venerdì 26 settembre 2014

A proposito di Massimo Bossetti... :-( Amore mio non ti sento da colazione. Non una chiamata, non un sms... non mi ami più? Hai la batteria scarica? #

Articolo di Gilberto Migliorini


Ormai è certo: esiste la sociologia del telefonino. E' un nuovo metodo d’indagine applicato alla vita di coppia mediante intensità del traffico telefonico, di credito più o meno residuale dopo l’utilizzo di adeguata promozione. Se due coniugi che vivono sotto lo stesso tetto e si vedono mattina e sera (e magari anche a mezzodì) non si scambiano un sms o una telefonata di straforo nell'arco della giornata, anche quando sono entrambi in casa tra il giardino e il salotto o la cucina e lo studio, anche quando sono in vacanza insieme e viaggiano sulla stessa auto ma su sedili diversi, è davvero segno che sono sull’orlo di una crisi coniugale e forse sul punto di commettere qualche gesto insano e irreparabile.

L’evoluzione dei tempi e le nuove istanze tecnologiche prevedono che dopo aver fatto colazione ed essere andato al lavoro, il marito - che magari fa il muratore e che a metà mattina sta trafficando con la betoniera e il cemento - lasci per qualche momento la sua attività e mandi un messaggino per ricordare alla consorte che va tutto bene, o che va tutto male, che cmq si amano ancora come il primo giorno, che il lavoro procede alacremente, che il cemento si sta consolidando a dovere, che non vede l’ora di rivederla per il pranzo o per la cena e che nel frattempo non l’ha dimenticata. La moglie, in risposta, dopo aver inserito un TVB lo informa che il figlio gli ha appena inviato un sms da scuola, che il giovanotto ha imparato tante belle cose nuove, che a casa le pulizie procedono e che purtroppo l’aspirapolvere è collassato e occorre comprarne uno nuovo… e che naturalmente in quelle ore già trascorse neppure lei lo ha dimenticato.

Nella pausa pranzo i coniugi si telefonano finalmente per colmare il vuoto di un’intera mattina senza ascoltarsi vocalmente. È allora che si palesa la prova che si amano ancora, che la tecnologia dell’etere consolida un amore che altrimenti potrebbe obliterarsi nel vuoto di lunghe ore trascorse nella lontananza, dimentichi l’uno dell’altra con il rischio che il rapporto vada a naufragare nell’oblio, che si areni in quegli intervalli temporali trascorsi senza sentire la voce del proprio consorte, senza poterne leggere neppure un breve comunicato, un’avvertenza, anche solo un salutino con uno squillo convenzionale. Perché è chiaro che se due coniugi che si vedono mattina e sera, e magari anche a mezzodì, non si tengono in costante abboccamento (per carità, anche magari solo con un hashtag o con qualche faccina sorridente, con un cri cri o un cuoricino virtuale) è proprio segno che qualcosa nel rapporto si è rotto. Da una défaillance telefonica e da un omesso comunicato digitale si può inferire senza ombra di dubbio che un fatto pernicioso e irreparabile sta minando la relazione coniugale. Un tempo non sempre era possibile avere un telefono a portata di mano, soprattutto per un artigiano che lavorava in cantiere, per aggiornarsi in tempo reale sui fatti del giorno, sull’evoluzione ora per ora della malattia della suocera o del suocero o del raffreddore del figlio. 

Erano tempi duri nei quali bisognava fare di necessità virtù e attendere per ore gli aggiornamenti del caso, mentre si lavorava di piccone e badile, nell’angoscia di dover attendere l’ora del desco per essere aggiornati sugli ultimi fatti del ménage familiare, nell’ansia di sapere se durante il meriggio il consorte si fosse per caso abbandonato a qualche tentazione o non fosse più telepaticamente sintonizzato in un connubio di amorosi sensi. Allora non si poteva davvero programmare ora per ora, coordinarsi e tenersi costantemente al corrente l’uno dell’altra in un collegamento peer to peer. Durante quelle lunghe ore di separazione bisognava improvvisare e non si poteva essere certi di risultare in sicura sintonia col coniuge visto il rischio che, senza alcun collegamento digitale, una volta rincasati l’amore si fosse estinto e il sentimento, al mattino intenso, alla sera fosse inaridito e appassito. Oggi è possibile colmare lacune che un tempo deterioravano i rapporti e creavano le premesse di incomprensioni e conflitti. Vivaddio i nuovi apparati tecnologici consentono di tenerci aggiornati sull’evoluzione del rapporto coniugale: ad esempio sapere se alle ore dieci non sia per caso intervenuto un cambiamento, se lei o lui ci ama ancora come alle ore otto, se nella pausa pranzo non sia per caso accaduto qualcosa che ha incrinato il rapporto stabile sino alle ore undici e cinquantanove. 

