Di Sabri Najafi
Soheil con sua figlia |
Soheil Arabi ha 30 anni, è un fotografo e un blogger iraniano. Sposato, ha una figlia di 5 anni e a novembre 2013 è stato arrestato per aver insultato su Facebook il profeta Maometto e alcuni politici iraniani.
Il 26 novembre di quest'anno, Soheil è stato condannato a morte con sentenza definitiva nonostante si sia pubblicamente pentito per quello che ha scritto.
Secondo la legge islamica, se una persona si pente di quel che ha fatto la condanna può essere ridotta a 74 colpi di frusta.
Il servizio di sicurezza iraniano ha ora cominciato a diffondere la calunnia secondo la quale Soheil sarebbe stato condannato per stupro, accusa facilmente smentibile dalla lettera di condanna.
Chiedo alle autorità iraniane la sospensione della Pena di morte a Soheil Arabi e il rispetto delle leggi internazionali sui diritti umani secondo le quali la pena di morte può essere esercitata soltanto per i crimini più gravi, tra i quali senz'altro non rientrano i reati d’opinione.
Aiutatemi a cambiare le regole, firmate tutti la petizione per far capire al mondo che non si può uccidere una persona a causa di quanto dice o scrive. Che uccidere è contro ogni religione.
Mi chiamo Sabri Najafi, sono nata a Shiraz, una città bellissima nel sud dell’Iran. All'età di 20 anni mi sono trasferita a Teheran dove ho studiato Scienze Politiche.
Nel 1980 ho deciso di partire per l’Italia, spaventata dai provvedimenti del regime di Khomeini. Nella mia vita mi sono sempre battuta per i diritti di genere e per i diritti umani.
I fatti. Un'altra ombra cade sul governo Rouhani, già accusato da organizzazioni per la difesa dei diritti umani, come Amnesty International di implementare un sistema legale e di usare la pena di morte come mezzo di repressione politica. La vittima è Soheil Arabi, 30 anni, fotografo padre di una bambina di 5 anni. Leggi il resto dell'articolo su La Repubblica
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