Di Gilberto Migliorini
Più
prosaicamente si tratta di quell'uva nella vigna con la botte piena e la moglie
ubriaca. Aulicamente un bell'abito per ogni stagione, ma a la page e con tutti gli accessori al punto giusto, senza inutili fronzoli, ma due diamanti per gemelli, un bastone di cristallo… e sul candido gilet, come dice la canzone,
un papillon di seta blu.. Forse il
colore è più sfumato, magari a pois o in tinta arlecchino. Nel parterre mediatico, fremiti di simpatia
per questo e per quello, e apprensione per il rappresentante della nazione che
ci infonde sicurezza, ci fa dormire sonni sereni, ci dà contezza che qualcuno
veglia su di noi con paterna, amorevole e disinteressata condiscendenza. Seppur
lontano, nelle auliche stanze, la più alta carica ci appare davvero come
l’angelo custode della nostra memoria patria, una storia pur così puerile (poco
più di 150 primavere) eppure densa di eventi drammatici e piena di risvolti
torbidi e inesplicabili. Si tifa per il pater
familias proiettato nell'empireo del Quirinale, ascetica lontananza di un
uomo solo, eppure così disponibile ad ascoltare e prender nota delle spontanee rimostranze
dell’italica gente, dispensando buffetti a destra e a manca, ma con
predilezione per quei piccoli italiani
che fremono di gioiosa e infantile eccitazione. Un padre burbero e austero che
formula discorsi edificanti alla nazione, giusto a fine anno per dare lievito e
ispirazione al nostro futuro.
D’improvviso l’elezione a
Presidente innesca non solo quella scenografia d’altri tempi con cavalli e
corazzieri, ma solleva l’eletto in quell'olimpo precluso ai comuni mortali. La
sacrale investitura proietta quello che poco prima era solo un tapino, o al più
un personaggio di lignaggio, forse d’ingegno, in una aliena lontananza, lassù
come serafica ed eterea silloge del mondo iperuranio, lontano davvero dai
meschini intrallazzi e dai compromessi inconfessabili del mondo ipogeo. Sul collis, montagna per eccellenza al
paragone delle aule sorde e grigie
degli antri parlamentari, si sta con tutto il prestigio e la devozione che
l’onore e l’onere contemplano. Sarà per il fatto che quella carica ai più è
sempre apparsa come un magnifico ornamento, ovviamente necessario come garante
della Costituzione. Ruolo sicuramente indispensabile per promulgare le leggi e
per quelle funzioni di rappresentanza, normative, legislative, esecutive, giurisdizionali…
ma pur sempre una cariatide scolpita in quella torre eburnea, il Quirinale, da
dove l’omelia presidenziale risuona con timbri aulici e maestosi, e con regale
ecolalia.
I discorsi alla nazione danno sì all'alta carica tutta la solennità della
sua rappresentanza, ma relegano anche l’augusta persona in una sorta di empireo
ascetico, lontano dai vacui interessi mondani e dalle pervicaci controversie
della vita politica, in veste di neutrale mallevadore, nell'interesse della
comunità nazionale. Il capo dello stato è più ancora di un simbolo e di una
icona: è garante dell’unità e integrità costituzionale, è il simbolo stesso
della nazione. Pur vero che non ha il bianco abito talare, né il triregno della
simbologia papale, ma fan da corona cavalli e cavalieri, intorno a quella
Lancia Flaminia come il carro di Giove da dove il portamento fiero e la mano
solenne sembrano sempre sul punto di lanciare strali e messaggi alle camere, di infondere baldanza e integrità alla nazione. Magari qualcuno ingenuo e
sprovveduto penserà che una rappresentanza più discreta, meno sontuosamente
aulica, meno dispendiosa e non così elegante e sfarzosa, possa risultare più in
sintonia con le pezze sul culo di un paese non più all'apice delle sue glorie
storiche, un paese non proprio dagli esiti fastosi, forse in fase di stanca… Ma
Noblesse oblige. La Roma dei Cesari e
dei Papi, per quanto abbia sofferto ultimamente di qualche défaillance, non può certo svendere la sua storia e il suo
prestigio fornendo il fianco a qualche demagogo che vorrebbe, così di punto in
bianco, portare i fasti del paese a quella volgare e popolare mise da borgomastro o da maestro di
bottega.