Oggi la tecnologia consente di correre ai ripari in tempo reale, prima che la situazione diventi irreparabile, di poter colmare quei vuoti di molte ore che potrebbero davvero gettare ombre sulla relazione, produrre incomprensioni e creare le premesse di una crisi coniugale. D’altro canto ce lo insegnano gli adolescenti che tubano col telefonino: l’amore non è bello se non è alimentato con messaggini densi di pathos, meglio di un testo shakespeariano. Quando il telefonino fa scena muta è davvero segno che tutto è in pericolo, che due tapini stanno per lasciarsi, che per quanto vivano sotto lo stesso tetto non sanno più comunicare neppure con un sms o un vivavoce, nemmeno con un semplice emoticon. La sociologia del virtuale e la psicologia dell’etere è categorica: si tratta di un deficit di comunicazione, la mancanza di un feedback telefonico nella società tecnologicamente avanzata è un indice, declinato scientificamente, che i canali di comunicazione si stanno prosciugando, che è in atto un processo di crisi di coppia, che la relazione sta entrando in una fase di stallo, preludio di torbide e perverse problematiche. D’altro canto nella società dell’apparire e del virtuale un rapporto si alimenta con un costante flusso di parole, senza dimenticare quei simboli concisi che hanno il valore di un romanzo, pregnanti come una tesi di laurea. 

Lo dicevano già negli anni '60 alcune famose canzoni che sulla coppia spargevano testi premonitori capaci di anticipare i tempi e far capire quanto durante la giornata fosse necessario, per non dar modo al fuoco della passione di spegnersi, di restare spesso in contatto e non parlare a vanvera. Caramelle non ne voglio più, le rose e i violini questa sera raccontali a un'altra: come dire che se non ci si sente durante quelle interminabili ore tra una gettata di cemento e le faccende domestiche, è davvero segno che sta subentrando l’indifferenza perché... la lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi non si ama.

Ma al giorno d'oggi c’è davvero di più. Le nuove istanze criminologiche ci consentono una geo-localizzazione attraverso il telefonino, un posizionamento del presunto colpevole nei pressi del luogo del delitto e contemporaneamente nei pressi della sua abitazione: perché si sa… le celle telefoniche sono a tiro di schioppo e per giunta attivano il segnale a seconda del traffico di tante coppie in crisi di astinenza che ingolfano la rete cercando di tener vivo il rapporto. Soprattutto quando, tra pranzo e cena, c’è quel vuoto abominevole, quel buco nero dove perfino il rapporto più amorevole potrebbe inabissarsi nell’oblio. L’aggeggio smart è un infallibile indicatore della qualità di un rapporto. Magari su una scala uno a dieci declina, con metodi quantitativi, quando un rapporto gode di ottima salute o è in fase di stanca o addirittura sta scivolando nell’incomprensione e nell’aperto conflitto. Si tratta, per inciso, di misurare i minuti secondi trascorsi all’apparecchio: perché lì i metodi quantitativi applicati all’oggetto tecnologico, che più di ogni altro trasmette sentimenti e stati d’animo pieni di passione, hanno natura sociologicamente obiettiva: pesati scientificamente col credito residuo. Basterebbe leggere quel carteggio virtuale di tanta messaggistica digitale per rendersi conto del patrimonio letterario che viaggia nell’etere. Usare poco o per nulla il cellulare è segno di devianza, disadattamento, isolamento, depressione, conflitto e… crisi di coppia. 

Nella società dove tutti siamo sempre connessi mediante messaggini, dove si usa un alfabeto di faccine e simboletti, anche solo uno squillo ci dimostra che esistiamo, che  siamo felici e appagati, che i rapporti coniugali non sono in fibrillazione, che siamo in grado di amare usando comunicazioni profonde e coinvolgenti.

