Di Gilberto Migliorini
Nella
Francia di Napoleone III (che prende il potere con il colpo di stato del
dicembre 1851) si afferma il sistema dei plebisciti. Luigi Napoleone fa
occupare il Parlamento dai soldati e scioglie l’Assemblea ristabilendo il
suffragio universale (Plebiscito=voto diretto del popolo). Le elezioni del 21
dicembre confermano il suo operato e la sua presidenza seguita
dall’approvazione di una nuova costituzione (poteri per dieci anni al principe presidente). Il suffragio universale (comunque
solo maschile in quanto all’epoca le donne erano ritenute giuridicamente
incapaci) è indice di un fatto democratico in questo fatto storico? Assolutamente no! La camera aveva un
potere puramente consultivo (le leggi venivano proposte dal presidente. Il
senato era di nomina presidenziale. La consultazione popolare attraverso
plebisciti con il voto diretto del popolo prevedeva solo un sì o un no. La
camera era eletta a suffragio universale, ma con candidature imposte dalle
Prefetture. Il controllo sulla stampa consentiva infine di orientare
l’elettorato, per quel poco che poteva contare, cioè meno di niente, salvo la
carnevalata plebiscitaria. Il modello in parola è stato definito democrazia
autoritaria in quanto delega completamente all’esecutivo in un cortocircuito
delle assemblee parlamentari). Alla fine del 1852 verrà sempre attraverso
plebiscito restaurato l’Impero (il secondo impero). La politica di Napoleone
III oscillerà poi tra autoritarismo e paternalismo. Vi ricorda qualcosa tutto questo, qualche analogia, mutatis mutandis,
con l’attualità del presente?
Ma
andiamo avanti non per dire dei corsi e ricorsi della storia, non solo per
rimemorare il passato, ma anche per rilevare eventuali discrepanze (le analogie
sono talvolta decettive o da cogliere in filigrana). Il titolo diviene dunque
ereditario con l’appoggio del clero, dei cattolici, dei moderati con
l’opposizione dei repubblicani, legittimisti (borbonici e orleanisti) e dei
radicali. Se la storia è maestra di vita dobbiamo ricavare un insegnamento
piuttosto banale: il suffragio universale è condizione necessaria ma non
sufficiente di un sistema democratico, sia in senso formale, sia in senso
sostanziale, sia cioè in un quadro normativo di rappresentanze, sia in un
sistema politico nel quale l’informazione è manipolata da gruppi di potere omogenei
e nel quale l’opposizione viene controllata e/o repressa, o alla quale viene
impedito con i più vari espedienti di lavorare per capovolgere democraticamente
i rapporti di forza esistenti. Il suffragio universale in Germania nel 1871,
per fare un altro esempio, più che un evento democratico è una strategia per
contrastare le spinte centrifughe particolaristiche dei vari stati del puzzle della
Confederazione germanica.
A quanto sopra bisogna aggiungere che per avere un sistema democratico di rappresentanze
occorre che esista una assenza di
costrizioni (dirette o indirette, compresi i voti di scambio e la mancanza
della libertà di stampa), una propaganda
leale e uno spoglio delle schede
onesto (non so in quanti paesi si realizza tutto questo…). Il caso di
Napoleone III (ma qualcosa suggerisce che il sistema è clonato e se ne danno esempi
attuali) rimanda non solo al primo e secondo impero, ma anche al regime
Bismarckiano tedesco e via via anche ad altri sistemi non proprio limpidi di
democrazia (europea e non). I moderni partiti politici non sono più
semplici consorterie o club che vivono di vita effimera all’avvicinarsi delle
elezioni, sin dall'inizio del novecento sono istituzioni permanenti con apparati
di propaganda e segreterie stabili, costituiti in sezioni e sostenuti da
militanti. Il gruppo parlamentare viene subordinato al partito. Qui però
occorre operare una distinzione e segnalare un equivoco. Il partito non è un
fatto pubblico, ma privato. Solo i suoi rappresentanti eletti sono un fatto
pubblico.
Su questo si gioca gran parte degli equivoci che nell’immaginario
collettivo trasformano i partiti in attori pubblici e non già in private
consorterie, sia pure appoggiate da una massa più o meno ampia di sostenitori.
Le elezioni non trasformano un partito in un organo pubblico, pubblici sono
solo i rappresentanti indicati sulla scheda o indicati dal partito e votati
dagli elettori. Un partito è e rimane un sistema privato che fa capo a
interessi che non sono e non possono essere collettivi, ma sempre riferiti a
gruppi di interesse (economico, ideologico e sociale). Dai rappresentanti
pubblici nominati ci si può invece aspettare che essi agiscano nell’interesse
generale (che poi ciò non accada è un altro paio di maniche). Negli ultimi
trenta/quarant’anni della vita politica italiana, si è riaffacciato il modello
del partito consorteria, un giano bifronte che del moderno partito politico conserva tutti gli apparati di massa, una
iconografia ideologica, un sistema di rappresentanze, uno statuto e un
programma sulla base di una visione della gestione dello stato (comprendendo gli
intenti etici e le finalità idealmente
definite come progettualità politica) che di fatto persegue il controllo degli
apparati dello stesso stato mediante la partecipazione alle elezioni (occupazione
delle cariche elettive).
