martedì 8 luglio 2014

Chi ha ucciso Pietro Sarchiè?

Pietro Sarchié è stato sepolto fra la chiesetta e le case
Chi ha ucciso Pietro Sarchié? Ancora non si sa, ma state certi che ai procuratori e ai carabinieri di Macerata non sarà difficile catturare l'assassino (o gli assassini). Qualche giorno, qualche altro controllo, poche intercettazioni e dopo l'autopsia la pista da seguire sarà chiara. In fondo non è che ci siano molti moventi da vagliare e molte strade da seguire. Facciamo una cernita anche noi pensando a come è stato ritrovato il cadavere: ucciso da un colpo di pistola alla testa, semi-carbonizzato e sepolto alla buona. Certo, a prima vista il colpo di pistola alla testa, il corpo carbonizzato e poi sotterrato, paiono portare la mente a un omicidio di mafia o camorra. Ma questa pista si può escludere perché il "lavoro" criminale non è stato un "buon lavoro" e perché manca la carcassa del furgone. Ci fosse stata la mano di un'organizzazione criminale, prima di uccidere Pietro lo si sarebbe "avvisato", magari facendogli esplodere una ruota in modo che "capisse". Questi avvisi non ci sono stati, ma volendo considerare ugualmente uno sgarro (anche se non è possibile pensare che Pietro si sia prestato volontariamente e poi sottratto a un traffico di sostanze particolari) dopo il colpo di pistola qualcuno avrebbe guidato il furgone portandolo in un luogo isolato per poi bruciare ogni cosa al meglio (cadavere e cassonato). Ipotizzando uno sgarro davvero importante (impossibile da credere perché poliziotti e carabinieri su certi traffici sono sempre ben informati), dopo la "cattura" Pietro lo si sarebbe "incerottato" e tenuto vivo fino a notte per fargli scavare, prima del colpo alla testa e in una zona lontana dal sequestro, la sua tomba.

Quindi non pare proprio che c'entrino le organizzazioni criminali, quelle di spicco almeno, visto che si è messo in atto e portato a termine un crimine in maniera maldestra. Sembra, piuttosto, di essere in presenza di un omicidio perpetrato e messo in atto da persone che abitano in zona (forse anche solo una) o che quella zona la conoscono bene (perché la frequentano?). Persone che, pur avendo il tempo materiale per allontanare il cadavere dalle Marche, nessun carabiniere o poliziotto il 18 giugno cercava Pietro e il suo furgone, hanno preferito una sepoltura in loco. Quasi che all'assassino fosse impossibile allontanarsi per troppe ore di seguito senza destare sospetti in qualcuno, oppure che avesse fretta di rientrare nella sua città. Inoltre, il corpo non è completamente carbonizzato, come se al momento topico fosse mancata la benzina per finire il lavoro o ci si sia stato un contrattempo, e la fede è rimasta al dito, non è stata buttata in qualche fossato o venduta a un compro oro. In più c'è il poco tempo utilizzato per la sepoltura. Sepoltura eseguita davvero in maniera poco professionale che in pratica ha permesso di far trovare il cadavere. E questo fa pensare che ad occuparsene sia stata una sola persona, una persona che pur conoscendo la teoria poco si è cimentata con certe pratiche criminali. Tutti possono diventare assassini, specialmente chi si trova con le spalle al muro, e tutti, in teoria, possono ideare un piano criminale. Ma ideare non significa sapere quale fatica, mentale più che fisica, serva per uccidere un uomo e far sparire il suo cadavere. 

