domenica 18 gennaio 2015

Perché Veronica Panarello è in carcere? Cosa prova l'incensurato che nonostante si dichiari innocente viene sequestrato dallo stato?


Tanta gente si chiede perché Veronica Panarello sia in carcere. La risposta è ovvia: perché la procura di Ragusa la ritiene bugiarda e colpevole dell'omicidio di suo figlio. Naturalmente è una convinzione di parte e spetterà ai giudici decidere se si basa sulla realtà o sulla fantasia. Il problema, in questo caso come in tanti altri simili, è che come sempre ai giudici verranno forniti atti incompleti. Ciò che voglio dire è che per i giudici sarebbe illuminante sapere da quale momento e per quale motivo si decide di puntare i fari investigativi su uno rispetto che sull'altro. In questo caso su Veronica Panarello che, ricordiamocelo, è stata spedita in carcere a soli dieci giorni dalla morte del figlio. Sarebbe illuminante perché troppo spesso lo spunto per portare avanti un'indagine che punta quasi esclusivamente sull'indagato preferito, così da accollargli gli indizi più svariati che solo a prima vista possono apparire concordanti, nasce da intuizioni inconcepibili. Forse non tutti sanno che gli investigatori, da tempo, per decidere chi indagare usano anche linee guida diverse dagli standard che siamo abituati a vedere nei telefilm. Sono linee guida che si basano sul comportamento di chi conosceva la vittima. Per capire meglio prendiamo quanto accaduto con Amanda Knox. Sono poche le persone che sanno il motivo che portò poliziotti e carabinieri a pensarla colpevole e a puntarla con indagini mirate che dopo soli cinque giorni la portano in carcere. Quasi tutti hanno memorizzato il raccontato informativo pubblicizzato dai media: cioè che in caserma la ragazza fece, inopportunamente, una spaccata, il ponte e una giravolta. Pochissimi però sanno che fu una poliziotta a chiederle se facesse sport. Domanda che convinse Amanda a darle la dimostrazione ginnica notata da una ispettrice capo della squadra mobile che rimase scioccata. Ma non ci fu solo questo. Fabio Giobbi, un funzionario dello Sco (servizio centrale operativo), a Paul Ciolino (un famoso investigatore americano) spiegò per filo e per segno il motivo per cui si convinse che fosse colpevole e iniziò a indagarla. Riporto le parole registrate dalla CBS:

"La portai (Amanda Knox) a fare un sopralluogo nella casa in cui era stata uccisa Meredith Kercher e le diedi delle ghette (ciabatte) di plastica da indossare. Nel guardare se effettivamente le avesse indossate, vidi Amanda sorridermi e fare la mossa col bacino dopo aver detto 'voilà'. Quella mossa mi consentì di avere un'intuizione investigativa, intuizione di colpevolezza che divenne certezza quando, a qualche giorno dall'omicidio, chiamai Raffaele al cellulare per convocare lui e Amanda in caserma e gli chiesi dove si trovassero. A farci una pizza, rispose Raffaele, vicino all'Università. In quel preciso momento seppi che Amanda era colpevole, perché al suo posto me ne sarei stato a piangere l'amica scomparsa e non a mangiare una pizza".

In poche parole, se Amanda Knox si fosse defilata andandosene dalla zia in Germania (come le chiese di fare sua madre) ora la sua vita avrebbe un altro senso e il probabile assassino di Meredith non starebbe per uscire dal carcere dopo una condanna ridicola. A Santa Croce Camerina la storia è solo leggermente diversa. Molto probabilmente si è deciso di indagare Veronica Panarello, e risentirla più volte in pochi giorni, a causa di quanto affermato su di lei dalla madre e dalla sorella e perché, a forza di interrogatori, si sono evidenziate delle differenze fra il primo e gli altri. Nonostante queste differenze, spiegabili se si ragiona su chi ha perso un figlio e si trova in caserma in uno stato psicologicamente instabile (e parla di quanto accaduto a cadavere ancora caldo, non sepolto, in uno stato di stress e sofferenza), non spiegabili se chi indaga pensa di avere avuto un'intuizione e di trovarsi di fronte all'assassino, sarebbe importante sapere se il mandarla in carcere ancora prima di avere risposte dalle analisi di laboratorio, ancor prima di aver guardato tutti i filmati, ancor prima di aver cercato la quadratura di un cerchio che ancora oggi è difficile da chiudere, sia stata una scelta ponderata o un atto intimidatorio per cercare di estorcerle quella confessione che si pensava sarebbe arrivata ma non è arrivata. Insomma, in procura c'era sin dai primissimi giorni, quindi senza avere ancora nulla in mano, chi aveva avuto un'intuizione e si era convinto che Veronica Panarello fosse certamente colpevole?

