venerdì 8 luglio 2011

News of The World con le spalle al muro a causa dell'inarrestabile fame di scoop

Aveva 168 anni e non li dimostrava. Certo, s'era rifatto il trucco centinaia di volte, specialmente da quando Rupert Murdoch lo aveva acquistato nel '69 (e non era stato facile), ed aveva cambiato pelle e forma grazie ai personaggi famosi che lo frequentavano, ma negli ultimi anni aveva una colorazione che, nonostante le vendite fossero in aumento, dava da intendere ad una malattia  in atto. Eppure avrebbero potuto continuare la navigazione perché la ricetta per restare in forma la conoscevano gli spioni dello scatto britannico, ma dato che qualcosa nel mare era cambiato loro avevano deciso di cavalcare l'onda. Se la folla nel recente passato amava conoscere i particolari piccanti di chi della vita mondana faceva, ed ancora fa, una regola di vita (queste diversità hanno fatto lievitare i patinati del gossip), con l'avvento del "Big Brother" s'era capito che alla gente piaceva anche conoscere i difetti e le debolezze degli altri, magari di quelli ammirati da tutti che però, come ogni persona al mondo, ha propri vizi e di sicuro qualcosa da nascondere. Al resto ha pensato la continua voglia di ultra-vendite che, quasi quel tabloid fosse drogato di scoop a sensazione, lo ha indotto a percorrere una strada senza uscite fatta di saliscendi continui e capitomboli.

Ma l'inebriante sensazione di piacere, che viene dalla fama e dall'essere al centro dell'attenzione a tutti i costi, non perdona chi abusa del potere effimero dato dalle pagine odoranti di inchiostro, non perdona anche perché c'è sempre chi non accetta gli scontri impari. Ed il cambiare atteggiamento verso chi in fondo ti permette di mangiare, di guadagnare facendosi fotografare di nascosto a pagamento o chiamandoti in anonimato perché bisognoso di pubblicità, non aiuta i buoni rapporti e crea malumori difficili da sanare. Però la cosa peggiore è il modificarsi fino al punto di credere che la vita degli altri non valga nulla, fino al punto di credere che spiattellare in piazza la vergogna o il dolore di chi ha sofferto sia una cosa normale e che gli scrupoli non debbano esistere perché il Dio Denaro, da venerare quotidianamente, ti porta in dote elicotteri e passerelle chic nell'alta società. Di questo ne sa qualcosa Rebekah Brooks, l'unica a prendere decisioni alla casa editrice da cui dipende il News of The World, la News International Ltd, e questo nonostante la supervisione di James Murdoch, il figlio del magnate Rupert. 

Ed è da quando Rebekah Brooks è entrata nella direzione della parte britannica del gruppo Murdoch che sono iniziati gli scandali e si è consolidata la nuova linea editoriale. Se prima tendeva al normalissimo gossip dopo la tendenza era quella di denunciare a tutti i costi chi aveva scheletri, o falsi scheletri, negli armadi. Gli altri editori britannici avevano odorato qualcosa già all'inizio del duemila quando, per portare avanti una campagna contro i pedofili, nel tabloid vennero inseriti nomi di chi aveva ricevuto una condanna e si invitata la popolazione a protestare per isolarli. Purtroppo, come non pensarci prima, ci andarono di mezzo anche gli omonimi ed accadde che persone per bene, che avevano lo stesso nome dei molestatori di bimbi condannati, furono attaccate fisicamente ed anche costrette a cambiare casa lavoro e vita. Ma altre furono le iniziative che fecero gridare allo scandalo. Foto di personaggi mentre partecipavano a festini di gruppo, attori fotografati con la droga in mano, tradimenti fugaci dove stranamente il fotografo era in attesa dei fedifraghi sul luogo dell'incontro. Come potevano sapere in anticipo dove andare e chi fotografare?

Questo arcano fu svelato a cavallo fra il 2006 ed il 2007, gli anni in cui si iniziarono a scoprire le magagne. Fu infatti in quel periodo che un suo giornalista, Clive Goodman, venne arrestato e rimase quattro mesi in carcere per aver spiato la Casa Reale, nel particolare intercettò i messaggi di alcuni cellulari del Principe William nella "Clarence House" (una residenza della Regina). Dopo un accordo economico fu licenziato dal settimanale di Murdoch, che si dichiarò estraneo alla vicenda (poi si capì che non lo era), e passò alla concorrenza. Ma in carcere ci finì per sei mesi anche un investigatore privato, Gleen Mulcaire, vero intercettatore e gola profonda del gionale, e non solo di quanto accadeva alla Casa reale, che aveva un contratto annuale con il News of The World e dei bonus ogni scoop facesse superare una determinata quota di vendite.

