domenica 2 novembre 2014

Per la giustizia italiana non ci sono né prove né indizi, per cui Stefano Cucchi era un anoressico caduto rovinosamente, chissà dove, e morto di stenti...


Non serviva una conferma, lo sapevamo già che la legge italiana è amministrata con la toga e col costume di Arlecchino. Certo, ora che il presidente della corte d'appello di Roma, Luciano Panzani, ha giustificato l'operato dei suoi giudici dettandoci le direttive che servono per condannare gli imputati, la situazione ci appare più chiara. Dice il presidente che in mancanza di prove non si può condannare e che non è giustificabile la "gogna mediatica", quella in cui i media stanno infilando i giurati e la corte che ha assolto chi restava degli imputati iniziali. Il dottor Panzani ha ragione a difendere i suoi e a rifiutare la gogna mediatica, ma ne avrebbe di più se tutto il sistema giustizia rifiutasse la gogna mediatica sempre e comunque e non solo quando infanga la magistratura. Purtroppo, invece, capita sovente che siano proprio i magistrati a servirsi della gogna che i media spargono sugli indagati preferiti dalle procure. E questo "bonus", che aiuta i pubblici ministeri a trovare giudici popolari già predisposti alla condanna, si usa per convincere l'opinione pubblica che si può condannare anche solo con quei minimi indizi, leggibili in maniera opposta, che in nessun altro tribunale occidentale sarebbero considerati prova e accettati per rinviare a giudizio un indagato. Per cui c'è da chiedersi come il presidente non si sia accorto che il fenomeno "gogna" riguarda solo in minima parte i suoi colleghi e perché non si sia esposto anche a favore delle persone comuni.

La gogna mediatica è gogna mediatica sempre, anche quando, prima di un equo processo, i media sparano titoloni infamanti e gli opinionisti spargono quotidianamente la loro melma sugli imputati che le procure danno per certi colpevoli in base a proprie deduzioni (a volte fantasiose). Anche quando un giudice, pur non avendo in mano alcuna vera prova, accetta una ricostruzione colpevolista, quando non ne inventa una sua, e condanna al carcere e alla vergogna perpetua chi gli affida la vita. Insomma, difendere la categoria va pure bene, ma quando un esponente di spicco parla al popolo tramite l'informazione, per risultare imparziale deve inserire anche piccoli incisi sulla gogna mediatica estranea ai giudici. Forse il presidente ha avuto un'amnesia, oppure ha inteso solo parlare del caso Cucchi e non ha voluto addentrarsi in ciò che è evidente e tutti dovrebbero capire senza aspettare che qualcuno glielo dica. Ma parliamo anche noi del caso Cucchi, tanto per dire che, chissà perché, tutti gli addetti ai lavori da tempo sapevano non ci sarebbero state condanne. Non per niente l'avvocato della famiglia, Fabio Anselmo, pretese che il maxi risarcimento pagato dall'ospedale Pertini fosse basato su un accordo fra le parti, quindi non vincolato a sentenze future. Perché ha consigliato questo tipo di accordo ai Cucchi? Perché l'avvocato sa bene che in certe occasioni giudiziarie tutto si riduce ad un semplice scontatissimo pronostico, come scommettere sul Real Madrid che a ranghi completi gioca contro una squadra del campionato di Eccellenza. E così è stato anche stavolta. I giudici italiani hanno sentenziato che nessuno voleva uccidere Stefano e che le prime indagini furono completamente sbagliate.

Quindi non era affatto vero, come appurato in sede investigativa, che a causare la morte furono i traumi conseguenti alle percosse, il digiuno e la conseguente ipoglicemia, la mancata assistenza medica (bastava somministrargli un cucchiaino di zucchero per scongiurare l'ipoglicemia), i danni al fegato e l'emorragia alla vescica che, si scoprì in autopsia, conteneva 1.400 cc di urina che non potendo uscire dal basso era risalita comprimendo le strutture addominali e toraciche. No, non era vero dato che, per chi ha sentenziato le prime e le ultime assoluzioni (e forse anche per chi non ha portato a processo chi l'ha arrestato), Stefano è morto di stenti e non, come credevamo, perché è stato prima picchiato (ma non da chi l'aveva in custodia visto che, parole dell'avvocato Perugini difensore di una guardia penitenziaria, quando è entrato in tribunale aveva dolore, il viso gonfio, ecchimosi e non ce la faceva a camminare) e poi lasciato in un angolino dai medici. Per cui, di quanto appurato in sede investigativa non si son trovate prove che abbiano resistito in tribunale, e dobbiamo ringraziare il presidente per averci ricordato la basilare e ovvia verità che vuole, in mancanza di prove, gli imputati innocenti.