La certezza è ridicola, disse Voltaire. E ancor di più lo è se si basa su indizi, dico io. Una sola cosa al mondo è certa: la morte. L'essere umano è mortale e quando la morte lo chiama il suo corpo non può che rispondere: presente. Sta nell'ordine delle cose: si nasce, si vive e si muore. Questo, materialmente capita una sola volta e se accade naturalmente nessuno ne ha colpa perché è così che deve andare. Ma la morte materiale di un essere umano, pur se a tanti fa paura, è ben poca cosa se paragonata alle tante morti mentali provocate da una carcerazione ingiusta. Troppo spesso ci sono persone che vengono chiuse in gabbia solo perché il pensiero di altre persone, pur in assenza di vere prove, le ritiene colpevoli di crimini efferati. E purtroppo è facile che la convinzione di ottenere una confessione istighi una procura a far uso della carcerazione preventiva senza che alcuna legge si possa applicare su chi decide coi suoi ampi poteri della vita altrui. C'è una legge per tutto, tranne che per questi sequestri di persona autorizzati dallo stato. Eppure rischia di essere condannato per sequestro chi di noi alle tre di notte trova un ladro nel giardino di casa, ladro che sta per entrare dalla finestra, e lo lega per non farlo scappare. E' accaduto diverse volte. Come rischia la condanna chi chiude le porte di casa quando il ladro è all'interno e chi chiude nell'auto il ladro che gli sta rubando lo stereo. Eppure il ladro è di sicuro un ladro, non un "forse ladro", non una nostra intuizione. Nessuna denuncia, quindi nessuna condanna, spetta invece a chi indaga e grazie a un'intuizione colpevolista manda in carcere una persona incensurata in assenza di vere prove. Persona che potrebbe venir scagionata anche dopo anni e che si ritroverebbe con la vita rovinata. Perché esiste questa disparità di trattamento?

Il carcere è una brutta bestia per chi non è un delinquente abituale e ha una vita sociale nella norma. E chi vi entra da innocente non muore una volta sola... muore ogni volta che apre gli occhi e vede le sbarre che bloccano l'uscita. Non è bello sapere che ogni anno circa tremila persone chiedono allo stato di essere risarcite perché mandate in carcere ingiustamente. Queste persone innocenti sono state sequestrate da chi lavora per lo stato (non può esserci altra parola da usare) molto spesso a causa di una intuizione. Ed è incredibile che in una società che si dichiara civile non ci sia una legge che permetta al popolo di poter giudicare l'operato dei suoi magistrati intuitivi. Magistrati intoccabili e sempre riveriti come se avessero il dono di non sbagliare mai. Possibile che il dolore che dispensano in chi credono colpevole, non tocchi le loro coscienze quando un giudice assolvendo l'imputato stabilisce l'errore investigativo e il sequestro di stato di chi a causa di quell'errore è stato mandato in galera?

Finisco l'articolo con un piccolissimo stralcio de "La Legge del Disprezzo", il libro che ho scritto assieme a Federico Focherini per far sapere al mondo che non era colpevole di niente, vista l'assoluzione perché il fatto non sussiste, e che le intuizioni investigative di tanti nomi noti erano solo pregiudizi campati in aria e basati su trascrizioni scritte "a modo".

Lo stralcio parte da quando Federico, da quasi un anno e mezzo indagato per la morte della fidanzata Claudia Bianchi, senza che vi fossero novità investigative venne arrestato e spedito nel carcere di Modena...