Per cui il dado ormai era tratto e da specializzato in gossip il News of The World finì per ritrovarsi ad essere l'oggetto preferito della concorrenza che non perdeva occasione per comunicare al pubblico le magagne di volta in volta uscite. Ma le indagini si fermarono e continuarono solo le querele che costrinsero il proprietario plurimiliardario a pagare milioni e milioni di Sterline per evitare guai peggiori. Però, come detto, a quel punto la casa editrice diretta concorrente aveva trovato l'osso e non lo mollò. Ed infatti The Guardian, che vanta una solidità morale d'eccezione e ventidue anni in più di storia, nel 2009 iniziò dei reportage per far conoscere quante persone avesse rovinato o indennizzato il News of The World, parlò dei personaggi pubblici intercettati e dei metodi usati. Ma questo non bastò per riaprire il fascicolo e si sospettò che dietro la decisione vi fossero le mani di personaggi influenti magari sotto scacco per qualche filmato o intercettazione particolare. Ma The Guardian, non avendo scheletri da salvaguardare e nonostante il News of The World lo invitasse con arroganza a tirare fuori le prove di quanto asseriva, continuò le sue personalissime indagini scoprendo che Scotland Yard non ne aveva fatte di buone nel 2007 quando mise in galera Goodman e Mulcaire.

Pubblicò un dossier in cui figuravano tre multinazionali della telefonia implicate nelle intercettazioni e documenti che provavano quanto avesse fatto di sbagliato, o quanto avesse tenuto nascosto, Scotland Yard. Fu in quel periodo che la Magistratura britannica dovette ammettere che The Guardian aveva ragione e che c'erano oltre quattromila soggetti intercettati di cui l'investigatore aveva il Pin che serviva per entrare nelle loro segreterie telefoniche o leggere i messaggini. Quando nel febbraio del 2010 il governo riferì le risultanze, e ne uscì un quadro scabroso, solo The Guardian le riportò a tutta pagina, gli altri giornali ripresero la notizia ai minimi termini relegandola a trafiletto, segno probabile che diversi quotidiani britannici avevano la coda di paglia. In ogni caso in mancanza di risonanza tutto si rifermò nuovamente. Questo fino al settembre 2010 quando il New York Times, altro giornale molto serio, pubblicò una sua indagine, partita a marzo, che scoperchiò altre macchinazioni. Ma non più del 2007 bensì del 2010, segno che il giornale di Rupert Murdoch non aveva fatto tesoro dell'insegnamento continuando, con l'apporto di molti dipendenti, i suoi loschi traffici.

Fu riaperta l'inchiesta che coinvolse anche politici che sapevano, e forse proteggevano, ed anche un ex funzionario di Scotland Yard che si era licenziato per andare a fare l'editorialista al News of The World. Il resto è storia dei giorni nostri. Lo scandalo ha superato i limiti, il giornale domenica prossima andrà in edicola per l'ultima volta e l'editore donerà, per provare a ricostruirsi un poco di morale di fronte al mondo, tutto il ricavato in beneficenza. Ma non crediate sia la vergogna o quanto accaduto a farlo smettere di pubblicare, no di certo, sono le vendite crollate e gli introiti pubblicitari arrivati al livello zero che costringono a non pubblicare. Ed è così che funziona da sempre. Chi si eleva all'ennesima potenza volando alto, e credendosi immortale pensa di poter calpestare l'essere umano senza scrupoli, si ritroverà prima o poi ad avere ali di carta straccia, come quanto ha pubblicato nel tempo, e quando cadrà si renderà conto che il paracadute fatto di collusioni e connivenze, quello che lo ha sempre protetto, non si apre più, forse è stato usato troppe volte ed è usurato, e l'inevitabile non si potrà evitare. Oltre alla questione economica c'è il non voler cercare una aggiustatura di quanto fatto, cosa ci vuole a ripulire i propri uffici dalla melma e ripartire dall'inizio in maniera diversa, in maniera migliore? Forse che la melma è troppa e non è più pulibile?

Chissà se mai Murdoch sarà disposto a cedere ad un altro editore 168 anni di storia...



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1 commento:

bueno buono good ha detto...

Propongo la lettura di questo articolo: http://wp.me/p19KhY-G3