In poche parole, se nessuno ha assistito a un pestaggio nessuno può dire, anche se si conoscono i nomi sia di chi lo ha arrestato sia di chi lo ha tenuto in custodia, né che un pestaggio ci sia stato né chi, eventualmente, lo abbia messo in atto. E questo, se vale per il tribunale di Roma, deve valere in ogni altro tribunale. Perciò, se non si possono avere certezze né dare un volto a chi ha portato Stefano Cucchi alla morte, per coerenza e per mostrare a tutti che quando si parla bene si razzola allo stesso modo, il presidente Panzani ora deve insistere nei luoghi giusti e far sì che si riaprano tutti quei processi che hanno visto condanne, anche definitive, pur in mancanza di vere prove. Parlo dei tanti processi indiziari in cui nessuno ha assistito all'evolversi del crimine ma si è condannato ugualmente usando la deduzione personale.

Per cui si liberino subito Sabrina Misseri, Cosima Serrano, Salvatore Parolisi e tanti altri. Che si riabilitino subito Annamaria Franzoni e chi come lei ha subito gli indizi double face diventati "prova" senza motivo, poi si chieda scusa ad Amanda Knox e a Raffaele Sollecito e si diano finalmente direttive certe a tutti quei giudici che sentenziano "a modo loro" e non per come vuole la legge. Facciamolo in fretta però, perché se gli indizi nel processo Cucchi non sono stati in grado di unirsi e diventare prova buona per condannare, si può tranquillamente affermare che senza neppure averne un quinto di quegli indizi concordanti non rilevati dai giudici del tribunale di Roma, in tantissimi altri tribunali si è condannato ugualmente. E a questo punto poco contano anche le future motivazioni della sentenza che di sicuro lasceranno inevase e inspiegate tante domande, come il motivo per cui Stefano è morto. Se non ha subito violenze fisiche mentre era nella cella del tribunale in attesa di essere giudicato per direttissima (ma il giudice che lo vide rinviò tutto a un'altra data perché le condizioni in cui versava non erano idonee per celebrare un processo), se neppure ha subito la negligenza dei medici che con poco potevano salvargliela la vita (però la struttura ospedaliera prima dell'appello si è accordata con la famiglia e a questa ha versato più di un milione e trecentomila euro), quale altro motivo può giustificare la sua morte? E non si dica che era un drogato denutrito destinato a morire, che era un anoressico che il giorno dell'arresto pesava solo 43 chili, perché a questo punto sorgerebbero altri problemi che i giudici non hanno voluto risolvere e le motivazioni non risolveranno. In tutta onestà si deve ammettere che mai sono state adeguatamente spiegate, nei processi fin qui celebrati, le lesioni e le ecchimosi alle gambe, al viso, all'addome e al torace, la mascella fratturata, l'emorragia alla vescica e le due fratture alla colonna vertebrale, tutto riportato nel referto il giorno in cui dalla cella fu accompagnato all'ospedale, tutte ferite presenti anche durante l'udienza di fronte al giudice.