Potrebbero essere stati dei piccoli delinquenti locali? Potrebbero sì, come anche no. Pietro non era un uomo di mafia. Pietro era un pescivendolo ambulante che aveva deciso di andare in pensione e non aveva intenzione di abbandonare i suoi decennali clienti. Quelle zone le frequentava da sempre e di sicuro non è stato confuso con un altro, impossibile, quindi lo scambio di persona è l'ultima ipotesi da considerare. Ma anche la pista dell'estorsione, il cosiddetto pizzo che non avrebbe accettato di pagare, pare davvero improbabile in assenza di segnali precedenti (intimidazioni o minacce). Più facile pensare a delinquenti da poco che immaginavano avesse più soldi in tasca, oppure a una discussione con la persona sbagliata, a un litigio per questioni di lavoro, magari con qualche altro ambulante (perché no) che pensava di occupare il suo posto. Un litigio da Pietro creduto risolto o privo di importanza. Ma al mondo ci sono persone che non dimenticano ciò che credono sgarbi, perché hanno una diversa concezione e un diverso modo di pensare (e in un periodo storico dove il lavoro manca tutto si amplifica), e cercano di sistemare le cose a "modo loro". Poco credibile, invece, la pista della gelosia. Anche se non si può escludere a priori, pare improbabile che ad ucciderlo a quel modo sia stato un marito diventato dopo tanti anni geloso e sicuro di una tresca fra Pietro e sua moglie. Tutto è possibile, ma un incontro amoroso a giorni fissi, un incontro che odora di pesce, pare un pensiero un tantino azzardato. E improbabile pare anche la vendetta trasversale riferibile alla sua famiglia. Suo figlio a San Benedetto gestisce, assieme ad altri soci, tre "sale gioco". Potrebbe avere avuto qualche importante frizione con qualche cliente particolare? Anche se così fosse, nulla porterebbe a pensare che sia toccato al padre pagare un eventuale sgarbo del figlio. Inoltre, prima di arrivare a tanto si sarebbe fatto ricorso al fuoco, bruciando uno dei tre punti gioco.

Per cui, alla fine tutto sembra attorcigliarsi attorno a una persona che Pietro Sarchié conosceva. E tutto pare ruotare attorno a un'unica domanda: a chi avrebbe lasciato il suo lavoro da ambulante e i suoi clienti? In fondo questo pare essere l'unico punto di disturbo che facendosi spazio in una vita sempre lineare, il particolare diverso entrato improvvisamente in gioco, poteva far cambiare l'ordine fin lì consolidato delle cose. Pietro ci teneva ai suoi clienti, che sentiva amici, e il desiderio di staccare la spina dal lavoro si scontrava col bisogno di non deluderli lasciandoli in mano alla persona sbagliata. E' questa dunque la pista da seguire? Chiaramente non possiamo dirlo. La procura ha secretato ogni spillo e da Macerata non trapelano neppure gli spifferi d'aria. Pare che già qualcosa si stia muovendo, ma in assenza di riscontri possiamo solo fare ipotesi e supposizioni... e magari un domani scoprire di aver sbagliato tutto, di aver tralasciato la giusta pista. Ciò che però appare certo, è il poco tempo a disposizione dell'assassino. Non essendo un professionista avrà lasciato tante tracce, per cui gli andrebbe di lusso, perché la giustizia italiana premia in maniera esponenziale chi confessa, se si costituisse entro un paio di giorni. E se ha un minimo di intelligenza non è detto che questo non accada...

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5 commenti:

Stefania ha detto...

L'ho già scritto in precedenza. Il Signor Pietro, lavorava in nero. Quindi sia tra ristoratori che tra privati non poteva lasciare traccia dovuta a pagamenti con carta elettronica oppure con assegno. Accettava solo contanti. Ed ecco che il ventaglio di persone che sapevano accettasse di vendere pesce sottobanco era non solo notizia diffusa tra i ristoratori della zona ma anche delle loro famiglie, di chi lo conosceva da tempo ed anche senza aver mai acquistato prodotti ittici da lui sapeva era andato in pensione e quindi non poteva fatturare. La lista delle persone che potessero intuire viaggiasse con denaro contante potrebbe essere lunghissima, anche in piccoli borghi.

Sappiamo che quando un Paese è povero si uccide per pochi denari.

Cercare l'assassino, se è tra chi lo ha rapinato potrebbe essere come cercare in ginepraio, a mio avviso.

