Il corpo di Patrizia Reguzzelli coperto da un telo |
E arriviamo al novembre di un anno fa, quando Vittoria chiama un'ultima volta la moglie dell'ex amante e con lei si accorda per un incontro in piazza Loreto. Ma non vuole parlarle fra la gente e quando si vedono la convince a seguirla in auto fino a Pioltello, dove la ragazza abita e ha vissuto col suo amante. Lì, in un parcheggio fuori mano e nascosto alla vista, si consuma la tragedia. Di preciso non si sa cosa sia accaduto, se ci siano state liti o meno, si sa che la vittima viene rinvenuta con il collo quasi staccato. In fase di confessione l'assassina dirà che si è trattato di un omicidio dettato dall'ira, che è stata la Reguzzelli a strattonarla per prima, che solo in quel momento si è ricordata dell'arma tenuta per difesa personale nel cruscotto, un coltello da cucina con una lama da 20 centimetri, e che comunque l'ha colpita ad occhi chiusi. Ma qualcosa non torna. Dopo il delitto, smaltita la rabbia, la ragione avrebbe voluto che il raptus, se di raptus momentaneo si trattava, lasciasse il posto alla razionalità, a una telefonata al 112. Invece dopo aver ucciso, Vittoria Orlandi invia un sms all'amante e i due si incontrano... ma neppure lui chiama i carabinieri. Chiarirà la situazione in un secondo tempo, quando viene informato della morte di sua moglie. A quel punto, però, sulla Orlandi c'erano già gravi indizi d colpevolezza. E questo grazie ad alcune videocamere che avevano filmato il suo passaggio a Piontello ed alle testimonianze di chi aveva notato la sua Volvo nel parcheggio. Così viene rintracciata e fermata per un interrogatorio. Alle 22.00 confesserà l'omicidio.
Passano dodici mesi e si conclude il processo. In questo il Pm chiede giustamente 30 anni di reclusione (la Orlandi ha cercato l'incontro vis a vis, lei è voluta andare nel parcheggio fuori mano, lei aveva in auto l'arma del delitto, lei voleva tornare con l'amante e lei, dopo l'omicidio, aveva trascinato il corpo in un punto lontano alla vista) mentre la Difesa ritiene equa una condanna a quindici. Ma il giudice ha idee migliori e una calcolatrice pessima. D'altronde la famiglia della vittima (l'ex amante) è stata risarcita e in aula non c'è parte civile, d'altronde il rito è abbreviato e il coltello è una bazzecola: chi di noi non gira con un coltello da cucina in auto? Ed ecco che la pena si ferma a 14 anni. Una genialità del giudice che non considera la donna pericolosa. Quando mai la Orlandi sarà l'amante di un altro uomo e quando mai ucciderà un'altra moglie? Una genialità scaturita, con 99 probabilità su 100, dalla poca esperienza sul comportamento postumo di chi uccide in siffatta maniera.
l'assassino di Ennio Costantini |
O forse no, forse c'è altro che porta a condanne del genere. Certo, son sicuro che c'è altro perché anche Marina Tommolini, chi ha comminato l'ergastolo a Salvatore Parolisi (vedremo quando darà le motivazioni su cosa si è basata), ha fatto scelte uguali ed usando la stessa calcolatrice ha condannato a sedici anni chi i Pm ed una confessione davano per sicuro assassino. Nel 2010, infatti, si trovò a giudicare un esile fanciullo che con venti coltellate aveva ucciso un ex pugile dal fisico possente che, a dire dell'imputato (ma prima di poterlo dire lo dovettero cercare per cinque giorni), insisteva troppo per avere un incontro omosessuale. D'altronde chi di noi a chi si ostina a chiederci un siffatto incontro non darebbe almeno qualche coltellata prima di andarsene? E quale omone omosessuale non si lascerebbe accoltellare? Perché, tanto per farvelo sapere, la vittima non si difese in nessun modo e, tanto per continuare a farvelo sapere, in tribunale si accettarono le parole del suo assassino che disse di essere molto religioso e proprio a causa del suo credo fu schifato dalle richieste di sesso e lo accoltellò. Capperi a merenda! Che dio sburone e di spessore quello che vieta l'omosessualità ma permette di uccidere! Capperini che magistrati acculturati quelli che son riusciti ad entrare in un simile intreccio religioso e a credere che il mingherlino fosse solo e non ci fossero più assassini.
