martedì 5 novembre 2013

Unione Camere Penali: Gli scandali Matrioska e le dimissioni del Ministro Cancellieri


Il caso cancellieri Ligresti contiene il vero scandalo, che è quello complessivo della giustizia italiana, e chi si affretta a liquidarlo con difese interessate o superficiali richieste di dimissioni contribuisce a nasconderlo. Invece la vicenda deve essere l'occasione per una riflessione seria: sul carcere, sulla custodia cautelare, sulle intercettazioni telefoniche, sulla riforma costituzionale della giustizia e sull'amnistia. Il documento della Giunta....




Gli scandali matrioska e le dimissioni del Ministro Cancellieri


Lo scandalo Cancellieri - Ligresti è una matrioska minore che paradossalmente sottrae alla vista le sorelle maggiori che la contengono. Sarebbe fuorviante polemizzare per le altre sessantamila telefonate (una per ciascun detenuto) che il Guardasigilli avrebbe dovuto fare così come per l’amica in rapporti professionali con il figlio, oppure risolvere la questione iscrivendosi al partito non disinteressato di chi chiede le dimissioni o all’opposto si schiera acriticamente a difesa; ciò che occorre, per una riflessione seria, è mettere in fila le matrioske per apprezzarne le proporzioni.

Lo scandalo Cancellieri Ligresti è contenuto nello scandalo carcere, e lo nasconde.

Che il Ministro sia intervenuto per un detenuto sofferente, è in sé una buona azione per un problema vero che – esso si – è certamente uno scandalo. Il primo sguardo va diretto alla incivile situazione della condizione carceraria nel nostro Paese: una tragedia che il Ministro conosce per essersene occupata e dalla quale il coinvolgimento amicale non poteva - paradossalmente ed innaturalmente – distoglierlo. All’assetato si dà l’acqua, non lo si fa morire di sete per “amicizia” o perché si deve prima sistemare l’acquedotto per tutti, ma la vicenda deve servire al Guardasigilli come stimolo per aumentare la sua attenzione ed intensificare la sua attività verso la soluzione della questione detentiva.

Lo scandalo carcere è contenuto nello scandalo custodia cautelare, e lo nasconde.

La signora Ligresti era uno dei tanti detenuti in custodia cautelare; ci si dovrebbe domandare come mai attendesse il giudizio in carcere e non libera, come prevede la costituzione, o al limite agli arresti domiciliari, come suggerivano le condizioni di salute certificate da una perizia e la prognosi positiva indotta da una richiesta di patteggiamento già formalizzata. Se il Ministro si è indignato nel toccare con mano, sulla pelle di un’amica, queste storture che noi avvocati tocchiamo quotidianamente sulla pelle dei nostri assistiti, non ha sbagliato. Se il Ministro ha colto l’occasione per comprendere che buona parte del problema carcere deriva dall’abuso della custodia cautelare, è solo un fatto positivo.

Lo scandalo custodia cautelare è contenuto nello scandalo dell’uso strumentale delle indagini, e lo nasconde.

Il Ministro è stato intercettato ed ha potuto constatare che abbiamo perso la libertà di comunicare: quale che sia l’ambiente investigato, i salotti buoni del potere o i più sordidi angiporti, l’orecchio degli investigatori abbraccia intere famiglie, andando a perscrutare rapporti intimi e pubblici, vergognosi ed inutili, affari e sentimenti, buttando reti di spietata efficienza che vengono maneggiate con poca cura, perforando come burro i segreti garantiti dalla costituzione, così per l’avvocato come per il Capo dello Stato, oppure soltanto dalla decenza, per le umane debolezze che non costituiscono reato. Se il Ministro trae consapevolezza dell’opportunità di riformare e contenere lo strumento delle intercettazioni telefoniche, contribuisce al ripristino di una delle libertà costituzionali più violate.

Lo scandalo delle intercettazioni è contenuto nello scandalo del cortocircuito mediatico-giudiziario, e lo nasconde.

Il Ministro non è indagato, ma il suo nome è magicamente passato dai brogliacci di polizia giudiziaria ai giornali. Il Ministro non è indagato, ribadiscono gli inquirenti dopo la pubblicazione, eppure la polizia giudiziaria evidenziava maliziosamente nei suoi rapporti (perché, se non era indagato?) che suo figlio telefonava da utenze del Ministero della Giustizia; anche se poi hanno ammesso l’errore (il numero non era del ministero), ma la malizia rimane. Se il Ministro ha fatto una riflessione sul rapporto perverso che lega gli inquirenti all’informazione, potremo anche pensare che sia interessata, ma la riflessione rimane ineludibile ed urgente. Se il Ministro si è chiesto come mai la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, sanzionata da una norma del codice penale (art. 684), non genera un processo in questo come in tutti gli altri casi, e magari ha preso nota della esplicita rivendicazione al congresso dell’Anm da parte del procuratore di Roma della scelta di nemmeno iscrivere le notizie di reato, allora noi non potremo dire altro che “era ora”. Se comprende che l’obbligatorietà dell’azione penale è una finzione e che è necessaria quella riforma costituzionale della giustizia, pervicacemente osteggiata dalla magistratura associata che enfatizza la “inadeguatezza morale” della classe politica al fine di attribuirsi il potere esclusivo di “autoriforma”, allora il Ministro avrà dimostrato consapevolezza del proprio ruolo e dei propri doveri istituzionali.