Alle 18.20 precise, ammanettato e accompagnato da quattro appuntati, varcai da prigioniero la soglia del carcere Sant’Anna di Modena. La mia mente andò in tilt. Tutto mi colse alla sprovvista: non ero in grado né di connettere e capire, né di difendermi in alcun modo. In balia di un’ordinanza emessa per motivi che non conoscevo, dopo aver sbrigato le formalità di rito fui sistemato in una piccola cella fredda, buia, con le pareti ricoperte di ritagli di giornale e immagini pornografiche che si alternavano a icone religiose. In un qualsiasi altro luogo gli stridenti accostamenti avrebbero suscitato una mia reazione forte e indignata, ma ero in carcere e l'indignazione l’avevo lasciata all’ingresso, dove, con le manette ai polsi e due guardie ai lati che mi bloccavano le braccia, sentii il sangue svanirmi dal cuore, quando l’enorme portone cigolante, sbattendo, si chiuse alle mie spalle. Quando in uno sgabuzzino fui costretto a spogliarmi e a farmi toccare in ogni dove. Non sapevo cosa fare. Ero un essere inerme rimasto senza voce, un essere che nessuno voleva ascoltare. Ero un innocente che piangeva, si disperava e non aveva reazioni. Mi sentivo morire dentro e stavo perdendo la voglia di lottare. Avrei voluto parlare subito al procuratore e al giudice che aveva firmato e avallato la richiesta di arresto; poco ci voleva per far capir loro che sbagliavano, che non meritavo di stare in carcere. Ma intorno a me regnava il silenzio assoluto. Mi sentivo instabile. Tutto era inquietante e il tempo passava lentamente, troppo lentamente, immergendomi in un’allucinazione da cui credevo di non riemergere più. A minuti fissi due occhi mi osservavano. Capii che quanto stava accadendo mi avrebbe potuto portare al suicidio. Ma non avevo il tempo per elaborarlo né il modo di fare gesti insensati, perché la mente mi obbligava a lottare col solo pensiero fissatosi a cemento. Mi chiedevo di continuo per quale assurdo motivo mi avessero rinchiuso. No, mi ucciderò domani, pensai, quando avrò metabolizzato e capito il perché dell’infame accusa di omicidio. Omicidio significa assassinio. Quindi, qualcuno credeva che io fossi un assassino. E non un assassino qualunque, addirittura chi aveva tolto la vita alla donna che amava! La donna che sentivo di avere accanto anche quando non era con me, che stuzzicava i miei pensieri, che mi ingelosiva, che mi mancava perché abitava lontano, che andavo a trovare per farci l’amore. 

Non avevo tempo di pensare ad altro, perché altro da pensare non c’era. Gli spiriti che gironzolano nell’aria fredda della cella mi pugnalavano con le loro urla inquietanti, mi rimandavano le immagini del funerale di Claudia e approfittavano del mio pianto continuo per infierire. Gli occhi di una guardia entrarono di nuovo in quella che era ormai la mia gabbia. Forse a lei sembravo solo, ma in realtà in quei quattro metri quadrati eravamo in tanti. C’erano i fantasmi delle mie paure e del mio orgoglio che mi circondavano, che mi ferivano al pensiero di essere additato come un assassino. Quando quegli occhi tornarono per l’ennesima volta, cercai di dire qualcosa. Volevo parlare a qualcuno, fosse anche una guardia carceraria che nulla poteva fare per aiutarmi. Ma in quella cella maledetta la voce cadeva nel vuoto e si rompeva, come il mio corpo che si rifiutava di reagire, come il mio stomaco che aveva deciso di bruciare, come la mia vescica che sentivo scoppiare e come la mia mente che non trovava risposte. In quella cella maledetta mi sentivo inerme e privo della forza necessaria a creare una briciola di speranza. Stavo davvero molto male e andavo continuamente in bagno, sebbene non avessi con me neppure una bottiglietta d’acqua e non potessi bere; mi guardavo attorno spaesato come se mi trovassi all’estero, in una grande piazza fra migliaia di persone sconosciute. Ma non c’era nulla attorno a me, solo muri umidi e scaffali costruiti con pacchetti di sigarette incollati tra loro. Mi resi conto che da quando ero entrato, non avevo neppure fatto un passo e che fra le mani tenevo ancora quanto consegnatomi all’ingresso dalle guardie: una coperta ruvida, un pacco marrone con un lenzuolo di carta velina piegato all’interno, due gavette per il cibo, un sapone inodore e un rotolo di carta igienica. Nient’altro, giacché le mie cose erano finite in una scatola e non mi avevano concesso di tenere nulla, neppure la custodia degli occhiali e i lacci delle scarpe. 

