mercoledì 14 agosto 2013

Morire a 14 anni


Morire a 14 anni per un problema di identità sessuale... e i media che fanno? Non si smentiscono ed optano per un uso strumentale della notizia, al confine fra il titolo ad effetto e un contenuto politico. Di conseguenza non c’è stato giornale o tg che non abbia riferito dell’episodio annoverandolo fra i disagi dei gay, che non vedono riconosciuti i propri diritti, e lo stand- by delle leggi sull'omofobia. Ma qualcuno si è chiesto chi fosse realmente quel ragazzo appena quattordicenne? Nel percorso adolescenziale, a volte la conquista dell’identità è come scalare l’Everest. La vetta si conquista con la fatica e il sudore che richiedono le grandi imprese: passo dopo passo, superando ostacoli e brusche interruzioni e deviazioni dal sentiero.




Costruiva una sua identità, era alla scoperta del suo orientamento sessuale in una fase in cui, sfido chiunque a non aver avuto almeno un dubbio (di qualunque epoca), un pensiero si insinuava talvolta fra le pieghe della coscienza creando non pochi tormenti: "Non sarò omosessuale? Lesbica o gay?". Tutto è quell'età, tranne che la fase delle certezze. Bisognava che qualcuno glielo dicesse, che lo tranquillizzasse, che gli rimboccasse le coperte, che gli offrisse un gelato suggerendogli che spesso l’adolescenza genera confusione, che l’ambiguità deve essere tollerata in attesa di conferme che verranno, come consapevolezze, nel momento in cui si riesce a tollerare un’eventuale differenza senza esserne travolti e giungere all'autodistruzione.

Poveri ragazzi, generazione abbandonata a genitori multimedia che rispondono con voci robotiche dal multi caos di una chat o di un social network (si fa così per dire). Identità iconiche, stereotipi di un niente che affonda le radici nel disagio globale di un'umanità in delirio .

Lui si rivolge al web, giovane eroe all'inizio del suo viaggio, e questi gli risponde da mostro ciclopico amorale ed acefalo, rendendogli conto della sua non esistenza, disconfermando quanto realmente egli è ed avviandolo verso il percorso estremo della rinuncia a quell'identità che aveva iniziato a costruire e che culmina nella distruzione e nell'annientamento di "sé".

I nostri ragazzi e ragazze hanno un luogo dove potersi rivolgere anche solo per parlare o esprimere i propri dubbi e paure?

Forse no, perché deve essere altro dalla parrocchia (oratorio o affini), per le ovvie compromissioni legate all'ideologia religiosa, altro dalla scuola, per non confondere i ruoli e i compiti degli insegnanti che non potranno mai diffondere una genitorialità a largo spettro (a tutta la classe), altro dai servizi sanitari (consultori, centri di salute mentale, luoghi di cura della salute psichica quali i centri di psicoterapia) e dai servizi sociali, spesso paladini difensori di una normalità che giudica e punisce.

Bisogna procedere alla disintossicazione dal cyber, quasi fosse sostanza dopante, creando per i nostri adolescenti luoghi ove possano scoprire la normalità del comunicare. Normalità fatta di ascolto e partecipazione. Bisogna essere emittenti e riceventi di un dialogo ove i feedback siano rappresentati dal sorriso, dalla pacca sulla spalla, da un abbraccio e, perché no, da uno "spintone” che esprima ed esterni il conflitto. Queste normalità devono prendere il posto di quei deliranti emoticon, stereotipi anaffettivi dell'atarassia e dell'indifferenza.

Non so se la partita è persa, devo essere realista, ma ho sempre creduto che a una fine drammatica, per la legge della compensazione e dell’armonia che in qualche maniera guida i sistemi viventi (umani e naturali), segua sempre un buon principio... e se questa è già la fine, nel ciclo vita morte non può esserci che una nuova vita, l'alba di un’umanità migliore.

8 commenti:

Manlio Tummolo ha detto...

Condivido in pieno. Tra l'altro pare che fosse ben voluto a scuola e dagli amici. Vedremo come la Magistratura saprà affrontare il caso.