Ennio Max Costantini |
E' a causa di questa cultura superiore, quindi, che in aula tutto si basò solo e unicamente sulla parola dell'omicida ed altri controlli davvero seri, fatti almeno per capire se davvero l'omosessualità fosse una realtà e un movente valido, non se ne fecero. Eppure nessuna delle tantissime persone che conoscevano la vittima, Ennio Costantini chiamato Max (padre di cinque figli avuti da due mogli, una ungherese), sapeva di gusti sessuali particolari e nessuno riuscì a credere a quanto portato dal Pm in aula. Nessuno tranne la calcolatrice del Gip Marina Tommolini, quella che lo Stato vuole si usi nei casi di rito abbreviato e reo confessi, che marchiò la vittima quale "omosessuale" e regalò una veloce libertà, o se preferite un veloce passaggio in carcere, al suo presunto assassino. Ed io mi chiedo chi garantisce alla giustizia che in un prossimo futuro, fosse anche vera la storia raccontata dal mingherlino, non possa capitare ad altri troppo insistenti di incontrarlo e prendersi venti coltellate...
Le storie si ripetono periodicamente e basta leggere i giornali per accorgersi che una volta usciti di galera tanti certi assassini ripercorrono i percorsi conosciuti. Uno dei tanti è Primo Bisi, un criminale che ne 1963 uccise chi, a suo dire, era l'amante della moglie (si era sposato l'anno precedente), un uomo di quarant'anni che abitava come lui ad Argenta, in provincia di Ferrara, ad un passo da casa sua. Come lo aveva ucciso? Gli aveva maciullato il cranio con una spranga di ferro. Ma non in camera da letto dove, sempre a suo dire, l'aveva trovato in atteggiamenti intimi assieme alla sua dolce metà (risparmiata dall'ira), bensì in cortile. Eh già... guai a fare incazzare il Bisi!
Fatto sta che un giudice, forse inesperto o non aiutato da chi doveva indagare, per l'incazzatura sfociata in omicidio lo condannò a 14 anni, non considerandolo pericoloso per la collettività. Ma tutti sanno che in Italia la galera è un optional per chi uccide davvero! Perciò nel 1975, dopo neppure undici anni, il Bisi uscì dal carcere e cambiò casa andando a vivere a Savio, una frazione di Ravenna. Di lui non si ebbero più notizie fino al 2001, quando si seppe che a colpi d'arma da fuoco ammazzò sia la moglie che un secondo, ancora a suo dire, amante di lei. Eh, Bisi Bisi, disse il nuovo giudice quando seppe dai Pm che in effetti non aveva ucciso un amante della moglie, ma aveva ucciso la moglie e poi, per ottenere attenuanti come al primo omicidio, un suo vicino attirato in casa con una scusa e fatto passare, dopo morto, per amante. Insomma, una trama degna dei migliori sceneggiatori. Primo Bisi si incazza di nuovo e con una 357 magnum (dove l'ha presa? Chi l'ha data ad uno che è stato in carcere per omicidio?) spara alla moglie stesa a letto, poi le toglie le braghe ed esce in strada in attesa che passi qualcuno... e quel qualcuno è il suo vicino che torna dopo essere stato tutta la sera al bar. Gli chiede di salire assieme a lui perché la moglie si sente male e non appena entra in camera gli spara e lo uccide. A questo punto gli mette in mano un coltello a serramanico e chiama i carabinieri. "Venite, ho ucciso l'amante di mia moglie che mi minacciava con un coltello e per sbaglio, non volevo farlo ma quando ho sparato erano abbracciati, anche mia moglie".
sparachiodi modificata dal Bisi |
Eh Bisi Bisi, torniamo a quanto disse il giudice, lo sa che lei in vita sua ha già ucciso tre persone? Lo sa che è un po' birichino e un po' malato? Ed allora io la condanno a 16 anni da scontare in carcere e, finiti questi, ad altri 5 da passare in una struttura psichiatrica. Ben fatto signor giudice! Quell'uomo ha ucciso due persone, tre con la vittima del '63, e lei è stato giusto, mica gli si poteva dare l'ergastolo... ci sarebbe morto dietro le sbarre, povero malato! Però, come dicevo prima, in Italia la galera è un'optional per chi uccide davvero (forse i magistrati non lo sanno, ma la pena è certa solo per chi si proclama innocente), così nel 2010, dopo neppure nove anni, al Bisi, grazie a un bravo avvocato, vennero concessi gli arresti domiciliari e andò a vivere in casa del fratello. A leggere la sentenza sarebbe dovuto andare nella struttura psichiatrica, è vero, ma al mondo non si può far tutto in velocità... prima si doveva liberare un posto letto. Oh, non la fate facile... non è mica semplice ricoverarsi al giorno d'oggi! Non è facile davvero perché, gira che ti rigira, a due anni dalla scarcerazione, nel settembre del 2012, il Bisi si incazza di nuovo a causa della parcella da 8000 euro che il suo bravo avvocato voleva fosse pagata e lui non intendeva pagare. Guai a fare incazzare il Bisi, perché è un uomo dalle mille risorse, capace anche di costruirsi un'arma con le proprie mani (ed infatti modificò una spara-chiodi a molla), perché è capace di far andare il fratello alla sua vecchia casa e di farlo tornare col suo scooter.