La lettera semiseria di
Giovanni Berchet scritta nel lontano 1816, stava tra Scilla e Cariddi,
immaginava l’italiano (quello vero) tra il ‘Parigino’
(l’aristocratico debosciato e illanguidito dagli ozi e corrotto dai vizi) e l’’Ottentoto’ (troppo preso dal peso della
sua sopravvivenza fisica per poter aderire a un programma di unità nazionale e
troppo zotico per poter essere attratto da problemi morali e civili). Il
programma politico nasceva nel solco di quell'Italia ancora di belle speranze e
di patemi d’animo quando si parlava di amor di patria e di idealità incorrotta
nel clima della nuova letteratura romantica e di una poesia popolare. Oggi il Parigino ha assunto quell'aria furba
da politicante sornione, per niente illanguidito, ma animato da una smania
speculativa senza freni e senza scrupoli, un maneggione machiavellico e
affarista, il prototipo di tanto sottobosco politichese...
L’ottentotto è
diventato un po’ figurante e un po’ comparsa, quasi un istrione e un servitore
di due padroni, un piede di qua e quell'altro di là, equilibrista e giocoliere
sia mediatico e sia vernacolare, con quel provvidenziale colpo al cerchio e
quell'altro alla botte. Tra i due prototipi di razza gagliarda, c’è solo lo
iato di un amen, come le due facce di un francobollo. In mezzo ci sta la palude: da quelli visceralmente onesti,
per vocazione e convinzione, a coloro che tirano a campare (fin che la barca
va), fino a quelli che come Totò ti vendono la famosa fontana. Il garante della
Costituzione intona l’inno nazionale con una mano sul cuore. Per l’altra non si
sa dove la tiene, non si sa quale sia il referente, tra tanta italianità eterogenea
e difforme qualche volta si può far confusione.
Ma noi siamo davvero fiduciosi
che ancora una volta il Presidente rappresenterà davvero tutti gli italiani. Tutti
si intende quelli veri. La canzone forse non ci aiuta a capire
quali siano gli italiani certificati e autenticati con timbro di garanzia. Così
d'emblée si direbbe quelli che amano il loro paese. Ma l’Amour ultimamente ha assunto un significato ambiguo, non siamo più
tanto sicuri della sua semantica). Si dice amore e si intende interesse, si
parla di unità e si costruiscono ghetti, si disquisisce di diritti e si intende
quello del più forte, si allude ai doveri e il riferimento è sempre a quelli degli
altri. Il Presidente firma,
irresponsabilmente - non è responsabile per gli atti compiuti nell'esercizio
delle sue funzioni, recita la norma, salvo per Attentato alla Costituzione ed Alto Tradimento.
Con le monarchie costituzionali nate dopo che la louisette e la scure avevano mietuto un po’ di teste coronate
legittimate da Dio, la nuova formula The King
can do no wrong metteva tutti più tranquilli con quella responsabilità
diluita e quel consociativismo del divide
et impera.
Riguardo alla Costituzione c’è
quella sorta di elemento interpretativo che emerge come personalismo
presidenziale, quello stile originale che fa di ogni presidente un unicum
nell'interpretare il suo ruolo. Il Divino
Servitore dello Stato scende dal suo piedistallo etereo e interpreta il suo
alto mandato con maggiore o minore temperamento, con personalità più anonima o
più spiccata, con stile originale o accondiscendente, con timbro elegiaco o
cacofonico.