Dall’altro lato il partito consorteria, al di là degli
elementi tipicamente ideologici (la vetrina predisposta per i supporters) con
la quale gli apparati propagandistici offrono un’immagine pubblica ai suoi
sostenitori ed elettori con tutte le tipiche scenografie suggestive e gli
slogan ad effetto (sventolii di bandiere, inquadrature televisive, adunate di
massa, proclami, talkshow, comizi…), perseguono interessi e finalità non sempre dichiarati
all’elettore e promuovono politiche che fanno capo agli interessi dei
finanziatori e referenti più o meno occulti. In parole più semplici possiamo
dire che i partiti - un po’ come per la dottrina filosofica della doppia verità
- hanno un versante riservato alla massa degli elettori (considerati alla
stregua di una mandria da guidare o di un elettorato da ammaestrare) e un
versante riservato agli interessi della propria consorteria, intesa come gruppo
ristretto di interessi più o meno dichiarati. I sistemi democratici vivono
nella dialettica esterno/interno,
ufficiale/ufficioso essoterico/esoterico, volgo/iniziati, verità palese/verità
segreta, massa/consorteria e in definitiva costituiscono sempre al di là di
qualsivoglia retorica e demagogia una forma massonica più o meno accentuata
senza per questo che i suoi aderenti ne siano necessariamente consapevoli.
Non
è da dimenticare che all’origine dei moderni partiti politici ci sono quelle
società segrete ottocentesche (reazionarie, liberali e socialiste) nelle quali
oltre alla clandestinità vige la compartimentazione e dove le conoscenze delle
finalità sono relative al livello gerarchico: le masse sullo sfondo erano un
esercito di manovra delle sette. Nella supersetta dei Sublimi Maestri Perfetti
di Filippo Buonarroti, gli obiettivi andavano al di là dello stesso liberalismo
e della stessa democrazia - con finalità note solo ai vertici dell’apparato).
Gli
interessi economici che girano intorno alla politica sono tali da mobilitare
tutti i potenziali attori che possono ricavare vantaggi a livello personale o
del gruppo di appartenenza, dei propri referenti e di tutti quei fiancheggiatori
che ricevono adeguate contropartite. Il sistema dei lavori pubblici e le
relative commesse costituisce l’ambito privilegiato con il quale gli interessi
della consorteria si realizzano attraverso un sistema di clientele che rimanda
soprattutto in certe realtà politiche ai sistemi di vassallaggio medioevale. In
particolare le grandi opere costituiscono le occasioni privilegiate con le
quali il partito consorteria realizza gli interessi suoi e dei propri referenti
attraverso giustificazioni politiche adducendo motivazioni in genere sostenute
con termini generici ma di effetto presso l’elettorato (sviluppo, posti di lavoro, il paese ce lo chiede, modernizzazione,
salvaguardia ambientale, adeguamento…) ma di fatto promossi per utilizzare
fondi pubblici in vista di interessi privati e di consorteria che spesso non
solo non rispondono ad un reale interesse per la collettività e il benessere
sociale, ma oltre che costituire uno sperpero di denaro pubblico determinano
pesanti danni ambientali e forniscono ancora più potere a quei gruppi che usano
lo stato per procacciare interessi personali e clientelari.
In trasmissioni
televisive si sente spesso dire basta con
lo stato, in realtà è proprio lo stato a costituire uno strumento di una
politica di gruppi privati con un volto pubblico di mera convenienza.
Le
grandi opere sono emblematiche di tale politica double face. Emblematiche perché dimostrano come qualunque lavoro
pubblico può essere giustificato utilizzando idonei apparati propagandistici e
opportuni studi sull’impatto ambientale opportunamente pilotati. Il consumo di
suolo nel Bel Paese è sotto gli occhi di tutti, il degrado e l’inquinamento di
aree sempre più vaste del paese costituisce un’evidenza che non ha bisogno del
riconoscimento di studi di settore. Eppure esiste sempre e comunque la
possibilità di giustificare le opere più o meno grandi (e quelle più grandi
ovviamente hanno una resa maggiore in termini di ricaduta per gli interessi di
consorteria e clientela) in funzione delle suddette generiche giustificazioni che
rappresentano un passepartout in grado di promuovere politiche ad hoc. Il
problema corruzione in definitiva è solo una foglia di fico di fronte a una
problematica ben più ampia, quella dell’interesse collettivo. Il suffragio
generale in un contesto di un elettorato incapace di comprendere le
problematiche e di valutare gli effetti delle politiche economiche, ci rimanda a
quelle formule plebiscitarie alla Napoleone III nelle quali l’elettore è
soltanto il destinatario passivo e ignaro di politiche decise dall’alto e
suffragate dagli apparati propagandistici di una stampa asservita ai potentati
economici, sempre in grado di promuovere il consenso con una informazione sapientemente
pilotata.