Oddio, ad essere sinceri il Primo Bisi in quel periodo doveva essere ai domiciliari e non poteva uscire all'aria aperta, ma è un'inezia di poco conto... era o non era incazzato con quel cavolo di avvocato? Sì, sì, era incazzato di brutto, per questo decise di mettere in moto lo scooter e andare, con l'arma artigianale nella cintola e un'altra pistola, piccola e poco affidabile, in tasca, a fargli una visita (non di cortesia). Venti minuti e arrivò in centro a Ravenna, parcheggiò e si avviò verso lo studio legale dove entrò e senza attendere si infilò nell'ufficio giusto. Una volta davanti a chi pretendeva i suoi soldi, che ci volle a sparargli un chiodo al cuore? Nulla, perché questo fece il Bisi. Poi, fra la confusione generale, uscì e si avviò verso lo scooter. Ma due vigili fuori servizio sentirono le richieste di aiuto e lo inseguirono. Fermati, fermati! A queste parole l'assassino prese la seconda arma e la puntò contro gli inseguitori, che si ripararono dietro un cassonetto. Ma, come detto in precedenza, la pistola era piccola e poco affidabile, per questo si inceppò e nessun vigile morì. Comunque in poco tempo arrivarono i rinforzi: Primo Bisi venne catturato e l'avvocato, che per meno di un centimetro si era salvato la vita (il chiodo non è arrivato al cuore ma si è fermato al polmone), dopo una lunga convalescenza potrà tornare a far uscire gli assassini dal carcere ed a chiedere la sua meritata parcella (la legge glielo consente).
Cosa dire ancora? Che le carceri sono stracolme di detenuti che si proclamano innocenti o sono in attesa di giudizio? Che Marco Pannella si lascia morire per il sovraffollamento e le condizioni disumane e nessuno ai piani alti fa niente? Pazienza, dice il legislatore, ciò che conta è che la legge abbia una sua ragione d'esistere, che la Orlandi e l'assassino di Ennio Costantini abbiano confessato per non aver seri problemi. Loro, grazie agli sgravi che spettano a chi in cella si comporta bene (45 giorni in regalo ogni sei mesi scontati), presto saranno lontano dal sovraffollamento e dalle condizioni inumane. Nella speranza che una volta liberi non reiterino il reato come fatto più volte dal Bisi, per il quale c'è già chi si sta battendo come un leone. E' il suo nuovo avvocato che non vuole vada in carcere perché, dice, non è un luogo idoneo al suo assistito (subito lacrime a go go, prego!). Ma non fatevi prendere dallo sconforto, se anche il Gip Marina Tommolini ha cambiato le sue idee e la calcolatrice (non può essere diversamente dato che a pari processo, rito abbreviato, a chi ha ucciso per certo ha dato sedici anni e a chi non sapeva neppure se era sul luogo dell'omicidio ha donato l'ergastolo), significa che la ruota, come si dice, prima o poi gira per tutti, anche per chi meno te lo aspetti...
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1 commento:
Caro Massimo,
forse con l'ergastolo voleva riparare l'errore precedente. E poi, con la calcolatrice, basta fare la media, così il primo ha un po' di più, e il secondo un po' di meno.
Il punto è che, mentre la legge prevede un minimo ed un massimo di pena (edittale), poi si consente al giudice di aggiungere, togliere, anche al di sopra o al di sotto, secondo una matematica forense tutta speciale, ad arbitrio. Così salta ogni criterio di proporzione tra reato e pena. In Italia (ma non solo) uccidere conviene sempre, specialmente se poi si recitano melodrammi di pentimento.
Riguardo alle misure cautelari, fin dalla Rivoluzione Francese, che - molti non lo sanno, né lo immaginano - ebbe norme molto avanzate, salvo per i presunti reati politici o controivoluzionari, prevedeva che si creasse un luogo specifico per gli indagati e i non condannati in via definitiva, separato dalle carceri. Tale principio è pure assorbito dal nostro Ordinamenro penitenziario, ma in via solo teorica. In pratica, tra carcere per condannati in via definitiva e custodia cautelare, non vi è alcuna differenza, un modo come un altro per convertire il criminale alla sua prima impresa a divenire un professionista del crimine.
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