Che la massima carica dello
stato sia al di fuori della mischia, alata
testa senza corpo, è soltanto uno slogan, nella migliore delle ipotesi, e un
segno di ignavia nella peggiore. Un presidente di tutti gli italiani non significa
un presidente di tutti indistintamente,
di quelli buoni e di quelli cattivi, degli onesti e dei Parigini, degli incorrotti e della massa degli ottentotti
mediatici. Da un Presidente come Dio
comandi (si fa per dire) ci si aspetta che non sia super partes, ma che
prenda le parti... le parti dell’Italiano
Vero, quello onesto che ama il suo paese, anzi diciamolo pure, che ama la sua Patria.
Un capo di stato magari senza tanti
orpelli, fronzoli e operine, ma che vada al sodo e dica pane al pane e vino al
vino senza eufemismi e tentennamenti.
Acquista qui il libro di Federico Focherini e Massimo Prati (su internet nei formati eBook Pdf, ePub Mobi e in cartaceo) oppure rivolgiti alla tua libreria
Clicca qui per ordinare "Outrage of Law", la versione americana de "La legge del Disprezzo"
Gli ultimi articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
Processo indiziario e gogna mediatica: le vergogne capaci di far godere...
Omicidio Loris Stival: niente di nuovo sotto il sole mediatico…
L’italiano? Un Pollicino catturato dai media e dai software dell'illusione, un po' disperso e un po' desaparecido...
Il caso Bossetti è il selfie di un paese conchiuso in caste...
Trattamento di fine rapporto in busta paga e Jobs Act 2041 - Orwell rivisitato -
Il problema del Bel Paese? Le buche da riempire…
Cold Case: suggestioni epistemologiche e letterarie...
Il caso Bossetti, il fazzoletto di Desdemona e gli italiani trasformati dai media, moderni Iago, in Otello...
Il caso Bossetti e il cannocchiale di Galileo
Massimo Bossetti, Galileo, Kafka e il Processo a Joseph K. Aspettando Godot...
Massimo Bossetti: per la pubblica opinione è colpevole a prescindere.
Prestigiatori, ventriloqui e moralisti: ecco il target della meravigliosa macchina dell’informazione...
Siamo tutti dei "Massimo Bossetti": ignari protagonisti (nostro malgrado) e futuri attori di un sicuro successo mediatico...
A proposito di Massimo Bossetti... :-( Amore mio non ti sento da colazione. Non una chiamata, non un sms... non mi ami più? Hai la batteria scarica? #
Italy for sale...
Alla Festa de L'Unità gli uomini del PD fanno i "selfie" col nuovo messia...
Clicca qui per leggere tutti gli articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
L’italiano? Un Pollicino catturato dai media e dai software dell'illusione, un po' disperso e un po' desaparecido...
Il caso Bossetti è il selfie di un paese conchiuso in caste...
Trattamento di fine rapporto in busta paga e Jobs Act 2041 - Orwell rivisitato -
Il problema del Bel Paese? Le buche da riempire…
Cold Case: suggestioni epistemologiche e letterarie...
Il caso Bossetti, il fazzoletto di Desdemona e gli italiani trasformati dai media, moderni Iago, in Otello...
Il caso Bossetti e il cannocchiale di Galileo
Massimo Bossetti, Galileo, Kafka e il Processo a Joseph K. Aspettando Godot...
Massimo Bossetti: per la pubblica opinione è colpevole a prescindere.
Prestigiatori, ventriloqui e moralisti: ecco il target della meravigliosa macchina dell’informazione...
Siamo tutti dei "Massimo Bossetti": ignari protagonisti (nostro malgrado) e futuri attori di un sicuro successo mediatico...
A proposito di Massimo Bossetti... :-( Amore mio non ti sento da colazione. Non una chiamata, non un sms... non mi ami più? Hai la batteria scarica? #
Italy for sale...
Alla Festa de L'Unità gli uomini del PD fanno i "selfie" col nuovo messia...
Clicca qui per leggere tutti gli articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
Nessun commento:
Posta un commento