giovedì 31 marzo 2011

Livia ed Alessia. L'inchiesta proseguirà e non si farà caso ai costi d'indagine

Dopo le critiche di questi giorni sono cambiate le strategie elvetiche. L'inchiesta non si fermerà e non si farà più caso né ai costi né ai mezzi impiegati, siano umani o tecnologici. Lo ha detto ieri, 30 Marzo, il procuratore Pascal Gilliéron, lo stesso che aveva cercato di convincere i familiari di Livia ed Alessia alla rassegnazione. Un passo indietro repentino fatto durante la riunione degli investigatori svizzeri, francesi ed italiani, avvenuta ieri a Losanna. Riunione che è servita a fare il punto della situazione per capire a cosa abbiano portato le indagini svolte finora e quali siano le mosse migliori da fare nel prossimo periodo. Purtroppo la situazione, come da tutti sottolineato, è in stallo e non ci sono stati significativi passi in avanti. La speranza è che la ditta coreana, impegnata a ristabilire la funzionalità del navigatore, riesca nell'intento e dia una nuova spinta investigativa.

Nelle parole dei presenti si è notato il rammarico che sentono dentro per non essere riusciti finora ad aiutare i familiari delle gemelline. Il portavoce della Polizia cantonale, comandante Jacques Antenen, ha dichiarato che ogni persona impegnata nella ricerca ha e sta spendendo molto in termini di emotività ed in tutti vi è un senso di frustrazione a causa dell'incertezza che li circonda. Il tutto è amplificato dal dispiacere che provano nei confronti della famiglia Lucidi a cui non riescono a dare quelle risposte che vorrebbero dare. Ma in noi, ha aggiunto il comandante Antenen in risposta alle critiche piovute dopo le parole del procuratore, non c'è rassegnazione e continueremo a cercare con maggior impegno. Per due mesi abbiamo controllato e visionato migliaia di filmati provenienti dai caselli autostradali e dai bancomat senza trovare nulla di rilevante.

Ma dopo queste esternazioni dalle sue parole è parso di leggere l'elemento significativo, quello che potrebbe portare ad un prossimo riscontro, un riscontro che non è di buon auspicio a sentire quanto ha dichiarato perché, in base ai loro elementi, ha detto che le bambine pare non siano effettivamente state viste al di fuori della Svizzera e niente indica siano lontane da Saint Sulpice. Un discorso inquietante che parrebbe aprire la strada alla sola ipotesi plausibile, una soppressione delle piccole ed una loro sepoltura in zona. Un particolare a parer mio difficile da credere, visti i movimenti accertati del padre, ma che resta all'interno e nei limiti delle ipotesi e delle possibilità plausibili, quindi non scartabile a priori.

Tuttavia il successivo intervento del procuratore di Losanna, Pascal Gilliéron, è parso dare una diversa interpretazione ed impostazione investigativa. Infatti, dopo aver rassicurato che non sono previste interruzioni di indagine e che i costi non incideranno minimamente sul modo di portarle avanti, ha spostato in terra di Francia il fulcro delle indagini dichiarando che vi è la possibilità che le bimbe siano arrivate a Montelimar o addirittura in Corsica. Con questo esortando i colleghi francesi a proseguire gli accertamenti a ritmo serrato. Neppure a lui pare credibile, quindi, che Livia ed Alessia siano state portate in Italia, per questo non ha spinto per una accelerazione nelle indagini che in Puglia al momento, solo sul campo perché i magistrati non si sono fermati, restano in attesa delle risposte, si spera positive, del navigatore.

Ma il portavoce della Polizia giudiziaria di Marsiglia, Philippe Albrand, ha dichiarato che non vi sono elementi che confermino la presenza delle piccole nel territorio francese. Che nessuno in realtà le ha mai viste e che vi sono poche probabilità che il padre le abbia portate fuori dai confini elvetici. Dal canto suo Jean Christophe Sauretel, della polizia cantonale vodese, ha ribadito l'assoluta incertezza in cui navigano e che non vi sono elementi per dire siano ancora vive oppure morte. Tutti, quindi, sono stati concordi nell'ammettere che il rompicapo creato da Matthias Schepp sta mettendo sotto scacco le forze dell'ordine delle nazioni che si occupano delle indagini. Ed in effetti non è stato e non sarà facile venire a capo di una situazione che sin dall'inizio si è mostrata senza alcun filo logico a cui aggrapparsi.

Per cui l'unico spiraglio che potrà aprire altre vie in cui inserirsi, in mancanza del registratore che non si sa quale fine abbia fatto (che l'abbia lasciato alle figlie?), è il navigatore. Ed intanto in Italia si susseguono gli avvistamenti. L'ultimo in ordine di tempo è stato fatto da un operaio, mentre si recava al lavoro, alle otto e quindici di Martedì mattina. Due bimbe bionde, vestite allo stesso modo con pantaloncini bianchi, felpa rossa e zainetto sulle spalle, camminavano sul ciglio della strada sulla statale 16 tra Chieti e Vasto. L'operaio si è avvicinato ma, dopo essersi accorto di averle impaurite, ha chiamato la polizia municipale dichiarando che se non erano le gemelline c'era comunque una forte somiglianza. I controlli effettuati presso le scuole della zona non hanno dato risposte e le ricerche per trovare riscontri, siano positivi che negativi, continueranno anche oggi. 

Matthias Schepp voleva fare impazzire la moglie e, a quanto pare, ha elaborato un piano che potrebbe anche riuscire nell'intento. Ma con l'aiuto di tutti, professionisti, volonterosi o casuali avvistatori, si può riuscire a debellare la strategia dell'ex marito di Irina ed arrivare a trovare il bandolo della matassa. E solo tenendo alta la tensione mediatica si può cercare di perseguire questo scopo.






4 commenti:

nico ha detto...

Sono contenta che le ricerche continuino e sì, hai ragione nel dire che la tensione mediatica é indispensabile in questo caso. E' quello che in fin dei conti ha fatto cambiare idea agli investigatori, e che li ha inchiodati al loro compito. E credo che anche blog come questo abbiano dato un aiuto, tenendo viva la solidarieta' ad Irina e chiedendo la dovuta prosecuzione delle indagini. Una voce in piu' che ha aumentato il volume del NO gridato a chi voleva smettere di cercare.

nico ha detto...

p.s. rubo solo due righe ancora perché non c'entra con questo articolo. Volevo chiedere alcuni chiarimenti sulla questione del dna trovato dopo tanti anni a epilogo di alcuni casi. Te ne occuperai? Oppure mi dici se devo andare in un altro posto nel blog? grazie

Unknown ha detto...

Ci sto pensando Nico. Aspetto solo di vedere se il filippino resterà in carcere o se verrà liberato. Perché non è detto non si sia ferito prima e che poi non sia stato uno dei tantissimi passato in quella stanza. Comunque del dna, se i reperti sono conservati nel migliore dei modi, non come fatto dal dottor Pascali, penso un gran bene, se si intende usarlo solo a livello di indagini, un gran male se invece se ne fa un uso indiscriminato. Dal dna potrei sapere anche cosa pensa la tua mente, se sei pazza o se hai devianze sessuali... volendo. Ed una bomba del genere in mano alle persone sbagliate, e ce ne sono, può solo far danni. Ciao, Massimo

nico ha detto...

Precisamente. E' uno strumento affilatissimo, quindi potenzialmente pericoloso se non usato con grande delicatezza. E' che sento un piccolo campanellino d'allarme quando dopo 20 anni si manda a giudizio o si condanna (vedi via Poma) sulla base di reperti forse non sempre conservati in modo ineccepibile. A risentirci e grazie