martedì 7 dicembre 2010

Meglio un ladro in casa o un politico che bussa alla porta?

 Non è assolutamente vero che ai giorni nostri la politica è morta. Era già morta tanti anni fa.
 
 Ciò che non riesco a capire è il motivo per cui al giorno d'oggi, quando si parla di Berlusconi, di Bersani, di Fini e di altri, si tiri in ballo la politica. Politica è una parola dal bel significato, coniata da Aristotele qualificava “l'arte di governare la città”. Ed al tempo era davvero un'arte. Da noi è scaduta con lo scorrere degli anni e dei soldi. I Berlinguer ed i Moro sono stati gli ultimi a creare la buona politica usando la coscienza e non le sole contrapposizioni. 

Dopo di loro uomini figli del nulla assoluto e totale. Ne cito alcuni, fatevi un piccolo esame e ditevi se hanno lasciato un segno indelebile nei ricordi, ditevi se qualcuno di questi vi manca veramente.

Piccoli, De Martino, Malagodi, Lombardi, Zaccagnini, Rumor, Zanone, La Malfa, Fanfani, Leone, Spadolini, Amato, Craxi, Occhetto, Scotti, Natta, De Mita, Forlani, De Michelis, e non dimentico di certo l'onnipresente Andreotti.

Tutti, tranne il Giulio nazionale e l'esiliato, erano solo nomi. Nomi che valevano come carte di scambio per le poltrone dei Palazzi più ambiti. D'altronde per far coesistere il pentapartito occorreva fare i conti con il dare e con l'avere. Voi ricordate quegli anni? Giornali scadenti in remissione continua che nascondevano le concussioni e gli intrallazzi dei Palazzi romani e Pontifici; clientelismo smisurato con conseguenti assunzioni statali inutili e costose; collusioni politiche e malavitose consumate senza alcuna remora e neppure tanto segretamente. Noi non lo sapevamo, noi volevamo rivivere gli anni del boom e ci siamo accorti tardi che avevamo un Governo senza spina dorsale che si reggeva su una stampella americana, un governo che ci ha lasciato in eredità solo buchi e malaffare. Ricordate il pozzo senza fondo? La vecchia e cara, ai mafiosi, cassa del mezzogiorno?

Poi, dopo l'entrata in campo dell'ex marito di Veronica, abbiamo conosciuto meglio il Prode a cui, alcuni dicono, dovremo essere eternamente grati, colui che, da democristiano vero, doveva risanare l'IRI e per questo vendette l'Alfa Romeo a Romiti, quindi alla Fiat, con la placida intercessione di Giuliano Amato, vice di Craxi, e la benedizione di Fassino, segretario dei comunisti torinesi, in cambio di 6000 miliardi di Lire e, fatto più importante del vil denaro, la garanzia di una riqualificazione industriale e la promessa del mantenimento dei posti di lavoro. Solo dopo un anno si capì che il marinaretto Romiti non avrebbe mantenuto la parola, addirittura il penta-governo ripagò con gli interessi i soldi ricevuti dalla vendita accettando la cassa integrazione ad oltranza per oltre 6000 operai (il 40% degli stipendiati Alfa). 

Ma il professore è anche colui il quale ha emanato la legge Prodi, legge che evitava il fallimento delle grosse aziende tramite contributi, anche in questo caso statali, legge abrogata dallo stesso quasi vent'anni dopo, nel '99 quando era Presidente del Consiglio, su sollecitazione dell'Europa perché ostacolava la libera concorrenza fra le imprese. D'altronde se i governi danno soldi alle ditte in perdita è come se ammettessero che queste non sono più private ma pubbliche. E l'impresa pubblica, come diceva Luigi Einaudi, se non si rifà a criteri economici tende ad essere un ospizio di carità. Einaudi aveva la vista lunga!

Romano Prodi da badante delle aziende italiane allettate, da tessitore dell'economia democristiana degli anni ottanta, da venditore delle banche dell'IRI (Banca Commerciale, Credito italiano, e Banca di Roma), ha fatto esattamente come l'uomo di Arcore, ha fondato un partito, L'Ulivo, che a forza di coalizioni ed appoggi esterni, di cambi di strategie e di simboli, ha governato il paese per diversi anni. Ma, prima di entrare a gamba tesa sulla nuova classe dirigenziale italiana, il Prode aveva problemi con la giustizia o era limpido e lucente come un cristallo di Swarovski? 