I giudici di primo grado hanno assolto le guardie penitenziarie e condannato i medici dopo aver chiesto una perizia all'istituto Labanof, il laboratorio di antropologia e odontologia forense dell'Istituto di Medicina legale della Statale di Milano nato del '96 (per puro divertissement scientifico, dicono le biografie) per merito della dottoressa Cristina Cattaneo. I periti hanno loro risposto affermando che le lesioni riscontrate post mortem sul corpo di Stefano Cucchi potevano derivare da un pestaggio o da una caduta accidentale e che non avevano elementi che li facessero propendere per una dinamica piuttosto che per l'altra. Di certo, scrissero, le mancate cure mediche e la grave carenza di cibo e liquidi hanno contribuito alla morte di Stefano Cucchi. Ora c'è da dire che gli elementi mancanti ai periti si dovevano trovare nelle testimonianze. E' chiaro che solo se cado dal quinto piano di un palazzo posso procurarmi ferite del genere. Come è chiaro che se scivolo su una buccia di banana mai mi ferirò in tal modo. In entrambi i casi, comunque, non avrei entrambi gli occhi tumefatti. Eppure la foto del suo viso e il referto dell'ospedale parlano chiaro e non si fa peccato a chiedersi come sia stato possibile dire, perché qualcuno l'ha detto, che nessuno ha maltrattato Stefano Cucchi. Come non si fa peccato a chiedersi il motivo per cui nei sette giorni che hanno seguito il suo arresto e portato alla morte, non si sia permesso a nessuno della famiglia di incontrarlo. Cosa si doveva nascondere? Famiglia che ebbe notizie di Stefano solo quando l'ufficiale giudiziario si presentò a casa per farsi firmare l'autorizzazione all'autopsia. Autopsia che appurò il nuovo peso del ragazzo. Non più 43 chili, come al momento dell'arresto, ma solo 37 chili. Insomma, alla fin fine appare quasi che la giustizia penale abbia deciso di salvaguardare da critiche le proprie istituzioni e le "persone per bene" che lavorano per la società civile... il tutto a scapito di uno spacciatore denutrito che soffriva di epilessia.

Ma a ragionarci in maniera logica, dovrebbero essere le vere persone per bene che lavorano con serietà e impegno per le istituzioni, per salvaguardare la loro categoria dalle polemiche, a chiedere di sapere quale sia stato il motivo che ha portato Stefano alla morte, a chiedere che sia fatta vera giustizia. Sappiamo che Stefano Cucchi non è il primo che muore dopo un arresto, ed è immaginabile che se nulla cambia, se le assoluzioni continueranno a fioccare e ad avere il potere di convincere altri di essere invulnerabili, non sarà neppure l'ultimo che morirà nel momento in cui dovrebbe essere lo stato democratico a salvaguardare la sua vita. E questo, francamente, è una vergogna...


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10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho apprezzato moltissimo la grande coerenza che si evince da tutte le osservazioni che tu menzioni in questo articolo. Io spero vivamente che la famiglia di Stefano non demorda di fronte a così tanta "oscena" ed ingiustificata ingiustizia. Spero che un in futuro un terzo grado di giudizio quale la Cassazione, si possa ridare dignità innanzitutto a questo ragazzo è dopo alla sua tenace famiglia. E se come afferma la sorella della vittima, ricorreranno al giudizio della Corte Europea qualora la nostra "penosa" (questo é il mio punto di vista) giustizia non fosse capace di rendere a chi di le merita, rispettivamente, giustizia e condanna.
Ancora una volta profondamente delusa.

Elettra

Anonimo ha detto...

..Spero che in futuro con un terzo grado di giudizio..
(Chiedo venia per gli errori.)

Elettra

Antonello ha detto...

Anche significativo che il risarcimento lo abbia sborsato un ente sanitario e non anche un ministero degli Interni.

Perche' la "colpa" andava provatamente suddivisa, Stefano era in mano loro, sotto la custodia e degli agenti e dei medici, non poteva in teoria sottrarvisi, l'avvocato ha suddiviso la causa dall'accettazione del risarcimento per far si che un eventuale polverone politico sugli Interni non limitasse perlomeno il danno.

Ricordiamolo, "le circostanze isolate di tempo e di luogo" fu uno degli indizi a carico della Franzoni, e quali circostanze sarebbero piu' ristrette di un ragazzo "sotto custodia"???

Ricordiamolo, sull'epilogo di Melania aleggia un bacio del marito, in ogni autopsia persistono gli accertamenti sui dna vari, i pellami, nel caso di Yara addirittura "un genotipo di straordinaria ottima qualita' estratto da una traccia inanalizzabile in maniera inequivoca".

