Questo è accaduto ed è stato denunciato dai media... ma il tempo passa e nessuno fa nulla per migliorare il sistema e si continua a fare razzia. Ad oggi trentaduemila bambini sono stati piazzati a 70 euro al giorno, oltre 2000 euro al mese, nelle case famiglia con un esborso statale, compresi i costi extra, di circa 800.000.000 di euro all'anno (un bell'affare). Quando uno se ne va, un altro è pronto a prendere il suo posto, così da non far calare l'introito assicurato dalle istituzioni. Non tutte le case famiglia fanno schifo o sono lager, anche se per la mente di un bimbo il concetto non cambia: non vive comunque a casa propria, non si rilassa comunque nella cameretta in cui era abituato a giocare e, soprattutto, non sono i propri genitori quelli che lo accudiscono... no, non tutte sono lager, ma in moltissimi casi i bimbi vivono mischiati e trattati come merce senza sesso e età. Come mucche in un container che va al macello, se ne stanno stipati tutti insieme, grandi, piccoli, bianchi, neri, gialli, verdi... e questo sarebbe niente se fra loro non ci sossero anche ragazzi violenti che intimidiscono, picchiano e violentano, speriamo solo psicologicamente, i piccoli di sei, sette, otto, nove anni, portati via da famiglie che amavano e li amavano.
Non discuto i casi limite in cui, a causa di non genitori, i bambini sono vittime di maltrattamenti, o peggio ancora, e si è obbligati ad agire. E non voglio fare un fascio della categoria degli assistenti sociali, dove la maggioranza opera per il bene psicologico e fisico del piccolo. Discuto i pochi che non dimostrano competenza. I giudici asservanti che, loro sì, fanno di tutta l'erba un fascio, quelli che in tivù si mostrano belli e luccicanti pur sapendo che una loro sentenza sta facendo piangere uno o più bambini. Oggi è la giornata delle donne, e, visto che la maggioranza delle donne è anche madre, credo sia giusto far sapere a quelle mamme che soffrono per una sentenza ingiusta, e in special modo perché sanno che il loro bimbo sta piangendo e loro non possono essere presenti per poterli aiutare, che alle donne fortunate, quelle che questa sera andranno a festeggiare, a divertirsi dopo aver dato un bacio ai figli che restano a casa col padre, esce spontanea una lacrima ogni qualvolta il pensiero le porta a sentire sulla loro pelle le ingiustizie che le meno fortunate stanno subendo.
Dopo aver augurato a tutte le donne sensibili e di cuore di trascorrere la loro festa in serenità, per completare l'argomento aggiungo l'articolo che la psicologa Iacopina Mariolo aveva dedicato nel giorno di San Valentino agli innamorati. Una madre e un figlio si amano di un amore talmente profondo che non è possibile descrivere (a fondo pagina il link che rimanda all'originale).
Vite Negate
di Iacopina Mariolo
Accade, ancora, nel 2013.
Per una sorta di regressione storica, un involuzione del cammino verso la civiltà.
La piccoa A. è stata allontanata dalla mamma, ha solo sei anni ed è vissuta con lei dalla nascita. La mamma, L., non ha commesso reati, ha cresciuto la sua bambina che risulta essere intelligente e normodotata in tutte le manifestazioni comportamentali ed affettive. L. è stata istituzionalizzata a lungo e mai avrebbe voluto che la sua bambina potesse vivere tale sofferenza di distacco dagli affetti.
La bimba non vede la mamma da più di un mese, di colpo, è stata prelevata a scuola ed accompagnata in un luogo di confino, senza preparazione o annunci, né per lei né per la mamma.
Si nasce ricchi per predestinazione, figli di genitori dotati del giusto corredo della genitorialità sana e capace, promettenti virgulti pronti a svettare come giovani querce, in un futuro che promette successi e conquiste. Qualche incidente di percorso può capitare, ma rientra nella casualità della quale nella vita bisogna tener conto. Dall’altro lato si nasce poveri, figli di famiglie con genitorialità disagiate e incapaci, arbusti distorti per il poco nutrimento e calore. Le vite negate dunque appartengono a questa seconda categoria, che genera bimbi e bimbe infelici, se son fortunati sufficientemente sani fisicamente, ma con tare (qualcuno le definisce ancora in questa maniera) di vario tipo, a seconda dell’area compromessa, da quella cognitiva all’affettiva, alla relazionale, etc..