Se il Cavaliere dal '94 ad oggi ha il record di processi, 23 (di cui 20 conclusi senza condanne e 3 in essere), il record delle perquisizioni e degli accertamenti, oltre 1800 fra tutte le sue aziende, delle udienze in tribunale, circa 500 in sedici anni (e sai quanto gli è costato in avvocati), non si può comunque dire che il bolognese, al contrario, sia immune da sentenze strane e da strane situazioni. Dopo quelle riguardanti le vendite di aziende statali a persone sue amiche, quando era a capo dell'IRI (Cirio - Bertolli - De Rica) e si salvò grazie alla riforma sull'abuso d'ufficio varata in Parlamento pochi mesi prima della sentenza su iniziativa, guarda tu il caso com'è bizzarro a volte, proprio del suo gruppo, ebbe altre vicissitudini giudiziarie. Ad esempio le consulenze richieste da lui stesso alla sua azienda, la Nomisma. Il giudice per assolverlo in quel caso scrisse: «L'idea che le commesse siano state affidate perché a richiederle erano il presidente dell'IRI ed il suo assistente alle società collegate è verosimile, ma non assume gli estremi di reato». 

Davvero, dico io, non c'era reato? Fra l'altro la stessa azienda è stata al centro di altre vicende poco chiare. Da qualche anno, però, c'è qualcosa di diverso. Alcuni soci di Prodi hanno avviato una nuova impresa, identica in tutto e per tutto all'altra, e con questa i giudici italiani dovranno fare finanche troppe richieste per avere contabili e quant'altro, perché? Perché ha la sua sede a San Marino. Si chiama Pragmata ed il fido Piero Scarpellini (portaborse e sempiterno amico fraterno del Prode) ne è a sua volta socio. Solo un fatto curioso? La sua ultima vicissitudine deriva proprio da questa azienda e dai collegamenti libici del suo amico fidato; in particolare dagli affari, non si sa quanto leciti, in essere con il braccio destro di Gheddafi. E' un inconveniente capitatogli nel 2008, poco tempo prima che il De Magistris entrasse in un palazzo romano, ed era un ennesimo caso di abuso d'ufficio incastrato all'interno dell'indagine denominata “Why not”. Onde evitare guai maggiori non si è arrivati al processo perché la Procura della Repubblica ha preferito togliere le indagini dalle mani del futuro uomo di Di Pietro e chiedere, ed ottenere, l'archiviazione per il Prode. 

Queste alcune sue disavventure. Ma a guardare bene, e lasciando perdere le confessioni degli agenti segreti russi e dei faccendieri italiani, il suo intrallazzo più strano è quello della seduta spiritica in cui da sotto il tavolo gli venne detto dov'era tenuto prigioniero Aldo Moro. Il piattino scrisse la parola “Gradoli” e risultò che la soffiata del defunto Don Luigi Struzo, il prete politico, era pure vera! I carabinieri, che gli credettero come spinti da una forza superiore, batterono a tappeto il paesino di Gradoli, sul lago di Bolsena, senza ascoltare la moglie di Moro che li informava che anche a Roma vi era una strada, fra l'altro famosa all'interno dei Palazzi perché zeppa di alloggi usati dai servizi segreti italiani, con quel nome. Ma il destino è beffardo ed in quella via, in quel condominio, in quell'appartamento, voleva portarci le forze dell'ordine a tutti i costi. Così il caso volle (ah, ah, ah) che improvvisamente una perdita d'acqua costringesse i pompieri, non gli investigatori che già c'erano stati a causa di una soffiata e non lo avevano controllato perché nessuno li aveva aperti, a scardinare la porta ed ad entrare. Cercatela in internet la storia di quella seduta e chiedetevi se è più credibile lui o l'orco di Avetrana. Ma torniamo ai nostri giorni.

Fin qui ho scritto un'infinitesima parte della storia appartenente a chi ci ha governati, ed un poco mi vergogno a parlarne (anche se a dire il vero all'estero non stanno meglio di noi), ora passo a chi ci governa tutt'ora. Abbiamo saputo che l'uomo di Antigua ha sostenuto con successo tanti, troppi processi; si è detto che ha intrallazzi con banche svizzere ed è vero visto che alcune delle sue prime aziende avevano sede a Lugano e Zurigo. Si è detto che non è un politico ma un imprenditore; che stranamente ha accumulato le sue fortune quando, in crisi finanziaria totale, il Bettino milanese arrivò ad essere il capo del governo nazionale. Tutto è vero, ed allora? Cosa c'è di diverso dai tempi in cui quattro partiti erano al soldo della DC sovrana? Da quando i comunisti mangiavano i bambini e c'era chi veniva pagato dai servizi segreti per spiare e depistare?
Da quando la mafia si espandeva grazie ai Palazzi Romani? Da quando un attentato o un mostro servivano a sviare ed a tenere lontani i pensieri del popolo? Ed in fondo cosa è cambiato in Italia negli anni in cui (1996/2001 – 2006/2008) il professore felsineo ed i suoi adepti, su tutti D'Alema e Rutelli più Bertinotti in appoggio esterno, hanno governato? Fra l'altro loro non dovevano rintuzzare giornalmente gli attacchi portati dalla magistratura. Una magistratura che abbiamo capito dalle sentenze essergli amica.