Stefania

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissima Stefania rispondo quì alla domanda che mi hai posto nell'altro articolo.Il personaggio era ben conosciuto nei vari paesini,un piccolo ambulante che si guadagnava da vivere onestamente.L'ipotesi più plausibile è quella che gli volevano rubare il furgone,perché facendo dei piccoli calcoli di certo non aveva ancora guadagnato abbastanza per pensare a una rapina per soldi,aveva da poco comprato il pesce al mercato,e da poco aveva iniziato a venderlo,quindi chi lo ha ucciso sapeva benissimo che di soldi in tasca ne aveva ancora pochi,perché da poco era iniziato il suo giro tra i clienti.Non credo si arrivi a tanto per qualche centinaio di euro,quindi resto dell'idea che l'interesse era verso il furgone e di cui il povero Sarchiè si sarà opposto a farsi rubare.Il sospetto è che il suo assassino sia uno che lui conosceva,perché è solito minacciare il proprietario del veicolo,poi portarlo in una zona distante, lasciarlo sul posto a piedi ,e poi chiedere un passaggio a qualcuno, ma di certo non ad ucciderlo,sarebbe da stupidi un azione del genere.Altre ipotesi non ne vedo,ne una pista passionale e ne di aver dato fastidio ad altri ambulanti,perché ognuno ha la sua bella clientela a cui poter vendere.Il furgone di un certo valore era l'obiettivo,purtroppo il tutto è finito tragicamente.Se ha lasciato qualche traccia credo che ha i giorni contati e una bella cella che l'aspetta per i prossimi vent'anni come minimo.Ti auguro una serena notte cara Stefania.

Anonimo ha detto...

Se fosse stato un cliente sarebbe utile sapere da quante persone è passato quella mattina, cosa ha venduto e con quanti soldi è stato ritrovato. Chiunque sia stato aveva con sè una pistola e quando il corpo è stato spostato l'assassino aveva anche benzina, fiammifero/accendino e strumento per scavare. Doveva avere un mezzo per trasportare il tutto. Quindi o l'assassino spara, abbandona il corpo in un luogo e il furgone in un altro, torna a casa, prende benzina( sarebbero utili anche le telecamere dei benzinai di zona), accendino e strumento per scavare e ritorna ad occultare il corpo, oppure c'era un complice che all'uccisione si è occupato del furgone mentre l'altro si occupava del cadavere. Propendo più per l'ipotesi di un complice, e un mezzo di trasporto con già il carico necessario per l'occultamento. Dalle ultime notizie sembra che siano stati ritrovati pezzi del furgone e che sia stato individuato il luogo dell'omicidio.
Kiba

Anonimo ha detto...

Lei ha scritto
...tutto pare ruotare attorno a un'unica domanda: a chi avrebbe lasciato il suo lavoro da ambulante e i suoi clienti? In fondo questo pare essere l'unico punto di disturbo che facendosi spazio in una vita sempre lineare, il particolare diverso entrato improvvisamente in gioco, poteva far cambiare l'ordine fin lì consolidato delle cose. Pietro ci teneva ai suoi clienti, che sentiva amici, e il desiderio di staccare la spina dal lavoro si scontrava col bisogno di non deluderli lasciandoli in mano alla persona sbagliata.

Proprio vero signor Prati, hanno arrestato un altro ambulante (la persona sbagliata) che vendeva il pesce negli stessi posti in cui si recava il signor Sarchiè. Complimenti. Ciro

Vito Vignera da Catania ha detto...

Sembra ci sia un clan di siciliani residenti in zona da parecchi anni dietro al delitto del pescivendolo.Altro che rapina per soldi o per il furgone di un certo valore,no dietro a tutto questo c'è un esecuzione per togliergli il posto di lavoro,perché il povero Pietro Sarchié dava fastidio a questa gente nel suo lavoro di onesto venditore ambulante.Un colpo alla nuca e sei alla spalle,poi bruciato e sotterrato in un sacco di plastica.Ucciso da chi faceva il suo stesso lavoro e nella sua stessa zona.Speriamo che gli assassini paghino a caro prezzo per questo crimine,non si uccide per cosi poco un buon padre di famiglia.Buona notte a tutti cari amici.