Le celle telefoniche sembrano raccontare ben più dei comportamenti di consumo, della mobilità sociale, dei gusti e delle preferenze in ordine alla vita sociale, alle relazioni di lavoro, perfino alle scelte politiche. La statistica può non solo misurare il consenso e l’apprezzamento dei possessori degli smartphone mediante complesse profilazioni, magari nascoste in qualche app, ma può addirittura entrare sotto le lenzuola coniugali, valutare mediante il consumo di accredito la qualità di un rapporto, contare quante volte ci si è amati… e nei casi delittuosi, addirittura inferire dal traffico del telefonino, soprattutto quando non c’è scatto alla risposta, il movente di un delitto. 

Presto in base al livello di comunicazione via etere sapremo anche valutare con certezza la qualità del rapporto coi nostri figli e il grado di integrazione nella società in cui viviamo. Forse potremo perfino istituire una causa di separazione per addebito di colpa, per crudeltà digitale, per omesso sms o addirittura per reiterata batteria scarica…

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220 commenti:

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Anonimo ha detto...

Ultim'ora: La madre di Bossetti “Ha mentito su tutto”
crolla l’affidabilità di Ester Arzuffi, per il Dna illegittimo anche il terzo figlio e non è di Guerinoni.

MAGICA ha detto...

allora potrebbe significare che G.B FOSSE STERILE?.
CHE BATOSTA PER BOSSETTI PADRE ' pure per EA.CHE CREDEVA DI FARLA FRANCA??

Anonimo ha detto...

Dagli esami del Dna risulta che anche Fabio Bossetti, il fratello di Massimo Giuseppe, non è figlio del marito di Ester Arzuffi.

Crolla il castello di bugie raccontate da Ester Arzuffi, la madre di Massimo Giuseppe Bossetti, il carpentiere in carcere dal 16 giugno con l'accusa di aver ucciso la 13enne Yara Gambirasio. In seguito agli esami del Dna per identificare "Ignoto 1", le cui tracce biologiche sono state trovate sugli indumenti della ragazzina, si era scoperto che Massimo e la sua gemella non sono figli naturali di quel padre che hanno sempre considerato tale, il marito di Ester Arzuffi, ma di Giovanni Guerinoni, autista di Gorno (Bergamo). La madre continua a negare, dice che lei e Guerinoni non c'è mai stato nulla, e che Massimo e Laura Letizia sono figlie di Giovanni Bossetti. Ora però viene fuori che anche il terzo figlio, Fabio, 39 anni, non ha un Dna compatibile con il suo padre legittimo. E lei ancora nega. Per gli inquirenti si tratta di un mondo di bugie, venuto fuori solo e soltanto perché legato a un omicidio, ma la donna non ha ritenuto opportuno, in tutti questi anni, rivelare la verità ai suoi figli e a suo marito.

Anonimo ha detto...

Buon pomeriggio a tutti, io avevo capito che il pm non aveva ritenuto necessario fare l'analisi a Giuseppe Bossetti, ma se non le hanno fatte come fanno a sapere che non e' figlio di GB e soprattutto che rilevanza ha ?

saluti

Alessandro

Anonimo ha detto...

E’ stato facile per i carabbinieri andare in ospedale e farsi consegnare qualunque cosa potesse avere il dna di Bossetti padre ricoverato. L’Eco di Bergamo scrive che la notizia l’ha data per prima La Stampa, articolo di Grazia Longo. allora e’ vero ?

Ermes

TommyS. ha detto...

Purtroppo in tutte le redazioni dei giornali, inclusi quelli a diffusione nazionale e di prestigio come "La Stampa", vi sono giornalisti bravi ed al altri meno. E tra questi ve ne sono molti che si prestano a giochi poco chiari dettati non solamente da esigenze editoriali.