Paradossalmente la rivendicazione del diritto al lavoro nella
rivoluzione parigina del 1848 (che precede il colpo di stato di Luigi
Napoleone) con l’istituzione degli Atelier Nationeaux (fabbriche nazionali) e l’utilizzo
della manodopera operaia per effettuare lavori di sterro (scavare buche e poi
ricoprirle nuovamente) facevano meno danni all’ambiente e alla collettività di
quanto oggi fanno molte opere pubbliche tanto ciclopiche quanto inutili. I vecchi scandali (mani pulite su tutti) e i recenti (Expo - Mose - ecc...) in teoria dovrebbero far ragionare l'elettore sulla disonestà politica che grava economicamente su tutta la collettività. Ovviamente una politica economica in funzione della collettività (e la gran
parte del territorio italiano delle epoche passate è testimone della
lungimiranza dei nostri progenitori) dovrebbe scaturire da amministratori
onesti e soprattutto da una popolazione consapevole e in grado di valutare le
politiche economiche dei suoi rappresentanti.
L’elettorato italiano si
qualifica invece storicamente (pensiamo all’affermazione del fascismo proprio
grazie al suffragio universale appena introdotto nel primo dopoguerra, 1919)
come una massa amorfa e facilmente influenzabile dagli apparati propagandistici.
Tutta la storia degli ultimi trenta-quaranta anni lo dimostra. La facilità disarmante con la quale il potere usa la demagogia e la
retorica più grossolane, costituisce prova di un degrado del paese che oltre che
ambientale è anche antropologico e culturale. La televisione spazzatura ha
creato l’humus per un elettore asservito agli slogan e incapace di distinguere
tra propaganda e informazione... e le recenti elezioni lo attestano in modo
inequivocabile.
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1 commento:
STUPIDITA HO CALCOLO?
Voltiamo pagina spazzando via Tutta La classe politica
Che ha permesso la nascita de l’era BERLUSCONIANA Riportandoci al (medio evo) dove il padrone dettava LEGGE.
la crisi MONDIALE fa da spia i paesi emergenti invadono i mercati con produzioni a basso costo
chi governa impegnato a risolvere gli interessi delle lobby tralascia i veri problemi che aggravano la situazione ITALIANA.
Dopo due GUERRE e lotte sindacali in questi ultimi 100 anni cosa abbiamo ottenuto dai padroni solo sacrifici e tante chiacchiere.
Rispetto ha 66 anni fa le risorse energetiche sono agli sgoccioli I mercati sono saturi
Per risolvere la crisi? ( semplice ) Scateneranno la terza GUERRA MONDIALE
Cosi con una fava prenderanno due piccioni livelleranno la popolazione MONDIALE
e/ i sopravvissuti ? saranno i nuovi schiavi .
Il Declino de Le Generazioni del dopo guerra cresciute ne l'opulenza si dividono in due
Categorie classe politica serva delle lobby e i succubi (Beoti ) Troppo presi da droga divertimenti diete e stronzate varie
Non si sono resi conto che il declino è iniziato negli anni 80 con l’evento al Governo di B. Craxi
Il debito pubblico a incominciato ha crescere a dismisura naufragando
Con L’ultimo Governo di SB suo delfino.
Che per fare i suoi interessi ha dato il colpo di grazia.
Hanno scoperto che rende di più quotarsi in borsa e spostare gli stabilimenti nei paesi comunitari dove il lavoro costa meno.
Quando il lavoro a basso costo nei paesi sottosviluppati finirà scongeleranno i nostri precari
ne l’attesa fra crisi e sacrifici ci riabitueremo al peggio tanto da osannare i futuri sfruttatori W. L'ITALIA.
PS
Ho lavorato per 18 anni alla stazione di Santa Maria Novella di Firenze ciò che descrivo nel post è verità il tutto rispecchia la nostra società e ciò che saremo. DOMANI
Anime sospese le ho viste aggirarsi in tutte le stazioni in cerca della loro identità perduta. Vita vissuta ai margini della dignità imposta da una società malata, priva di amore verso i più umili che stanchi di lottare si sono arresi assistendo impassibili a quella vita che non gli appartiene più. Vita ricercata nella folla frettolosa schiava del tempo che passa veloce, come fossero automi. Taluni offrono una moneta tenendo in vita queste anime sospese condannate a fare da specchio a tutta l’umanità. VITTORIO
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