La conclusione, dunque, è che lo scandalo Cancellieri - Ligresti è contenuto nello scandalo giustizia, e lo nasconde.

Chi guarda all’uno senza vedere l’altro fa la classica parte dello stolto che guarda il dito e non la luna. Il Ministro ha il dovere di occuparsi della riforma della giustizia e del carcere, due problemi che vanno risolti insieme. Ma il secondo è più a portata di mano, e per esso il Ministro deve fare non le sessantamila telefonate di cui parla il citato stolto del dito, ma proporre l’amnistia e fare approvare i disegni di legge già definiti, quello sulla riforma dell’ordinamento penitenziario e quello del sistema delle pene. Non è vero che il Ministro attuale si sia interessato della Ligresti e non di tutti i detenuti, perché gli va dato atto di aver chiaramente dichiarato che il provvedimento di clemenza è necessario, a differenza del precedente che dribblava le domande sull’amnistia rinviando al parlamento. Ebbene il Ministro faccia di più: prepari il disegno di legge e lo depositi in Parlamento. E depositi anche quello per la riforma del titolo quarto della Costituzione: solo così dimostrerà che il colpo assestatole dal circuito mediatico giudiziario non l’ha intimidita e che è ancora un Ministro a pieno servizio. Altrimenti, se così non è, se non ha più la forza, e ne occorre parecchia, per affermare il primato della politica di fronte alle resistenze della magistratura, allora si, per questo, e solo per questo, rassegni le proprie dimissioni.

Roma, 2 novembre 2013

La Giunta


6 commenti:

Manlio Tummolo ha detto...

Grazie, caro Massimo, per la pubblicazione. Ti pongo una domanda, se sei così cortese da rispondere. Hai forse notato in me in questi anni di reciproco rapporto e collaborazione, che io abbia espresso idee opposte o assunto atteggiamenti diversi, riguardo alla problematica garantista e costituzionalista, adattandomi a situazioni di maggioranza o voltando frittate verso questo o quel personaggio della cronaca grigia o nera che sia ? Oppure, mando avanti le medesime tesi ?

Unknown ha detto...

No Manlio, sei sempre stato coerente, fin troppo a volte, alle tue idee e tesi senza mai allungare la corda o cambiare in corso d'opera... su questo non v'è dubbio.

Massimo

Manlio Tummolo ha detto...

Grazie Massimo, per la cortese risposta: ti ho posto la domanda solo per farlo capire a coloro che scambiano per riferimento personale quella che è solo un'indicazione generale, anche quando prende spunto da osservazioni altrui.

Vi sono regole etiche e giuridiche che valgono in tutti i casi, sia per coloro che ci sono simpatici, sia per coloro che ci sono indifferenti o antipatici.

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo mi associo alla risposta del caro amico Massimo,Un conto sono le opinioni personali,un'altro è capire come funzionano le leggi in Italia con tutte le procedure da rispettare.Tante volte abbiamo esagerato nel condannare o assolvere anticipatamente tizio o caio, basandoci sui pregiudizi o piccole sensazioni tra simpatie ed antipatie.Si possono condividere certe idee come non si possono condividere,non siamo tutti uguali,e su questo posso solamente dire che da tanto tempo sul caso Scazzi non ha spostato una virgola,mantenendo sempre una certa tesi,ovvero di aspettare i tre gradi di giudizio,e come tante volte ci ha ripetuto che la fretta è mal consigliera.Con stima è affetto Vito Vignera.Un cordiale saluto caro Prof.

Manlio Tummolo ha detto...

Grazie anche a Lei, carissimo Sig. Vito Vignera. Spero che ciò sia capito anche da molti altri/e, talvolta tendenti a vedere opposizioni personali in quella che è, invece, l'insistenza generale su un metodo da seguire. Ricambio i saluti e rinnovo i più forti auguri per la soluzione dei Suoi problemi familiari (rapida guarigione di Sua moglie).

Vito Vignera da Catania ha detto...

Carissimo Prof Tummolo sono io che debbo dirle grazie per i tanti consigli che ci ha dato in questi anni trascorsi a commentare su un delitto di cui non si riesce a capire quando si potrà dire la parola fine.Non ci sono solo le lungaggini burocratiche,ci sono quelle processuali che sono a dir poco sfiancanti,è su tanti purtroppo si resta sempre nel dubbio,questo naturalmente quando si condannano persone senza alcuna prova certa,ma solamente su indizi ricostruiti basandosi su testimonianze false,e la corte di Taranto dovrebbe vergognarsi nell'aver dato per buoni i ricordi del signor Petarra,in un processo dove c'è una ragazzina uccisa,e la sua era una di quelle testimonianze chiave del processo.Non si scherza quando in gioco c'è la vita di persone che rischiano un ergastolo.Carissimo Prof grazie infinitamente per gli auguri a mia moglie,ne ha veramente tanto bisogno,sperando che il Signore non ci abbandoni.Un cordiale saluto caro Prof,e un abbraccio a tutti gli amici del blog.