Questo approccio segue la logica dell’intervento sociale che vigeva fino agli anni ’50, per cui appariva un gran bene riuscire a bloccare l’inevitabile catastrofe sottraendo i minori, ritenuti figli di genitori indegni perché non dotati di quella genitorialità che si riteneva fosse esclusiva di quel ceto che possedeva abbondantemente i mezzi di sussistenza sia fisici che psichici. Assistenti sociali come battagliere crocerossine e medici (la categoria degli psichiatri e degli psicologi allora non esisteva come strumento nelle cause di sospensione della potestà genitoriale) all’unisono combattevano la lotta contro le cattive famiglie, i brutti genitori e quella che veniva definita la bestialità di tali nuclei familiari, allontanando (termine ancora in vigore) i figli (bimbi e bimbe) per istituzionalizzarli o renderli "hic et nunc" adottabili.
Dagli anni 70 in poi, la società civile ha iniziato ad interrogarsi sui principi dell’assistenza e dell’intervento sociale, costruendo nuovi approcci che tenessero nella giusta considerazione aspetti quali la promozione sociale, l’empowerment ed il cambiamento possibile, fornendo mezzi adeguati, materiali e spirituali (fisici e psichici), agli individui .
Con l’apertura dei consultori familiari (strutture sanitarie al servizio delle famiglie), che nascono formalmente nel 1975 con la legge 405, ma che sono stati istituiti con tempi e modalità diverse nelle varie regioni e che in Puglia, ad esempio, hanno circa 30 anni, sorgono istituti quale "l’affido temporaneo", che rappresenta l’alternativa terapeutica all’allontanamento definitivo dal nucleo originario con la messa in adozione; infatti i genitori affidatari funzionano da stimolo, da confronto e crescita, per i genitori naturali. Obiettivo dell’affido è la restituzione dei figli al nucleo originario, posto il superamento, anche se parziale, delle problematiche iniziali della genitorialità.
Con la chiusura delle strutture definite un tempo istituti per l’infanzia (o orfanatrofi) e la sostituzione (avvenuta progressivamente nell’ultimo decennio) con case-famiglia e di accoglienza, anche per le madri e i figli, si è focalizzata l’attenzione sul bisogno del minore di avere intorno a sé una famiglia, con la possibilità di vivere relazioni sostitutive del nucleo familiare ove questo venisse a mancare. Parallelamente, le strategie del welfare si sono occupate dei nuclei familiari definiti multiproblematici, che racchiudono un disagio multi generazionale, che sembra non avere mai possibilità di terapia e recupero.
Interventi quali l’allontanamento dei figli dal nucleo originario, il controllo invasivo da parte dei servizi posti a tutela dei minori, l’incapacità di contestualizzare ogni intervento, ponendolo in una gradualità di obiettivi dal breve al lungo termine, e la difficoltà ad empatizzare con il nucleo familiare ritenuto sempre attore del disagio e mai vittima, sono stati messi da parte in favore di politiche sociali volte alla promozione, al recupero delle parti sane e delle risorse che le genitorialità possono essere messe in grado di esprimere. Solo così si può interrompere la multiproblematicità di tali famiglie, che possono dunque liberarsi da quello stigma che pare agire di generazione in generazione come una maledizione.
La mamma L. oggi è disperata perché sa che sua figlia A. sta soffrendo, ma più persone si stanno adoprando affinchè ritorni fra le braccia materne... anche se c'è chi ha posto in giudizio il suo presunto grado di maturità.
Homepage volandocontrovento
2 commenti:
Un documento agghiacciante (quello dei filmati) di un paese che ha smarrito il senno. Non ci sono parole per esprimere il dolore, l'angoscia e la rabbia. Gilberto
direi un crimine legalizzato......
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