Che non ci siano prove nel caso di Stefano e' un'ulteriore appesantimento delle responsabilita' dei rispettivi ministeri e, quindi, purtroppo statali, nessuna misura cautelativa insomma dello Stato nelle proprie strutture, nessuna telecamera sulle auto, ma fior fior di manganelli, nessuna telecamera all'interno delle caserme e degli ospedali, che non ci siano prove, anche se io credo ve ne siano, e' un'altra grave colpa visto che i casi continuano a fiorire.

Non si capisce dove viva chi le misure cautelative le dovrebbe formulare e decidere, muiono sempre piu' ragazzi fermati, nostri figli, figli anche di quegli agenti e medici, fermati, arrestati, e "non ci sono prove"???

A parte che e' palese che Stefano e' entrato in un modo e ne e' uscito sdraiato e con il corpo martoriato, quindi uno o piu' responsabili vi sono con certezza, che vi siano non e' un'assunto indiziario, e' una certezza, Stefano e' sempre stato sotto quella custodia sino alla morte, non poteva eluderla, ne era persin costretto.

Quindi:
1) Era sotto una custodia ineludibile e perfettamente identificabile da cui ne e' uscito morto non per cause naturali.
2) Esistono delle certe responsabilita' perfettamente identificabili.
3) Il fatto che della custodia di Stefano, come di altri peraltro, non vi siano prove e' palesemente una responsabilita' politica e "voluta", diversamente si prenderebbero opportune misure.
4) Il risarcimento andava suddiviso fra gli enti che a quella custodia mortale avevano contribuito.
5) Non e' un Giudice dello Stato che puo' giudicare controversie fra privati ed apparati statali di questo tipo, esistono le Corti composte da liberi cittadini, perche' non vengono convocate in questi casi e nei casi mediaticamente influenzati si???

Chiaramente nulla potra' ridare Stefano ai familiari, ma domani potrebbe allora succedere a chiunque nella piu' completa assoluzione di tutti, allora da domani in poi, a me piacerebbe che "almeno" venisse filmata qualsiasi presenza o degenza di cittadini all'interno di un auto o di una caserma istituzionali, che si consideri anche la possibilita' di inserire un patrocinante pubblico in ogni caserma "non incaricato e stipendiato dallo stesso ente", anzi gestito da commissikni di cittadini per conto dei Sindaci.

Ve ne sono soluzioni, anche al fatto che non vi sarebbero mai prove.

In generale, credo sia importante ribadire che schiacciare un cittadino che si ha in custodia usando la propria divisa e' uno dei gesti piu' "codardi" e "vigliacchi" che un essere umano possa compiere.



magica ha detto...

la sorella di cucchi si difende dai sorprusi della legge come una tigre,io mi metto dalla sua parte e condivido in pieno la sua ostinazione .
ringraziamo massimo per l'articolo significativo di come siamo governati : in modo arlecchinesco .

Sira Fonzi ha detto...

Ciao Massimo, nella pagina facebook di Ilaria ho letto, tra le tante cose, questo post che mi ha commosso e vorrei condividerlo
con te e i lettori del blog

"Ho venduto la mia casa in piazza Malatesta 13.
È la casa di mio fratello. Ho chiesto alla famiglia che l'ha comprata, che vuole ristrutturarla, di farmi un favore.
In quella casa, tanti anni fa, vi ha lavorato Stefano, quando cercava di dimostrare di voler seriamente uscire dalla cocaina.
Dalla mattina presto alla sera stava sempre lì. Demolire intonacare imbiancare. Instancabile. Musica a tutto volume, cantava a squarcia gola quasi per far sentire a tutti che lui era lì. Che stava facendo qualcosa di importante per sua sorella. Qualcosa di positivo finalmente. Qualcosa che valeva.
Lo sentivano tutti. Lui giorno dopo giorno è stato lì fino a quando non ha finito la sua opera.
Ristrutturare la casa a sua sorella Ilaria per dimostrarle che anche lui era capace di fare qualcosa di bello, di grande, di voler bene, di essere utile. Momenti bui avevano preceduto quei lavori e momenti bui si sarebbero ad essi susseguiti. Ma lui era lì, giorno dopo giorno, fino a che l'opera non è stata finita. Ha inciso la sua firma sull'intonaco di una parete, a sancire che quella casa era opera sua. Di Stefano Cucchi. Lo ricordo tanto fiero quanto sporco. Ma sorridente con gli occhi vivi e lucidi, con le guance rosse.
Quella casa è diventata troppo piccola per i miei figli. Io la amo e la odio. Come questo mondo è allo stesso modo diventato troppo piccolo per lui. Per Stefano.
Un pezzo di me se ne va. Ma Stefano rimane sempre nel mio cuore ed io mi sento serena perché so che mai lo dimenticherò.
Ho chiesto a quella famiglia che l'ha comprata: "scusate, se nei lavori di ristrutturazione doveste trovare quella firma di mio fratello, potete scattarle una foto per me?"
"Troveremo quella firma, Ilaria, e staccheremo il pezzo di intonaco su cui tuo fratello l'ha fatta e te lo daremo". Sono stupida, ma in quel momento sono stata contenta per Stefano.
Sono stata felice per lui.
Mi manca quel tossico di mio fratello."