Sono d'accordo, il cantante mancato è un puttaniere. Ma se morisse mentre è steso con la faccia fra le gambe della Daddario o della Ruby tanti dovrebbero cercarsi un vero lavoro. A cominciare da Marco Travaglio che prima dell'Avvento era un inviato di cronaca, per finire con Santoro (anche lui vecchio adepto del Romano emiliano) che quando stava al parlamento europeo viveva le sue giornate oziando nel silente Belgio. Se morisse a Palazzo Grazioli mentre festeggia il compleanno cantando a squarciagola “Se tu non fossi qui”, assieme ad Apicella, a chi daremo le chiavi del Governo? A Bersani? A Casini? A Buttiglione? A Fini? A Schifani? A Di Pietro? A Bossi? A chi? Forse l'unico sarebbe Vendola, ma sia in televisione sia all'estero non ha alcun peso specifico ed, inoltre, favorirebbe il ritorno delle vecchie minestre ormai stantie. 

Chi all'estero ha un ritorno mediatico, sia che se ne parli bene o male, è il nostro innominato che sempre tutti nominano. La cosa fa sensazione perché si sa che è meglio non nominare, che è meglio tacere e non mettersi in contrapposizione. Chi è attaccato continuamente attira le simpatie dei non schierati. L'unico modo per evitare di farlo lievitare è emarginarlo. Meno se ne parla e più ci si scorda di lui. La cosa saggia da fare in futuro è far crescere politicamente persone giuste, pulite e sane, che siano presentabili alle masse e sappiano fare i politici in maniera eccellente. Sarebbe bello che i governi del futuro fossero preparati, basandosi su quanto di buono lasciato dai grandi statisti di un tempo, in Università mondiali ideate per questo scopo.
E' fantapolitica e, ad oggi, vi dovete accontentare, qualsiasi corrente seguiate, di analfabeti ed intrallazzatori che arricchiscono grazie a chi li vota. 

A coloro che non approvano l'attuale leader dico di attendere che l'epoca del PDL si esaurisca. Tanto, a meno che non faccia entrare il figlio bello in politica, non durerà ancora a lungo, ha voglia a fare lifting!

Sapete che in Italia al momento circolano 82 libri dedicati a quel tale? Non tutti ne parlano in maniera accondiscendente, anzi, ma come vuole la pubblicità, da lui espansa a livelli ciclopici, basta che se ne parli. Poco importa il come perché l'influenza negativa o positiva contagerà ugualmente ed obbligherà a pensare a lui e sempre e solo a lui. Fateci caso. Ogni volta che dice "la magistratura ce l'ha con me" dieci pseudopolitici gli rispondono obbligando i giornali, la televisione ed internet, a pubblicare la notizia; il risultato che ne scaturisce è dieci a uno a favore del presidente Mediaset. Questo perché ognuno di quelli contrari avrà il proprio nome scritto in uno solo dei dieci articoli, mentre l'innominabile sarà nominato e scritto in tutti decuplicando la sua potenza mediatica a dispetto di chi l'ha criticato. E tutti abboccano all'amo, e tutti con lui mediaticamente perdono. Ed è giusto sia così perché in Italia un altro giusto, pensateci, a tutt'oggi davvero non c'è. Il resto sono chiacchiere da circolo Arci e da Gay Pryde.
D'altronde non c'è costrutto nel lamentio continuo.

Quindi, alla fine del discorso, dato che quanto avviene quotidianamente in tutti i parlamenti del mondo, conseguentemente anche in Italia, non è da considerarsi Politica ma solo becero intrallazzo, sarebbe meglio smettere di parlarne e di interessarsene. L'unica vera arma che noi tutti abbiamo è l'apatia. Se mancassero gli ascolti, se mancassero le vendite, quale canale televisivo e quale giornale continuerebbero ad occuparsene? I soliti idioti, scusate volevo scrivere ignoti, ammaliati dal potere ed affetti dal morbo del servilismo riuscirebbero a sconfiggere l'inedia del popolo? Datemi ascolto, disinteressiamocene. Lasciamoli cuocere a fuoco lento nell'indifferenza e vedrete che presto saranno rosolati e pronti per essere mangiati. 
Fidandomi della vostra saggezza vi auguro buon appetito.

Nessun commento: