tratta di procedimenti mentali che sopravvivono nella cultura nonostante la patina di modernità. La civiltà della scienza e della tecnica non solo non incide sulla mentalità, ma ne esalta i pregiudizi e le inclinazioni.

Abbiamo alle spalle una storia ricca di arte e letteratura che ha riguardato soprattutto le classi medio-alte, un retaggio storico pieno di stimoli e suggestioni, dei modelli urbanistici e paesaggistici raffinati, una cultura musicale di prim'ordine, siamo perfino la culla della scienza moderna… Eppure, a fronte di uno scrigno di straordinarie suggestioni e di modelli culturali, l’italiano (in tutti i ceti sociali) conserva un imprinting fondato sull'etica della situazione. A fronte di una religiosità spesso epidermica e convenzionale c’è una morale dell’accomodamento, un’inclinazione al compromesso sempre e comunque in ragione di considerazioni di ordine pratico che prescindono dalla coerenza e dal rigore dei principi. Si tratta sovente di una moralità dell’opportunismo e della convenienza.

Il verdetto del giudice Bertoja non riguarderà quindi solo un muratore, ma ci riguarda tutti in quanto cittadini di un Paese che nella sua storia ha conosciuto drammi epocali, che ha sempre saputo risollevarsi ma è sovente ricaduto negli stessi errori per una sorta di coazione a ripetere schemi mentali e abiti caratteriali.

Pensare che il fascismo sia solo un periodo storico, un ventennio trascorso, è purtroppo un’illusione. Il fascismo è un abito mentale della cultura italiana che riaffiora continuamente nelle istituzioni sotto mentite spoglie, mascherato e paludato in forme insospettabili. Nel solco di tanta propaganda di regime ‘democratico’ potremmo già trovarci su un piano che sempre più si inclina grazie a quella sorta di cultura della rassegnazione e del giustizialismo che prelude a un nuovo regime: quello dei giochi e dei ludi circensi con le bestie feroci e i gladiatori. Il sistema mediatico è ormai in grado di penetrare in profondità negli stili di vita da costituire una realtà virtuale che permea la vita delle persone ormai dall'interno, visceralmente, implementando surrettiziamente ruoli e mansioni.

Se il muratore di Mapello verrà condannato sarà il segno che ormai il Reality non è più quello dell’isola dei famosi e del grande fratello. Siamo noi gli attori dello spettacolo, organicamente collusi facciamo parte della sceneggiatura ignari perfino del nostra posizione di primo piano. Non solo comparse, ma veri protagonisti di un copione che seguiremo alla lettera.

Il bivio storico è vicino e mai come oggi, nell'attualità della sentenza, i giudici di un tribunale saranno costretti a mostrarci quale strada intendano prendere le istituzioni giudiziarie. Sceglieranno di smascherare e mettere finalmente a nudo l’inganno del reality... oppure dimostreranno di essere la parte organica, la lunga mano di un gigantesco Truman show?

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4 commenti:

Alberto ha detto...

Personalmente non ritengo che il caso di Bossetti sia un unicum in tutto il nostro sistema giudiziario, a quanto mi è dato di sapere sono parecchi i casi in cui si è giocato con la giustizia nelle nostre aule di tribunale, il problema è che in questo caso, per la prima volta, tutto accade platealmente sotto gli occhi di tutti.
Prendiamo solo il recente caso della Busetto: non è forse successo quello che è successo a Bossetti? Solo che in questo caso il processo non era mediatico. Prendiamo il caso di Amanda e Sollecito, prescindendo dal fatto che io nutro qualche dubbio sulla reale innocenza della ragazza, ma quello che s'è svolto in tribunale e sui media non era forse parallelo a quello che è successo nel caso Bossetti? solo che questa volta l'impatto dei media è stato decuplicato; poi, mentre nel loro caso il media rincorrevano il caso, in questo caso la procura ha strumentalizzato i media.
Diciamo sì, che questa volta, il caso Bossetti potrebbe veramente rappresentare lo spartiacque tra la dimostrazione e la dittatura giudiziaria, perché se si accetta un verdetto di colpevolezza tacendo, vuol dire che il gregge è pronto a mettere volontariamente il colle nella ghigliottina.

Gilberto ha detto...

Sì Alberto. Il tuo ragionamento è perfetto e dà proprio l'interpretazione che io intendevo. Tanti sono i casi Bossetti ma questa volta tutto avviene con rulli di tamburo e suoni di tromba. Siamo tutti in diretta televisiva, perfino quelli che credono di stare in ombra, anche loro inquadrati dalle telecamere e a far da ignari protagonisti...

magica ha detto...

Processo Bossetti: che futuro ci attende dopo una requisitoria in stile "Unione Sovietica"?.
non si sa che tipo di requisitoria "unione sovietica? o fascista?
la si giudica; come ci detta la nostra ideologia dell'ideologia.

Vanna ha detto...

Gilberto, sottoscrivo, anche una velata amarezza di fondo nel tuo articolo.
Cito da te:
"Pensare che il fascismo sia solo un periodo storico, un ventennio trascorso, è purtroppo un’illusione. Il fascismo è un abito mentale della cultura italiana che riaffiora continuamente nelle istituzioni sotto mentite spoglie, mascherato e paludato in forme insospettabili. Nel solco di tanta propaganda di regime ‘democratico’ potremmo già trovarci su un piano che sempre più si inclina grazie a quella sorta di cultura della rassegnazione e del giustizialismo che prelude a un nuovo regime: quello dei giochi e dei ludi circensi con le bestie feroci e i gladiatori...."

Condivido il concetto ma aggiungo che il fascismo a mio parere, è ancora storicamente da valutare, si ha quasi paura a farlo perché sul ventennio deve restare un'ombra negativa, come ancora sono da valutare il comunismo e il socialismo in Italia.
Credo che in molti fatti accaduti e che accadono, si possa tacciare di fascismo anche chi sembra all'opposto.
Mentre il fascista si faceva i fatti propri apertamente, il comunista italico ha fatto la stessa cosa, con la differenza che il fascista aveva una ideologia di comando oligarchica, il comunismo aveva l'ideologia dell'uguale trattamento economico, del plus valore ridistribuito agli operai, del tutti uguali, nessuno deve emergere se non il partito... mentre il popolo è stato deprivato anno dopo anno di alcuni diritti elementari: la Sanità, la Scuola, l'Economia sono allo sbando mentre un partito di sinistra ( ??? ) con un plotone di politici, porta borse, amici-degli amici-degli amici campa con i nostri soldi.
Ci hanno tolto perfino il voto, il referendum sulla privatizzazione dell'acqua il comunista (?) Napolitano non l'ha fatto passare!
Al tempo di Mussolini l'opposizione non c'era, perché qui c'è?
Di fronte a modi di governare a braccetto è evidente che si ha bisogno di dare l'oppio al popolo con trasmissioni e messaggi televisivi, giornalistici, dove fanno vedere ciò che fa comodo a tutti quelli che ci governano che sono diventati una oligarchia del faccio come mi pare.
Dove erano i comunisti ,la sinistra quando hanno permesso pensioni, liquidazioni di platino per quelli che già avevano accumulato ricchezze.

Non subiscono processi, campano di rendita.
Bossetti e la sua famiglia sono appesi al filo dell'iniquità, come la quasi totalità del popolo italiano.



Il sistema mediatico è ormai in grado di penetrare in profondità negli stili di vita da costituire una realtà virtuale che permea la vita delle persone ormai dall'interno, visceralmente, implementando surrettiziamente ruoli e mansioni.