Adesso salta fuori Grazia Longo, resasi già nota, famosa sarebbe troppo, per il libro (sic) "La donna del soldato" sul caso Rea/Parolisi sul quale preferisco non commentare. L'esimia difatti, nello "scoop" odierno non si fa scrupolo alcuno di intentare un processo mediatico sulla madre di Bossetti (non risparmiandosi anche accuse di bassissimo livello), rea di aver mentito e continuare a mentire in modo spudorato e criminoso sui suoi presunti amori clandestini che a quanto pare sarebbero alla base di tutte le sue gravidanze. E questo non riprendendo una notizia certa ed appurata sull'esito di un presunto test di paternità con esito negativo tra il fratello di Bossetti ed il suo padre anagrafico, nonché marito dell'Arzuffi. Ma stralciando bensì una frase specifica dell'interrogatorio di Bossetti in carcere da parte del PM (risalente al luglio 2014, quindi fresco fresco), dove, con chiaro espediente mirato a far cadere in contraddizione l'indagato, il PM stesso formula una tipica domanda trabocchetto, cioè un "saltafosso" ("sfunnapiedi" avrebbe detto Montalbano).
E questo perché se il PM si è sinora rifiutato di eseguire il test di paternità richiesto a chiare lettere dal GIP, è escluso categoricamente che l'abbia fatto tra Giovanni Bossetti e l'altro figlio.
Sfiderei quindi la Longo a dichiarare pubblicamente (anche in questo blog) che tale test di paternità sia stato realmente fatto ed in caso contrario di chiedere umilmente scusa, pubblicando un articolo di smentita sul suo quotidiano, per le infamie contenute in quello odierno. Temo però che questo sia impossibile ed allora mi domando come mai la redazione di cronaca de "La Stampa" affidi alla Longo tutti i servizi sul caso quando si deve sparare a zero su Massimo Bossetti e sulla sua famiglia, mentre per gli altri servizi si affidi ad altri giornalisti un po'più equilibrati come Colonnello (anche se durante la puntata di Matrix del 25/09 era costretto quasi ad una difesa d'ufficio della sua redazione).

Per cui ripeto quanto già scritto a commento di un altro articolo su Fedocci:

"Quousque tandem abutere LONGO patientia nostra"!

TommyS. ha detto...

Nel commento precedente ho citato l'altro cronista de "La Stampa" che si occupa del caso Yara/Bossetti, e cioè Paolo Colonnello, definendolo "un po' più equilibrato", anche se lo stesso si è macchiato (in misura più lieve rispetto alla Longo) delle stesse colpe di cattivo giornalismo quando ha scritto sulla moglie di Bossetti (13/08/2014) o comunque in modo diffuso negli altri articoli.

E non è solamente una mia opinione personale se Marco Ventura di Panorama in questo articolo

http://www.panorama.it/news/marco-ventura-profeta-di-ventura/caso-yara-bossetti-moglie-media-gossip-inquirenti/

così scrive:

"La moglie [Marita Comi, ndr] si trova a dover fronteggiare non solo i magistrati, ma anche i giornalisti che sanno e partecipano allo scandaglio impietoso della sua privacy (grazie a chi?) e se si azzarda a dire la sua al settimanale Gente, c’è subito pronto il solerte cronista di giudiziaria, nello specifico Paolo Colonnello de La Stampa, che si dedica a sottolineare sotto il titolo “Yara, le contraddizioni della signora Bossetti”, le “presunte” (il virgolettato è mio) discrepanze tra le parole della “bella moglie che rilascia interviste ai settimanali popolari” (stavolta il virgolettato è di Colonnello) e quelle che Marita ha pronunciato davanti ai Pm.
A Paolo vorrei ricordare quanto lui stesso ha scritto su Facebook tempo fa, in quello che appariva come un post di encomiabile ma evidentemente “presunta” autocritica, dopo aver premesso che dubitava dell’innocenza di Bossetti: “Ciononostante mi piacerebbe che i giornali avessero il coraggio di distinguersi dal trash delle trasmissioni televisive smettendo di occuparsi di questo caso day by day, proprio per rispetto dei protagonisti e della loro sofferenza. Piccoli dettagli, elucubrazioni, fughe di notizie cui io stesso ho partecipato (con assoluta controvoglia, credetemi) non aggiungono nulla di più a questo punto alla tragedia che si è ormai consumata. La solita tragedia, verrebbe da dire. Perché purtroppo, anche grazie alla nostra morbosità, statene certi che si ripeterà”.


P.S. A quanto mi risulta quel post sul profilo FB è stato poi rimosso dallo stesso Colonnello.

TommyS. ha detto...

@ Anonimo 12.09

Solo adesso mi sono accorto che la notizia tratta da TGcom24 e da te citata "risale al 23 giugno 2014!"

Ma bravo! Complimenti vivissimi.