Ho sempre odiato camminare senza lacci, però camminai e appoggiai il tutto sulla brandina. Gli occhi che mi fissavano scomparvero e mi venne voglia di sbattere la testa contro il muro. Riuscii a trattenermi e sulla parete sbattei solo i pugni. Gli occhi tornarono. Mi girai e appoggiai le spalle al muro. Poi mi voltai, sperando di trovare, assieme agli occhi, anche due orecchie cui ribadire la mia innocenza. Fu in quel preciso istante che vidi uno strano oggetto appoggiato su una mensola. Lo presi in mano e capii che era un piccolo crocefisso ortodosso di plastica bianca… era sporco, molto sporco. Decisi di lavarlo e tenerlo con me: forse mi avrebbe aiutato a capire l’animo di chi mi aveva sbattuto in carcere, quali pensieri e sicurezze l’avessero convinto di avere a che fare con un assassino. Ma via, com’era possibile credere che fossi un assassino? Che diavolo c’entravo con la morte di Claudia? Chi erano gli incapaci che mi accusavano?

È stato mostruoso. Avrei dovuto soggiornare in Italia per una decina di giorni, non di più, giusto il tempo necessario per depositare al Consolato Americano i documenti del mio permesso di soggiorno oltre oceano. Invece, a causa d’indagini portate avanti da incapaci, ho perso tutto. Nei primi quattordici giorni di carcere sono dimagrito undici chili. Nei primi tre giorni non ho mangiato perché avevo perso ogni ragione per vivere. Piangevo, ero rabbioso e non riuscivo a ingerire nulla. Poi, appena uscito dall’isolamento, ho seguito i consigli di altri detenuti e ho iniziato a capire come si fa a sopravvivere in galera. Il segreto è annullarsi e rimanere calmi. Non pensare a nulla, non pensare a nessuna persona cara. Non pensare alla libertà e galleggiare, autoeliminarsi senza guardare la finestra con le doppie inferriate, senza guardare la porta a sbarre con la grata da dove ti passano il cibo due volte al giorno (una sola la domenica), perché se la fissi troppo a lungo, dopo essere rimasto al chiuso per quindici ore consecutive, impazzisci come impazziscono gli animali selvatici stivati in anguste gabbiette. Non guardare da nessuna parte. Non ascoltare le urla o i pianti che squarciano la notte, le risate sguaiate e le bestemmie che non ti consentono di prendere sonno e ti fanno realizzare dove sei, lontano dai tuoi affetti più cari. Non ascoltare le preghiere dei maghrebini, una litania, un mantra in grado di rapire la ragione e convincerla a seguire la musicalità anche quando sei assorto nella più completa solitudine dei tuoi pensieri. Ecco il punto: i guai nascono dai pensieri. In me il pensiero della morte diventò talmente insistente, che a volte lo cercavo e lo focalizzavo nella mente come fosse l’unico sollievo. Dopo averlo localizzato lo fissavo, come il pilota di un caccia blocca nel mirino un aereo da abbattere, e alla fine: Bingo! Ecco il momento della mia unica evasione cerebrale. Pensare di morire mi lasciava una sensazione di quiete e tranquillità. Ma mentre pensavo che suicidandomi avrei posto fine al mio dolore ingestibile, capivo anche che un tale gesto avrebbe provocato una ben più grande sofferenza alle persone che mi volevano bene. Credo in Dio e credo sia un grave errore, oltre che un grave peccato, togliersi la vita.