Sira Fonzi ha detto...

Bell'articolo Iacopina.
Complimenti!!!

Credo che essere genitore oggi è molto più impegnativo del passato. Negli anni 70 ci si preoccupava affinchè i figli non conoscessero l'eroina, la delinquenza comune, affinchè non avessero incontri ravvicinati con pedofili, ma la tecnologia non era sviluppata come ora ed i pericoli erano spesso visibili, percettibili.

Oggi i ragazzi vengono adescati su facebook da pedofili senza scrupoli, l'eroina è ormai un vecchio spauracchio, al suo posto c'è la cocaina (tagliata con altra robaccia per contenere il costo) ci sono pasticche che a volte si assumono a propria insaputa,tutte droghe che, a differenza dell'anziana eroina, non danno segni immediati di riconoscimento, nè la stessa distruttibile ma evidente dipendenza.

Che fare?
Fermare il progresso tecnologico non si può, vivisezionarlo tantomeno, ma una maggiore attenzione da parte delle istituzione e dei genitori quello si, quello è possibile e credo sia l'unica arma al momento che abbiamo a disposizione.

Nelle scuole andrebbe inserita così come la geografia, la storia, la religione, la psicoterapia.
Uno psicologo/psicoterapeuta dovrebbe essere presente come figura istituzionale a supporto delle insegnanti. Una figura che dialogando con gli studenti rilevi possibili problematiche esistenziali, difficoltà a rapportarsi con il prossimo, per poter dare ai genitori uno strumento in più per capire i propri figli.

Ed infine il dialogo tra genitori e figli, la complicità, l'amicizia, la fiducia e soprattutto l'attenzione agli stati d'animo, troppo spesso sottovalutati.

Il papà di Roberto ha dichiarato:
«Qualche giorno fa ha provato a parlarmi di omosessualità, ma non mi ha rivelato nulla, non ha parlato esplicitamente. Forse anch’io ho sbagliato, non l’ho saputo capire, non lo abbiamo capito».

Mentre Roberto ha scritto al padre
prima di lanciarsi nel vuoto:
«Quel giorno la nostra conversazione si è interrotta. Ma ora mi resta il dubbio di sapere che cosa avrebbe detto papà se avesse saputo tutta la verità»

Ed io dico a Roberto ovunque esso sia: "Ti avrebbe preso la mano, rassicurato, avrebbe piano piano dissipato le tue ansie, le tue paure.
Ti avrebbe semplicemente amato e tu non avresti avuto più il timore devastante di non essere accettato da lui, a cui hai rivolto l'ultimo saluto. Non lo avresti deluso Roberto, gli avresti permesso di entrare nella tua anima e gli avresti evitato questo rimorso che lo accompagnerà per tutta l' esistenza. Riposa in pace piccolo!!!


Sira


Sira

Iacopina Maiolo ha detto...

Che il tempo e la naturale rielaborazione dell'accaduto possano lenire il dolore devastante dei genitori allentando per quanto possibile la morsa del senso di colpa. Vorrei dire loro che di quanto è accaduto non devono sentirsi responsabili oltre misura:noi genitori ci carichiamo sempre di ogni colpa e vorremmo essere onnipotenti per rendere agevole il sentiero di vita dei nostri figli accompagnandoli verso la meta con amore e sollecitudine.
Purtroppo oggi le nostre genitorialità sono turbate o compromesse da quanto circonda i nostri figli e non ci sono i giusti interventi di prevenzione o recupero da parte delle istituzioni. Dunque pensate al vostro ragazzo come ad un eroe che ha espresso il disagio con un gesto estremo e che proprio per questo siamo qui a parlare, ad affrontare,attraverso l'accaduto, il malessere dei suoi coetanei,chiedendoci "che fare"!

Iacopina Maiolo ha detto...

Ciao Sira
ti ringrazio per l'attenzione, condivido pienamente la mecessità di interventi seri volti in primo luogo alla prevenzione.
Possiamo utilizzare il blog di Massimo lanciando idee e prioposte.
Un abbraccio

Manlio Tummolo ha detto...