E nonostante la madre, secondo il solerte FEDOCCI ed i suoi informatori fidati, si sia tradita ancor prima dell'arresto nell'Ordinanza del GIP non ve ne è traccia, e questo si che sarebbe stato un grave indizio!

Quindi di nuovo complimenti!!!!!

Gilberto ha detto...

Molti (ma non tutti) hanno capito che le notizie scandalistiche che si rincorrono giornalmente sul caso Bossetti fanno parte di un gossip mediatico che non ha nulla di informativo. Qualcuno trova attendibile tutte le notizie che servono a creare audience e clamore, sono convinti di riportare anche qui nel blog qualche scoop eclatante. Non si avvedono che solo epigoni del pettegolezzo quotidiano alimentato da stampa e tv, e privo di riscontri.

Mimosa ha detto...

Mah, confesso che quel riferimento al fratello minore nell’interrogatorio dell’8 agosto, mi ha lasciata sconcertata, all’inizio l’ho interpretato come una boutade, una provocazione per minare le certezze dell’imputato e osservare le sue reazioni.
Adesso, ripensandoci, secondo me la domanda trabocchetto sul fratello minore è stata posta con cognizione di causa: nemmeno il più cinico e incallito inquirente si permetterebbe di inventarsi un fatto del genere. Gettare discredito sulle persone che attorniano la sfera amicale di un imputato è una tecnica collaudata, ma denigrare i familiari ai suoi occhi non è ancora successo, che io sappia.
Certo, la PM poteva risparmiarsi la sorpresina per il processo, e soprattutto chi preposto alla divulgazione degli atti a spizzichi e mozzichi a beneficio dei media poteva stralciare quella frase “polverosa”.

Se la notizia fosse falsa, gli avvocati avrebbero immediatamente smentito e querelato i giornalisti che ci ricamano sopra.
Non l’hanno fatto. Io mi domando perché.

Mimosa

TommyS. ha detto...

Mimosa,

la tua fiducia estrema nella correttezza degli inquirenti durante gli interrogatori di un indagato (che pur sforzandosi non riescono a collegare al delitto nonostante la prova del DNA) è decisamente encomiabile.

Non dico sia prassi di tutti i Procuratori della Repubblica adottare tali tecniche, ma di sicuro vi sono stati altri casi recenti dove si è fatto ben di peggio.

TommyS. ha detto...

Mimosa

P.S. Chi ti dice che i difensori di Bossetti, ma anche il legale di Ester Arzuffi, non abbiano già querelato La Stampa e La Repubblica? Di sicuro non lo scriverà in un articolo proprio la Longo.

Anonimo ha detto...

CINQUE
quotidiano


Venerdì, 3 ottobre 2014 ore 17,42

Omicidio Yara, Tor Vergata difende il suo operato
È scontro sulle analisi del dna tra gli avvocati. Intanto anche il fratello do Giuseppe sarebbe illegittimo


Qui non si tratta di mettere in discussione l’identificazione o l’appartenenza di quel DNA ad una persona. E lo dimostra il fatto che dal DNA in questo caso si è arrivati ad identificare una persona Yara, Novelli (Tor Vergata): “Identità certa, identificazione accurata. Il Dna non era degradato”di cui non si sapeva assolutamente nulla”. Così a Effetto Giorno, su Radio 24, Giuseppe Novelli, genetista, rettore dell’università di Tor Vergata, la cui squadra si è occupata anche delle analisi del DNA di Ignoto 1, identificato poi come Massimo Giuseppe Bossetti.

L’ANALISI – “Tutto questo dimostra quanto è preciso quel test: quella prova di identificazione è accurata e certa. Il dubbio è un altro. Da quanto mi è dato di capire il dubbio è sulla natura biologica del campione trovato: quando si trova un campione di DNA, spesso bisogna risalire a da dove provenga, se sia sangue, sperma o urine. Lì era una traccia molto piccola, c’era del sangue, c’era qualcosa d’altro che non si può capire. Ma l’identità è certa”. Il Dna può essere degradato, come quella relazione del RIS sembra ipotizzare? “No, altrimenti non si sarebbe arrivati ad una identificazione così certa”. Quindi la traccia è indiscutibilmente pura e indiscutibilmente di Ignoto 1? “Non c’è ombra di dubbio”.