18 commenti:

anna ha detto...

mi auguro che Veronica non abbia il pensiero di togliersi la vita,
deve combattere per la sua innocenza e quando la dimostrera' deve lasciare il marito che da verme infame l'ha abbandonata.....................

Luca Cheli ha detto...

Sinceramente sulla Knox non so quanto certe favolette (mica solo la spaccata e la pizza, ma anche il bacio con Sollecito, le mutande "osé" comprate dopo l'omicidio più qualche altra fesseria dello stesso calibro), abbiano veramente costituito l'origine del sospetto piuttosto che una copertura mediatica per altre ragioni.

Ma tornando al tema principale dell'articolo, l'unica soluzione a questo arbitrio è la limitazione per legge della carcerazione preventiva ai soli casi di crimine organizzato, terrorismo e delitti seriali. E basta, senza eccezioni o scappatoie per far rientrare dalla finestra quello che si è fatto uscire dalla porta.

Si ritiene l'indagato pericoloso per se e per gli altri? Prima si fa la perizia e poi, se del caso, lo si invia in adeguata struttura psichiatrica, non in carcere.

Arriveremo mai ad avere una simile riforma della carcerazione preventiva?
Ne dubito, oramai sono preso da profondo scetticismo su tutto ciò che riguarda la giustizia.
Inoltre in Italia, storicamente, per fare grosse riforme spesso occorrono eventi catastrofici o epocali, stile guerre e rivoluzioni, altrimenti la stabilità degli interessi costituiti tende a prevalere su tutto.

P.S.

Massimo, Edgardo Giobbi, non Fabio.

Unknown ha detto...

Ciao Luca,
io ritengo che la legge debba risultare uguale per tutti, sia per i privati che per gli onorevoli che per i magistrati. La Legge è Legge, non che per me è legge e per i procuratori è un qualcosa di diverso.

Se parliamo di carcerazione preventiva giusta sono d'accordo sia sul terrorismo, che sulla malavita organizzata che sui serial killer, a patto che esistano prove (tipo intercettazioni o filmati) che confermino che si sta mettendo in carcere un terrorista o un mafioso o un assassino seriale. Senza prove nessuno deve finire in galera, perché si potrebbero ideare nuovi metodi investigativi (ad esempio, chiunque abbia la barba lunga potrebbe venir catalogato terrorista) e carcerare chiunque come se nulla si fosse legiferato.

Per quanto invece attiene i crimini comuni, in assenza di prove e in presenza di processi indiziari complicati e lunghi non si può sequestrare una persona per anni (Sabrina Misseri è in carcere da 4 anni e 3 mesi a causa di un sogno e sono stati sospesi i termini di carcerazione, e senza la sospensione starebbe per andare ai domiciliari, proprio perché il processo d'appello sarà complicato) con la scusa che è pericolosa. Ma pericolosa di che se non sai neanche se è davvero colpevole?

Per calmierare questa patologia cronica, che si usa spesso anche per cercare di ottenere confessioni, serve che chi sequestra in carcere persone incensurate in assenza di vere prove, risponda delle sue azioni di fronte a un giudice e vada in galera se ha agito in maniera poco pulita.

Naturalmente occorre partire dalla separazione delle carriere.

Ciao, Massimo

Ps. Il nome completo è Edgardo Fabio Giobbi.

Luca Cheli ha detto...

Ah adesso capisco perché c'era sempre chi tirava fuori il nome Fabio :)

Sul resto hai pienamente ragione, purtroppo. Infatti anche la norma che permette di ritardare il primo colloquio con gli avvocati in caso di reati per mafia o terrorismo viene alle volte applicata anche al di fuori di queste categorie.

Il problema però è che sulla carta ci sono già tutte le garanzie: il GIP controlla l'operato del PM, il Riesame si esprime su quello del GIP, la Cassazione su tutta la procedura.

E tuttavia abbiamo i casi che hai citato e moltissimi altri.

Come è possibile?

Il fatto è che, se qualsiasi livello di controllo tu introduca non fa altro che approvare i livelli precedenti, l'aggiunta di ulteriori controlli non serve a niente.