Ciao Sira

Ivana ha detto...

Sia il presidente del Senato Pietro Grasso, sia il premier stesso hanno parlato del caso Cucchi; Pietro Grasso ha detto, tra l'altro: "La violenza non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni. Noi speriamo di continuare a cercare la verità, nonostante ci siano state delle sentenze che non hanno saputo o potuto trovarla" e Matteo Renzi ha precisato che lo Stato è chiaramente responsabile.
Personalmente non ho capito quali potrebbero essere i motivi di un "avvenuto?" pestaggio; attendo di leggere la relazione dei giudici della Corte d'appello; Stefano Cucchi era di certo un drogato (e anche spacciatore?); potrebbe aver compiuto gesti di autolesionismo? Non c'è stata sufficiente "vigilanza" da parte di chi l'aveva in custodia?
Ha scelto lui stesso di lasciarsi morire di inedia?
Il personale sanitario aveva provveduto alla nutrizione parenterale?

Anonimo ha detto...

O per il pestaggio o per omessa vigilanza, qualcuno in tutti modi doveva essere condannato, perché non è possibile che un cittadino venga preso (sequestrato?) da un'istituzione statale e ne esca morto!

Corrado Massa ha detto...

Ivana ha detto:
I motivi sono l'aggressività, le frustrazioni, le rabbie e la pura malvagità che si sfoga sul più debole che hai tra le mani. Lo dice candidamente un ex agente penitenziario in un'intervista (ti manderò il link appena lo trovo).
< attendo di leggere la relazione dei giudici della Corte d'appello > e cosa ti aspetti che dicano?
< Stefano Cucchi era di certo un drogato (...) potrebbe aver compiuto gesti di autolesionismo? >> No, prima di tutto perché non li aveva mai compiuti in passato e non si capisce perché proprio adesso; poi l'autolesionismo porta a lesioni completamente diverse da quelle riscontrate sul suo corpo; e per quale ragione avrebbe fatto una scelta del genere?
< Il personale sanitario aveva provveduto alla nutrizione parenterale? > Ovviamente no, se no non sarebbe morto. Non ci sono dubbi, è omicidio volontario.

Corrado Massa ha detto...

per Ivana - sui motivi che rendono violente le guardie, vedi dal minuto 2,20 and 2,30 di questo filmato: https://www.youtube.com/watch?v=ushmAlRlZNM

magica ha detto...

un mio cugino ha avuto un problema :era stato in africa . disse che fumo' oppio. a volte ci sono persone labili . epurtroppo , caduto nella trappola : di cosa vuoi che sia per una volta? fatto sta che non era piu' lui . una sera mise la chiave in una serratura che non era della sua macchino . uguale alla sua ma non era la sua , il proprietario dell'auto chiamo' la polizia . e probabolamente lo videro alterato
lo portarono in caserma e gli diedero tante di quelle botte sulla testa , che quando usci' la sera non sapeva d'essere al mondo
i genitori lasciarono passare il tutto, anche consapevoli purtroppo che il figlio aveva causato problemi .
ci sono genitori che non accettano questi sorprusi . nemmeno io la farei passare .