ANCHE IL FRATELLO DI GIUSEPPE FIGLIO ILLEGITTIMO – La madre del presunto killer Massimo Giuseppe Bossetti mentirebbe su tutto e anche il suo terzo figlio risulterebbe illegittimo. Secondo ‘La Stampa’ la prova arriva dal test del Dna, anche se la donna continua a negare. Il padre naturale del terzo figlio della Arzulli non è Giovanni Bossetti e neppure Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno. La Arzuffi nega di aver avvertito il figlio che erano state trovate delle tracce del suo Dna e di aver mai parlato della ragazzina di Brembate. I tabulati indicano una conversazione tra i due alle 19.05 del 26 febbraio 2011, giorno in cui nel campo di Chignolo fu ritrovato il corpo senza vita di Yara Gambirasio.

PINO ha detto...

MIMOSA
Condivido la tu impressione, sul motivo dell'inerzia degli avvocati difensori di Bossetti, per la "domanda", più che pungente, rivolta allo stesso.
Potrebbe (condizionale d'obbligo) essere che sapevano che la domanda non poteva costituire calunnia, in quanto vera.

Anonimo ha detto...

“Se la notizia (del terzo figlio illegittimo) fosse falsa, gli avvocati avrebbero immediatamente smentito e querelato i giornalisti che ci ricamano sopra.
Non l’hanno fatto. Io mi domando perché.” (Mimosa)

“Potrebbe (condizionale d'obbligo) essere che sapevano che la domanda non poteva costituire calunnia, in quanto vera.” Pino)

“Qui taluni sono convinti che la difesa del Bossetti giocherà solo di rimessa sul Dna e che l’accusa abbia ottime carte da giocare. Gli avvocati della difesa non hanno alcun interesse a scoprire le carte, anzi si ha come l’impressione che vogliano far credere di avere in mano solo scartini. Vedremo alla fine chi sta bluffando e chi ha in mano le carte migliori.” (Gilberto - nei commenti sotto l'ultimo articolo)

Sì, vedremo se la difesa ha “ottime” carte da giocare... in corner, intanto ha “preferito” lasciar macerarsi in carcere in isolamento per 4 mesi il loro assistito … solo per cavare l’asso dalla manica in aula del processo fra chissà quanti altri mesi? Che sadici! Che cinici! Che strateghi!
Intanto non hanno contestato che il dna sia di Massimo Bossetti, e solo ora pretendono di verificare la validità della traccia, dopo che si saranno documentati sui vari blog e forum scopriranno qualcosa altro che hanno tralasciato … ah, ecco le “paternità” … Ma se l’avvocato di Ester ha detto che “il processo parlerà del DNA del figlio sugli indumenti di Yara, non entrerà nel merito di chi è figlio”, saprà bene lui come funziona la macchina processuale!

Altrochè carte migliori ancora da giocare! Non ce ne sono proprio.
Ermes

Anonimo ha detto...

x Ermes

Buone le tue osservazioni, scanzonate e senza riserve.
LE CONDIVIDO!
Dovresti scrivere più spesso, però, visto che in questo blog si dà libertà ad ogni corretta, personale opinione.
Tanti saluti. D.S.

Anonimo ha detto...

La difesa di Bosetti, come la maggioranza degli avvocati in Italia, non sa di cosa si stia parlando, la richiesta di scarcerazione ad esempio è un obbrobrio di 40 pagine infarcito di idiozie basate sul ragionamento e sulla logica circolare, non ha portato un fatto, un'asserzione, nemmeno uno spiraglio, questi avvocati sono il male della giustizia italiana (naturalmente uniti ad una certa magistratura)

magica ha detto...

anche il metro cubo si sabbia è sintomo di colpevolezza , pure il cassonato che ora viene cercato in piu' regioni .voleva scappare?si come avolte i caramba siano ammiccanti con chi detta legge .anzi peggio ancora abbiamo letto .
quel pomeriggio va a risolvere incombenze? con il fatidico cassonato . difficile pure da parcheggiare ..eppure aveva una auto . mah

Anonimo ha detto...

Gentile D.S., intervengo poco perché devo tenere a freno il mio temperamento, e non mi azzardo a dire tutto quello che penso per non rischiare di mancare di rispetto a chi in buona fede scrive cose che mi sembra facciano a cazzotti con la logica.
io non sono altrettanto pacato come molti qui dentro …
Ermes

Anonimo ha detto...

ops

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