Anche la responsabilità di giudici e PM a quanto serve se chi la giudica approva con il copia e incolla?

Una cosa che si potrebbe fare è ridurre drasticamente i termini della carcerazione preventiva per tutti, forzando il sistema a portare a processo in tempi brevi (e a svolgere i vari gradi nel minor tempo possibile) chi veramente merita e gli altri se ne tornano a casa in attesa di processo.

Ancora, bisognerebbe ridurre anche i tempi concessi per le indagini nei casi in cui si applica la carcerazione preventiva: se sussistono i "gravi indizi di colpevolezza" (come sulla carta dovrebbe essere), vuol dire che gran parte del compendio probatorio è già stato messo assieme, altrimenti tali indizi non sono poi tanto gravi se si deve cercarne altri per un'altro anno o anno e mezzo.

Quindi riduzione da 12/18 a 3/6 mesi del periodo d'indagini in caso di carcerazione preventiva, per esempio.

Poi nessuna sospensione dei termini, quello è veramente un insulto al diritto, perché di fatto introduce la possibilità di una carcerazione preventiva a tempo illimitato, alla faccia del processo in tempi ragionevoli, della CEDU e dei diritti umani in generale.

Luca Cheli ha detto...

P.S.

Pienamente d'accordo sulla separazione delle carriere. Potrebbe essere un primo passo effettivamente utile a creare un clima diverso.

E proprio per questo motivo difficilissimo da ottenere.

TommyS. ha detto...

Massimo e Luca Cheli

Concordo pienamente con quanto avete scritto.

Diciamo che in linea di massima la custodia cautelare dovrebbe essere concessa dopo la convalida del fermo nel caso di arresto in flagranza di reato. Nel caso invece di persona indagata in assenza di prove certe ma anche con prove testimoniali e scientifiche (anche in questo caso non dovrebbe essere ammessa una custodia cautelare oltre i limiti del C.P.P. senza sospensione alcuna), forse basterebbe che la Cassazione, magari a Sezioni Unite, intervenisse in modo chiaro sulla valutazione delle esigenze cautelari (art.274).
In particolare il rischio di inquinamento delle prove dovrebbe essere testimoniato da un effettivo tentativo di inquinamento messo in atto dall'indagato e non solamente dalla possibilità, remota o meno, di farlo (nel caso della Panarello non vedo proprio come avrebbe potuto inquinare).
Anche il tentativo di fuga non dovrebbe essere testimoniato dalla mera possibilità di farlo, esistendo inoltre sistemi più che idonei a limitare questo rischio.
Infine l'aspetto davvero scandaloso di tantissime ordinanze emesse dai GIP: il rischio di reiterazione del reato. E' inammissibile che si dichiari l'esistenza di tale rischio solamente in base alla gravità del reato per il quale la persona è indagata, soprattutto nei casi di persona totalmente incensurate. La Cassazione è già intervenuta in questo senso, tuttavia sembra che i GIP non ne tengano assolutamente conto. Bisognerebbe davvero che venisse sancito che tale non ottemperanza fosse causa automatica di accettazione dei ricorsi al Tribunale della Libertà ed alla Cassazione stessa.

Infine qualsiasi intervento normativo che impedisse qualsiasi sospensione dei termini già prescritti dal codice, sarebbe chiaramente la soluzione ideale.

Per quanto riguarda la separazione delle carriere (ma anche strette limitazioni alla permanenza nello stesso distretto per chi passa dalla magistratura giudicante a quella inquirente e viceversa), basta parlare con qualsiasi penalista per realizzare quanto sia un problema concreto di limitazione alla libertà ed ai diritti costituzionali dell'indagato.