L'adolescenza è sempre stato periodo di malesseri e di turbamenti. A parte l'omosessualità, di cui già decenni o secoli fa si poteva essere rimproverati, uno dei "divertimenti" maggiori era, ad esempio, accusare qualcuno ddi masturbarsi quando è noto che nella prima adolescenza, non ancora in grado psicologicamemte e materialmente ddi tentare rapporti fisici con coetanee, è una pratica generalmente diffusa, mentre un tempo veniva considerata pratica a rischio di patologie fisiche e psichiche. Il fatto è che allora magari ci si infastidiva, si reagiva magari anche con lo scontro verbale o fisico, ma alla fine tutto finiva lì. Pochi si sarebbero uccisi perché rimproverati o derisi di compiere certe pratiche. Oggi i ragazzini/e sono viceversa assai più sensibili in questo, fino magari al suicidio perché hanno una bassa autostima e poca fiducia della stima degli altri verso di loro. Molti sentono il bisogno di essere non solo non ignorati, ma pure lodati a ripetizione per sentirsi stimati, e così di riflesso accrescere la propria autostima. Bisogna allora educarli fin da piccoli a non sopravvalutare il giudizio altrui, a migliorare se stessi, indipendentemente da ciò che si sentono dire. Ovviamente tutto ciò va correlato al temperamento del bambino e del ragazzo, cosa che non si può fare in generale, ma solo conoscendo il singolo e stimolandolo ad amare se stesso, non più, ma come gli altri, a sapere che tutti sono deboli o forti, sicuri ed incerti, a seconda delle situazioni.

Iacopina Maiolo ha detto...

Cao Manlio
il suicidio,che purtroppo giunge drastico ad interrompere il brevissimo percorso di vita di questo ragazzo, rende l'interpretazione di questa adolescenza(condivido la necessità di calarsi nella realtà del singolo)oltre che difficile, estremamente dolososa per tutti noi. Dovrebbe derivarne una "urgenza" di prevenzione da realizzare concretamente ,con interventi immediati nel qui ed ora dei contesti e luoghi di riferimento degli adolescenti.

Guglielmo ha detto...

Fui testimonio di una vicenda simile situazione, un ragazzo che tutti i giorni alla apertura del mio negozio ci si incontrava abitava al portone accanto, conoscevo bene la famiglia, molto chiusa direi
di Franco sia io che mia moglie ci parlavamo spessissimo per-che si leggeva l'imbarazzo di scarsa comunicazione dal suo modo di guardarci ci interrogava qualcosa forse voleva un aiuto? Franco " nome non vero " gli chiesi non vai bene a scuola? Mi hai detto sempre che non avevi problemi, adesso a scuola vado bene allora, con gli occhi abbassati mi rivelò sono Gay, gli amici di scuola mi sfottono anche le nostre amiche non tutte mi sento assolutamente solo, ci siamo scambiati poche parole ciao devo andare, poi inutile che adesso dica che volevo intervenire, 2 giorni dopo sentii un tonfo in fondo corsi alla finestra vidi Franco che guardava verso mi precipitai con immediatezza ma dopo 7 piani più nulla, in pochissimo tempo venne il padre e la mamma inutilmente la speranza chiusa, molto tempo indietro forse 20 anni, i genitori li rividi dopo qualche giorno,
come se fosse stata una liberazione per loro, il caro quindicenne volò via.
Volevo aggiungere, ricercare normalmente capire ragionare con amore con forza non costa molto.
Le famiglie sono i grandi medici di questo semplice problema.
Guglielmo Roma

Iacopina Maiolo ha detto...

@Guglielmo
tu hai fatto il possibile, 20 anni fa, ma alcune situazioni sono così estreme da travolgere in maniera repentina(la follia di un attimo)l'individuo e niente e nessuno è in grado di fermarlo.
Continua ad esprimere questa tua grande sensibilità, perché, ti assicuro, molte vite possono essere salvate se qualcuno coglie il disagio e si mette in ascolto.
La cover di Modugno,"Meraviglioso",ci racconta proprio un episodio di questo tipo.
Un abbraccio Iacopina