Anonimo ha detto...

eh gia', ma non sarebbe ora di finirla che l'onere della prova di innocenza spetti alla difesa e non alla accusa la prova certa, inconfutabile della colpevolezza?
Basta alle custodie cautelari fintamente basate sui 3 requisiti arcinoti, piuttosto si mettano dentro come misura cautelare e in regime detentivo quelli in più realistico odore di mafia e terrorismo, quelli che hanno attentato alla vita di donne e all’integrità di bambini. Perché i responsabili vengono messi in libertà dopo 5-7 anni a fronte una misera condanna di 15 anni (ma quale “esemplare condotta” in carcere, quale “pentimento”?!), anche quelli che vanno a finire in penitenziari criminali, dopo essere stati riconosciuti incapaci di intendere e volere al momento dell’efferato reato, sono talmente ben trattati che se ne escono e reiterano il reato!
insomma, dalla tanto sbandierata derivazione del nostro moderno sistema giudiziario dall’antico diritto romano, per secoli testo sacro nelle scuole e nelle professioni della categoria che deve amministrare la giustizia, siamo scivolati anzi precipitati in un sistema equiparato ai regimi totalitari.
Alla balia di magistrati infarciti di ideologie, di fanatismo e di mediacultoralismo (mio neologismo che sta per ‘coltivazione dell’effetto mediatico’)
M.

Unknown ha detto...

Il sistema giudiziario in Italia fa rabbrividire. Se il gip decide che sei colpevole, lo sei e basta. Conviene confessare un delitto che non si è commesso, almeno la pena sarà più lieve. Se Annamaria Franzoni avesse "confessato" sarebbe libera già da tempo. La carcerazione preventiva è una piaga che dovrebbe essere denunciata al tribunale internazionale o alla Corte Europea per i diritti dell'uomo. Il suo utilizzo è ormai palesemente orientato all'estorsione di informazioni o confessioni assai poco genuine. Un altro aspetto che mi lascia basito è la stupidità degli investigatori italiani. Costoro ignorano totalmente l'esistenza dei serial killer, per loro ogni omicidio è riconducibile all'ambiente famigliare o delle amicizie. Ma dove c...o vivono???

Antonello ha detto...

Personalmente ho sempre trovato illogica la prevenzione carceraria, si deve ancora stabilire e formare le prove in un dibattimento, a proposito allucinanti i riti speciali e premiali, e di gia' si va ad emettere in sostanza una sentenza.
Perche' il panico che un soggetto reiteri un reato, o e' panico soggettivo di un inquirente particolarmente sensibile, ergo non equilibrato, o premette che vi sia un fatto compiuto eventualmente reiterabile, e' una contraddizione che nessuno di fatto affronta in maniera coscienziosa, in questo caso non la condivido, tranne chiaramente per casi limite, ma veramente troppo esposti a rischi.
Poi abbiamo il pericolo di fuga che appare ancor piu' strano, insomma se si sospetta di un soggetto, a logica, lo si puo' a monte ed "in cattivita' " controllare, si possono impedire o limitare i movimenti, imporre la pacifica firma a mattina, mezzogiorno e sera, si possono ritirare i documenti validi eventualmente per l'espatrio, ma sopratutto si potrebbe pedinarlo, intercettarlo, fermarlo se si allontana senza avvisare, addirittura si potrebbe assegnare un braccialetto elettronico "non visibile" un po' piu' invasivo ma che in fondo permetterebbe al soggetto anche una vita normale fino a giudizio.
Ecco, in fondo la fuga poi sarebbe anche un reato ed un segno anche importante di una certa personalita' rispetto ad una responsabilita' che si sospetta, perche' invece si vorrebbe evitare il pericolo di fuga con la carcerazione??? Dov'e' la logica???
Ed infine, abbiamo l'inquinamento delle prove, bene, ma come fai ad inquinare delle prove se, da innocente, non sai manco quali possano essere??? Ne consegue che se le si sanno, per inquinarle, lo stesso atto di inquinamento, non solo potrebbe essere registrato, ma costituirebbe esso stesso un elemento probatorio di valutabilmente separato comportamento criminoso.
Non c'e' motivo quindi logico alla carcerazione preventiva, di fatto e' un atto sproporzionato, non ancora fondato, se nel nuovo processo le prove non esistono prima del dibattimento.
E' chiaro che e' un istituto arbitrario, di per se, e che il forte sospetto e' che venga utilizzato al fine di estorcere una verita' quantomeno anche aleatoria, io non ci credevo ma Massimo mi ci ha fatto pensare, ma vuoi vedere che niente niente l'ignoranza rinchiude un sospettato perche' vuole che confessi, ma come non c'e' un dibattimento, non ci sono dunque ancora prove, e ci si affida ciecamente alle sensazioni per estorcere una confessione??? Si appendono per i pollici le proprie certezze infondate perche' se ne vuole una conferma???
Invece di indagare, per capire il capibile, si ritiene cultura giuridica, e pure funzionalita', estorcere, di fatto, sequestrando??? A me sembra gia' una confessione di incapacita', allora ammiro la metodologia e la cautela utilizzata a Pisa, tolta la gestione torturale mediatica, pure nei forti sospetti che potrei anche condividere.

Anonimo ha detto...

ieri sera a QG l’avvocato ha fatto capire cha a Bossetti gli avevano messo davanti un foglio da firmare (la solita storia che si vede nei film polizieschi americani tanto esecrati da certuni italiani, come non fosse pratica anche adottata da noi, vedasi i processi di mafia con i collaboratori di giustizia, sic!) e lui si è rifiutato.
Perché il difensore non ha denunciato questo fatto?
Perché sono tutti un manica!

nonostante i bei discorsi de signori in cappa rossa con collo di ermellino all'apertura dell'Anno Giudiziario

Maurizia

Maddy ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Maddy ha detto...

Riporto qui il commento di Annika su questo caso, dato che è riportato sui post riguardo MB, così possiamo ragionarci su.
"Il rigor in un bambino sotto i 12 anni si sviluppa molto piu'
rapidamente del rigor di un adulto. Se poi il bambino ha appena 8 anni ed e' pure sottopeso, la scarna massa muscolare la vince di gran lunga
sulla temperatura esterna. Ma il livor piuttosto? Dov'era distribuito esattamente il livor del bambino? E cosa hanno rivelato i test dei campioni prelevati all'interno della sua bocca? Ma questa e' un'altra storia..."

Maddy ha detto...

....quindi, l'ora della morte andrebbe spostata in avanti!! E di quanto??

Dudu' ha detto...

Maddalena
stavo postando tua stessa domanda.
se cadavere di adulto dal peso medio di 70 kg impiega 10/12 ore, nel caso di cadavere di 25 circa , impiega meno della metà?
Grazie Dudu'

Anonimo ha detto...

Per essere innocenti basta dichiararsi innocenti?

Unknown ha detto...

No, per essere innocenti serve che oltre a dichiararsi innocenti la procura non trovi prove. Usualmente quando c'è una minima prova tutti i colpevoli si dichiarano colpevoli e pentiti: è il proprio avvocato che lo consiglia perché invece di farsi 30 anni di carcere il suo assistito ne farà meno di dieci (poi andrà a farne altri tre o quattro ai domiciliari con la possibilità di uscire di giorno). Questa dagli inizi degli anni '90 la nostra legge, purtroppo.

Usualmente quando la procura inizia a far uscire qualcosa per far rumore sui media, grazie agli opinionisti e ai direttori di giornaletti gossip, significa che vuole trasformare gli indizi evanescenti in prove. Così da prepararsi il campo perché ha intenzione di fare un processo indiziario.

In ogni caso, le quasi 3000 persone che ogni anno chiedono un rimborso allo Stato, quindi quel rimborso lo paghi anche tu, perché sono state incarcerate ingiustamente, si sono sempre dichiarate innocenti... ed erano innocenti davvero anche se le procure le hanno mandate a processo e se qualche giudice le ha inizialmente condannate.

Ciao, Massimo

Gabry ha detto...

Buongiorno a tutti,
ho trovato in rete una intervista fatta alla difesa d una una emittente privata locale.
la posto per Massimo e per tutti poiché la ritengo interessante dal punto di vista giuridico e non solo....
https://www.youtube.com/watch?v=HGEG1ElvnxY

grazie e saluti a tutti

Gabriella

Unknown ha detto...

Grazie Gabry... già usato e pubblicato. Massimo